( ILSORCNIOELVIOLINO) ~~ijW~WJ E ■SO"rrA ~ ON que~ta recita eccezionale, do- ~ vuta in parte al concorso degli artisti di Stato tedeschi, le azioni della stagione romana salgono di colpo al ciclo. J.,o spettacolo cominciò alle otto e tre quarti. Un quarto d'ora di ritardo per aspetta.re una parte del pubblico che poi, all'ultimo momento, rimase chiuso fuori. Peccato per quelli che non udirono ìl primo atto dell'opera. Sosteneva la parte di Isotta la signora Gertrud Ri.ìnger. E il primo atto fu il suo fulmineo trionfo. Questa artista tedesca riuscì ad imprimere al primo atto un movimento bellissimo. Il suo contributo al succes- 'ì,() fu davvero incomparabile. E Brangania fu Margarete Klose, artista sotto ogni riguardo assolutamente superiore, che ha un talento pugnace, e un ritmo che scocca sulle sue labbra con le parole più vive e fiere del testo. J n quanto a Victor de Sabata, che dirigeva l'orchestra, possiamo dirci soddi<;fatti e ammirati. Riteniamo que• sta edizione edificante, nobile e piena d'interesse, e crediamo nostro dovere di fare le più vive congratulazioni an• che all'orchestra e a tutti gli artisti, che s'impegnarono a fondo con uno zelo e una bravura generosa perché lo spettacolo riuscisse degno e grande. Le prove fatte per preparare questo Tristano f uron molte, e sufficienti, tuttavia dobbiamo riconoscere che all'ultimo momento il direttore non si risparmiò. Si mise a far fuoco continuo sotto le casseruole e ·a soffiare l'anima nel prodigioso spartito, con tanto fervore che la rappresentazione ne venne fuori più ardente e convulsa che mai. Musica concitata, questa del primo J.tto, irta di desiderio e di minacce, funebre e infuocata sinfonia, brulicante di "'CJe.ni e d'ironia di.sperata. Dc Sabata ottenne all'improvviso dall'orchc5tra tempestosa e marina del Teatro Reale la cavcn1osità e le gonfiezze della passione che ingrossa. Fra lui, la Riinger, e la Klosc, il terzetto fu splendido. Nell'atto seguente (che in orchestra è un'enorme berceu.se e, sulla scena, un duetto) tutti gli istrumenti oscillano come turiboli spargendo tutt'intorno letarr,J. Mentre fra le ombre e i rami degli alberi il nero destino in agguato 'SOnnecchia, il canto dei due amanti si espande, ci vien contro a poco a poco e fa meno rumore di una barriera di nebbia. Con un fluttuare interminabile, la occulta liturgia amorosa si svolge sommessamente in quella palude piena di tentacoli mostruosi e di luci fosfore- ...ccnt.iche è il golfo mistico. E una disce~a continua e dolce nel regno della morte. Senza scos.se, la • raginc ste~ che si apre sotto i pied "~li amanti li so- 'jticne e li attrae a ..1agioadagio. Enarmonie misteriose, queruli inviti della famiglia dei comi, lunghe e lentissime metempsicosi del tono. Nulla varia più il gioco; il giro della frase è scmpn stesso. E agli estremi lemhi dell'orcnestra un basso che rode la roccia come l'ondà del mare: anelante :,,0pore dei tromboni, che tutta sommerge a poco a poco l'orchestra. Sull'ultimo atto di Tristano, quel sole basso come la porta dell'inferno, quel sole diaccio che non declina mai, la desolazione del mondo, gli accenti dell'eroe e gli 'ichianti della sua solitaria agonia, vin~ro d'un sol tratto il cuore della sala e le ultime resistenLe dei critici, così che alla fine l'entu- ,ia.<;mOscoppiò come un incendio. Tri~tano fu jJ tenore Max Lorenz, che ha una voce robusta, este.Gi, impe• tuo,a, e una chiarezza di accento così gagliarda che, ad ascoltarlo, non si perde unJ' nota né una sillaba. Con la sua viva e accorta esperien1..a, contribuì ,1nch'egli al lieto C5ito della serata. Un Kurwenaldo sicuro ed efficace fu il baritono Paul Schoffler. Altrettanto eccellente e magnifico fu il basso Ludwig \.Veber, Re Marke. Precisi e intelligenti furono anche, benché cantas5ero in tedesco, i nostri .trtisti locali, Tito Gobbi, Adelio Zagonara e Gino Conti. Anche i cori fecero bene e con sian• rio la loro parte. Alla fine