Omnibus - anno III - n. 2 - 14 gennaio 1939

(CONTUCVAZ. DJ.l NUMERI PRECEDENTI) CHCHt nel territorio di Civitavecchia, da cui venivamo, c'era la peste, non potevamo sbarcare in nessun luogo senza passaporto sanitario; scendemmo a Monaco, dove, con qualche pistola, ottenemmo documenti fabi che ci servirono per La Ciotat jn Provenza. Qui sbarcammo, perché il padrone della nostra barca non volle condurci fino a Marsiglia, dove diceva di aver avuto certe contese. Fu una fortuna, perché così potemmo sfuggire alle feluche e alle galere ( 1) che il connestabile ci aveva mandato dietro, e che non avendoci incontrato per l'insolito ~iro che aveva fatto il nostro marinaio, come ho già detto, abilissino, .erano andate in molti porti e fi1almente a Marsiglia, dove ci avreb-- bero preso senza dubbio, se avessimo avuto dei passaporti per approdarvi. Arrivate finalmente a La Ciotat, dopo una navigazione di nove giorni, ci riposammo quattro ore : montammo poi su cavalli presi in affitto e, camminando tutta la notte, arrivammo a Marsiglia la mattina presto. Informatami dell'abitazione di monsieur Arnous, intendente delle galere, sperando che avesse per me un passaporto, fatto chiedere a Sua Maestà prima di partire da Roma, e inteso che era molto malato, volli andare a fargli visita. Dopo avergli detto chi ero e avergli dimostrato il mio profondo rammarico nel· vederlo in quello stato, gli domandai se aveva da darmi qualche lettera da parte del re. Mi rispose con molta fatica, per la apoplessia che aveva avuto, e mi diede un plico chiuso, in cui trovai un passaporto e una lettera di Sua Maestà, con un'altra di M. de Pomponne (•) per M. de Grignan (3), luogotenente del re in Pro• venza, nella quale lo incaricava di ricevermi ad Aix con ogni riguardo, di as.sistermi con la sua autorità e di of- . (rinni tutto quello che poteva. Ritornata dalla casa di monsieur Arnous, andammo a riposare. Dormivo da appena un'ora quando vennero a svegliarmi per dirmi che il capitano Meneghini desiderava parlarmi da parte del connestabile. A tale notizia tutti i n01tri familiari incominciarono a tremare. Per prevenire quello che naturalmente poteva accaderci, io ne feci avvertire M. Amous, che mi inviò immediatamente delle guardie e mi pregò insistentemente di andare ad abitare a casa sua, ove sarei stata più sicura che in qualunque altro luogo. Ricevetti frattanto Meneghini, che doveva solo propormi di tornare dal connestabile, o per lo meno di aspettare che egli mi invÌM,5Cun seguito più adatto alla mia posizione e quanto mi sarebbe stato necessario per continuare il viaggio in modo più splendido e conveniente. Cercò anche di intenerirmi col ricordo dei miei figli, pensando che l'affetto che avevo per loro mi avrebbe for,c spinta a prendere la risoluzione che egli mi suggeriva. Benché molto li amassi, temevo assai di più per il pericolo che avrei corso : sicura che parole cosl belle nascondessero qualche cattiva intenzione, gli dissi che non avevo affatto desiderio di ritornare. Salite nella carrozza, che M. Arnous mi aveva mandato, con un gentiluomo, andammo a casa sua, dove fummo ricevute e trattate cosi bene, e dove trovammo letti tanto buoni, che in poco tempo ci rimettemmo da tutte le fatiche .sofferte in barca. Avevo intanto fwiato a M. de Grignan la lettera di M. de Pomponne. Il giorno dopo M. de Grignan mi mandò un gentiluomo con sei guardie, per accompagnarmi e offrinni tutto quello di cui avrei avuto bisogno. Accettai le offerte di questo cavaliere e dopo aver mangiato, con madama Mazzarino, salii sulla sua carrozza per andare ad Aix dove arrivai la sera stessa con M. de' Grignan. Questi ci era venuto a ricevere a un miglio dalla città, con la sua c.arrozza, dove ci pregò di salire e ci disse che era molto mortificato di non poterci alloggiare nel palazzo del go- 'wrnatore, che era M. de VendOme, mio nipote, figlio del duca di Merca::ur e di Vittoria (4) Mancini, mia sorella maggiore. Ringraziatolo delle sue premure, lo pregammo di non preoccuparsi del nostro allojl"~io, perché