Pattuglia - anno I - n. 9-10 - lug.-ago. 1942

gJi occhi, e poi "pensa che tutto, tutto, tutto, anche <1uella che è nata in questo momento, tra ottanta anni awena 1 saremo tutte, tutte morte. LA MADRE (scompare ridendo disperala) - Enrico, Enrico, anche tu, anche tu straziato. l\lARTA - Tu non avresti saputo resistere. Ora ... (Jlarla si ferma. Al Jelefono, a cui parlavll al primo allo, parla ancora diritto e cortesemente irritato il Direttore) lL DrnETToni: - 1'11'.1, ingegnere, fo non capisco davvero, <1uesto signHica vo• lere offendere il buon senso comune, scusate, scusate, ma come si può rifiutare una simile offerta? E la carriera, è l'av\'enire, voi guadagnereste moltissimo, voi nell'industria po• trcste diventare il più forte azionista, YOt potreste diventare un ç,rìncipe della terra. i\l"n-r" • Direttore, direttore, guardate. Vedete questa ragazza stesa su <1uesta poltrona? E una larva, è una larva, ridete se ne avete 1a forza 1 è morta, è morta, come rido io, ~rnrdnte, guordnte, essa è Renota, è Enrico~ t':: J\forta, siete voi, è tutte le creature umone. Non sapete ridere evvcro? IL Dmr:non1~ (scompare) - Io non capisco, io non ct.1pisco. J\hnTA - Si danno il convegno a una certa ora del giorno. .Ecco Anna, ecco Anna. (Anna si avanza smarrita verso il telefono a cui parlm,a al primo alto, dinoccolata) l~i"/mco. • Anna, Anna. ,\1,rnTA - ;\'on parlare. :rutto sarebbe perduto. Sctna prlm:& Sctna quinta AN:o.A - Enrico, Enrico, perchè non rispondi .più al mio richiamo? lo mì torco Je mani, lo vedi? lo posso abbassare Ja laccia sulla terra per piangere e 1;,er baciarla, posso compiere lutti i 9iù inutili atti che mi coprano di lutto, e questo lutto mostrortelo, portarlo a te suHc •palme delle mani. Perchè non ascolti il mio richiamo? Lu101 VERONESI . Scene per "la storia del soldato,, di Igor Stravinsky (1939) 1\I.\RT.\ - Anna, tu parli a un cadavere. Vedi Renata? Ascoltami. Guardala. Pensa che la morte abbia dato ad Enrico Je sembianze di Renata. Anna, è morto, è morto. Non pensare che le tue parole •possano profanare, oltrepassare certe soglie. AN:-." (scompare curva torcendosi le mani) - Addio dunque addio addio. JlENATA (si si,eglill ma rimm1e immobile e smuove appena le labbra parlando) • Enrico. Marta. EN1uco - Oh! Renata. J\IART,\ - Ti sei risvegliata? HENATA - Si. Vi ascoltavo dormendo. i\Ia non percopivo nè frasi nè parole. ì\fi batte\'ano dentro, come su cristallo, note, che giocavano atto1·- no a una foglia lunga. ~LATITA - Adc!ormentati ancora, llenata, addormentati, è giunta l'ora della tua ussoluzìone. REN.\TA (si abbandona) - Che serata, che serata! ~li filtra l'aria tra le vene delle tempie, trn le dita e tra i capelli. Aimè aimè. quanta gioia! Profwni di fiori misti a freddo di marmi, spire d'incenso miste a note d1orgnno di cattedrale, campanule di cristallo su cui battono mimose (l'argento, mi calano dentro. lo non sapevo ancora come si ,poteva morire eh dolcezza. (Renuta è addormentata) ~l.\nTA - Dormi. Ti sveglierai quando \'errà la Sorella (chiama) Sorella! Sorella! L" SORELLA (ansiosa) • Signorina, signorina, siete qui? Mi avete tenuta in ansia. MART.\ - Venite, Sorella, venite. Ascoltate questo polso, Sorella. Ma dunque tra poco moril'ù, sentite? LA Son.ELLA • E molto debole. ENmco • Bisogna !arla confessare, assolverla. REN.\TA • voi. Marta. Ah! Sorella, siete LA SORELLA - Come vi sentite, figliola? RENATA - Leggera, Sorella, legge,·a come se fossi arrivata da un oceano di etere. LA SonELLA - Vi sentite pura? f.Nnico - Henata, vuoj l'assoluzione? RE:s,,T,\ - Si, la voglio. LA SORELLA - Inginocchiated dunque. RENAT.