«sogno di Sirene» che, essendo frutto della propria immaginazione, può prescindere da qualsiasi esperienza reale. Egli, in effetti, ha paura di riconoscere negli «occhi diretti» il segno della condanna all'Altro Regno della Morte (la seconda morte, cioè la Dannazione eterna, di cui si parla nel poemetto «Gli uomini vuoti», stilato tra il 1921 e il 1925)17 . Ma se ne «Gli uomini vuoti» riusciamo a scorgere un tentativo - anche se abortito - di perseguire la Salvezza, in «Prufrock» percepiamo soltanto una grande paura della sessualità femminile. Tant'è che, in ultima analisi, non è neppure capace di dannarsi. Nel saggio su Baudelaire Eliot ha ricordato che «la glorificazione dell'uomo sta nella sua capacità di salvarsi ma sta anche nella sua capacità di dannarsi»18 . Prufrock, invece, resta in una comoda posizione di stallo collocabile in una metaforica terra di nessuno dello spirito. Una terra di nessuno che, nella sua iconografia, si riconduce ai tipici luoghi desertici della rappresentazione dantesca sia ne «Gli uomini vuoti» che nella Terra desolata (1922). Eliot però, anche quando pensa a Dante, non dimentica mai che sta ritraendo la società moderna (la «sua» società, dato che, come ha scritto, «un grande poeta non può far altro che scrivere il proprio tempo mentre scrive se stesso»). E in un altro saggio filosofico-religioso, «L'idea di una società cristiana» (1939) esprime la convinzione che la stragrande maggioranza della gente del suo tempo «viva in una terra di nessuno spirituale»; è gente adusa a vegetare stancamente nelle metropoli del XX secolo senza grandi urgenze interiori; gente che, incapace di concepire una «nuova vita», scivola lentamente nelle sabbie mobili della frustrazione sessuale. Uomo di mezza età, con tendenza alla calvizie, Prufrock compie la sua «visita serale» attraversando proprio quella terra di nessuno urbana; passa tra «strade semideserte», «strade che si susseguono come un tedioso argomento», circondato da un fumo giallo che connota sia il 188
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