avevamo già promesso a Moriès gentiluomo di mio fratello, che sa~mmo andate ad abitare presso suo fratello, il presidente di Castelet. Così facemmo, e fummo trattate inagnificamente durante quindici giorni. xv. Mia sorella, non potendo andare a Parigi, per una sentenza del parlamento che il duca, suo marito, aveva ottenuto contro di lei, vi mandò Pelletier con una lettera per il re, in cui lo supplicavo di fanni sapere in quale casa egli desiderava che io vivessi a Parigi. Gli domandavo anche di permettere a mia sorella di poter andare a corte senza timore di suo marito, e gli proponevo di darci per abitazione il palazzo MazO.A.BLO E)(ANUELE l] ero,. A.lhul) zarino, dove mia sorella desiderava abitare con me. Il ritorno di Pelletier fu ritardato da una disavventura chè gli capitò durante il viaggio: fu derubato e corse il pericolo di perdere la vita. Alla gran pena prodottami da questo incidente si aggiunse la notizia che M. de Saint-Simcm, che era passato per Aix e mi aveva fatto con lo stesso successo proposte simili a quelle del capitano Meneghini, era giunto a Parigi, dove brigava in nome del connestabile. M. de SaintSimon, creatura de) cardinale Altieri (5), nipote del papa (6), faceva contro di me tutto quello che poteva, servendosi anche della autorità di San Pietro per riuscirvi meglio. Io, per prevenire il colpo che mi minacciava decisi di partire senza. aspettare il ri~ tomo di Pelletier. Il cavaliere di Mirabeau, capitano delle guardie del duca di VendOme (7), ci accompagnò con sei guardie a Mirabeau, dove ci trattò splendidamente. In questo villaggio, madama Mazzarino, vedendomi decisa a proseguire, mi pregò di aspettare ancora un po' il ritorno del suo cameriere. Dopo sei giorni di attesa inutile - avevo acconsentito alla sua preghiera per non farla inqietare - le dissi che volevo partire senza indugio e avvicinarmi a Parigi. Già da tempo prevedevo che avrebbero cercato di impedirmi di entrarvi. Il cavaliere di Mirabcau ci offrì di accompagnarci ancora, con le sue guardie! fino al Pont Saint.Esprit, dove, arrivate, sapemmo che Polastron capitano di quelle del duca di Ma~rino, era passato per Aix e ci cercava. Questa notizia ci costrinse a lasciare la strada maestra, e a ritirarci in una casa di campagna. Durante la notte mia sorella partì per la Savoia, accompagnata dal cavaliere di Anne e dalla metà delle nostre guardie; le altre rimasero con me. Io fui inconsolabile per questa separazione, e, poiché ella mi dette la sua parola di fennarsi a Chambéry, dove andava finché il re non le avesse dato il permesso di vivere in Francia, io le detti la mia di non oltrepassare Grcnoble per essere più vicina a lei e per avere più spesso sue notizie. Arrivata in questa città, dopo tre giorni che mi trovavo in una locanda, dall'altra parte del fiume (8), senza che nessuno sapesse chi ero, giunse finalmente un gentiluomo mandato dalla regina - il re si trovava con l'esercito (9) - con una lettera in cui mi comandava, in termini molto cortesi, di non procedere oltre il luogo dove la lettera mi avrebbe trovata. Aggiungeva che non dubitava affatto che questa fosse anche l'intenzione del re. lo risposi che la mia era di obbedire ai suoi ordini. Il duca di Lesdiguières, governatore di questa provincia (10), che aveva ricevuto gli stessi ordini, venne a farmi visita e mi invitò ad andare ad abitare da lui, o ali' Arsenale. Per non importunarlo accettai quest'ultima dimora, dove Polastron, che pensavo fosse venuto, CO• me mi avevano detto, per inseguire mia sorella, venne a trovarmi, e a portarmi, coi saluti del. duca (11) suo padrone, l'offerta del suo palazzo (12) e di tutto ciò che dipendeva da lui. Gli stessi ordini, mi assicurò, aveva per la duchessa. Io, avuta la parola del governatore, ne detti la notizia a mia sorella a mezzo di un corriere, pregandola di venirmi a trovare. Ma mia sorella, per andare a Chambéry, aveva fatto un lungo giro. Era passata per Torino o per le montagne, impiegandovi così un mese, in mcxio che il mio corriere