RE NUDO - Anno VII - n. 42 - maggio 1976

8 Siamo 2 compagne femministe di 18 anni che non appartengo– no a nessun gruppo pur condi– videndo le idee della sinistra ri– voluzionaria, e questo vorrebbe essere il resoconto di un'ora di scuola, di un giorno come tanti nell'anno di «grazia» 1976, in un Liceo abbastanza combattivo di Milano, in una classe formata da «compagni» od almeno da gente che si dichiara di sinistra perché quando c'è sciopero lo appoggia non entrando a far·le– zione e quando ci sono assem– blee e collettivi non manca mai. Ma veniamo ai fatti, in quest'o– ra, che sarebbe quella di reli– gione ma che avevamo deciso di gestirla noi, trattando ogni problema o fatto che meritasse di essere discusso e che so– prattutto ci toccasse da vicino, abbiamo avuto la «funesta» idea di voler conoscere le opinioni degli altri nei riguardi degli omosessuali. E subito si sono avute le prime reazioni: da par– te del prete che cercava invano di rimandare a dopo, non si sa bene a quando, la discussione, forse sperando di trovare un ar– gomento meno «scottante» co– me «il ripetersi della storia» o simili; reazioni di questo tipo da una parte di compagni: «Le femministe è meglio che non parlino!». Già perché ormai sia– mo state bollate col marchio in– famante: «femministe» e chi porta questo marchio non meri– ta di essere ascoltato nè tanto– meno di essere preso in consi– derazione, ed infine la reazio– ne, anch'essa molto confortan– te di una piccola parte della classe: il silenzio più completo, l'indifferenza più totale. Allora, incazzate, abbiamo cercato di sapere perché si evitasse di parlare di questo ed un nostro compagno stanco per le nostre insistenze, quasi per farci stare zitte ci ha detto: «Gli omoses– suali, finché stanno lontani mi vanno bene, ma che non mi vengano vicino, perché allora li stendo!» nel frattempo i sorri– setti ironici abbondavano nella «platea», ed il prete tanto per restare in tema ci ha chiesto se volevamo redimere gli omoses– suali sposandoli! Dopo ciò la cosa più istintiva sarebbe stata o mettersi a piangere per lo sconforto o, come è stato il no– stro caso, incazzarsi in modo tale da sottoporre il prete, unico interlocutore attento, sperando cosi di suscitare altre reazioni nei compagni fino ad arrivare ad una discussione, ad una se– rie di domande, di considera– zioni sulle femministe, sugli omosessuali e la masturbazio– ne volutamente provocatorie. Ma come unico risultato abbia– mo avuto una profonda delusio– ne e da parte di un prete che un tempo aveva osato criticare le cazzate emesse dalla Chiesa sull'etica sessuale, evidente– mente un prete è sempre un prete, ed ancora più profo-nda– mente amareggiate siamo ri– maste dai nostri «pseudo– compagni» e ci chiediamo se ciò succeda solo in classe no– stra. Cioè che dei ragazzi di si– nistra abbiamo una mentalità più ristretta del più ottuso bor– ghese. Infatti non riusciamo a considerare della gente simile «compagni», gente che non rie– sce ad essere coinvolta da pro– blemi che si ritiene tocchino da vicino chiunque, e che non solo rifiutano il dialogo, ma anche non tentano d.i capire o cono– scere almeno un po' questi pro– blemi prima di giudicarli. «Purtroppo» noi siamo convinte del fatto che il personale è poli– tico e certi problemi li conside– riamo strettamente legati al movimento ed alla sua crescita. Per quanto tempo ancora sbat– teremo la testa,contro il muro d'ignoranza e di superficialità di certi «pseudo-compagni?». P.S. Ci è venuto un dubbio ma sempre più lancinante, ma ci sono anche dei VERI compagni o sono solo un'illusione? Due compagne femministe Recentemente m1 e successa una serie di fatti che hanno por– tato una certa «confusione» nel– la mia vita, proprio perché han– no dato un colpo di praticità alle idee che mi ballavano nella te– sta sul comunismo. Si sono av– vicendati alcuni avvenimenti nuovi che mi hanno dimostrato quanto poco spazio ci sia nel si– stema per dar vita ad un modo di vita alternativo al fascismo del sistema (...). È proprio il fatto di aver tentato di vivere da comunista, io, bor– ghese economicamente, e cir– condato da borghesi più o me– no politicizzati, che mi ha por– tato allo scontro con certi com– pagni di tendenza chi più chi meno rivoluzionaria. Perché c'è stato lo scazzo? È semplice: avrei voluto vivere le mie con– traddizioni alla luce del sole; o, se preferite un'ubicazione me– no romantica, in ezzo ai centri dove si organizza la lotta! Mila– no è una città caotica e priva di creatività, però recentemente ci sono state scadenze