«in supervisione», e che è tuttavia ancora in analisi con me. Questa giovane donna, che si mostrava preoccupata perché non era riuscita a fare la pipì prima della seduta, aveva fatto tempo prima questo sogno: c'era il lettino dell'analisi, che però era un vero letto, con su una larga macchia d'urina, e in un angolo due animali che lottavano. Nel corso delle sue associazioni che la riportano all'infanzia la paziente parla dei suoi violenti litigi con il fratello. L'analista la distoglie però da ciò per ricondurla, come mi dice in supervisione, al «corpo», cioè all'insieme dei sintomi isterici che hanno accompagnato una sua tumultuosa relazione sessuale con il cognato. Ma qui non di «cognati» si tratta, ma di «fratelli», di qualcosa dunque di più antico e di più radicale, che viene a prendere forma in quel doppio transfert che ha luogo tra la paziente e il giovane psicoterapeuta, tra questo e me. In supen;isione: il termine «aulico» in un certo modo intorno al quale sembra gravitare quel vago mondo di aspirazioni feudali, l'attesa di un'investitura, l'accoglimento in una comunità di eletti, che resiste a qualsiasi elaborazione del romanzo familiare, ci introduce all'aspetto formale del sogno: un campo bianco, il letto, con una macchia gialla. A lato, in basso due animali lottano intrecciati. Il sogno ha la struttura di uno stemma. Al di là della questione della validità dell'utilizzo che di questo sogno fu fatto per un'interpretazione che sottolineava, nell'abitudine della paziente a liberare la sua vescica prima di ogni seduta, l'aspetto di un'urgenza fisica, di un bisogno corporale, quello che mi domando ora è invece a quale urgenza morale, a quale bisogno spirituale ubbidisca quel giovane psicoterapeuta, psicoanalista in formazione, che tra l'altro deve ancora terminare la sua analisi, per da un lato farsi «impressionare» dal marchio bipartito di quel sogno al punto di ripeterne a sua volta in numerosi sogni suoi lo schema spaziale e dall'altro non 11
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