avanza e anzi di giorno in giorno peggiora parte l'invito fatto a se stesso di applicarsi al lavoro letterario (« Dove, ripeto, un'occasione migliore?»): terrà dunque il narratore un diario di bordo, e tornerà all'inizio del viaggio. Il quale principia con due segnali perfetti: « Come nel Corvo ero weak and weary immerso nella lettura di un antico libro». Con il Libro e il Corvo vigili alla porta, il passo porta rapidamente alla contemplazione dell'umana e meccanica Cancroregina. È una macchina volante, ma non un'astronave qualunque: è un abitacolo privilegiato cui si arriva attraverso una grotta di fiabesca magnificenza. La nicchia è perfetta: nello splendore di borchie e metalli da fantameccanica degli anni cinquanta la macchina umana si lascia vedere. Sono i suoi organi delicati, il suo sguardo « di demone che sogna» tra l'ottuso e il metafisico, le sue mosse per la messa in funzione che fanno pensare allo starnutire, allo sbadigliare, al brontolare. Appena nel suo grembo, narratore e Filano - l'inventore pazzo - sono sollevati da terra in lenti cerchi concentrici, che la creatura meccanica spicca verso la luna. La situazione precipita, Filano espulso all'esterno si mette a seguire Cancroregina nello spazio, come vi fosse impigliato, in assenza di gravità: ben visibile traverso il cristallo posteriore, contro il cielo nero, al tenue riflesso cui ho precedentemente accem1ato, cogli occhi sbarrati, recando, dico, ancora sul volto l'orribile, la feroce smorfia che era stata l'ultima espressione di lui vivente, seguiva, segue Cancroregina nello spazio; segue nello spazio infinito e nell'eternità me, suo uccisore. Ben visibile per il nuovo oblò tipo Nautilus, ora divenuto spaziale, per i suoi cristalli, lo spazio -incomincia a popolarsi davanti al narratore rimasto inceppato in 174
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==