Il piccolo Hans - anno XI - n. 41 - gen./mar. 1984

un'applique o il riflesso di una maniglia; mentre si liquefa immediatamente tutto ciò che passa dietro le spalle. Nemmeno la durata offre un supporto, segmentata com'è in tempuscoli sempre più fitti. «Je posais le mannequin à l'entrée d'un couloir... »: prima di dare il giusto rilievo al termine di mann[!quin, può giovare fermarsi su « couloir », a cui peraltro il testo narrativo preferisce la forma «corridor ». Che cosa vi si può costruire sopra? Nella sfilza delle esemplificazioni del lemma relativo, emerge un uso specifico: « le corridor de Dantzig», che appartiene equamente alla lingua della politica e a quella della geografia. Ma in un sogno ricordato in nota aHa Traumdeutung, la geografia funziona, insieme con un motto di spirito, come chiave per dissipare un'incertezza, un'incomprensibilità: è insomma la catena: « fra il ridicolo e il sublime non c'è che un passo» - Pas de Calais - canale della Manica. Nor1 meno (storicamente, politicamente...) che il suo omonimo di Danzica, il corridoio del testo di Reverzy è un vicolo cieco che non può portare in nessun luogo. Esso non canalizza un movimento, ossia una serie finalizzata di atti situati nello spazio e nel tempo ma, come credo si vedrà, l'inesistenza del movimento. Se vogliamo giocare con gli omofoni, non permette neppure quel «passo» (fra ridicolo e sublime, fra Dover e Calais) suggerito dall'associazione. 5. Il corridoio è una impasse: vi si colloca il personaggio anonimo come manichino o marionetta. «Et déjà la domestique s'éloignait sous l'effot du vigoureux élan imprimé par son pied, ébranlant le genou, le buste et les bras dont l'un s'avançait, de travers, comme pour déblayer un passage encombré, alors que l'autre, sa besogne accomplie, se rabattait. Et le chancellement du tronc qui suivait, bientòt redressé, puis s'écroulant encore, et toujours en avant, l'entrainait et 18

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