manifesta un altro modo di vedere. La cecità per le cose diviene luce della lettera; questa forma oggetti intelligibili, cioè visibili con l'intelletto, che, come dice il poeta, è l'«occhio dell'anima». Al margine del lungo artificio della Galeria e della sua inerte arguzia, la tensione metaforica del Barocco tocca un punto estremo: è un confine incerto, un'oscurità dove affiora un occhio che, come «intelletto del corpo», vuol quasi portare l'acume di una vista interiore in materie e qualità della lettera. Scegliamo alcune di queste materie e qualità, da svolgere in esempio. Un madrigale dedicato a Piramo e Tisbe dovrebbe «affrontare» un dipinto di Martin Fréminet, detto il Fulminetto; ma il dipinto non è stato identificato, e il testo poetico non ci consente di congetturarne neppure un tratto, un particolare. C'è nel testo un velo e del sangue: ma sono elementi essenziali della st_oria dei due «sventurati amanti», formano l'inganno che li portò a morte; il testo, anzi, sembra volerli togliere dal quadro e assegnarli, come cose vive, solo alla verità del mito: «là» - nell'inganno d'Amore - «velo e sangue», «qui» solo «tela e colore»33. È appunto sull'«inganno» - un referente astratto, una nozione tutta giocabile con arguzia - che il madrigale si articola e forma i propri elementi visibili in tracce e sostanze della pura lettera - come possono essere anche i nomi del velo e del sangue. 90 Un inganno v'uccise, o in tenera età fermi e costanti ma sventurati amanti. Or in più strane guise, di diletto cagione, e non d'affanno, s vi dà vita un inganno. Ma dove ha maggior forza, in questo o in quello, o la spada, o 'l pennello? Là velo e sangue, e qui tela e colore, l'uno è de l'Arte, e l'altro fu d'Amore. 10
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