( ILSORCNIOELVIOLINO) wm~[}W[l Milano, dicembre. jl RR IVAI a ~1ilano l'altra sera, l! sotto Natale, per assistere alla prima del A1acbeth~ che apriva b stagione scaligera. I mila11c:11fie!)teggiavano in famiglia la santa ricorrenza. Le vie deserte e mute spalancate ne-Ila nottr sotto le stcrmìnatc prospettive delle lampade elettriche rivelavano le pauro--e e stupcnck di,,,tanzc che rorrono fra un punto e l'altro di questa invernale metropoli. La neve caduta ~ui tetti, sulle piazze, sulle strade, e subito !-,gombrata, listava é\ncora di bianco i cornicioni, le fikttaturc sporgenti dei fabbricati, allineando qua,;,i in lun~o e in largo il ~ran silenzio urbano. Vigilia del silenzio. La città vuota '-<>gnava, immensa cornc un deserto. Intanto i cittadini tappati e congiuranti in casa loro, vicino alle stufe, assalivano con cucchiai e forchette il cenone tradizionale. l n mezzo alla piazza della Scala, Lt.-onardo da Vinci guardava, dall'al• to del ,uo monumento, il teatro spran. gato, buio e ba<::'ìocome una cat.tpcc• chia. Leonardo guardava. L:t neve gli si era cucita addos--o e gli aveva fatto giù dallC" <,,palle un onorevole collet• tone di ermellino, e sul capo un can• dido berretto da doge. Un b:rnco di nebbia in quel punto inva~e e accecò Milano offu~ando man mano tutte le prospettive. E le ultime tabelle della pubblicità ondcg• giavano qua e là sotto i lampioni CO• me tante sentinelle assonnate e tra• volte: volava e turbinava contro le affichcs la nebbia sempre più fitta, fi. no a nasconderle, scompigliando le let• terc che <:ompongono il fatidico nome : ,\1acbtth. Giorno e notte, da tre settimane, si era lavorato nel teatro, geJo.,,amente, a porte chiu--c. Per l'esterno funziona• va soltanto il telefono. L'avvenimento !-empre più prossi• mo suscitava nei giorni scorsi una cu• riosità senza limiti. ~1a una segrctcz. za, un mutismo austero circondava l'edificio dove fervevano i preparativi della imminente prima, e dopo tutto quel ... hi..: ~i c,.t detto, gtid,ltO e valici• nato intorno all'opera, un gran vuoto 11enza risposta e l'abbandono univcr-a• le si era fatto durante le ultime venti• quattr'orc sulla piazza drlla Scala. Ed ecco, la notte della vigilia 1 carri bui mistcric;i, corchi immemi senza cocchieri, e stra\'ag-anti veicoli cari• chi di panettoni passare traballando, veleggiando fra i vapori l'un dietro all'altro. spettrali, <.C-nzadar suono di ruote o di passi; e poi in lunga fila i cammelli !('~gcri <· sonnolenti sorvolan. ti 1·,.l";fa\to stellato dì ghiacciuoli; i pa• ~tori con la zampogna, la cometa che li guida: v:rnno tutti verso Bctkm• me. Feerica proces.sione. E la piazza della Scaln è di\'entata un prcscpc-. Il nero palazzo Marino, la Gall<"• 1ia li<:.tati :iui fastigi di neve, sembran portare il colktto e l'abito di etichet• ta. Ultimr· in coda, allibito dal freddo, viene avanti, lcmmr lcmmc-, un gran HRliardo, avvolto in una "Ciarp;1 di lana, curvo ~ul :iUP bastone: il Milh·no\('C<'ntotrcntotto. f: proprio qui, nella piaz7.a della Scala, che la ~ra di Santo Stefano viene a rn'lrirr, ogni volta, l'Anno Vecchio. Seduto ,.u poca ne-ve ghiacciata, contc-mpla con vcncra7ione il famoso teatro, Lei quale non può entrare, perché lì dentro c;i può dire che in qurl momento na~e l'.\n• no Nuovo. ~frntrr all'e~trrno è un gelo co-.ì tremulo di luci, di vapori e di ombre, nella 'I.ala dr) tratro tutto fiamm<"g-gia nel fuoro di vrntimila cand<'le. E: una fr,ta nrl calore. Tutti i p;1J. chi sono in fior<'. Dalla platea paonazza vien su un affollato e amichevole ru• morr di voci che ,..aiuta.no, e di gioia CONCORSO PERMANENTE DI "OMNIBUS" perla. nUTa.zione d1 UD. ratto qua.llla.