IL SOFM DlE:LLE musE J1 Jt'°illà11Z !J :Jll: Uli.A PDR.'t-l'.N(RI,A ~ OM~NZI. che ~ogliano descrivere con !l} \'Crità spietata 1I vero se ne sono tenuti anche in Italia, e spesso l'impegno di dire tutta la verità ha servito soltanto a fare scrivere pagine goffe e ingenue nel loro realismo. A molti scrittori, la letteratura pare talvolta come un gettani e nel vero > disperatamente; come una caccia a cose raramente osservate, all'inedito, diremmo. In Italia quetla smania di cose, quel realismo d'impegno tutto intellettuale e per nulla poctìco dura Sempre una breve stagione; poi gli scrittori se ne distraggono: o trovano una propria strada, o smet• tono di scrivere. A fare, oggi, il titolo di certi romanzi che par. ero, ieri, promettenti solo per essere gonfi di notuioni inattese, la memoria ttsterebbe incerta; più incerta di quanto non la lasci un vecchio titolo di canzonetta o di film. Ma st: quella verista, in una tradizione focilmcntc paga d'artificiosi effetti letterari, è una febbre sempre paucggera, non si ha da concludere che da noi manchi una piccola tradizione di narratori capaci di qualche verità. Una minore letteratura borghese italiana, se non è fiorente, è sempre in atto. La coltivano scrittori di scarsi intercni Jet• terari, C'hc fanno, appartati, la loro strada. Scrivono romanzi e racconti, quasi per una lieve ispirazione, e poiché non mancano di editori né di lettori ciò basta a fare fiorire sia pure modestamente un genere letterario. Quando i letterati di maggior sensi• bilità critica, ma non per ciò maggiormente ispirati, si dànno alla battaglia per il romanzo, i romanz.icri di quella scuola non possono che stare in di.sparte ; nessuno ver• rà a disturbarli e a richiamarli come es;cmpi viventi d'un'arte che si vorrebbe raggiungere. Veramente la scuola dei narratori bor. ghesi italiani vive di piccole rendite, di un'ispirazione che si rinnova lievemente di giorno in 3iorno. L'a\'Vio, si u:ntc anche da una pagina soltanto, lo dette il naturalismo francese, gli csumpi poi li dettero De Marchi, Matilde Serao: questi scrit• LOri più che altro suggerirono la forma del 1omanzo a certo gusto provinciale per le descrizioni e le rnpp~scntaz.ioni della vita borghese. I personaggi e i casi che vcni- \ano avanti raffigurati in commedie d~ p::irrocchia e in bozzetti da e cronaca cittadina >, trovarono una forma nuova nel romanza. Il piccolo rc3lismo familiare a\·eva infine la via per entrare onoratamente nella letteratura. Tanto che, ogni volta che capiti di Icggue un romanzo borghese appartenente a una tradizione ormai cinquantenne, ci si sorprende; e si è quasi tentati di cedere a una e.ara illusione: quella di trovare un'arte semplice e tr.anquilla in opere chi sa perché trascurate. Invece, 3 riflettere bene, nessuna ingiustizia è da rimproverarsi ai distratti contemporanei. Romanzi come Portineria di Bianca Dc Maj {Sonzogno, Mi• lanr, L. 1 o) si leggono cosl con sorprese alternate a pili pacate riflessioni. La prosa quasi ha il merito di non farsi notare, come nelle opere classiche narrative, ma poi ci si avvede che quello scrivere ~mplicc è casuale, senza stile. La scrittrice forse non ama la sua istintiva semplicità, e non mancano i modi più pretenziosi, richiami a fuggc\oli letture. Rare le considerazioni moralistiche e psicologiche, e anche in ciò si potrebbe vedere un senso d'arte classica; eppure l'autrice forse non poco ambirebbe dare al suo r'acconto ccmc una piega morale e sociale. L'istinto la conduce a raccontare le cose come sono, e lei vor• rcbbc qua e là dirci come invece dovrebbero essere; poi la vena viene di nu0\'0 a salvarla, Portineria è un romanzo di molta gente, come s'usa dire. Non si comprende bene se Bianca Dc Maj si sia accinta a quest'opera di molti pcrs.onaggi secondo esempi moderni, o se