JACQUES DURANDEAUX Poétique analytique (Des langues et des discours dans la psychanalyse) Paris, Seuil, 1982 Un accenno alla « lingua d'origine» si legge in Freud (Introduzione alla psicoanalisi). Ma la tentazione di ritrovare un Uno in capo al linguaggio si riequilibra al1'estremo opposto nell'istanza di moltiplicazione di enti linguistici, ben di là dai sistemi storicamente esistenti, su cui non può niente il rasoio di Ockham. L'interesse per la psicoanalisi dei linguisti viene ripagato con un allargamento suggestivo. La seduzione, beninteso, im- · plica rischio: come quello implicito nel titolo inscritto al libro di Jacques Durandeaux Poétique analytique. Se la psicoanalisi ha accettato per un pezzo di operare dentro la figura linguistica della traduzione, non si può negare che molto sia avvenuto, si potrebbe dire da Lacan in poi, perché le cose mutassero. « L'analyse est poétique: elle est parole active et créante, re-création de la vie dans le déploiement d'un discours...». È chiaro che tutto un antefatto autorizza questa affermazione liminare di Durandeaux, corroborata più avanti da: « le discours de l'analysante est poétique» - che sarà da intendere subito nel senso etimologico più stretto, di un dire che coincide esattamente con il fare. Il libro, che viene da uno psicoanalista in attività di servizio, rende omaggio anche nella struttura, piuttosto inventiva che sistematica, all'intimazione del titolo: « poétique». Ma i punti non vi smettono di essere determinanti per il fatto di seguire una tattica erratica, e semmai di accumulo, di ritorno, anziché esaustiva: voglio dire ripartendosi in temi o voci, quasi in lemmi. Metterò in luce almeno due o tre di tali punti: per esempio quello secondo cui « la materia dell'analisi è fonica»; più che per il suo valore generale (e abbastanza 194
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