Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

t'altro che facile accostarsi alla psicoanalisi, erano di origine ebraica. A Trieste- come ha efficacemente rievocato Giorgio Voghera basandosi sui suoi ricordi personali- quasi tutti coloro che si appassionarono entusiasticamente alla psicoanalisi tra il 1920 e il 1930, proprio in seguito alla presenza di Weiss in città, erano ebrei o mezzi ebrei. Di origine ebraica, come si sa, solo per citare i nomi più famosi, erano tanto Svevo che Saba, entrambi sensibili, anche se in maniera diversa, alle scoperte di Freud. A Saba, che fu paziente di Weiss, dobbiamo- secondo quanto riporta sempre Voghera- un'analisi degli elementi predisponenti gli ebrei alla psicoanalisi, che si avvicina molto a considerazioni già trovate in Freud: Egli[Saba] diceva che per circa tre quarti di secolo gli ebrei avevano potuto dare un contributo non indifferente alla civiltà occidentale, perché alcune loro qualità erano riuscite utili alla società che si era andata formando: il loro spirito critico e il loro non conformismo, derivanti dal fatto che fin dall'infanzia erano vissuti fra due verità, quella della famiglia e quella dell'ambiente cristiano circostante (mentre la maggior parte dei cristiani si era formata sostanzialmente ad una verità sola), certe loro abitudini[...] la loro ambizione nata dal desiderio di riscattare un antico stato di inferiorità; ed altri elementi ancora. Ma ora i tempi stavano per cambiare. All'età della ragione e della critica subentrava quella del mito[...] Gli ebrei, secondo Saba, avevano ormai poco da offrire al mondo che stava nascendo [...] Ma proprio perché il loro compito volgeva ormai alla fine, essi si attaccavano con tutta l'anima a quella che era forse la loro ultima creazione: la psicoanalisi, la quale aveva già qualcosa del mito, ma era un mito estremamente critico e razionale (Voghera, 1980, p. 5). 193

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