scuola, penso che manchi poco. Ma mi viene in mente che non sto facendo la terza liceo, ma il primo anno di università:. Mi mancavano 4 anni, ma potevo anche smettere subito. Provo un senso di gioia e mi dico che da domani posso smettere ma sono perplessa come se io stessa non potessi accettare questa libertà. Senza una teoria psicoanalitica dei colori, questo, come moltissimi altri sogni di questa paziente, non sarebbe comprensibile. Vi si leggerebbe, l'esistenza, l'insistenza, di un desiderio, di un progetto incestuoso legato alla madre, dato che la nonna fa solo debolmente velo e allusione all'età avanzata della prima, ma non il quadro clinico, il contesto nosologico, con la connessa valutazione di un pericolo per la salute fisica, cui invece conducono i colori, i rapporti fra i colori, e le forme che nel sogno si muovono. I colori sono numerosi e sfumati: il violaceo del volto della professoressa, il rosso nella gradazione bordeaux, il rosso screziato di giallo della mela e il grigio verdastro del fondo. Il fondo appunto, con la sua tinta verdastra è un altro aspetto cui prestare attenzione. E poi vi sono le forme: le righe della moquette, la forma piatta del vassoio e il volume squadrato della scatola per i medicamenti, le striature luminose della mela, ma soprattutto il susseguirsi di forme tondeggianti, l'occhietto del pesce, le mele, quella sul piatto e quella che rotola e si appoggia alla scarpa. I colori in gradazione ci portano immediatamente sul terreno di una nevrosi traumatica di guerra, cosa di cui troviamo conferma nell'introduzione del personaggio della professoressa con il figlio morto da partigiano. Appartiene a questa stessa paziente il sogno che presentai al recente convegno «Forme della natura e del soggetto» a Firenze in cui avveniva la scelta di «un vestito analogo» a quello di una sorellastra: «Giacca di tipo tailleur 19
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