accusato d'intrattenere con la violenza della realtà un rapporto d'indifferenza e di distacco. Kandinsky fece invece, e a più riprese, l'esempio della finestra rigida: essa ci allontana dalla realtà della metaforica strada. Bisogna infrangere il vetro per render-si-nella-strada. Ma la strada, come la guerra, propina delle «scosse» esterne e dunque «ingiustizia» o trauma, che in quanto tali sono inutili. Solo la possibilità di dimetterle dalla «realtà» e farle diventare interne le rende utili allo scopo di smuovere la consuetudine e la scarsa sensibilità. Solo la «scossa» interna può renderci esploratori del nostro mondo, un mondo le cui proprietà si trovano soffocate, poiché noi siamo soggiogati dall'utilitario-utile. Il problema di Kandinsky è far parlare una lingua sempre più chiara a ciò che prima era muto. Egli svilupperà successivamente tutta la teoria della risonanza, sulla quale tornerò, ma questa teoria prende spunto, in un certo senso, da una teorizzazione del trauma. I suoi primi paesaggi, dipinti con la spatola, all'aperto (molti dei quali furono distrutti), non sono sereni. Il lavoro esterno differisce notevolmente da quello fatto nell'atelier. Nel primo Kandinsky dipinge a olio: primeggia la natura vegetale come motivo e l'impasto è grosso e tormentato. Nel lavoro interno dipinge a tempera, i disegni s'ingrandiscono (è il periodo chiamato dei grandi disegni colorati) e appaiono abitati da qualcosa che è dell'ordine del «tempus». Kandinsky ha infatti teorizzato7 il potere del colore, ma ciò che egli ammira maggiormente in Rembrandt (un'altra impressione essenziale e violenta della sua giovinezza), è soprattutto il potere della combinazione dei contrari. Questa è composizione, nello specifico senso che a essa attribuisce Kandinsky, e la composizione «introduce nella tela un elemento che prima sembrava a essa alieno e non accessibile: il tempo». Il tempo che corre e quello che «stempera». La vita si fa variopinta, «mescolata» (Bunter Leben, 47
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==