come vorrebbe Gombrich, la macchia che Manet «ha congegnato con tanta abilità che essa evoca per noi l'immagine di un cavallo - a patto, ben inteso, che ci sia la nostra collaborazione»29 . Si noti come la maestria è posta sul versante della empatia, della fisionomica, dell'identificazione a quel tratto inconfondibile - «un sarcasmo, un pestar di piedi» - in cui riconosco immediatamente il maestro. È da qui che scatta quell'identificazione massiccia al maestro che forma una scuola e, più di una maniera, costituisce una mimica. Anche là dove il maestro è piccolo, è un piccolo maftre nel suo campo non necessariamente à penser, il meccanico o l'agente di borsa, nella naturalezza con cui manipola i propri segni balugina un'abilità minacciosa. Il grande Ejzenstein, che conosceva il tedesco ed è stato uno dei primi lettori teorici del Leonardo (nel 1918!), fa coincidere nelle sue Memorie la lettura di questo scritto di Freud con l'inizio del suo tormentato rapporto con la psicoanalisi. Egli è interessato alla relazione tra la biografia di Leonardo e la soluzione formale datane nel dipinto della Sant'Anna-«uno dei quadri di più alta spiritualità che l'arte mondiale abbia mai dedicato al tema della Madonna» -, soluzione che «sembra nascondere un'immagine straordinariamente dinamica della riproduzione: Sant'Anna che, come in un accrescimento sfrenato, si continua nella Vergine e, ancora oltre, in un'altra generazione»30. Il problema di «un accrescimento sfrenato» ossessiona da cima a fondo tutta quest'opera di Ejzenstein dal titolo programmatico: La natura non indifferente, che lo vede alla ricerca appassionata di quella «formula (che) non è niente altro che il momento in cui viene a compimento la legge dialettica del passaggio dalla quantità alla qualità»31 Nella Sant'Anna la pressione fisionomica, l'accresci122
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