Il piccolo Hans - anno XV - n. 60 - inverno 1988-1989

così nei cieli, e sempre più «la vista pare e non par vera», fino all'ultimo e supremo «fulgore». Nel canto XXVI dell'Inferno, Ulisse conclude lo svolgimento favoloso del tema proposto, con fervente esattezza, da Virgilio - «l'un di voi dica / dove, per lui, perduto a morir gissi» - col tratto ('lapidario') del mare che si richiude sopra di lui e sopra i suoi compagni, in quel «legno» inabissato a picco. Scomparsi - sono diventati perduta impercettibile materia del mare sfidato. Ebbene, Dante teme che il suo viaggio nell'oltretomba (e perciò il suo racconto) non sia voluto in cielo, non abbia il consenso e la grazia di Dio, che ebbero i viaggi di Enea, di Paolo, e sia dunque «folle», destinato a perdizione, come il «volo» di Ulisse; ma la cosa che teme, al momento di risolversi - che potrebbe essere un abbandonarsi - al viaggio (e perciò e in realtà a narrarlo), e che torna a temere più volte nel viaggio stesso, è che l'Inferno, mentr'egli lo percorre (dunque mentre immagina di percorrerlo), si - chiuda su di lui e lo faccia suo. Perdizione significa essere .r catturati, posseduti e come assimilati dallo stesso elemento che costituisce il pericolo, la prova, o che s'affronta in una sfida: come dimostrano, col mare sfidato da Ulisse, la selva in cui Dante s'era smarrito e quella in cui sono trasformati i suicidi, anime perdute del cerchio infernale della violenza. È possibile vedere con chiarezza, nel primo simbolo della Commedia, il filo e la coerenza di una storia di elementi naturali: una selva è luogo e forma d'errore: nella sua oscurità, nel suo intrico, nelle fiere che vi si incontrano sta la minaccia di morte; l'altra selva è, nella sua propria natura, che involge, rinchiude, compenetra gli spiriti dannati, la stessa morte eterna9 • Quanto alla frontiera che attraversa la sua scrittura, Dante continua a superarla, perchè il cielo gli è propizio: ma uno dei motivi strutturali della Commedia è formato proprio dalla dismisura e dalla confidenza zelante particolareggiata di questa fatica degli occhi, e della «mente», 81

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