degli atti, e dell'opera, gli artisti e il valorosissimo maestro direttore vennero evocati fra il più grande entusiasmo al proscenio. BRUNO BJ\RILLI L1uo•o CH:ESI ,&'8:B2EO A, t ALTRO giorno ci telefonò il nostro amico Tim: « Carissimi >, ci disse premendo sulla prima i, non perché ci voglia bene, ma pe:-ché pre• dilige questo modo, vacuo ed affettuoso, di iniziare una conversazione, « carissimi, volete venire domani, verso le sei, a bere qualcosa qui da mc? Si tratta>, e rise in tono gutturale, « di una specie di inaugurazione, perché h0 finito di arredare la mia casetta da scapolo>. Si trattava di un invito non rivolto a noi soltanto, e lo capimmo, l'indomani, vedendo davanti al portone di Tim (ch'er.a quello di un vecchio palazzo in una vecchia strada) un cer• to numero di vetture, utilitarie per lo più, che riconoscemmo appartenere ad amici di Tim, americane da anni residenti in Italia, giovani e distinti professionisti, una duches<;a siciliana ed un addetto d'ambasciata estera. Per le scale, tumultuosamente attraversate da gatti imponenti che si tiravano dietro ragottini di carta gialla, sentimmo sgranar'-Ì le musiche, elementari e raffinate, di Charlie Kunz, e, seguendo quel suono, ci fu facile trovare il portoncino che portava la targa di Tim: Tim infatti è un vero cultore del piano-jazz inteso come arte pura. La cameriera che ci aprì aveva l'aria altezro-.a, sprezzante e virtuo-.a, che assumono sempre le domestiche per uomini soli. Si capiva facilmente come una lunga consuetudine di conti della s~a fantasiosi, di bucati composti unicamente da indumenti maschili, di civetterie e di pettegolezzi l'avesse re- ,i;aantifemminista e .sicura di sé. Sprezzante, ci invitò a toglierci i cappotti, che poi posò su un lungo tavolo francescano, carico di oggetti disparati, quali guanti sportivi, riviste straniere, un frustino. In un angolo, inoltre, vedemmo un punching.ball: cose tutte che dovevano dare, a chi entrasse, la immediata impressione di una vita sportiva. Ma Tim, che ci accolse raggiante .sulla. soglia dello «studio>, appariva preoccupato, anziché di allenamenti o campionati, di piccole que.nioni quasi donnesche, e, fosse la lunga veste da camera che lo avvolgeva, fosse il gesti) di intesa per cui ordinò, con voce bassissima, alla cameriera di portare dell'altra acqua calda, ci diede l'impressione di essere accolti da una vera pa• drona di ca.sa, che per isbaglio tenes- 'ie in bocca la pipa. Tim, forse per correggere il suo tipo perfettamente meridionale, si è composto una serie di atteggiamenti anglo.sa.MOni, che lo fanno sembrare uno di quei meticci, intrattabili e superbi, co,ì frequenti nelle città marinare. 11.0lU. • ANDITO DELLA OABA lf, 48 IN VIA DELLA OONBOLAZIONE Chiacchierando affabilmente, e con aria di falsa modestia, ci introdusse nel grande salone, dove, per la scarsa luce é per la molta gente, ci fu difficile, sulle prime, distinguere qualcosa. Molta gente sedeva sui divani bassi, con i bicchieri, vuoti ed appiccicosi, posati in terra per far meglio risaltare la particolare atmosfera, artistica e cordiale, del luogo. Davanti al caminetto stava, inginocchiata sopra un cuscino, una ragazza con i caodli lunghi sulle spalle, che a scatti regolari gridava: «-Oh, Tiro, che ridere! :t. E Jembrava un rumore familiare, di orologio, o di tarlo. La madre di Tim, grassa signora rossiccia, felice di mostrarsi disinvolta e moderna, ci chiamò vicino a sé con un gesto della mano, e ci chiese se aveva• mo apprezzato tutte le e trovate :t di Tim, « così perretto padrone di casa >. E tumultuosamente ci additava il lume, composto da quattro vecchie stampe di pc~i, e l'altra lampada velata da una pergamena fittamente coperta da firme di donne, che, come la signora ci fece intendere con un sorriso indulgente, erano state molto amiche di Tim. C'era poi una vetrata, medievale, che veniva giudicata da tutti un capolavoro; e paraventi, panoplie, drappeggi. Finalmente