soltanto perché Il la conduceva la tradizione verista e borghese cui appartiene non d'elezione, ma di vocazione. Sia come sia, né i cattivi K0rmcndi, né i peggiori Cronin mostrano d'a\cre impressionato la scrittrice. Li avrà letti, li avrà ammirati, forse; ma sulla pagina li ha saputi dimenticare. Come se la stessa os• servaz.ione della vita borghese milanese l'abbia salvata da ogni cura troppo letteraria. Portinaia è la storia d'una ragazza molto bella, che facendo l'indossatrice diventa anche molto elegante. Figlia d'una portinaia, sta fra le tentazioni d'un amore pccc.irminoso, con Andrea, l'avvenluricro, quel• le d'un matrimonio borghese con l'ingegner Roberto, un figlio dell'architetto Solinas, e inflnc l'altra d'un matrimonio d'accomodo col fattorino Patrizio della Società d' Assicuraz.ioni Cattoliche. Si capisce subito che la madre portinaia ignora la prima tresca, non crede alla possibilità del matrimonio vantaggio10 e sogna per Lucia l'amore del fattorino. La madre è una specie d'Agnese di città; Lucia una specie di Lucia che sfrutta le s-ue gentili forme facendo I' indossatrice ; Patr-:Zio, un Renzo che sa aspettare; Andrea, ladro intemazionale, un don Rodrigo che, coi tempi, ha miglior fortuna che quello del palazzotto nel territorio di Lecco... In più, c'è il personaggio del giovane ingegnere Roberto, che 10spira, si buua fra i pettegolezzi della portineria, e alla fine, perse le spcranz.c, "a in America. Lu,cia è staia veramente fatale. Fatale per il ladro che innamorato .quasi trova in sé un punto molle di commozione; fatale per Roberto. Roberto quasi sta per sposare una ragazza e tondetta come una quaglia>, e un bocconcino>, una con un e trecentomila >, che i parenti gli mct• tono sotto gli occhi ; ma Bianca Dc Maj non lo permette. Roberto quando scopre che Lucia è stata dell'avventuriero, fino ad es• sere incinta di lui, decide di andare in America. E ci va. li carattere che la scrittrice ci dipinge di lui, avrebbe fatto prevedere forse una conclusione diversa. Roberto è il bravo ragazzo che e fra studi, posizione, matrimonio > spende tutta la vita. Quando va a sorprendere Lucia con l'amante al e Crillon >, locale notturno, lui, che va a letto alle dieci, ha l'aria di chi si butta disperato ndla voragine del vizio; poi .s'ubriaca con due bicchieri di birra. Sta per prendere a pugni l'amante di Lucia, ma, ahimè, non assis.tiamo che a vaghe minacce. Scoperto, quella sera, che l'avVC'nturicro bara al gioco, l'ingegnere ringrazia il ciclo. Lo dirà a Lucia, e cosi smania di trovare alla fine un grande amore mediante la delai:ionc. Ma Lucia è di altra razza; anche lei la diremmo carattere di risoluzioni più modeste, almeno come cc la raffigura la Dc Maj: anch'essa la si direbbe fatta a posta per prendersi il suo professionista, con la posizione solida; l'autrice però, se sempre ci raffigura personaggi di comune morale, poi sembra desiderare portarli a situazioni meno usuali. Lucia non ascolta Roberto, non crede alle accuse, se~ue il suo amante nella can1era d'albergo per i saluti, e lì s'apprende che fino a pagina 85 la ragazza "" il gio\a• notto si erano dati del lei. (Il f"f nzo si svolge nel 1930 ... ). Così, attraverso lo spiraglio della portinczia, si segue il romanzo d'amore di Lu• eia, di Andrea, di Patrizio e Roberto. Andrea andrà a finire in prigione, Roberto in Amt'!rica, e quando scriverà d'essere disposto, per il suo grande amore, a sposarsi J3 ragazza anche se ha avuto un figlio dal ladro, la lettera arriverà troppo tardi. Patrizio che ha saputo attendere si piglia il premio della sua devozione. Vince ci~ la madre, quella che as.somiglia l'Agnese manz.oniana; vince la morale più giusta, quella dei pari con pari. Anche se Bianca Dc Maj non cc lo fa s3pere si comprcnde chc Lucia non farà più l'indos~tricc. Andrà