Il piccolo Hans - anno XI - n. 41 - gen./mar. 1984

dre di eliminarla, indizi portati a livello di segni linguistici attribuiti al discorso di un soggetto. Sebbene lei sia già dannata e non possa morire, il desiderio della madre di ucciderla le appare incontestabile. Non c'è contraddizione nel suo discorso delirante se, come afferma Lacan: « C'est dans cette relation à un -Autre, dans la possibilité de la relation amoureuse, en tant qu'elle est abolition du Sujet, en tant qu'elle admet une hétérogénéité radicale de l'Autre, en tant que cet amour est aussi mort, que git le probleme, la distinction, la difference entre quelqu'un qui est psychotique et quelqu'un qui ne l'est pas » 3 • La qualità di delirio del discorso che Beatrice articola deriva dalla certezza circa il soggetto che formula tale desiderio di morte, così come dalla identificazione tra verità e realtà che mostra quanto « la questione della verità condizioni nella sua essenza il fenomeno della follia » 4 • Il delirio può ben essere considerato una forma della memoria. In questo senso risulta interessante l'accostamento tra le infernali macchine educatrici del Dott. Daniel G.M. Schreber e i miracoli che suo figlio è costretto a subire da quel Dio beffardo che non capisce niente degli uomini 5 • Per quanto però tale accostamento evidenzi la notevole corrispondenza tra due serie di eventi, non offre alcuna indicazione nell'orientare la possibilità di un ascolto del discorso delirante, né offre una risposta alla domanda su questa particolare forma che assume la memoria in Schreber figlio. Nella particolare relazione che intrattiene con il reale diventa possibile orientare una concezione del delirio in rapporto alla complessità dell'apparato psichico e alla posizione del soggetto. Ritrovando le parole attraverso le quali dire la sua storia, Beatrice risale all'inizio della costruzione del suo 166

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