•1, realmente a.cca.dut.oa. chi acrtve. La. na.rraz.tone non de,.-eauperare le tre colonne del giornale, e deve euere tn,.-tata 1crttta a macchina, da una. 101aparte del ro,uo. OJnJ narrulone pubblicata, 1econdo l'ordine di arrivo e d'accettastone, verrà compen1at.a.con Ltre ooo (cln• quecent.o).• I dattllo■crlttl non accet-- t.a.tlnon 11 rettitu.iacono. - Per 11.valtdltÌ. della apedtslone, aentn:l del t&· gllando ata.mpat.oqui 10tt.o, Incollato IUlll. bu1t&. CONCORSO PERMANENTE Alla Direzione di OMNIBUS PIAZZA DELLA PILOTTA N. 3 ROMA espansiva prima che cominci il A,facbeth. La parte di lady ~1acbcth doveva es• sere sostenuta da una cantante c-ccezio. nale, la ,.ignora Gina Cigna. E la dire• zionc della Scala, in vista di questa ec• cczionalità, aveva scritturato per la stcs.sa parte due altre primedonne, in modo da potere, in ca,o disperato, c;o,. stituirc una prima donna all'altra (difatti fu quel che ~wvcnne), sperando che il pubblico, dinanzi alla M);;tituzio• ne, avrebbe cantato a sua volta sul• l'aria. del Rigoletto: e Questa o quel• la per mc pari c;ono > (difatti fu c1ucl che avvenne). Tutti conoscon la Cigna, e sanno che, fino a un anno fa, le sue note cccrlse !.cintillavano nei cidi temporale• ~chi della lirica italiana comt· rnnte punte di parafulmini, proteggendo gli edifici teatrali da qualunque tempesta r scarica di fi¾'hi molto meglio di una tabella della e Fondiaria >. A un tratto, sulla Cigna una grande ~ciagura si abbatte. La ma bellissima voce di soprano drammatico, quella sua voce indomabile, cala, cede, va giù, d'ora in ora, come un incendio sotto le pompe dei vigili. C'.era da. a.spettarselo. La Cigna non ~1 fl'-parmia\·a. Per avc-r servito troppo gcncro!--amcn• te il pubblico e l'artr, per C'l.c;er,ipro• digata, per cs. .c.r-,ì rove,.ciata come un guanto, e vuotat,\ in pro dt~lla platea, la "lpcttacolosa cantante è 1h.Otta a mal partito. E qui le auguriamo che con la sua gioventù e la sua fibra for. ti,sima c,<;sa riconqui.,ti pre,to il poo;;to di prima. Ed ora veniamo al 1\/acbeth. Una recita come quella di lunedì <:,Cranon ci sarebbe che cl.l fi~arla sui di,.chi, perché rimanga nella <,toria del nostro teatro, esempio di precisione e di miracolosa dinamica. Non si poteva fare di meglio, non fosse altro per quel che rigua.rda l'azione musicale dello spettacolo, con• dotta da cima a fondo, battuta per battuta, atto per atto. da Gino Marinua.i, con quc-1 ritmo naturale che si fa strada nel tempo, e matura e si ac• cumula. Cori, voci, strumenti <::ul filo di un rasoio. Non abbiamo mai a,,i..,tito a un equilibrio co<::Ìspigliato e sicuro, a un ordine così spaziato e armonico di dementi !>onori. A Stoccolma una volta a,..,istetti ad una rappresentazione dei ,\lacbnh di Shakespeare. La sala non era ancor piena di pubblico, quando, in silenzio. come una cascata di amianto. calò una "aracinc,ca sul bocc,1c;ccna. Poi tornò <,u adagio. È una prova che ~i fa ogni c;era, cin• quc minuti prima della recita, p<.:r \T• dert ,.e fun:ziona la co,iddetta e porta dd fuoco> in caso di incendio. ~•fanovra abituale impo-.ta dal regolamento j che però disponeva l'animo a prcoc• cupazioni sinic;trc e stranamente into• nate-_al.lo c;pcttacolo che 'l.tava p<.·r incommnarc. All'incontro il ,\1acbrth bagnato l' sciolto nella mw~ica di \'erdi non è poi co,ì terribile, non ci fa gebl'C" il ~anguc. J la un rcc;piro, un calore urna• no, r dirci qufl<::i una dolcrz:z.1 che \·incc lo ,.pavento. Il rispetto e l'attcnzionr c;ilcnzio..a del pubblico conferivano alla serata di it·r l'altro una wlcnnità appa'ì'>iona• ta che nulla sarebbe valso a ~ua'itarc. 