ad abitare in un appartamentino delle case popolari, fra mobili presi a rate, e fa. ri altri figli, ingroucrà di fianchi. Una vita comoda p, rò: che Patri7io non è solt..mto i! fattorino della e: Cattolica>, ma l'uomo d1 fiducia del direttore. Poi con le spalle appoggiate ai preti! Questa frase non scappa dalla bocca di nessuno per tutte le tre• cento pagine del romanzo; ma poteva vera• mente e»erc quella messa a conclusione del• l'intrico. Se Bianca De Maj vuole costringere qu:a.1chc volta i suoi protagonisti ad az.ioni che ad cui ripugnano, tuttavia sa lasciare liberi i personaggi secondari. La portineria è la specola d'una società borghese che vive, si sposa e prolifica in apparta.menti dove è eterno l'odore dei cibi. Gente che vive fra l'ufficio e la famiglia; che ama fare due chiacchiere in portineria con la rciora Rachclina, o con il uior fa1Uin. Una società chiassosa pronta ai legami dell'amicizia e ai calcoli che mirano ad appaiare in matri• monio felice ragazze e giovanotti incontra• tisi a una festa familiare fra il gioco della dama e un ballo. Una società, però, forse in declino. Nelle grandi case nuove, fatte di gelido cemento, con portinerie di vetro, con portieri stilizzati, la gente vive altri• menti: più riservata, più ambigua ; quasi si direbbe come una prigione. Cosl il ro• manzo di Bianca Dc Maj (che è romanzo molto milanese) è quello dei vecchi palazzi costruiti fra il 1 900 e la guerra europea. Palazzi scn"Z.3.ascensore, col pononc oscuro dove c'è sempre odore di gatto. E molte altre sarebbero le imprcs;sioni da cavare dal romanzo di Bianca Oc Maj. La minore let• teratura narrativa, pur nelle sue ingenue storie di caratteri e di situazioni, ha il merito di farci vedere con verità cose e per• sonc. Certamente si tratta d'opcre documentarie d'istinto, dove non è dato incontrare alcun carattere che, al di là delle pittorCKhe apparenze, sappia farci capire l'animo dei borghesi dei vecchi palazzi milanesi. Non un personaggio, in questi romanzi, che sia d'ecceUonc e che appaia un poco più grande dell'ambiente in cui vive. Quando Roberto considera tristemente che non è bella la sua vita d'uomo destinato a consumare gli anni fra e studi, posizione, matrimonio>, sembrerebbe trovare la strada per una maggiore comprensione di quella che è la pena dcUa nostra borghesia; ma sono fuggevoli accenni. Bianca Dc Maj è romanziera che serve più al moralista che al critico. La vita italiana è rificua nel suo raccontare pacatamente. Non accade nulla, tutto si svolge fra pareti coperte di carta francese: una vita di brava gente che ama e odia il prouimo seni.a slanci. Una vita senza peccato; cd in ciò per nulla dram• matica. Lucia abbia pure un figiio da un ladro internazionale I Ma è tutta una finzione; tutto un artificio bassamente romantico. I peccati di Lucia non hanno peso, perché si direbbero avvenire in una società che del peccato non ha la coscienza, e nemmeno il senso, La brava ragazza ha ri• schiato di rovinarsi. Ottima occasione era la passione dell'ingegnere cd ella per un capriccio la perde; ma resta Patrizio, il fattorino. Insomma, e a tutto si rimedia> sembra essere la morale della vita che Bianca Dc .Maj descrive fedelmente. Con una fedeltà rozza, generica, che però meglio di cute opere composte più intellettualmente serve a considerazioni su quella che è la nostra vita contemporanea. ARRIGO BENEDETTI [ CORRIÈRE INGLESE ) MJE\ftUDBA:l\lM& jl L FONDO di molte opere dell'ar1:! te moderna sta, più o meno implicita, la conclusione che la vita e le sue sofferenze sono una tremenda idiozia. La gioia non chiede che la possibilità di assaporarsi; invece il dolore interroga, vuol conoscere da chi e perché. Ciò è risaputo. A mano a mano che, spinta dai venti della critica e della scienza, l'incertezza è venuta