gna» (pp. 34-35). Ora, la « brutta pallidezza», gli occhi « languidi e trasformati», le ginocchia che si piegano, il latrato di Ecuba « a guisa di cagna» sono « segni propri » e precisi di distinte passioni, segni di quelli accidentali, che alterano il corpo per allignante o fugace turbamento dell'anima. E non son poche, nella rassegna, le significazioni e raffigurazioni che attingono l'anima per prima, come sono frequenti i segni del corpo che « si riferiscono direttamente» alla passione. Ma la logica propria, direi congenita, di questo lavoro celebra il dominio del corpo, lo svolge negli innumerevoli poteri del suo temperamento, lo cimenta e cerca di addomesticarlo, per qualche tratto e elemento, come formazione e governo dell'anima; così che questa, in uno svolgimento del naturalismo più candido e spregiudicato, tende a compenetrarsi e a immedesimarsi - sebbene si nomini distintamente e insistentemente - con la materia corporale e con quei poteri: ed è, l'anima, come pervasa e formata da impasti, nodi, anditi del corpo, e visceri, e si distilla in amalgame di umori. Nel raccontare e ragionare questa foggia e soggezione dell'anima, il fisionomo arriva a escogitare, con ignara temerarietà, un impossìbile argomento di falsificabilità e ad esporlo nel procedimento paradossale della sua deliberazione: « E se l'anima umana venisse in un corpo di Cane, I1estandogli però l'intelletto, non avrebbe costumi se non di Cane; così in un corpo di Lupo avrebbe costumi di lupo, perché tai costumi le dà il suo temperamento» (p. 135). E, se l'anima non cambia mai - come recitano le filosofiche auctoritates e la devozione-, mutano però i ,suoi costumi e le sue attitudini nelle diverse età del corpo: '« Venendo l'anima nel corpo d'un figliuolo, per la sovei'chia umidità che l'offende, veggiamo ch'è poco meno che un animai bruto. Nell'adolescenzia cambiando il temperamento in caldo, mostra intelletto, e dura fino ad un certo tempo, e non più. Viene la vec41
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