Virtù non deve essere mai perduta altrimenti sopravanzerebbe il Peccato, per Eliot la Virtù è lo stadio finale di una «contaminazione» positiva con il Vizio. Qui sta il valore universale dell'esperienza che è, per dirlo con Blake, «contaminazione» col mondo del Peccato. Dunque, come ha puntualizzato ancora l'Ellis, secondo il poeta anglosassone «ciò che la presenza di Beatrice evocò sulle prime in Dante non fu la Virtù bensì il Vizio, e per ottenere la prima egli dovette passare attraverso il secondo»7 • Da dove Eliot riportò questa convinzione? Quando scrisse il saggio su Dante probabilmente stava ancora pensando al punto di vista filosofico di Baudelaire. Il suo interesse per Baudelaire fu indubbiamente molto forte ed è ipotizzabile che Eliot tentasse di convogliare il pensiero di questi due poeti così lontani fra di loro entro gli schemi della sua neo-nata «filosofia della Disillusione» (non dobbiamo dimenticare che, oltre a Bradley, studiò filosofi come Santayana e De Unamuno). Che cosa utilizzò di Baudelaire che poteva adattarsi alla visione dantesca? Nel suo saggio sul poète maudit (1930) ci vengono forniti alcuni elementi in grado di ravvicinare questi due autori. Vi si parla, per esempio, di «accettazione della realtà del Peccato» in termini di «vita nuova», e, inoltre, si ricorda che: la possibilità della dannazione è un immenso sollievo in un mondo di riforme elettorali, di plebisciti, di rivoluzioni sessuali e di costume; la stessa dannazione è una forma diretta di salvezza: salvezza dall'ennui della vita moderna, perché essa finalmente dà un senso all'esistenza. E ancora: 182 L'atto sessuale inteso come male è più dignitoso, meno barboso dell'atto sessuale inteso come naturale, «rigenerante», gioioso automatismo del
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