guadagnando terreno su tutte le fedi, Ìa vita ha perduto ogni senso e gli interrogativi del dolore umano non hanno più avuto risposta. La sofferen1.a nasce in noi e in noi si esaurisce; violando, almeno sembra, ogni giustizia e ogni equilibrio : tormentosa ed inutile. In una parola: idiota. Questa inutilità, questa mancanza di ogni significato sono, se volete, una concezione assai meno alta ma certo più desolatamente tragica di quelle antiche. Tale, almeno, !i è rivelata ogni volta che ha trovato espressione nell'opera di un grande artista, e non mancherebbero, nella moderna letteratura internazionale, esempi convincenti. Non andremo però a scomodare nessuno, giacché un esempio, sia pure in tono minore, cc l'offrono i due autori di una delle più interessanti tra le opere recentissime del teatro. Non siamo in presenza di un genio che faccia epoca; ma di ardimento e d'ingegno sì. \V. H. Auden e Christopher Isherwood si sono uniti per la terza volta in una collaborazione dimostratasi fortunata e hanno c9mposto ciò che essi chiamano un e melodramma ». Nei tre atti di On the Frontier (Fabcr and Faber, Londra 1938), la musica tuttavia non entra affatto: la qualifica di mrlodramma ha un doppio valore allusivo. Innanzi tutto, la maggior parte dell'opera è scritta in prosa, ma alcuni dei pcr~naggi parlano in versi: versi liberi, dove la rima ~ sostituita spesso da assonanze. Comunque, l'apparizione del ver:,0 in momenti determinati è, in certo senso, l'equivalente della musica e del canto, non per il materiale valore melodico, sì invece per il carauere dei personaggi. Ma parlare di personaggi nel significato comunemente accettato non è esatto; quelli che si muovono nel melodramma dei due autori, meglio si direbbero tipi, perché rappresentano ognuno, in modo generico, un dato aspetto umano e non un particolare individuo. C'è, insomma, un'assenza di analisi e una elcmcfltarità psicologica che ricorda, un poco, i personaggi del vecchio melodramma. Già nel 1935 l'Auden scriveva che e il dramma non è adatto all'analisi psicologica che è dominio del romanzo. l personaggi del dramma sono semplificati, facilmente riconoscibili e più grandi del vero ». Forse con meno rigore di quanto se ne trovava in opere precedend dei due autori, questo principio è applicato anche in On the Frontier. Sono messi in scena due gruppi di r amiglie appartenenti ai due opposti e immaginari paesi di Westland e Ostnia. l due gruppi vivono accanto, in due sezioni contiEfue del palcoscenico, ma si ignorano a vicenda, ad eccezione di un ragazzo e di una ragazza che appartengono l'uno a un gruppo e l'altra al gruppo opposto. I due ragazzi si amano, ma i loro progetti sono sconvoJ. ti da una guerra. Che cosa avviene tra questi due gruppi o nell'interno di FATTORI NEL 800 STUDIO ognuno? Nulla che formi una vera e propria situazione, almeno nel senso psicologico e morale, e la conduca verso uno scioglimento. Sebbene una sfumatura di psicanalisi dia una parven• za di consistenza umana alle varie figure, esse dànno luogo a scene che non disegnano nitidamente nessuna linea di sviluppo interno all'azione. I fatti apparentemente privi d'interiorità che nei due gruppi si verificano, acquistano un significato quando si vedono co· mc riflc-,so e risonanza della vita mondiale d'oggi. Antagoni ..m. i internazionali, lotte e tendenze sociali, si ripro· ducono nello specchio magico del palcoscenico. Si pensa a quei laghi co.:>tieri che sembrano chiusi, ma hanno una nascosta comunicazione col mare libero. Le loro agitazioni e le loro calme c:ernbra.nougualmente arbitrarie; ma in realtà sono il respiro delle maree, la convulsione delle tempeste, i giorni di ' bonaccia che si riproducono in miniatura, si specchiano, per dir così, nel lago. S1intcndc che, abolita l'analisi psicologica, anche