\ (si inginocchia davanti alla Sorella che la accare.:::a) - Sorella, non ho più co11po, invano tento con le mani di trovarmelo accanto. Sento pulsare solo le \'ene delle tempie e mi sembra che questo ritmo nv• venga sulla mia anima divenuta azzurra. 5onELLA - Che peccati volete vi siano perdonati? HENATA • lo, SoreJla, nella mi::t vita precedente e nel ventre cli mia madre, dovetti essere molto tristè. Poichè quando nacqui, lo ricordo. si rattristò l'aria sulle mani e sugli occhi. Ln mia fanciulczza la trascorsi tutta come una .pianto cresciuta orizzont.:de su di una roccia e sospesa sul lo sgomento d'abissi di aria e di acque. :\on so che foglie avessi, sorniglia,,ano un po' a quelle degli ulid, certo erano molto tristi in una continua aria da crepu• scolo. Jo, Sorella, voglio perdonata Ja mia fanciulfozzo. SoRELL,\ - Tu ne sci assolta, figliola. HENATA - Orn ricordo che nella adolescenza molto arnorè mi avc\'a la vita ofierto con creature umane e con cose. Le rifiutai sempre, perchè ero ancora triste e perchè fui anche distratta. La mia adolescenza io chiedo mi sia perdonata. SonELL" - Essa ti è perdonata, figliola. RENATA - ~ella mia giovinezza, sono ancora giovane, Sorella. a\'e, 10 bisogno della \'ertigine per vivere, basta cosi, Sorella, ed allora mi straziai il corpo ed usai lo strazio di infiniti corpi •per crearmi questa vertig·ine. \loglio perdonata c1ucsta mia prima giovinezza. LA SonELLA - Aspcltiamo che si svegli. SonEi~u - Tu sei assoJta di questo, MART.\ (bacfo sulle tempie Renata) • figliola. Fon'aàziòl1e Ruffilli - Forw·- Non ho ultr; peccut;, sorelta. SonE-LLA - ln nome di Gesù e di Maria, tu sei assolta. (Renata si stende ancora su/l(l poli ron<1. Enrico le si siede olialo e la I.iene per mano. La Sorella si scosta e rimane immobile in un angolo. Marta guarcla attenta e immola Renata ect Enrico) RENATA - Sono pura ormai dì ogni tristezza, di ogni distrazione, di ogni crociJissionc mia e degJi altri. Sei felice, Renata? REN.\T,\ - Potrei riaddormentarmi per sempre, ormai. E~Rtco - Anch'io. MARTA (implcrando debolmente) • ;\lo, no, per carità. h.ENATA - Tombe di luce, urne di sole, sepolcri cli raggi, addormentateci voi, seppelliteci in voi. ~I.\HTA (debole) - No. No. RENAT.\ - Quando eravamo chiusi in una cella, e non potevamo uscirne, sognavamo dei verdi assoluti infiniti, vi corrc\'amo dentro, e poi dei gialli assoluti, e poi dei rossi assoluti. Ora Ji abbiamo qui, dentro di noi, che ci solcano e ci trascinano }on· teno. i\lAnTA - No. ~o. HE;-.,,TA - :\ddio. E:-.nico - Addio. ~lAnTA (agifllta sempre pi,ì finchè smarrite, n~n si torcerà le mani) - Renata, Enrico, vi siete addormentati. ì\on vi risveglierete più? No. No. Sentite, Sorella, come i loro polsi si vanno sempre •più dileguando? (loccc, toro i polsi) Cosa ho Iatto, cosa ho fatto? Per carità, risvegliatevi. Come potrei vivere ormai sen· za di voi? Pazzia, pazzia, aiutami ancora tu, se dovessi rimanere sola. Rendimi possibile ancora la vita. Non saprei tpiù trovare, senza di te, una ragione per ,·ivere. Enrico. Renato. Pazzia. (buio. Dopo un attimo ancora luce altissima. L'orchestra e le coppie immobili in fondo alla salll) Suo· nate dunque. Danzate. No. No. t vero. Questo non è possibile. Enrico, Renata, non vi sveglierete più. (ride e parla piano e carezza l'aria) ~on importa, non irr"1)0rta. (co11 POce alla, lesa) Pazzia, siamo ancora sole. FINE Palcoscenic I L sipario si {1l:ò ad orco sulla immensa scena turchina, semicircolare, mentre iL brusio degli ~pcttotori si acquietava. Un raggio arancione scoccò dal fondo. ciel teatro, fra le pareti bianche di maiolica, /issandosi tondo come un occhio di bue sul centro del fondale violetto. Apparvero viluppi di liane