Il piccolo Hans - anno XVIII - n. 70 - estate 1991

cel écrivain» si chiude per aprire lo spazio indefinito di quell'«écrire». Su tale spazio, la Recherche non ha più giurisdizione. «Il se faudrait beaucoup de nuits, peut-etre cent, peut-etre mille[...] Ce serait un livre aussi long que les Mille et une nuits peut-etre, mais tout autre [...]». Tuttavia una specie di corrispondenza fra il libro che è e quello che dovrà essere corre come una leggera vertigine attraverso il racconto. A parte le allusioni più frequenti nelle ultime pagine del Temps retrouvé, cartigli improvvisi affiorano dove meno ci si aspetterebbe (per esempio, nella seconda parte della Prisonnière: «au début de cet ouvrage») - veri «punti di imbottitura» a segnalare un contatto con il sottostante romanzo speculare. Tale contatto, peraltro, ribadisce il distacco minimo ma invalicabile - asintotico, per usare un termine di Gunther Miiller - che vieta alle due fictions di saldarsi. Paradossalmente, ma nemmeno troppo, perché la Recherche sia, occorre immaginare del tutto diverso il libro che Marcel si prepara a scrivere. Ma se il romanzo di Proust è il riconoscimento di una vocazione, o lo spiegarsi di una carriera, chi vi prende coscienza di questa vocazione? Insomma, a carico di chi si produce il momento di assunzione estatica della verità? Ciò non riguarda l'autore-Proust, ma neppure, sostanzialmente, il personaggio-Marce!. Entra in gioco un terzo soggetto, che il Narratore promuove nell'atto di narrare, come il soggetto della costruzione nell'analisi - per portarlo al «Tu sei questo!», dove gli si rivela «la cifra del suo destino mortale». È tale soggetto, a metà strada fra Marcel e Proust, che raccoglie e insieme autentica il valore di quanto ho chiamato «carriera». Anche qui, come nella relazione fra i due romanzi, la coincidenza è per dir così all'infinito, non viene mai raggiunta. La carriera sfora da entrambi i lati, non raggiunge né l'autore né l'«eroe» - per questo il senso ultimo della Re115

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