la trasposizione fantastica risulta un poco schematizzata; ma qui hanno fatto prova di molta abilità i due autori che, con strumenti di rappresentazione così semplificati, sono riusciti a fare un'opera che non è una meccanica riproduzione in piccolo. L'agitazione, la violenza, gli anrn.gonismi e le Ione che dominano oggi l'Europa nella società e nei rapporti fra nazioni, passano attraverso un filtro. e giungono sulla scena trasfonnate in modo buffonesco. Sarebbe tuttavia spirito di cattiva lega non veder che una buffonata nella situazione e nelle vi~ cendc attuali del nostro continente; né a questo i due autori mirano. Il carattere buffonesco adempie nel melodramma a quella funzione di distacco che in altri casi è compiuta dall'umorismo o dall'ironia: serv(.. a mettere in piena luce quel carattere idiota cui abbiamo accennato in principio. Chi assiste alla vicenda; chi vede, per esempio, Valerian (la figura che più si avvicina a un personaggi() nel senso compiuto), capitano della grande industria di Wcstland, prima invitare a pranzo il leader politico, poi finire ucciso da un impiegato licenziato; chi as,;,istea questo, dicevamo, è condotto dagli autori non già a formulare una tesi morale che essi prediligano, ma a scorgere il lato gravemente ottuso dell'avvenimento, a sentirlo simile a certe azioni assolutamente sciocche che si commettono in sogno. Ecco che anche questo melodramma sotto la sua maschera di riso sbocca nella sconsolata concezione dell'inutilità. Naturalmente, una tale conclusione si può anche non accettarla: qui si vuole solo constatare che i due autori sono riu~iti nel loro intento per quanto riguarda l'arte. Il fatto di aver sostituito ai pcn,onaggi come individui altrettanti tipi, ha permesso all'opera di non rimanere legata esclusivamente alle vicende politìche e sociali di oggi. Le quali si sentono, sì; ma con esse si sente anche, in parte, l'immutabile natura umana. Jn sostanza, nelle opere che prima di questa hanno dato in collaborazione al teatro, l' Auden e l'lsherwood miravano al medesimo scopo, ma On the Fron:ier è più che un tentativo. Certo, siamo ancor.1 un po' nel campo dell'esperimento; se però si pensa agli sviluppi davvero interessanti cui questa via può condurre, si ammette volentieri che, espcrinicnto o no, On tlie Frontier è l'opera più notevole che il teatro inglese ha dato nel , 938. SALVATORE ROSATI L. A. VASSALLO: Diana ,icattat,ice (nuo,•a edizione Trcvcs, 1921). Diana rical• latria ebbe, sul finire dell'Ottocento, un grande e doppio successo. La gente della piccola borghesia vi trovava il riAesso d'un mondo sconosciuto, peccaminoso, folto di duchesse piangenti, di e donne perdute> trionfantf, di monsignori in lacrime e di gentiluomini pani d'amore. Gli intellettuali, al contrario, superando le stesse apparenze della trama, cercavano la chiave dell'intrigo: e poiché tra i personaggi apparivano il giovane D'Annunzio, il solenne Sandor, e Ugo Flercs, cd il principe Odcscalchi, e Panzacchi, e Michetti, il romanzo ebbe lo stesso successo di curiosità che più tardi dovevano meritare gli affreschi di certi alberghi romani, dove gli eroi della società 1925 appaiono con gli abiti corti, i bocchini lunghi e la caramella. Diana è una giornalista: ma non somiglia né Matilde Scrao, né Febea, né Necra, né la contena Lara; ~ bella, crudele e cinica: dirige un giornaletto satirico, il Boccaccio, I\ elando i costumi delle società più chiuse, l'aristocrazia nera, quella prelatitia, e a poco a poco intorno a lei si viene forman• do una rete di denuncic anonime tali da permetterle di ricattare e i nipoti del cardinale >, o e la moglie del marchese >. Dia. na arricchisce, prende una vcttur.a a nolo, si installa in e quella palazzina di un sol piano, dipinta a graffito, che sta in faccia agli Orti