Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 72 - inverno 1991-1992

«Droit de regards» o la foto-sequenza Poiché l'atto del narrare non si riduce mai alla strutturazione di una storia, di contenuti diegetici disincarnati, ma si costruisce in funzione e a partire da un materiale sempre specifico, l'analisi di un fotoromanzo - in questo caso, Droit de regards di Marie-Françoise Plissart1 -dovrà necessariamente interrogarsi circa la maniera in cui esso ignora o al contrario sfrutta e esplora le possibilità del genere. Lo studio di un fotoromanzo, per quanto esso esista in una forma diversa da quella giornalistica, risente di una posizione opposta di despecificazione. Definendo il genere come un misto di parole e foto, la maggior parte dei critici rinuncia, in effetti, a spingere oltre l'analisi del fotoromanzo come narrazione propriamente visiva, cioè come narrazione che procede mediante fotografie montate all'interno di un volume2 • Non v'è dubbio che tale indifferenza, in molti casi, è data dalle proprietà stesse del fotoromanzo medio. Mediocre, lo è di certo, ma colpisce per il suo allinearsi ad altri generi: da un lato, le sue riprese trascurano la preoccupazione della successione delle immagini nel libro, alla ricerca di effetti estetici propri della fotografia che privilegia l'unicità dell'istante e della composizione, dall'altro, la sua 211

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