Il piccolo Hans - anno XI - n. 41 - gen./mar. 1984

ville. Ma per dirne di più, torniamo aHo statuto di questo mondo di mezze creature e mezze cose: al loro doppio statuto. Da una parte esse hanno un incerto contenuto percettivo, come di cose appena intravviste con la coda dell'occhio, come di ombre imprecisate in semioscurità. Dall'altra hanno invece un forte contenuto rimemorativo, seppure indiretto: anche non riconosciute o non riconoscibili esse portano comunque il segno della loro provenienza. L'investimento, che le caratterizza nel loro riemergere dai luoghi della dimenticanza, si individua nel tipico rapporto di familiarità e al contempo di estraneità (siamo vicini a una psicopatologia della percezione quotidiana, se non fosse che in Freud tutta la percezione è forse già psicopatologica), mentre imprime alla poesia - a quella almeno che si situa a tale livello - un forte dislocamento. È quanto indica Celan, a proposito di una poesia che « persiste ai confini di se stessa». L'investimento dei nostri oggetti odradekiani passa nel testo e lo segna, lo costringe in quei giri di stile di cui parla Artaud, o in quei percorsi del non-luogo e del non-tempo di Celan. Lo costringe nel senso che lo investe di una «testimonianza», di un'interrogazione sull'apparire delle cose non ancora (o meglio non più) sistemate nel cosiddetto ordine naturale. La montagna rovesciata del giorno della rivelazione, e il vuoto sotto i piedi del Lenz segnalano questa esperienza come una ferita non ancora rimarginata, dove le cose non sono ancora chiuse sul mondo in superficie assestata. Tale alterazione da « gravità» ritorna in una frase di Landolfi, con tutto il racconto in cui ricorre fra cose volanti e strapiombanti. Si legge in Cancroregina che « la letteratura comincia dove finisce la letteratura». Nell'abitacolo di Cancroregina il narratore pronuncia le suddette parole: e poiché il volo verso la luna non 173

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