dovette aspettare. Appena ricevuta la mia lettera, si mise in cammino ed anch'io mi mossi per incontrarla. In questo abboccamento mi raccontò le fatiche del suo viaggio, ma mi disse anche che era stata ben ricompensata dagli onori che Sua Altezza reale, il duca di Savoia (13) le aveva reso. Poi le parlò Polast~n : ma tutte le sue proposte non ebbero alcun effetto, ed egli dovette tornarsene a Parigi. Noi andammo a Grenoble, dove restammo fino al principio di agosto, e dove Pelletier ci raggiunse con una lettera di Sua Maestà che era tornato dalla spedizione. Egli mi consigliava di ritiranni in un convento, per far cessare la maldicenza che interpretava molto male la blia fuga da Roma, e per madama Mazzarino diceva che le condizioni della separazione dal marito erano sempre le stesse. Fui così poco contenta di questa lettera, che decisi di andare direttamente a Parigi e di gettarmi ai piedi di Sua Maestà. Comunicai il mio progetto a mia sorella che, mossa da sincera comprensione, mi disse di considerare .solo i miei interessi, quello che mi sarebbe convenuto di più e di passare sopra ogni altra considerazione; ella poi sarebbe tornata a Chambéry. Partimmo dunque in lettiga senza dir niente del nostro viaggio, per paura che il governatore ci arrestasse, e re~ stammo insieme fino a Lione, dove ci separammo, ella per tornare a Chambéry, io per andare a Parigi. Era con me un corriere di gabinetto, Marguein, che avevo conosciuto a Roma, fedele e intelligente, il quale, pregato di accompa~nann.i, si assunse tutte le spese del viaggio, anticipando il denaro necessario. Io viaggiavo in calesse, Morena e lui mi seguivano a cavallo. Andai così fino a una giornata da Lione, dove mi imbarcai per viaggiare con maggiore comodità e minor fatica. Ma l'acqua del fiume era così poca e un tal mezzo di trasporto si accordava cosi male con la mia impazienza, che sbarcai alla prima città dove però non si trovarono cavalli da posta. Fui costr:etta a servirmi di quelli che mi prestarono alcuni carrettieri. Disgraziatamente nessuno era adatto per il calesse, e bisognò che un uomo prendesse per la briglia quello che lo trascinava. Ero disperata, pcn• sando che, per una rara fatalità, non potevo mai andare in fretta, sia in vettura che per acqua, trovando sempre qualche ostacolo che si opponeva alla sollecitudine necessaria al mio progetto. Arrivammo finalmente a Nevers dove, senza essere riconosciuta, seppi che mio fratello e sua moglie erano andati a Saint-tloy, a tre leghe da quena città. Alla posta di Nevers trovai un altro ostacolo che non avevo preveduto, ma che superai abbastanza facilmente. Quando domandai dei cavalli mc li rifiutarono, dicendo che non po• tcvano darli senza avvertire un gentiluomo che, da parte del re, aveva proibito di darne a chiunque senza suo ordine. Lo stesso era stato fatto a tutte le altre poste della strada che io seguivo. A Lione avevo saputo che il re aveva mandato un gentiluomo ad incontrarmi, ed ebbi paura che fosse per i.mpcdinni di andare a Parigi. Per rendere inutili tutte queste precauzioni, dissi a Marguein che bisognava assolutamente accattivarsi gli uomini della posta. Marguein lo fece con tanta abilità che ci dettero tutti i cavalli di cui avevamo bisogno, mentre M. de la Gibertière - così si chiamava il gentiluomo di cui ho parlato - mi aspettava sul ponte. Egli aveva saputo che mi ero imbarcata a Roanne, e pensava che dovevo passare di là, non immaginando che la mia impazienza mi avesse fatto cambiare mezzo di trasporto. Ma mentre il mio calesse, che aveva stancato più me che i cavalli, còrreva sulle strade, ed io cercavo cam• minando tutta la notte di riguadagnare il tempo perduto sul fiume, quando già credevo di non aver più nulla da temere, e che tutti i miei sinistri incidenti fossero passati - il calesse si era rovesciato due volte, pur senza ·che io mi ferissi - per colmo di disgrazia e per quella fatalità di cui ho già parlato, che sembrava inseparabile da tutte le mie peregrinazioni, arrivando a Montargis, verso