B.arbcrini: il salottino era quasi impraticabile, per l'infinita congerie di mo• bili, di oggetti d'arte, di cosercllc. Un disordine completo, lussuoso, piacevole, vasi, statuine, strumenti musicali, fiocca.glie, velluti, fiori... Tralci d'cllcra incartapecoriti, fascinette di mirto, piumaccina di stipa pennata ... Un ritratto del Galli, dove il volto pallidissimo di Diana, quasi giallo, pareva splendere di una luce livida, su un fondo di rosso cupo 1 su cui piovevano papaveri, amaranti, fucsie, rose del Bengala, e la t>ot· ca pareva un fiore di melograno nella b1auchf'ua spettrale del volto ... >. Ma Diana resta indifferente agli omaggi che la circondano, finché s'innamora del duca d'Altamura, il quale a sua volta l'adora1 ma, in un momento di gelosia e stancht'!Z• za, si sposa con la principessina di Ripa• monti, che angelièamcntc ignora ogni cosa. C1 vogliono due balli in maschera, al Circolo Artistico del vicolo Alibcrt il primo, al Conanzi il secondo, perché la duchessa sappia la verità. Il dramma è cosi perfetto, un monsignore zio interviene a metter p;.cc, i collaboratori di Diana tentano, ad in.saput.i di lei, un nuovo ricatto, contro la duchessa, Cesare piange, Diana si comporta come una tigre reale, poi l':unorc coniugale trionfa, e Diana sparisce per sempre. Un vero ro• manzo: ..: non sapremmo dir lode migliore. SFI.\'CE: La t:011ola d'Adamo (Trevcs, 1918). Lo pu:udonimo di Sfinge godette sempre grandi simpatie presso le nostre letterate, che nascosero volentieri sotto queste apparenze egiziane e misteriose rispcttabÌli nomi della borghesia, per raccontare, in , crsi o in prosa, complicate vicende a sfondo d'amore. UI ,ortola d'Adamo ha numerose parentele, con Brocchi, per esempio, e con le scrittrici francesi che dalla Réval alla Tinayrc, a innumerevoli altre, cantarono e la donna emancipata >, e le necessarie batta• glie politiche, Cosl troviamo Andrea Norbani, dottore in medicina, e oratore del partito repubblicano, che si rivela donna di squisita sensibilità: lo sfondo è, press'a poco, '"'uello della Gironda: scioperi, co. mi~i, confusi ideali. Andrea, com'era facile prcvcdcrt'!, dopo aver respinto l'amore di tutti i colleghi repubblicani, s'innamora fa. talmente del capo nemico, Filippo Spada, socialista di grandissima fama. Nasce così un contrasto d'anime, un cozzo di passioni, un divampare di diritti e doveri: però noi restiamo fiduciosi, sappiamo bene che tutlo si a11:1tiusterà, l'amore è destinato al trionfo, e la donna alla sua vera missione, domestica e casalinga. Conclusione, questa, inevitabile nei libri che sej!:navano il tempo di allora: éa far supporre che le donne emancipate fc.t.'-Cro,in fondo, terribilmente annoiate del. le loro conquiste sociali. M. d. c. LE,0ASE DEL DIAVOLO i L NUOVO romaÒzo di Pina B.illa1 rio, Le case del diavolo ( Mondadori, Milano) vuole rappresentare un conflitto di raz1.c. JI giovane Paolo, protagonista del romanzo, è personaggio come soltanto può vagheggiarlo una donna. I suoi amori sono facili e sempre dovuti a un singolari! destino che spinge il giovane in braccio alle donne. Paolo ama non perché glielo , impongano o il cuore o i $Cnsi, ma !iOltanto perché all'amore lo spinge la sorte. C'è però in lui un che di femmineo che sempre distingue i pcr!ionaggi maschili vagheggiati dalle ~crittrici. Paolo, anche se lo vediamo in mezzo a tanti amori, lo si direbbe un puro f'rmafrodito. Ma forse questa impres~ionc è dovuta anche all'ambiente in cui vive. Palestina imanguinata, terra. di razze che si odiano, vorrebbe cs:-.erc il paese descritto dalla Ballario. E certamente la scrittrice non ha composto di maniera il suo ritratto di Te! Aviv o di Giaffa. Ci ~i sente la turi~ta; tuttavia il pae~e descritto ha quella patina che è proprfa a tutti i film che descrivono spiagge, paesi solari, marittimi. Lii, che, sebbene di raZZi.lebrea, non vuole es-.erlo di crcdcnz.t e di costume, ha senz'altro il volto gelido di una protagouista di film clcgantc. Romanzi come quelli della Ballario sembrano !