SODO.MAE GO.MORRA? !f-l LI europei dovrebbero studiare ® maggiormente la macchina pubblicitaria del cinema americano: vi troverebbero insegnamenti per la loro industria, basata ancora su sistemi rudimentali soprattutto per quel che riguarda la propaganda. Uno dei principi fondamentali della filosofia pubblicitaria di Hollywood è che, se è vero che la bugia ha li! gambe corte, è pur vero che tremila miglia, quante sono quelle che separano Hollywood dai grandi centri civili dell'Est, sono sufficienti alle bugie del cinematografo per non farsi raggiungere e scoprire prima di essere pubblicate. Molti ricorderanno ancora il diluvio su Hollywood della scorsa 'primavera. Ogni ditta aveva la sua grande stella, o più di una, in pericolo mortale, ogni ditta aveva la sua grande stella, o più di una, che salvava, a rischio della propria, la vita pericolante del collega o della collega. li mondo era ammutolito di fronte a tanta abnegazione : dunque. al momento buono, essi erano in grado di ripetere nella vita le generose gest-1 della finzione romanzc"Sca ! Poi si venne a sapere che, anche in quell'occasione, avevano lavorato più gli uffici di pubblicità che il Padreterno. Due o tre giorni dopo il diluvio, intorno agli stabilimenti «allagati> e alle abitazioni delle stelle « travolte > nessuna traccia esisteva più dell' e immane cataclisma> e del resto, un'ora dopo che l'acquazzone era cessato, tutti avevano ripreso il loro posto, come dopo un temJX)rale qualunque. Ma che importa? I giornali avevano già stampato le storie patetiche ed eroiche; a New York nelle maggiori sale si proiettavano documentari zeppi di episodi toccanti o raccapriccianti, stelle in sottanina, e con una coperta sulle spalle, divi con bambini e vecchie svenute fra le braccia, registi famosi che si arram• picavano sui tetti per salvare un cane, o si lanciavano a nuoto per ~hermire una gabbia di uccelli che fuggiva sulla cn..•,;tadei flutti, e, sullo sfondo, la rumoreggiante rapina delle acque. Ma anche su quella rumoreggiante rapina molto ci sarebbe da dire. Perché in quei giorni arrivarono aJla Wamer insistenti richieste da ogni parte di copie dell'Ar• ca di Noè, con il diluvio universale, iJ più bel diluvio apparso sullo schermo. Così un paio di settimane fa la prima impressione dei lettori aprendo i giornali, non solo in America ma anche in Europa, fu che la povera Shirley Tem• pie era stata arrostita, che Madelcine Carroll era morta non uccisa da una spia rivale, ma ridotta in cenere dal fuoco; che niente era rimasto di Leo Carrillo, tranne la sua ombra sullo '-Chenno; che Alice Brady, Virginia Bruc-e, Miriam Hopkins, Richard Dix, Ju .~ Lang e Oliver Hardy, erano ormai una massa informe di carne bruciata. In tutti i giornali fotografie di questi pcr- !1-<>naggeirano accompagnate da titoli drammatici: e Foreste in fiamme ... La colonia del cinema rasa al suolo... Le fiamme divorano le case delle stelle ... Intere città in pericolo ... >. Grande fu la emozione in tutti i cuori. Successive e più serene inchieste sta• bilivano tuttavia che la situazione era meno allannante, e in primo luogo che nessuna stella era stata ridotta in cenere. Nondimeno l'impressionè rimase che un ~igantesco olocausto stava distruggendo i sobborghi di Los Angeles, com• presa Hollywood. Le ultime notizie erano che le ca"ie di Riohard Dix e dci registi Sam \.Vood e Frank Lloyd erano state completamente demolite dal fuoco. Ciò che realmente è accaduto intorno a Los Angelec;, non ha niente da spartire né con l'ira degli dèi, né con Sodoma e Gomorra. Una partic.o-- larità del clima della California meridionale. è una o;pecie di vapore den• ~ che, specialmente nelle sere di au• tunno, si libra a mezz'aria. JI vapore è originato da un fenomeno di auto• combustione dei cespugli e sterpi scc• chi. alti talvolta anche due metri, che crescono sulle sabbio,;c colline che circondano Los Angeles. Questi incendi, al contrario dei veri incendi di foreste, si estinguono facilmente, e raramente essi impres~ionano qualcuno se 1;i eccettua qualche coniglio selvatico o qualche quaglfa. Accade; talvolta che le allegre e scoppiettanti fiammate si spingono fino al margine delle strade pubbliche o delle proprietà coltivate. P.. appunto quel che è successo in questi giorni. Il vento era più forte del SO· lito, le erbe più del solito secche e lo ,spettacolo è stato pii, del solito pittoresco, ed è tutto. Delle calie dei divi, e ridotte a cumuli di fumiganti macerie >, nessuna è rimasta seriamente danneggiata. I giornali hanno pubblicato che i ranchos di Leo Carrillo e di Will Ro-- gers dovettero essere evacuati. In realtà la. casa del defunto \Vili Rogers fu e evacuarn. > perché i suoi due figli volevano divertirsi con dei rastrelli ad alimentare le fiamme a me-.tzochilometro dalla villa. e la casa di Leo Carrillo fu evacuata perché l'attore, divcr,;amcnte da altri colle~hi che si g0dcttero lo spettacolo dai porticati del• le loro ville, preferì correre romantica• mente sul suo cavallo bianco lunghesso l'orlo dell'incendio. Né più scnsaziona~i furono gli effetti sugli stabili• menu. Solo tre di essi dovettero interrompere la lavorazione per un porne• riggio: uno perché alcuni elefanti era• no divent'lti nervosi a causa dell'odo. re di bruciato, e due perché iJ fumo oscurava il sole. UN BUGIARDO Nel suo giro, se così si può dire, elettorale, « il bugiardo volante>, Douglas Corrigan, si era guastato coi giornalisti. Interviste non voleva dame, ron la scusa che non sapeva parlare; e quando a Cleveland fece un bel discor,;etto, spiritoso e persino commovente, di ..s.c che aveva parlato bene per sbaglio, così come per sbaglio, rgli aveva detto, aveva volato dall'America all'Irlanda. Dunque, niente interviste; ma se poi i giornali non si occupavano di lui, egli protestava e li accusava di essere invidiosi della sua gloria. Tutte queste storie avevano messo di assai cattivo umore la stampa californiana : al punto che l'ufficio pubblicità della R. K. O., che l'aveva in animo di fare un film sulla vita e la impresa del « bugiardo volante >, aveva creduto opportuno far c:,i.t-' e che la ditta stava pensando se non era il caw di soprassedere per ora al proget• to. Poi, calmatesi apparentemente le ire dei gazzettieri, l'idea era stata ripre'ia, e il pilota invitato a recarsi a llollrwood con la raccomandazione di es,;;cre pili gentile con i reporters. Ma alla stazione nessun giornali• sta era ad attenderlo e del suo viag• gio si seppe soltanto attraverso una notiziola di due righe apparsa su un settimanale. Esterrefatti, gli agenti di pubblicità della R. K. O. si precipitarono carichi di biografie e fotografie ìn tutte le redazioni della città, scongiurando i direttori di concedere un armistizio. ~a i direttori non mollarono: e 11 signor Corrigan dovrà imparare a fare i conti con noi >, e solo un giornale di terz'ordine, dopo mille insistenze, si decise a pubblicare una fotografia della nuova stella. Ma Corrigan non si era nemmeno accorto che Hollywood non si era ac• corta di lui. Yialgrado il contratto di due milioni e mezzo per un film sulla vita di Douglas Corrigan, Douglas Corrigan non si è fatto addomesticare da Hollywood. Poco prima che si desse iniz.io al film egli andò a San Diego, caricò la sua roba su un autotreno (dopo essersi informato che il