mezzogiorno, a ~iorena venne una violenta colica e a Margucin un male molto più pericoloso per mc e per lui. Egli si riempiva l'immaginazione di preoccupazioni e faceva serie e avvedute riflessioni sugli inconvenienti che potevano derivare dalla mia impresa, tanto per me che per lui e per tutta la sua famiglia, se fossimo arrivati a Parigi contro la vol~ntà e gli ordini di Sua Maestà. Aggiungeva che, non potendoci Morena più seguire, sarebbe stato molto meglio non spingerci più oltre. Abbattuta dalla fatica del viaggio e dal .sonno, mi lasciai persuadere dalle sue ragioni che in altro caso non mi avrebbero convinto. Cedetti così alla necessità di riposarmi e- alle sue persuasioni e stabilimmo che mentre egli sarebbe andato a Parigi a portare una lettera al :e e una a monsicur de Louvois ( 14), 10 avrei preso la strada di Fontaine• bleau. Per questa mi incamminai infatti, dopo aver preso Morena nel mio calesse. Marguein fece come avevamo stabilito e mise al suo posto un uomo di sua conoscenza, a cui dette il den~ro necessario per le spese del viaggio; un uomo veramente fedele, ma noioso quanto mai c;i può dire e che, non conoscendomi, mi giudicava dall'aspetto e dalla povertà del mio equipaggio. Ad ogni posta aveva qualche litigio coi postiglioni, che non vole• vano condurre più di una persona in un calesse e si disperavano di essere così sovraccaricati. Malgrado il chiasso e le recriminazioni, arrivammo a Fontainebleau alle sette di sera, e solamente là M. dc la Gibertière mi po• tè raggiungere, perché mi ero fermata a Montargis, come ho detto, per riposarmi. Seppi dc,po che egli avrebbe voluto punire il capo della posta che mi aveva dato i cavalli ; ma finì col perdonarlo, pensando che la clemenza è la virtù delle anime grandi e perché non voleva perder tempo. La fretta con cui procedevo lo costringeva a sbri• garsi tanto che, partito da Nevers a mezzogiorno, arrivò a Fontaineblcau due ore dopo di noi ; e anche lì proibì di darmi i cavalli. Solo la mattina alle nove io ebbi la notizia del suo arrivo e me la dette egli stesso, facendomi sa: pere che doveva parlarmi. Io gli feci dire che poteva venire. Egli mi dette una credenziale del re e cercò di persuadermi a tornare dal connestabile come la migliore scelta che io potessi fare, dato che le cose non si erano volte in mio favore in Francia, dopo che avevano dato ad intendere al re che io presumevo avere sul suo animo un potere assoluto. Aggiunse che Sua Mae. stà era molto pentito di avenni accorda~o la. ~ua protezione per dei pretesti ch1menc1 e delle ragioni fondate solo sul mio capriccio. 7 - (continua) MARIA MANCINI (1) Appena conosciuta la fuga il connestabile ~ra ricorso al vicer~ di Napoli che aveva immediatamente inviato quattordici galere ad in~guirc la fuggiasca. . (2) .Simon Amauld dc Pomponne, segreta. rio d1 Stato di Luigi XIV. (3) François dc Castcllanc-Adhémar dc Montcil conte di Grignan. Aveva sposato la figlia di M. dc Sévigné, Françoisc-Marguc• ritc, < la più bella fanciulla di Francia >. (4) Laura Vittoria. (5) Il cardinale Paluzzo Paluzzi degli Albcrtoni, segretario di Stato o < segretario padrone >, come si diceva allora. Non era nipote di Clcmcn1e X, ma ne aveva avuto il titolo e il nome di Altieri, lui e tutta la sua famiglia dov'era entrata una nipote del po~tcficc, colla quale la famiglia Altieri si estingueva. (6) Emilio Alticri, col nome di Clemente X. ,C7) Louis-Jo~ph duca di Vend6-mc, figlio dt Laura: ~ 1) famo10 maresciallo. (8) Isèrc. (9) Nella campagna contro l'Olanda. ( 1 o) François dc Créquy dc Bonne duca di Lcsdiguières, governatore del Dclfi~ato. (11) Mazzarino. (u) Palazzo Mauarino. · (13) Cari~ Emanuele li, figlio di Cristina di Francia e di Vittorio Amedeo I. (14) Franços-Michel Le Tellier, marchese di Louvois, '"figlio del cancelliere Miche! Le Tcllicr. ~ LanuovOaliveSttiudio-4 t è unamaccmdnaaudicoonla. capacità ' ~ U:L. . .,. I dilavo·rdoiuna I . t J"', u. con felegaenlzaasnelledzezla fa portatila. --1d t

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