RE NUDO - Anno III - n. 11 - marzo 1972

RE NUD0/14 DISTRUGGIAMO IL VECCHIO COSTRUIAMO IL NUOVO (1· PARTE) Gli spunti, i caratteri, l'armonia tutta tesa al nuovo, al rivoluzionario. Queste le cose positive che il docu– mento della F.L.J. (Fronte di liberazione della gioventù francese} ci propone. Ed è proprio con queste inten– zioni che pubblichiamo questo scritto, per il contributo e le indicazioni che i compagni francesi danno alla costruzione dell'uomo nuovo di una società rivoluzio– naria, distruggono l'uomo vecchio di una società pu– trefatta. Ma come spesso succede da parte di altri gruppi di compagni, noi crediamo che questa serie di proposte manchino di quella cosa di fondo, deter– minante che è il legame stretto, materiale, profondo, con la realtà che oggi ci circonda, nella quale viviamo e che siamo chiamati a distruggere sul piano sociale. Anche i compagni francesi come alcuni compagni italiani, dimenticano d'inserire la nuova realtà cultu– rale ed eroica che stiamo costruendo in un contesto preciso di lotta di classe contro il sistema che ci op– prime. La lotta quotidiana, la pratica sociale che ci liberi e liberi il popolo dal comune nemico, tesa ad annie– tarlo mettendoci in grado di vincere. Questo è quello che riteniamo indispensabile a tal punto che andremo sicuramente incontro a nuove illusioni e a nuove · sconfitte se la nostra prassi continuerà ad essere per un verso o per l'altro, monca, parziale. Liberiamoci dagli errori storici del passato, liquidiamo vecchie e nuove illusioni, prepariamoci alla guerra di classe. (Testo di Richard Leshayes) C'è qualche cosa di marcio in questo paese. L'atmosfera si è fatta irrespirabile. Un mondo sprofonda nella mediocrità di giorni che succedono ai giorni, di notti che succedono alle notti mentre .sotto il nostro cielo non cambia niente. Molta gente rassegnata e sotto– messa subisce lo sprofondamento di questa civiltà di sbirri e d'egoi– smo nella passività ne nell'impotenza noi che siamo giovani dovrem– smo nella passività e nell'impotenza, noi che siamo giovani dovrem– insopportabile in nome dell'indomani, delle speranze-progetti nel– l'awenire, in nome di una rivoluzione o di cambiamenti futuri che non vedremo mai se subito non ci solleviamo per lottare. Si è saputo sempre più o meno che per noi non c'era che una cosa da fare: la Rivoluzione. E' astratto, ma questo già si sa. Quelli che credevano di cavarsela bene da soli o altrimenti hanno imparato a capirlo o finiranno per farlo. Ma queste rivoluzioni che ci si è chiesto di fare erano talmente astratte che si sovrapponevano alla nostra vita come un corpo estraneo, un progetto a parte dai problemi di tutti i giorni, una rivoluzione che aveva un posto a sè, incasellato tra il lavoro, il cinema, la famiglia ... e che soprattutto corrispondeva sempre al futuro, o si riferiva al passato, o ad altri paesi, e non a questioni che cl bruciano dentro ad ogni Istante della nostra esi– stenza. E quando si parla di mettercisi seriamente e di « ribellarsi andando per la via più breve » perché vivere è diventato quasi impossibile in questo paese e manchiamo di ossigeno al punto di creparne, ci sono sempre un fottio di rivoluzionari che ci esortano ad andarci piano, ad attendere che molta gente sia pronta a ribellarsi. Allora noi rispondiamo che è adesso che abbiamo scelto di essere llberl, che la nostra scelta, la nostra rivolta ci basta e non aspettiamo dieci anni, non languiremo fino al giorno miracoloso in cui tutte le classi sociali diranno: « La Rivoluzione comincia oggi, andiamoci tutti in– sieme ... » e insorgeranno. LA RIVOLUZIONE E' IL NOSTRO MODO DI PRENDERE I NOSTRI DESTINI IN MANO E DI AVERE PRESA SULLA NOSTRA VITA e se noi siamo cosi impazienti è che ci siamo rotti le scatole di essere spinti a dirci « non può durare così... », « succederà qualche cosa ... » perché non succede niente e la no– stra gioventù scompare senza speranza di ritorno. (...) Attendere che? Che gli sporchi coglioni la smettano di usarci e i pulotti di controllarci, i professori di infessirci e i padroni di sfruttarci? Attendere che? Che la società ci offra uno sbocco che ci piaccia? un tipo di vita