11 Duca di Brrgamo, Sua Eccellen• 7,a il ministro Alfieri, il commendator Dc Pirro, e i più alti gerarchi della città di Milano onorarono drlla loro prescn?.a questa mrmorabile C('Cita. Prima che si ini,iasse lo 'l.pettacolo fu suonata la Marcia Reale e poi l'ln• no Fascista che l'immrn'I.O pubblico a<;coltò in piedi e applaudì con vivissimo cntusia,.mo. Notammo nei palchi e ne-Ila ~ala un gran numero di autorità del Regime. Ritc-niamo quac;i inutile parlare dell'opera, prr quanto nuova sulle scene di questo tratro, tanto es,a è autC"n• ticamcnte verdiana, e nutrìta cli <1uc-lla vena inc~uribile e popolare$ca che diqinguc il mi~lior Verdi. Questa specie di ric,.uma,ionc, volu• ta e curata dal soprintendente ddla Scala, commendator ~,fataloni, ci è par- ~, quanto mai opportuna e gimtifi. cata dal 'I.UCcc-ssoche l'accompagnò fa. vorcvolmcnte dal principio alla fine. La mrsc;inscena fu drgna della gran• dc tradizione-: sfar.1.m. i~~ima, varia, colma dri più spetta.colmi dfrtti. Ver• di stc-sso non ci avr(•hhc trovato nulla a ,·idirc, e for~c neppure- Shakr,pcarc. Dobbiamo proprio noi farr i diffi• ciii? No. Tanto più chr i cantanti, dalle voci magnifiche, comr il baritono unghcrc~ Ale~s~\Odro Dc Svcd, la ~oprano Clara Jacobo, il ba .. c;o Pa<.ero, e anche' il tenore P.umrggiani roi loro mezz.i e la loro arte incomparabile non la,;ciarono adito a perplc,.,ità di nessun genere. Ottimi i cori delle c;treghr. In quan• to all'orchestra, della quale ahbiamo già parlato, ci è grato imi<.terC' 'iUI grande valor(• da <·,.,a dimostr.ito in tante occasioni, ma in special modo i<'ri st•ra, sotto la bacchetta tranquilla e dir~•,n,no qua,.i parlante cli Gino Marinuui. BRUNO DARlLLI OMNIBUS PIAZZA NAVONA1 ANGELO PER IL PRESEPIO (Fot. Omt1ib111) U I l·~RAact:.id,1to spesso di cogliere, nei m!, d1scors1 d1 conoscenti, o anche di estranei, alcune parole. leggermente c1\lat1che, che esaltavano le qualità del Bar Americano: Roma•• dicevano, sta veramente diventando una grande città, basta \·edere il Bar Americano ... •• oppure: • Allora ci troviamo al Bar Americano•• o, infine: Vì assicuro io che a Londra non ho trovato nessun locale che possa paragonarsi, neanche lontanamente, al Bar Americano ... •· Così l'altra sera, tornando dal cinema• tografo, decidemmo di entrarvi. Fosse l'ora tarda, la notte fredda, o la vicinanza dell'Albergo Quirinale dove una densa folla attendeva di veder uscire 1 ricchi reduci dalla serata al Teatro Reale, le sale del Bar erano vuote, la cassiera sbadigliava dietro la cassa, i bormtn sbadigliavano celandosi la faccia nei grembiuli sporchi, e dalle vetrine vuote, dalle luci per metà spente. veniva quella panico• lare melanconia dei buffè delle suu:ioni. Mentre però indugiavamo accanto agli sgabelli di lucido nichel e cuoio rosso, incerti se arrampicarci lassù, entrarono cinque o sei giovanotti, i più con gli oc• chiali di tartaruga, e con la carnagione grassa ed oscura. A\evano tum l'aria dei ricchi recenti: figli, quasi certamente, di appaltatori stradali, o di costruttori edili, che, dopo aver saziato la prima ed im• mediata fame di ricchezze accessibili come l'Aprilia, l'appartamento ai Parioli, le lezioni di scherma ed equitazione e i vestiti di Caraceni, si avvedono come queste esteriori apparenze non costituiscano affatto quel successo m società, cui incon~ sciamente tendevano. Febbrilmente duo• que si preparano ai concorsi, sognano la diplomazia, cercano la moglie nobile e, nel frattempo, strinf(ono rappom con conti e baroni impoveriti, ma sempre altezzosi. Uno dei gradini di questa scala sociale è comunque costituito dall'amicizia con un barman: i libri di \Vodchouse pnma, 1 film americani poi, ci hanno sempre mostrato come decorativo appaia l'uomo di mondo appoggiato al bancone d1 un bar, mtcnto a scambiare confidenze con un barista spiritoso e di buon consiglio, che, mescolando complicate bevande, SUf('terisce sempre la soluzione opportuna. I giovani dagli o,:chiah d1 tartaruga si avvicinarono dunque, dicendo forte, e con una disinvoltura non priva di t1m1dezza: •(Ciao, Arduino! Come va, Ardui• no? Addio, Arduino!