un enorme mobile, radio-grammofono-bar, che seguitava a scaricare, implacabile, pile di dischi Kunz. • Non era la prima volta che avevamo vi~itato un appartamento di Tim, <' così in quello nuovo cominciammo a ricono:,eere oggetti già noti. C'erano, per esempio, i messali, i falsi fiamminghi. le statue di legno, le icone, che Tim aveva amato un tempo; e le seggiole di acciaio, l'acquario, la copia di De Chirico che ,weva prediletto in seguito. Poi ritrovammo certe poltrone capitonnies, tavolini a gambe complicate, teste di gesso e dagherrotipi che dicevano gli uhi.mi gusti del nostro amico. E non mancava110 i diversi tOC• chi femmini i : tutte le donne, che, in un modo o nell'altro, erano entrate nella casa e nella vita di Tim, avevano portato un loro contributo: tendine gialle, idoli negri, orsacchiotti spelati. Notammo che, anche questa volta, le ospiti di Tim, ammirando l'insieme con grida di stupore e di gioia, scopri• vano regolarmente la mancanza di qualche cosa, portacenere, copriteiera, e promettevano di provvedere. Mentre le signore ,i;jmostravano be· nevole, gli uomini, al contrario, apparivano reticenti e quasi irritati. Erano prodighi di éomigli. si dolevano che Tim non li avesse cin\ultati sulla scelta della tappezzeria, che sarebbe stata migliore in tinta più chiara, e dell'illuminazione, assolutamente imufficiente. Ognuno parlava di « ottime occasioni :t e di « fiuto >, raccontando le proprie '!coperte presso antiquari e rii g:mieri, sempre sottili tendendo che Tim si era lasciato imbrogliare dai suoi vari fornitori. Tim stesso, apparentemente impassibile, circolava instancabilmente tra i gruppi, offrendo di allungare il lè con l'acqua calda, oppure raddrizzando i fiori in un vaso. o ancora togliendo con cauti colp,i di pollice la cenere che si era venuta depositando sul piano di un tavolo. Finalmente, pe· rò, l'ammirazione che la vecchia duchessa manifestava per il gusto moderno di uno dei presenti, irritò Tim, che abbandonò la sua cortesia, e chiese gelidamente all'apostolo del Novecento se avesse poi comperato quel tappeto imitazione cinese. Il discorso diventò generale e battagliero. I nomi di Le Corbusier e di Gio Ponti volavano attraverso la stanza, accompagnati da racconti pcnonali, con riferimenti inevitabili a signore dell'aristocrazia internazionale. Un giovanotto con i baffi, di profe!.Sione assicuratore, prese a descrivere certe case nobiliari, citando i quadri d'autore e le argenterie, con una perizia minuta 1 non si sapeva bene se estetica o professiona.le: un altro, fresco laureato in legge1 tentò di raccontare quali fossero i fondamenti dell'arredamento, in Svezia, alludendo, con una cert'aria di compiacenza, al fatto di avere una carissima amica svedese. La mamma di Tim, agitando un fozzoletto di velo fiorato, che le pendeva dall'anello dell'anulare, s'illudeva di regolare quella convcr.,azione acces:t e confusa, e Tirn stesso, stringendo tra i denti la pipa, con crescente energia, cercava di dominaNi. Restava infatti serafico, e la sua collera si manifestava solo attra• ve~ 'jorrisi di intelligente compassione. La ragazza con i capelli sulle spalle. intanto, aveva sme™> di ridere, e chiedeva di lavarsi le mani. Tim la condusse ver~ una tenda di damasco, che sollevò, lasciandoci intravvedere un biancheggiar di lavanoino: all'altra estremità dello studio, un altro drappeggio nascondeva la cucinetta, dove la cameriera, sempre più superba, si affaccendava a preparare gli hot•dogs. Era veramente una casa comoda, ripetè Tim soddi<;fatto ; ma presto i presenti presero a vantare i pregi delle loro rispettive abitazioni. Uno possedeva la ghiacciaia, l'altro una capace cantina, il terzo otto armadi a muro: tutti poi avevano bravissime cuoche, e non mangiavano più in trattoria da un pezzo. Vantavano le serate trascorse, in pantofole, davanti al caminetto, con qualche buon libro; e anche sul caminetto di Tim scoprimmo un vecchio