randa una «adeguata modificazione della realtà». L'arte, nella fattispecie la pittura, è una di queste «figure di pensiero»3 • Freud ci dice dell'artista, specificatamente, che egli è colui che fa, continuamente, ritorno alla realtà dal proprio tnondo di fantasia, un mondo che egli aveva precedentemente preservato con cura o abitato con disperazione. Ciò facendo, egli usa il suo particolare talento per «modellare le sue fantasie (trasformandole) in verità di una classe nuova» (mia sottolineatura). Non è il Destino delle stelle dunque che deve piegare l'agitazione della vita dell'uomo, ma è il volere dell'uomo che deve assicurare un destino al suo desiderio di piegare le stelle. Così fece Giulio Romano creando la Sala dei Venti, così fa l'arte. Questa nuova vita che il pittore ha colorato con sapienza e con mestiere sulla tela o sulla volta di un soffitto, parla il linguaggio della rappresentazione figurativa. Quali rapporti esso intrattiene col linguaggio della parola? Per cercare di abbozzare una, seppur parziale, risposta a questo quesito, vorrei provare ad avvicinare tra di loro due vertici di un disegno immaginarfo, quello che riunisce il «sapere» paleontologico e il «sapere» di un artista. Per il primo mi avvarrò del pensiero di A. LeroiGourhan, per il secondo dell'opera pittorica e teorica di W. Kandinsky. L'evoluzione generale della scrittura verso la linearità, cioè la subordinazione della espressione grafica alla espressione fonetica, ha creato una progressiva divergenza tra la rappresentazione grafica e il linguaggio. Risulta di conseguenza abbastanza arduo concepire che in realtà essi hanno un'identica matrice strutturale. La paleontologia ricostruisce un percorso che è seminato ancora di 43
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