•, ed il barman rispose con voce ossequiosa e insolente m• sieme: Buonasera, signorini•· Legger• mente 1mpacciat1 d,11 iro~s1 cappotti, dalle grosse sciarpe e dai grossi guanti e dalle grosse scarpe i giovani si arrampicarono sugli sgabelli, e ci rendemmo presto conto come il fascino del Bar Americano stia proprio in questa piccola ginnastica che consente di mostrare facilmente di• sinvoltura e scioltezza. Seduti che furono, ordmarono tomato, mo/ud milk, e cosl via, sempre interpellando familiarmente Arduino, e chiedendogli la sua opinione su vari argomenti. Uno, anzi, trasse improvvisamente dal portafoglio alcune istan• tanee, e posandole sul banco, tra 1 bicchieri cd il piattino delle salsicce, do• mandò, con una sua vanità impacciata e trionfante, se quella non fosse proprio una • donna di classe•. Al disopra delle sue spalle, i compagni guardavano: aspettavano, per pronunciarsi, il parere di Ar• duino. Questi però era stato chiamato all'altro lato del bancone dall'arrivo di nuovi clienti, un uomo piccolo e tarchiato con baffi a spazzola e due donne dai capelli gialli o rossi; 1 loro gesti eccessivi e le parole dialettali che le avrebbero fatte giudicare attrici d, varietà contra• stavano poi con la superbia dei modi cd il gran discorrere di automobili, posteggi, autisti e marchese. Anch'esse salirono sui scggioli, lasciando cadere all'indietro le pellicce d1 lontra nera, e battendo i tacchi contro le alte gambe nichelate. S1 lamentavano per un appuntamento andato a male, per la mancata venuta della baronessa Cortani, del caro Rosa, e cosl via, cd intanto ordinavano salsicce, panini, cercando d, creare, faticosamente, un'atmosfera disordinata cd allegra. L'uomo con i baffi a spazzola badava a sconsigliarle dal mescolare i cibi salati alle bevande dolci, con tono paterno di gentiluomo avvezzo ai graziosi capricci delle belle signore. Di lì a poco, la porta si apri di nuovo e comparve un secondo signore, piccolo, un poco calvo e senza baffi, che fu accolto da grida: • Caro Ro,al Finalmente I Stavamo già in pena,,, S1 parlò ancora della baronessa Cortani, si riprese la discussione intorno alla cioccolata ed ai panmi, mentre, dalla parte opposta, i giovani daglt occhiali di tar• taruga si passavano di mano m mano 1 ritratti della • donna d1 classe•. Le signore avevano preso a parlare di pettinature: tutte e due as,icuravano di stare benissimo con i capelli pettinati alti sul capo, e sollevavano le velette per meglio mostrare la grazia delle loro nuche scoperte: 1 signori annuivano, ma con restrizioni, dicendo che, volere o no, i riccwli sul collo erano più femminili, e che a Parigi ormai la pettinatura all'E· doardo sta trionfando. Poi il signor Rosa, con l'aria stoicamente sorridente che gli intellettuali assumono in società per parla.re degli affari loro, disse che il giorno 27 gli avrebbero varato una commedia: ostentava tranquillità, distacco, indifferenza al successo. Le signore lo ammira• vano molto e si intuiva che, all'indomani, avrebbero raccontato alle amiche di aver passato la serata con il • caro Rosa, uomo cosl interessante e soprattutto tignort •. Altra gente era sopraggiunta: per lo più ragazze bionde, ben dipinte e mal vestite, accompagnate da giovanotti falsa• mente distratti, che vedevano avverarsi, in quel momento, il