numero di Esquire ed un romanzo di K0rmendi. Vantavano soprattutto la pos.sibilità di ricevere le amiche, che venivano spessissimo ad ascoltare un buon disco, o a bere un bicchiere di buon whisky. L'aria si riempì di odore, leggennente grasso, di hot-dogs: divisi dalle loro diver~ opinioni eleganti, tutti 'ii trovavano d'accordo sulla neces.sità di arredarsi una stanza secondo i gusti personali. E noi, che del matrimonio siamo convinti asszrtori, chiedemmo a Tim perché, la casa essendo onnai pronta, non si fosse ancora deciso al matrimonio. Ma tutti si misero a ridere, lasciandoci molto confusi . e Tim stesso, gridando « caris,.imi • con un incalcolabile numero di ironiche i, ci additò, sospeso sopra la porta d'ingres.so, un cartellone nero e bianco, che ancora non avevamo ve• duto. E, mentre intorno si gorgheggiava che era una idea deliziosa, puro ~1ontherlant, leggemmo, a caratteri maiu'ìColi: IL SIGNORE NON SI SPOSA IRENE BRIN ~~&\a DEL VANTAGGIO FU l L unatore Boni a da, « nuouo uita > a qutl che doueua restar morto; ttli uolle render, e vivo > , alle1ro ciò che doveva restar triJte e auJttro e 10ltnnt; ttli uolle mtlter in luc. ciò eh, ,-j. poJava nell'ombra tloriosa dei miti antichi; ttli volle che il tiardinetto pubblico entraJSt nell' archeolotia; etli insegnò l' orte dell'arredare con ,udtri i prati; egli adibì 1 capitelli romani a panchine; e dove un tempo nasc,ua la libera cico,io, egl: piantò l'alloro. NULLA di più triste di questi a,,heolot1 che hanno il timore e la noia di occ1,porsi di materio impopolare come lo loro, e che si s/or~ano di .i.pp,;11r rnoderni e 1oribaldini: e-No, l'archeolotio non i uno cosa da vecchi, no! L'arclteolo1ia ; viva, otlualc e s'intono al moderno >, sembra ch'ts1i di,ono. « Non u'ì nullo d1 più elttonte di un bel ,ud,ro ripulito ch'uce da un proto, e illuminato do uno lampada di :,ooo candele!>. B ISOG/'IEREBBI:: sm1pre tornort in questo eterno ciltd di Roma per semptt metlio convincerci che, fra le 1or1i d'artista, quella d'un mu1icis10 slraniero condannato ad abitarvi, u l'amore dell'arte ì ,iet suo cuore, ì la più triste. Egli soffrird con1inuomtntt, nei primi tempi, vedendo cadere, od uno ad uno, le sue illusioni poetiche, e crollare, davanti a una realtd disperata, il bel castello musicale che avevo elevato nello sua /anlasio. Sono, ogni tiorno, le nuout tsperienr.e che portano 1tnr.a sosto o nuove delusioni. In ,,uuo olle ollre orti piene di vita, di gronder.r.o, di mognificenr.a, ,isplendtnti per il lampo dtl ,,nio, capaci di mos1rare vane muaui1lit, etli vede lo musica ridotta a /art la schioua, . i1tupidila dalla miseria, contare con 1,oce stanco sciocche canr.onì per lt quali il popolo getta appena un peuo di pone, Ecco cosa ho potuto uedere facilmente in poche stt1ima,1t >. Crtdtuomo che Berlior. avesse scrillo qwt• Jte coJe, durante il suo 101giorno ,omano del 1831, solo ptr il suo romanticismo che lo portauo o duprer.r.ort le musiche dello città santa,· ma tiorni fa, aprendo la radio, du,anle il pro1romma dell'una, siamo $loti costretti a dubitare che il musicislo f,anttse avesse ratione. MASSIMINO ( PALCHETRTOIMANI ) LACOHTIG 'il) IU' che uno scrittore, Y1etro Areti1" no è una curiosità. In sua vita egli imperò col terrore, ma la morte, col rermare la sua penna, dissipò assieme la nube d'oro che lo circondava. Pietro Aretino morì il ~ 1 ottot,re 1556, ma il «tipo>, che preesisteva a lui, continuò anche dopo la sua morte. Ogni epoca ha i suoi Aretini, ogni paese, ogni città. Personalmente ne conosciamo più di uno: scrittori che si fanno largo brandendo la spada del terrore, e ai quali, per paura, tutti dicono di sì-. Su certuni, anzi, gli Aretini esercitano un fascino esiziale, una specie di e,woUtenunt ; il che, se non altro, vale a giustificare il leggendario potere del basilisco. La forza dell'Aretino è il riflesso della vigliaccheria altrui. Anima .secca e spaventosamente ristretta, se la