struttura dopo l'altra. Ma, sulla via mondana, è l'arte barocca a volgere il nuovo piacere in una forma compiuta e ingenua di libertà, coniugandone il fine e la gloria nella meraviglia. Qui la via si ritraccia in sensi e luoghi innumerabili, e non ha più sbocco: s'è fatta labirinto. Nell'Adone ha ordito il «giardino del piacere», un labirinto voluttuoso, ammaliante, il cui incanto resiste oltre la stessa copiosa fioritura delle arguzie e delle varie specie d'artifici verbali: e non vi si forma idea o assillo di evadere, di andare oltre, e vi si confondono con qualche grazia e segreto godimento perfino il senso dalla labilità di tutte le forme, il disinganno, la percezione luttuosa del tempo. Il principio formale di quel giardino-labirinto sta in un intrico fitto lussureggiante di parola e immagine: il poeta ce lo indica, nell'appressarsi col suo eroe alla porta del primo ordine del quintuplice regno- un'altra frontiera: [...] Le più degne e prime parti di tutta la sensibil massa l'occhio sì come principe sublime in gloria eccede, in nobiltà trapassa; che posto de la rocca in su le cime ogni membro vulgar sotto si lassa; e dove il tutto regge e 'l tutto vede tra la plebe de' sensi altero siede. (L'Adone VI, 25) La vista eccede e trapassa- in gloria, in nobiltà- tutti gli altri sensi, e insieme ne regge e governa la materia: produce l'unità ed enuclea le forme di «tutta la sensibil massa». Questo nodo inestricabile di parola e immagine visiva è il principio basilare dello stile barocco, come è l'oggetto della sua incessante minuta sperimentazione. La teoria lo presuppone nella definizione e negli esempi di ogni specie di metafora: 86
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