capacità sono enormi: n01, m un'occhiata percepiamo: tre bicchieri su una tavola. Funes: tutti i tralci, i grappoli e gli acini d'una pergola. Sapeva le forme delle nubi australi dell'alba del 30 aprile 1882, e poteva confrontarle, nel ricordo, con la copertina marmorizzata d'un libro che aveva visto una sola volta, o con le spume che sollevò un remo, nel rio Negro, la vigilia della battaglia di Quebracho. Questi ricordi non erano semplici: ogni immagine visiva era legata a sensazioni muscolari, termiche, ecc. Poteva ricostruire i sogni dei suoi sonni, tutte le immagini dei suoi dormiveglia. Due o tre volte aveva ricostruito una giornata intera; non aveva mai esitato, ma ogni ricostruzione aveva richiesto un'intera giornata. Funes era quasi incapace di idee platoniche, generali. Non solo gli era difficile di comprendere come il simbolo generico ' cane ' potesse designare un così vasto assortimento di individui diversi per dimensioni e per forma, ma anche l'infastidiva il fatto che il cane delle tre e quattordici (visto di profilo) avesse lo stesso nome del cane delle tre e un quarto (visto di fronte) » 2 • Il reale non attende, discorre da solo, per Funes il tentativo di una cattura esaustiva del reale, che elude i percorsi elaborati da una rete, da una trama simbolica, trova il suo limite nel progetto di catalogare tutti i suoi ricordi. Progetto impossibile e, ammette lo stesso Funes, inutile. Il delirio mantiene una particolare relazione con il reale, è dal reale che esso s'impone quando· la simbolizzazione non interpone una distanza mediatrice. Il delirio costruito da Beatrice, la ragazza di cui avevo riferito la storia, gli itinerari della sua follia, ha come tema la volontà della madre di ucciderla. Degli indizi raccolti qua e là sostengono le sue asserzioni deliranti: alcune pietre spostate nel giardino, il canarino che ha smesso di cantare, delle erbe aromatiche aggiunte al cibo, costituiscono tutti indizi del desiderio della ma165
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