Il piccolo Hans - anno XV - n. 60 - inverno 1988-1989

Come ha scritto l'Ellis nel suo ·volume sulla fortuna di Dante in Inghilterra, «le pagine eliotiane sulla VitaNuova costituiscono la parte più polemica ed intensa del saggio, incentrate come sono sull'ipotesi che l'incontro fanciullesco tra Dante e Beatrice descritto nel secondo capitolo del 'libello' rappresentino una specie di esperienza sessuale» e che, quindi, per citare le stesse parole di Eliot, esso sia leggibile come un «trattato psicologico su qualcosa che oggidì potremmo chiamare sublimazione»4 • In un altro saggio, «Shakespeare e lo stoicismo di Seneca» (1927), scritto due anni prima di quello su Dante, Eliot accenna fugacemente alla Vita Nuova: Ciascun poeta comincia dalle proprie emozioni. E quando ci immergiamo in esse non v'è più grande differenza tra Shakespeare e Dante. Le invettive dantesche, la sua personale ipocondria, sottilmente celata sotto le invettive profetiche da Vecchio Testamento, la sua nostalgia, i suoi amari rimpianti per una passata felicità - o per ciò che, una volta trascorso, assomiglia alla felicità - e i suoi coraggiosi tentativi di distillare qualcosa di permanente e di sacro dalle sue sensazioni animalesche quali appaiono nella Vita Nuova: tutto ciò può anche trovare un corrispettivo in Shakespeare5. Ma che intendeva Eliot per «sensazioni animalesche?» Si sa che l'unica possibilità per Dante di entrare nel Paradiso è di guardare Beatrice negli occhi. E gli riesce solo dopo aver conosciuto la realtà del Peccato ed aver imparato ad allontanarlo da sé. In altre parole: dopo aver imparato a controllare ogni «reazione animalesca» nei confronti della fanciulla Portinari (ciò che Dante chiama «lo spirito naturale»)6 • Qui Eliot sembra adattare l'interpretazione dantesca al proprio schema poetico, e questo procedimento ci illumina su tutta la sua prima produzione letteraria. Laddove per Dante, nella visione cattolica, la 181

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