Il piccolo Hans - anno XV - n. 60 - inverno 1988-1989

od osservate, ma solo e semplicemente «stelle». Ossia la presenza dei raggi non implica direttamente la presenza di un osservatore. Ciò che si intende rappresentare è un evento fisico e non il suo rapporto occasionale e periferico con un osservatore effimero ed aleatorio. Stiamo sganciando lo stimolo distale da quello prossimale e inf atti entriamo direttamente nello spazio della rappresentazione in cui la percezione dell'evento stella è solo una pallida guida, anche non necessaria. Di tanto ormai lo spazio della rappresentazione si allontana da quello dell'oggetto, che si accetta naturalmente senza nessuna difficoltà una stella disegnata in nero sulla carta bianca. E i raggi hanno del tutto cessato di adeguarsi alla percezione dalla quale sono pure partiti e divengono elementi di discorso, parole grafiche. La stella diviene senza difficoltà un piccolo cerchio con un punto al centro e dalla cui circonferenza si allontanano otto raggi a punta. A volte, tra questi otto raggi a spada se ne inseriranno, precisissimi, altri otto magari più brevi (o più lunghi), anche essi terminanti a punta come i loro fratelli maggiori. Oppure i raggi saranno sei o quattro o cinque o sette o dodici. O altre numerologie provvederanno le adeguate coperture ideologiche alla loro definizione grafica. Il numero dei raggi, la loro forma geometrica, la loro lunghezza dipenderanno solo dal contesto linguistico, dall'equilibrio con altre forme presenti, dalla geometria generale del substrato cui f anno riferimento. Nulla di quanto ha stimolato la nostra retina, o quasi nulla è restato, a ricordarci che quella che vediamo «è una stella». Un vertiginoso susseguirsi di forme culturali ha limitato strettamente il contributo sensoriale e percettivo a pochissimi elementi di base. Adesso possiamo del tutto liberi e coscienti contemplare il grande cielo matematico e formalizzato che copre le volte della sepoltura di Galla Placidia senza sentire più la nostalgia e il bisogno di un cielo vero che di «vere stelle». 178 Ruggero Pierantoni

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