>fritti sulla celluloiclc: paiono avere imparato l'arte dd racconto dalle pellicole cinematografiche con Taylor o Tyronc Power. Se !ii badasse poi allo ~tilc, si avrebbero altn· indicazioni: un'aggettivazione colorita e spc~ truculenta, un periodare modulato, quasi l'autrice intendesse echeggiare cadenze di canzoni orientali. Romanzi come ques.ti vogliono soprattutto essere espressivi, non letterari. Dirci insomma e tutta la vita >. Ma non c'è altra strada che conduca a falsificare il vero quanto quella delle frasi che vorrebbero essere veriste, popolari. Non ci sono romanzi più schiavi della letteratura di questi che difettano cli ogni letteraria elaborazione. DI PADRE IN FIGLIO li I. ROMANZO è certamenrc Il 'piè l1 modesto dei generi letterari quando si limita ad es.sere una cronaca autobiografica e familiare. E non che ve• ramcnte autobiografia sia il racconto di Mario Sobrero, Di padre in figlio (Bompiani, Milano) L. 14). Può darsi che si tratti di una storia inventata secondo i suggerimenti di una pigra fantasia. Comunque, mai una pagina che accenni allo sviluppo di qualche carat• tere o di qualche situazione. 11 romanzo di Mario Sobrero va dal 1892 al 1918, ogni capitolo un anno, e fra capitolo e capitolo spesso un salto di tre o quattro anni. Vorrebbero essere queste parti di romanzo come quadri capaci di descriverci sia la vita italiana dell'ultimo cinquantennio, sia la storia di una famiglia borghese. I Farra sono piemontesi legati alle id~e dei tempi. li nonno dirigeva un giornale dal titolo Il pensiero liberale, il figlio il periodico I diritti del popolo, e il nipote diverrà giornalista dei tempi nuovi. · Protagooista del romanzo è Graziano che, preso fanciullo, è seguito fino alla maturità che coincide con la fine della guerra europea. Le prime pagine del racconto, quelle di una tranquilla e signorile infanzia, sono le meglio ispirate, e forse veramente si sono servite delle risor~ provenienti da una commossa memoria. Poi il romanziere è preso dall'impegno di scrivere un romanzo che sia storia familiare, ~itica, sociale. Ogni pagina un nuovo personaggio, ogni frase un accenno a situazioni che poi non vengono precisate. Ad opere come que~te manca perfino la tranquilla pigrizia dei diari. Sobrcro non ha la mano né di diari.sta intimo, né di cronista. Gli esempi classici del romanzo che tocca tutta la vita di un personaggio sono lonJani da lui. Forse si pensa che Nievo abbia ~ervito a meglio ispirare le prime pagine di Di p(Jdre iu figlio, là dove si rievoca una vecchia casa di campagna. Poi l'intrico del racconto distoglie da ogni riferimento letterario. C'è il liberalismo che decade, il socialismo che appare e. all'ultimo, un vaticinio di tempi nuovi. Se questo volere descrivere in un'opera narrativa gli sviluppi di una società è ambizione di per sé molto onorevole, d'altra parte è pur vero che per quella strada tanti scrittori sono stati condotti lontani da quelle che potevano essere le loro attitudini. Le attitudini di Mario Sobrero sarebbero un facile e pacato giornalismo letterario, volto prevalentemente a un modesto comiderare e a un commosso rievocare. Scrittori come questi, che dimostrano di possedere onorevolmente il loro mestiere d giornalisti, rischiano di appe53ntirc lt loro pagine appena cedono alla lusin ga di lavori richiedenti un maggio estro e un minimo dono di Cantasi. Sembra ad essi illusoriamente che romanzo di un'epoca sia tema faciltcui basti una prosa scorrevole e signorile. Così si accingono alla grande e vana fatica. CARLO DADDI
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