sogno di molte settimane grige. Arduino si moltiplicava, e, scaldando i panini, che l'uomo con baffi chiama\•a, si capisce, •tramezzini•, trovava modo di sussurrare al giovane occhialuto che quella non era affatto una • donna di classe•, lo si capiva a prima vista. Subito le fotografie scomparvero, i giovani tacquero un attimo, poi cominciarono a dire forte • Pair, impair, paut•, e cosl via, per giocarsi alla ro11ltttt quel che avevano bevuto e mangiato. Ma non ne ebbero il coraggio, e. dopo essersi guardati cautamente intorno, con movimenti di conigli, chiesero modestamente quanto avessero speso. Il signor Rosa parlava, succinta• mente e con bonomia, della crisi teatrale, l'uomo con i baffi a spazzola ordinava un altro •tramezzino•• e la si• gnora bionda raccontava alla signora rossa d1 aver scoperto come a Roma esista ancora un gruppo di persone, sette o otto, non di più, che si riuniscono fra loro per giocare a malt-jong. Lo stupore fu generale, e la signora ne parve fiera quasi avesse denunciato una segreta associazio• ne a delinquere. Entrò una vecchia coppia, che, per le valigette, ed un'aria assonnata e sbalor• dita, s'indovinava diretta alla stazione, alla partenza notturna verso una città provinciale. 1 due bevvero un cappuc• cino, guardandosi mtorno con stupore e ammirazione. I giovani, ripetendo cordiali saluti ad Arduino, se ne andarono. An• che il signor Rosa era stanco, e con i S\IOi amici ~i avviò all'uscita. Le signore, tenendosi per braccio, ridevano tenera. mente. La sala era di nuovo vuota. La cassiera, Arduino, e l'aiuto barista sbadigliavano, desolatamente, in mezzo :u lucidi splen• dori del Dar Americano. IRENE DRIN ( PALCHETRTOIMAN) I IDil~& I IAIBMÈ iì_ \L TEMPO lontano dell'infanzia, nel 'IJ quale come meduse fosforescenti sopra un negro mare brillano gli spcttacoli della Gran via, di CriJpi110 t In eomar~ e di Cin-ko-ka, non avevamo più a"·stilO a una rappresentazione diurna. Quale amiciz.ia il teatro, questa torva officina di magia, può stringere con. la luce di Apollo, uccisore dd serpente? Esiliato a Bruxelles, non era sera (_"hcLuigi Oavid non andasse al tf'atro della Mannaie, e le ncccuità p~icologiche che conducevano l'ex-pittore cesareo a terminare la giornata con uno spctll'lcolo lumino!IO e sonoro, sono comprt'nsi• bili a tutti e valide anche ai non esifo,tì. Che altro è il teatro, insomma, se non il modo di conchiudere con un dramma d'il, lus'oni, il reale dramma quo1idiano della vi ta? Anche la terra di notte e fa spettacolo> giacché si toglie dall'ordine domcstic6 dc sistema solare e volta lo s.guardo fuori d casa, verso gli spazi infiniti e l'infinito ,1uo10. Ed è per questo che nel pomeriggio del lunedì di Natale, guardando nella platea del Quirino i padri di famiglia venuti con la moglie ,:, i fìgliolini alla diurna della compagnia Donadio, pcnuvarno che dopo lo speuacolo conoro a\ rebbero dovuto vivere ancora una piccola frai.ionc di vita quotidiana, sareb~ro 1orna1i alle loro ca&e, si sarebbero ritrovati davan1i alla tovaglia fa. miliare e alle uova al tegamino, davanti ai figli imbronciati dal sonno e agli invincibili silenzi della rTloglie; e infine, quando il momento sarebbe giunto d'infilarsi nel let• to e chiudersi nd sonno, non una briciola sarebbe più rimasta delle illusioni comprate a venti lire la poltrona al botteghino del 1eatro. :Ma forse no, e forse qualcosa è rimasto in cui, siccome tanto è rimuto in noi dell'Orologio a csicù da noi veduto e as<"ohato nel pomeriggio del luncdl dopo Natal,., men• tre nel lucernario del teatro impallidiva la fredda luce del crepuscolo decembrino, ealle voci degli attori assurdamente si mischiavano le campane che