sequenze inevitabili. Un piacere, vedete, che corrisponde al piacere che troviamo nel riconoscere l'inevitabile sequenza delle note in un motivo musicale, il piacere mutuato dalla contemplazione delle relazioni e corrispondenze della forma. Per darvi alcuni esempi, nessuno che sperasse di trarre un ideale appagamento del desiderio si rivolgerebbe a Madame Bovary, Anna Karenina o addirittura alla Fiera delle vanità. Un'altra enorme industria dell'arte, oggi, è il cinema. Qui, pure, l'appagamento del desiderio regna incontrastato. Rammento la locandina di un cinema che diceva: « Viviamo una vita in due ore». Questo era un chiaro appello al desiderio di realizzare idealmente ciò che la realtà aveva negato. E non ci può davvero essere alcun dubbio sul metodo e le finalità di quasi tutti i film, a meno che non si tratti di un film comico, in quanto il comico introduce un altro problema che ora non intendo affrontare. Per un processo che è un gioco da ragazzi nella vita fantastica ci identifichiamo istantaneamente nell'eroe. E quanta soddisfazione da ciò! Con quale incredibile abilità e fortuna sventiamo il complotto del marrano contro l'eroina e arriviamo appena in tempo ad ucciderlo. E cavalchiamo via con l'eroina: l'impavida creatura o la fanciulla appena in grado di abbrancarsi tremante a noi allorché traversiamo paurosi burroni sopra un tronco caduto, scaliamo precipizi e irrompiamo attraverso foreste, ma sempre con la certezza di un ultimo, trionfante successo! Non occorre che scavi ancora: il teatro col pubblico che reclama il lieto fine non è un caso meno ovvio. Ciò che appare più interessante è la questione della reale attitudine dell'artista verso tutto ciò. Egli, infatti, nella misura in cui dipende dalla sua arte per vivere, si sente costretto a dare il contentino al pubblico e quindi a gratificare la vita fantastica nelle sue opere. L'intera questione della coscienza artistica ruota intorno a que146
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