color argento elettrico, e palme stilizzate di cartone castano. Figure cominciarono a solletJ(1rsilente e nere Jra i cespugli r;erdaz~ zurri; come pantere si snodarono ae~ r<mdosi. Nella fossa l'orchestra, sotto la luce schermata,• modulò in sordina un canto pesante su un tema di tre note, partecipandovi con tutti i suoi slrumenti. Le figure sollevarono i gomiti e svincola-i rono due passi concentricamente, ed apparoero, cosi, simmetriche. Dai gomiti si stesero le broccia, e una nuova foresl{1 cli carne si aggiunge per istanti a quella di tefo e di cartone. Questè alberi umani si jlettero lentissimamente, mentre gli olloni soltolinemumo con un sibilo. Poi scoppiò irrorandosi a fasci sul nero e sul nocciòla una bianca risata, quattro volte ripetufo daWeco delle volte cremisi. Il riflettore si spense di colpo, e fu regno 1.trll'orcheslra non ascoltata che come per 'eccitare l'attesa. Dalla ribalta filtrarono luci blu e celesti. (Un signore, in una poltrona di prima /ifo, tolti gli occhiali affumicati, si c,eniva prolendemlo in a,Hmti, poggiava mw mano s'un ginocchio e si puntellm;a sull'orlo della poltrona. Quando una luna rolonda e gialla rapidamenJe ascese, dietro una piatl" montagna di C{1rla 1 verso il cielo di cartapesta .:eppo di stellette dipinte co11 l'argento dei droghieri, gli si spalancò la bocca). Come una donna distesa e palpitante~ che sollevi il petto soffocato, l'orchestra. si poggiò sui timpani. Fremendo, nella enorme sala ripassò un'oncia d'aria rejrigerata. Le luci s1inc11piro110,s'arrossarono, divennero lunc,ri. La melodia s'ef/use con calore. Sulla scena, una barca lentamente calò nel rivo, ondeggiando sospesa a un ésile rii.mo: un velo nero trapuntato di ·pielre, a t,-,,tli oscure e luminose, la copriva quasi per intero e si raccoglieva al sommo, sul capo d'una giovane donna, <li cui appen" s'imlovin{wa la bellezza dagli occhi morbidi, sempre più larghi e tenui in cerchi di nero languore. Un cespuglio si spaccò proiettanclo cascate di fruiti d'oro, subito dissolti: ne bal.:ò fuori un gio11ane con una fascia gemnwta ai fianchi. Egli fermò la barca, ea esplose in ,m urlato canto d'amore, scandito da gesti disperati quasi per remo/i cenni di oltrew,uma misura, menIre la donna rimase immobile come morta. Quando il giovane lae<Jlle, un altro lo sostituì e cantò. E la donna rimase inunobile e muta. Un oltro gioi,ane v< 11ne, e un altro. ll numero sali a lredici. Allora, essi si guardarono, "tJllineati lungo la rivfl; si contarono. A mono a mano che ciascun ,l'essi contava i cam .. pogni, l'acqua si ritraeva: quando l'ultimo fini di contare, it rivo era asciutto, e la barca arenala, ancor gocciolante. L'orchestra tacque, e un amplissimo silenzio si sfobili fra le pareti. l giovani ini::iarono la danza. Progressivamente un ritmo, dapprima appe11(1ubbo:=.{tlo, si distese. I loro corpi si svilupparono, s'invilupparono, rimamlanclosi le figure dei moi,imenti, inscrivendo ,nall'aria linee e volumi in wi ,,ccoro• lo confine cli triste dolcezza, un poco amara come d'una maturità dolente. La dan.:.a si llllargò remissiva. E11trò nel suo giro tranquillo la natura, quella ,lipinla nelle brevi notti d'aUestimento scenico, é quella reale, con le teste accalorate {[egli spettatori. I rilm~ sempre pili flebili si estenuarono, piegal i c,d uno ad uno in una segreta mc,- linconia di riposo. (!ucmdo non ne rimc,se che un appassilo fiore smisurato, rosa e nero, prote• so al cielo dell'assoluta armonia attraverso il letto rotto del teatro cl'improv~ viso deserto, il sipario rapidamente ricadde. Ridui.ione dallo spagnolo di FRANCO R USCONI 11

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