Il piccolo Hans - anno XVI - n. 61 - primavera 1989

di città semidistrutte del futuro di molti film di fantascienza. Resta da chiedersi se non tornino così a riprodursi pluralismo e incommensurabilità tra le varie comunità locali e se da ciò non possano riemergere quei conflitti e quelle incompatibilità, che le etiche moderne tenterebbero, anche se invano, secondo Mac Intyre, o con difficoltà, di superare o mitigare o controllare. Platone aveva già osservato che la giustizia, come adeguazione al proprio ruolo in un piccolo gruppo, è possibile anche all'interno di una banda di briganti. Forse non è irrilevante il problema della giustizia anche fuori della «forma locale di comunità». Nelle mani di Mac Intyre, come in quelle di molti altri, l'antichità diventa una proiezione di desideri, come il Dio di Feuerbach. Ma, per definizione, Dio non può essere brutto. Sovente è la coscienza di una miseria del presente a condurre a un restauro idealizzato del passato, vagheggiato come più ricco o più ingenuo e incontaminato. Ma in questi casi il restauro è costitutivamente legato alla deformazione e all'occultamento di altre miserie. Esso presuppone un'immagine globale dell'antichità, dalla quale siano già stati espulsi gli aspetti spiacevoli, perché solo un passato sottoposto a cosmesi merita di tornare presente o futuro. Ciò significa che il passato è valore solo nella misura in cui può cessare di essere passato e si è pronunciato su esso un giudizio e una discriminazione epocale. Quanto più c'è volontà di restauro, di rimettere in vigore, senza mediazioni, ciò che è detto nei testi filosofici classici, tanto più si fanno incombenti le possibilità di mutilazione e deformazione del passato. Paradossalmente ciò che è rimesso in vigore è un membro monco e disarticolato. Sembra questa la controfinalità del restauro cosmetico, il mettere inevitabilmente altro in ombra, il ricoprire per lasciar emergere soltanto la parte «piacevole». La pretesa di restauro può così coincidere anche col guasto. 188

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