dalle vicine chie• se chiamavano all'Ave Maria. E se qualcosa di quelle illusioni teatrali è sopravvis.:,utoalla forza soffocatrice della casa, alla miseria di quei due occhi gialli che ti guardano dal fondo del tegamino, al tri• 1te insonnolimento dei bimbi e al silenzio della moglie denso di vuoto e di noia, è tutto merito del Grand'Uf6ciale Giu[o Donadio e dei suoi bravi compagni di lavoro, e all'indole del lavoro di Alberto Donnini~ L'orolo1io a c11cù, in cui si continua la tradizione dei Sardou e dei Giova<'chmo k-or• zano, arricchita di akune venature gi:ille e portata a un reali.;mo così schietto e '-."lna• mente esteriore, che soonfina ncll'invero~i• mile c nel più acceso surrealismo. Neu,rn dubbio è conscnùo più: questo teatro popolare e reciu,to da ::attori in cui la vena e la truculenza popolari sono an• co,a vi\'e, è l'unico rifugio ormai di quella sacrosanta pania, senui la qual,:, il t<'atro non è che noia, falsa eleganza, volgarità e, per tutto dire, Novecento. Ncll'Orolo1io o cucù auistiamo alla dop• pia \ ita dello Sbarbcri, falso carbonaro e spia borbonica {cfficacrmentc perwnificato dall'attore Italo Pirani) e a quella altrct• tanto doppia di Don Martino, falso commesso fedele al governo di Napoli e atti. viMimo membro della Giovane Italia; assistiamo a un dramma in cui il poHzicsco si mìschia al patriouico e il drammatico al fan<"sco; assistiamo alle inquisi7ioni del• l'IIJustrinimo Kreuss (ottima trurcatura dell'attore Angelo Sivicri) e soprattutto allf' gesta inenarrabili del gcndaml(' Esposito, detto Sgrinlia (Giulio Oonadio), nel cui pct• to, sotto la tunica alamarata dei Borboni, batte un cuore d'italiano. Alla diurna dell'Orologio n cucù era ve• nuta anche la madre della madre dei nostri figli, o come dire nostra suocera, cd essa pure molto si divertì, e a piene mani applaudì i bravi interpreti, e soprattutto il loro capo, nel cui nome due grandi si confondono: dono e Dio. Teatro d'illusioni, oss·a teatro significativo e che imprime le proprie tracce nella ml'n• te dello spettatore, è anche La nascita di Salomé di Cesare Meano, rappresentata l'an. no passato al Teatro delle Arti e ripresa quest'anno dalla Compagnia della Commcd;a La naJCita di Sa/omé allarga l'uso dtì p!'1zi di ricambio dalla mc(..canica all'umanità, e nonostante la sua apparenza e in• ventata>, trova conferma. in un cpiwdio della vita cosiddetta e\ 'srnta >, di cui siamo a conoscenza. Alcuni anni fa, il proprietario di uno dei maggiori bazar parigini vi\'eva coniugalment(' con un'it.aliana di grande bellezza e fornita di un profondo senso del risparmio; ma poiché gli anni passavano e tra poco a.nc:1e il proprietario del bazar si ~arebbc accorto chC" la bclltua della sua donna sfioriva, essa tcm• pestivamente fece venire dall'Italia una s\1a giovanis,ima nipote che presto la sostitoì nelle su!' mansioni di amante, pauando ella stessa a quelle di economa, cioè a d·re di ministra e custode delle chiavi. Per non perdere i benefici del proprieta• rio d("I bazar, che in questo caso è l'illusione della. gente, Salomé vecchia e inservibiltsi fa sostituire da una Salom~ falsa ma go• vanissima, e degna di perpetuare il perso• naggio come lo crede e lo vuole il mondo Intorno a questa trovata (cosl povero I il nostro t("atro di trovate!) Cesare Meano ha tessuto un dialogo la cui teatrale agilità è sorretta da una grande dignità letteraria. Caso rarissimo e che andava segnalato. ALBERTO SAVINIO LEO LONGANESI - Direttore responsabile RIZZOLI & r. • An. prr l'Aru• dyl• S1•niv.1 ,,,, ...... RIPKOl>UZIO ....I EliF.(,UITt. CO'i \IAIERl.\1.1 ~-OTOGRAFICO • 1-"ERIU..._IA ••
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