Il piccolo Hans - anno XV - n. 60 - inverno 1988-1989

che deve <�far tesoro», scrivere ciò che si vede, e della parola, non meno degli occhi e della memoria inadeguata alla visione. La fatica pesa e cresce ad ogni passo, come quella dell'esilio- l'altro cammino, nel «tempo», nell'«umano», da questo nell'«etterno» ripercorso, remunerato e adempiuto-, e infine domina: nel sommo dei cieli e nella candida rosa, dove gli occhi girano lentamente «su per la viva luce», è proprio questa fatica di vedere e mostrare la «parvenza» e l'«esser» di ciò che quaggiù è solo oggetto di fede, a rappresentare il motivo più poetico, come «battaglia de' debili cigli», a cui Dante continuamente si rende, pur dichiarandosi- ancor prima di ricevere in dono e di mancare con la parola e la fantasia la suprema visionefelicemente sopraffatto: Da questo passo vinto mi concedo più che già mai da punto di suo tema soprato fosse comico o tragedo (Par. XXX, 22-24). I. La disciplina della Riforma mosse anche contro il grido di Dante, che dominava negli ultimi canti della Commedia, spesso iterato - vidi, vidi-, nella gaudiosa sconfitta: O isplendor di Dio, per cu'io vidi l'alto tr'iunfo del regno verace, dammi virtù a dir com'io lo vidi! (Par. XXX, 97-99) e forse quel grido remunerava l'«ardore» di Ulisse nel «seguir virtute e canoscenza», e la memoria del suo folle volo: «Tutte le stelle già de l'altro polo/ vedea la notte». Ma Lutero riaffermava !'«impronta uditiva» della fede: la vista contamina la lettera, nelle immagini c'è solo menzogna, la parola di Dio esige un puro ascolto. In uno schema tracciato da Barthes10 , accanto al bando _ della Riforma sono ordinatamente esposte le ragioni e le 82

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