in cui noi possiamo vivere felici? che un partito più rivoluzionario di un altro ci proponga il dépliant-pro– gramma della felicità illustrato in appena 24 mensilità. (...) SI PUO' SEMPRE SOPRAVVIVERE, Cl SONO 12.000 MODI DI NON VIVERE. Ma soprawivere, e questo che si vuole? Tentare di coprirsi gli oc– chi per non vedere che si va diritti a finire come i nostri vecchi. .. piuttosto crepare subito, PIUTTOSTO LA VITA! Perché con questo mondo di coglioni" imposto a noi dalla nascita, si finisce per chiedersi se la gioia esiste e l'amore e il calore umano anche. Dopo il Maggio noi sappiamo di si, (anche noi abbiamo avu– to un '68 ricordate?) dopo la festa selvaggia al Palazzo dello Sport (le guerriglie ai concerti) si sente che questo non chiede che di r "I - . .:~. --~'f;;~~E. ·-1f.,:?~1_2_;{ I ·1Qu1n·N'S. ~#li~, ..--,;,·•·_•::;._ .A.U --..;._ ·"' T.;···1.•!.,r. I Lit00M : ,. . -- ):;r '>· ✓ ~i·, : : : ): ~\-·T c;~-:l- • l!t76~: ·; · esplodere e rompere la barriera dei divieti e anche_ dei caratteri chiusi per le frustrazioni, la solitudine, la disperazione. Soltanto, questo non lo si ottiene mendicando, non si compra, non si riven– dica, SI STRAPPA! Se vogliamo vivere e fare ciò che ci piace di fare quando ci piace, avere ciò che desideriamo senza aspettare dieci anni che non se ne abbia più voglia, se vogliamo libertà e bel tem– po ed essere liberi dei nostri movimenti, liberi nella nostra maniera di vivere, di raggrupparci, di vestirci, di comportarci, se vogliamo essere liberi di fare l'amore e liberi di soddisfare tutti i nostri bisogni, non c'è che una cosa da fare: FARLO! QUI E SUBITO... e non quando saremo diventati dei cadaveri. La nostra passione di vivere è la forza più rivoluzionaria e radicale che ci sia. (...) E che cosa abbiamo da perdere una volta considerati i poveri gadgets, i riflessi di esistenze ai quali ci si aggrappa per non essere definitiva– mente nauseati? (...) Credete che per molto tempo sgobberemo nelle vostre stanze pu– tride, sopporteremo i vostri cani da guardia, giusto per vestirsi, an– dare a ballare e cercarsi una chiavata il sabato sera? e che conti– nueremo a salutare le vostre bandiere nelle caserme? e che con– tinueremo ad affollare i vostri centri di rieducazione e le vostre pri– gioni? Ma no, borghesi, levatevelo dalla testa! (...) UFFICIALMENTE 14.000 GIOVANI SI SUICIDANO OGNI ANNO, QUAN– TI DI FATTO? Non c'é niente di geniale a dire a un certo punto che sarebbe tem– po che i giovani uniscano le resistenze isolate che essi conducono per non farsi fottere dal sistema. O.K. tutti pensano che questo sa– rebbe bene ma che richiederebbe da una parte di essere chiaro, dunque che si discuta per vedere chiaro in ciò che si può intendere per rivolta dei giovani, e per movimento di liberazione dei giovani, d'altra parte bisognerebbe che questo si facesse e la sola maniera perché ciò si faccia è passare all'azione diretta nel più breve tempo, perché è il solo mezzo perché tutti vedano chi siamo e ciò che vo– gliamo. Si è molto discusso in vista di rompere radicalmente questo sistema di coglioni e di Indicare la via del suo superamento. (...) Il movimento di liberazione dei giovani non è un gioco per « di– verti.re i giovani », non un gadget che si lancia perché c'è un mo– vimento di liberazione della donna, è una rivolta che esiste già da molto tempo al di là di tutte le rappresentazioni politiche esistenti, ed è precisamente questo che fa la sua forza, che fa che esso non sia integrato. Ciò che fa la sua debolezza è che esso ha difficoltà a diventare una vera comunità rivoluzionaria della gioventù ripo– sante sull'identità fondamentale della miseria di tutti i giovani, ragaz– zi e ragazze. (...) Noi non siamo affatto dei bravi giovani. E' duro lavarsi il cervello da tutte le loro chiacchiere sulla gioventù, anche quando si è giovani e, cosa che l'accompagna, diffidenti. In più non è molto interessante porsi la questione, quando si è giovani o non lo si è e se uno si sente all'inizio e per lungo tempo molto a disagio nella sua pelle e al posto che occupa, è un buon segno che non inganna. Il giovane

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