impor– tanti che hanno dato in varie occasioni la possibilità di verifi– care nei fatti (feste, manifesta– zioni, occupazioni ed altre lot– te) la compattezza della capa– cità di rottura del movimento ri– voluzionario. Quel movimento che è in piedi dal '68 a Milano, e che attraverso i vari momenti di depressione (come riflussi pre-rivoluzionari o errori di teo– ricismo ideologico) ha però rot– to col sistema capitalistico– borghese, o comunque ha spesso tentato di farlo. Mi rial– laccio comunque alla mia storia più recente descrivendo i fatti, perché si possa capire quello che ho da dire sulla militanza, e su come un compagno ha vis– suto le sue stupide illusioni di essere comunista o Rivoluzio– nario. Al Centro Sociale in via Leon– cavallo c'è stato recentemente il dibattito organizzativo per la festa del Sempione. lo sono an– dato per un contributo politico con la speranza di poter dire qualche cazzata su come orga– nizzare la festa. Al Centro io c'ero. La Festa c'è stata, però io non c'ero più! Voglio dire, nel sociale: dov'ero? In manico– mio. Bah. Una situazione come un'altra, capita! Cos'era suc– cesso non è facile dirlo, anche perché è stato un polverone ta– le che ha accecato anche me. À tal punto da 'farneticare' e fi– nire al Paolo Pini. Non.è tanto tragico, comunque, come forse qualche borghese illuminato potrebbe pensare, perché là al Pini c'era veramen– te molta umanità. Naturalmente c'era anche la devianza autore– pressa, come gli eroinomani che pensavano solo di maso– chismo. Ma questo è comunque un altro discorso. Dicevo, il Centro sociale. C'erano i compagni dei circoli e delle varie forze rivoluzionarie, e la voglia di fare una bella fe– sta della Primavera contro il Capitale. Una festa che fosse veramente ripresa dal resto della vita sociale che la borghe– sia ci strappa quotidianamente. Si voleva discutere, confrontar– si, verificare, e invece niente. Solo molta confusione e tanta ambiguità, che naturalmente era tipica dei borghesi rivolu– zionari. I proletari parlavano in modo sgrammaticato e diceva- no solo: la festa la facciamo così! lo sentivo ·10stesso vio– lenza. Forse qualcuno, a 'sto punto penserà che sono ultra– sensibile e ho bisogno di un cordiale. Invece non è proprio così, perché era la confusione che ci faceva male, la violenza con cui i proletari volevano or– ganizzare e prendersi la festa invece era sacrosanta. In fondo penso solo che fosse la vigoro– sa protesta di chi volesse pren– dersi la sua vita. e lo fa contro il" fascismo. È chiaro che per con– tro intendo non solo contro le cose, come se andassero cam– biate solo quelle. Ma soprattut– to contro il Fascismo dentro le persone (...). Del resto, se prima parlavo di vivere le proprie contraddizioni intendevo proprio mettersi in di– scussione politicamente con i compagni. E questo sempre per riprendersi quella vita sociale che ci viene strappata_( ...). In questi ultimi tempi a Milano se ne sono viste tante, tante ab– bastanza da spezzare almeno molti riti sul vivere il proprio personale come politico o sulla fantasia al potere, che invece a mio parere si confermano quasi sempre solo come BORGHE– SIA AL POTERE. Un anonimo qualunque Carissimi, ho' ricevuto alcuni numeri di «Re Nudo».Ringraziovoi, e ringraziate a mio nome chi me le ha inviati. Un paio di mesi fa, da Torino- dove sonostato alcuni giorni - da dovevi avevo mandato una lettera. Chissà se vi è arrivata... Ora c'è la possibi– lità di scrivere, e sto usufruendo come posso di tale diritto. Finché dura... non so se riuscirò per molto a tenere i contatti con l'esterno o se mi·ripiomberannonell'isolamen– to di prima, come hanno già co– minciato a fare con alcuni compa– gni. La rivista è bella, anche nella nuova «veste».Ho sempre seguito sui giornali le vostre vicende e vi– cissitudini. Ho notato che non c'è più niente sui detenuti. Ho sentito dire molto bene del libro di Marina, sui manicomi. Vorrei leggerlo al più presto. Ora sto lavorando, fac– cio dei quadretti ed economica– mente mi salvo bene. Vi ricordo sempre con fraterna amicizia. Piero Cavallero. Caro Cavallero, sono diversi i detenuti che nel cor– so deqli ultimi mesi (anche Notar– nicola) ci hanno scritto o fatto sa– pere che, nonostante la simpatia che il giornale riscuote in carcere, da un po' di tempo a questa parte Re Nudo trascura le lotte in carce– re. In parte è vero e riconosciamo l'errore. D'altra parte invitiamo i compagni in carcere a mantenere più stretti contatti con la redazione.

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