dolfiane e con Odradek: tutte parlano. A loro sono indirizzate parole vacue, ed esse stesse se ne fanno portatrici, come echi più che come soggetti parlanti. Sono i discorsi dell'ascensore, o i vaniloqui di momenti appartati e solitari: contatti fatici, piccoli tic verbali, speciali idiolessie ricorrenti e monologanti. Sono i materiali di cui si nutrono le nostre creature (le forme deliranti vere e proprie sono poco adatte, troppo cariche e troppo distanti dal tipo di esperienza relativamente tenue in gioco in questo discorso): le voci, insieme agli sguardi perduti nello spazio (lo scintillare della scatoletta di pesce in mare di cui parla Lacan) fanno da attaccapanni su cui si appendono, si appoggiano, sono gli elementi da cui prendono forma e forza. In Cancroregina il supporto linguistico è dichiarato. Le creature sono tanto numerose quanto sono interminabili le elucubrazioni del prigioniero. Alla fine esse stesse, creature, sono parole, così il porrovia « non è una bestia: è una parola» (24 maggio). Questo dà loro l'opportunità di volare: tra le pareti della scatola cranica del narratore un « grosso vipistrello» trova « la strada sbarrata dall'osso frontale» (Kafka), chiusa « nell'abisso di cielo dietro la fronte» (Celan). Siamo il 12 maggio. Privo di memoria, sperso in un fiume di parole, il narratore è inseguito da stormi di oggetti minacciosi che dapprima si introducono nell'abitacolo e poi, soppressi ed esculsi, lo inseguono in volo come una corona o una scia infernale: 178 17 maggio Era inaudita la quantità di ogget, ti disparati (e disperati) che per qualche via s'era introdotta qui dentro negli ultimi giorni. / ... / Ad
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