parola anima può essere usata per un uomo così poco toccato dal fiato divino. La impressione che trae di lui chi è abituato a. considerare l'artista come un'anima più grande delle comuni, più generosa e reconda, è di una creatura mutilata, di un frammento d'uomo,. di un uomo-mandragoh; e diremmo di un mostro, non fo~se il pencocolo di es:i.ereconfusi nel concetto che della mostruosità aretinesca hanno i più, e deducono dalla licenza e scurrilità del suo linguaggio. Noi, la scurrilità dcli' Aretino ci disturba si, ma non ci turba affatto. Tanto più che in essa è facile scoprire un segno di debolezza, uno stato di inrcriorità, e quella simulata violenza con cui ie teste deboli tentano mascherare la povertà degli argomenti. Avviciniamo l'occhio: la scurrilità dcli' Aretino è una delle tante varianti dell'estetismo, equivale a quella ricerca di forme belle di cui la nostra letteratura porge più di un esempio, e uno, soprattutto, recente e clamoroso. Di là dall'opera di Pietro Aretino nulla rimane, se non quella tristezza cupa e ,·acua che, sotto il fico solitario, pesa pure sul dialogo della Nanna e della Pippa. Ma a che s1Upime? Questa la meta, l'ambizione, il sogno dello stesso figlio della Tita, siccome à la meta appunto, l'ambizione, il SOfDO di ogni plebeo iroso e vendicativo, e così pure, non lontano, del buio delin• quente. Tale qual è, Pietro Aretino rappresenta con terribile sincerità la vera na• tura del Rinascimento, la fine di una poetica stagione, la morte di un'anima. Per la ginnastica da camera dei letterati, per i loro esercizi segreti, per i loro allenamenti solitari la prosa dcli'Aretino, il suo passo anacolutico, la sua aggettivazione talvolta sorprendente possono offrire tuttora un tal quale interesse, e cosi pure certi tipi, certi quadretti dipinti da quella penna grassa e alle volte acuta ; ma ciò che il pubblico del Teatro delle Arti si aspettava dalla rapprcentazione della Cortigiana non erano tanto le curiosità stilistiche né i_ sapori cinquecente,chi del dialogo, quanto il suono temibile e de':tideratissimo assieme di quelle parole che ognuno nella sala pensava ma non osava pronunciare quanto a sé, e il brivido dello scandalo. Anche una volta, il palcoscenico era chiamato a fare da sfogo al pavido spettatore. Ma questo effetto è mancato q\lasi del tutto, perché Anton Giulio Bragaglia, prima di riportare il testo della Cortigiana sulla scena, lo ha sgra'SSato per ragioni ovvie di quanto in esso c'è di più aretinesco. E che questo e non altro fosse il fine che in segreto si riprometteva quel pubblico ristretto che -.enza spesa di biglietto frequenta. il Teatro delle Arti, lo abbiamo dedotto d,al fatto che i pochi arelinismi rimasti in vita, come più anonimi e blandi, ..,u.,citavano ogni volta nel buio della sala razzi di risa isteriche a trillo, a gorgheggio o a gargarismo; e le stesse persone care che ci' ,-edevano accanto, e che arctinescarnente chiameremo le no:i.trc « fegatelle baldanzosette :t, pre- ..,eal cadere di ognuna di quelle parole asprette da non sappiamo quale irrer renabile nervosismo, ci mandavano acute gomitate nelle coste; la quale agitazione per fortuna si placò al ritorno della luce, e soprattutto quando ci ritrovammo al gelo immobile e silenzioso della notte. Diremo fatica sprecata questa Cortigiana riportata per tre sere sulla scena? Forse. Tanto più che mai la direzione di Anton Giulio Bragaglia si era dimo~ ..,tra_tacosl intelligente e precisa, l'allesttmento scenico così ordinato e gustoso, la recitazione coo,ì ritmica ed equilibrata. . Tra gli interpreti, tutti molto bravi, c;1 sono particolarmente distinti la signora Cruicchi e l'attore Besesti. ALBERTO SAVINIO LEO LON-CANESI • Direttore responsabUe Propde11 ar1i•1iu ( laner11ria riM:ruu RIZZOLI & C•• An. per !'Arie ddla Stampa • ~lilano RIPRODUZIONI F.SE<.,UITE CON \!ATE:RIALE 1-"0TOGRAFJCO • ►'ERRANIA •·
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