Il piccolo Hans - anno XI - n. 41 - gen./mar. 1984

Nel capitolo 10, dedicato agli anni del primo dopoguerra, la biografia sottolinea la preoccupazione di Fry per l'ondata di irrazionalismo e di nazionalismo che sembrava dominare l'orizzonte: «Una massa pesante di irrazionalismo emotivo gli sembrava minacciare non soltanto l'Inghilterra, cosa che ci si poteva aspettare, ma anche la Francia. La Francia - si doleva - aveva perduto quell'obiettività che aveva costituito la gloria dei suoi grandi pensatori. E questa emotività, questa irrazionalità, poteva venir combattuta soltanto dalla scienza. Dovevamo cercare di comprendere i nostri istinti, di analizzare le nostre emozioni... Ampliò le proprie letture... Lesse i comportamentisti, lesse gli psicologi». Lesse, risulta dalla conferenza, non superficialmente anche Freud, quel Freud che proprio nello stesso 1924 la Hogart Press cominciò a pubblicare a cura di James Strachey, il fratello di Lytton, che già nel '20 si era recato a Vienna per imparare da lui; ma per il quale Virginia Woolf non aveva nutrito mai un interesse particolare («Non ho studiato il dottor Freud, né alcun altro psicoanalista... credo in verità di non aver mai letto nessuno dei loro libri; quanto so di loro deriva solo da qualche conversazione superficiale» (Lettera del 19 marzo 1932 a Harmon H. Goldstone). Lesse Freud, egli che aveva compiuto studi scientifici, perché «scienziato», e non a caso lo associa a Einstein nella sua conferenza: proprio per combattere l'irrazionalismo che vedeva crescere intorno a sè. Una lettera della Woolf a Fry, del 22 settembre 1924, quando aveva appena letto il manoscritto della conferenza, ci offre una testimonianza dell'interesse che aveva suscitato in lei. Vale la pena citarla ampiamente: «Ho appena finito il tuo opuscolo, e sento il bisogno di scriverne subito per dirti di quanta ammirazione esso mi colma e suscita in me, come tu solo sai fare, ogni sorta d! stimoli e sollecitazioni - idee voglio dire, che mi si 130

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