trasporto per autotreno costava meno che per ferrovia) e la spedì a Holly• wood. Al primo appuntamento con il produttore arrivò con una mezz'ora di ritardo. Essendogli stato chiesto il mo. tivo, e~li disse che la sua vecchia automobile modello 19,z8 (l'apparecchio del volo America-Irlanda era un modello 19,zg) si era rotta per la strada. e E non potevate prendere un ta~sì? >. e Non posso permettermi certi lussi •· e E perché avete un'automobile cosl vecchia? >. e L'avevo da prima, per• ché buttarla? Quando visitai Henry Ford egli voleva regalarmi una bella macchina. Yfa io r1fiutai : accettare una macchina significava rimanergli obbligato; e io non voglio rimanere obbligato né a lui, né ad altri >. Egli "arà l'interprete e il sorvegliante del film. e Non permetterò bugie sulla mia vita e sulla mia impresa ,, ha dettQ il re dei bugiardi, il giorno del primo giro di manovella. OINE.MASENZA .MOVIMENTO Sono esposte da alcuni giorni alla Gallcri.t Leice ..t.cr di Londra i di.segni originali di Biancaneve e i sette nalli. È st.ua un'abile politica da parte di Disncy di mettere in mostra gli al• tarini? Poiché non era più ai critici cinematografici, ma ai critici d'arte; non più allo spettatore cinematografi• co, ma all'amatore d'arte, che egli si rivolgeva esponendo quei disegni. E si sa che i critici e gli amatori d'arte giudicano secondo il metro, anzi il centimetro della loro estetica particolare. I critici non sono stati affatto gentili con Disney; uno dei meno ag• gressivi è stato Eric Newton del teolo• gaie Times il quale ha scritto in proposito: e Io sono forse una delle po• chi~sime pcNOnc che non hanno visto ancora Biancaneve sullo schcnno, ma w bene <1uclche vuole Oisney. So che il suo fantastico e talvolta macabro umore, il suo "passo" vertigino.;0, i suoi ritmi insistenti diventano irre1;ilitibili. E tuttavia i suoi disegni alla Galleria Lcic<'stcr non hanno nessuna di queste qualità. La fantasia si trasforma in o;cntimentalità da libro di c;cuola... Niente di sorprendcr1te in ciò. Privare il cinema del suo movimento e poi lamcntaNi che quel che rimane è. cattiva arte, è lo ,tesso che privare una opera della 1;ua musica e poi lamentarsi che il libretto è cattiva letteratura. I disegni di Disncy hanno con Bian• caneve lo stesso rapporto che hanno dei grappoli d'uva con una bottiglia di Borgogna. Io non mi lamento. Al contrario, ammiro Disney per aver sa• puto trarre un sì buon vino da sì lamentevoli grappoli >. A. D. L'ATTRICE BETTY ORABLE I!' POB.l D.lVAHT[ AL DIBE01UTOBE DI UHA DITTA PUBBLIOITABU ALBUX DI P'AXIOLU1 L'J.TTB.IOE Lill'A BAOOI CFot..Omall,u) ( Nl!OVI li'IL~I ) .wJjì~Lfm~ ouuuu ..... ii NO STRANO iricantesimo pesa sul U destino della nostra cinematografia. Uomini che nella vita d'ogni giorno appaiono assennati, guardinghi e forse non privi di qualche intelligenza, una volta abbandonate le vie cittadine, e inoltratisi sulle bianche strade di campagna, éhe conducono ai teatri di posa di Cinecittà o di Tirrenia, mutano istantaneamente il loro carattere, le loro idee e diresti perfino i loro lineamenti. Registi e produttori, attori e tecnici diventano come candidi fanciulli, volti soltanto a intrapren• dere giochi faticosi e immaginari. Una misteriosa metamorfosi è avvenuta dentro di loro. Hanno dimenticato le cose d~I mondo, come Rinaldo nel palazzo d'Al• eina. Non ricordano più come gli uomini parlano, quali sono gli amori, le inquietudini, i desideri. Giungono fino a loro soltanto pallidi echi, che s'arrestano perb contro le mura di cemento dei grandi studi. Là dove tutto vuol essere finzione, anche chi dovrebbe starne al di fuori diventa parte di quella finzione. Sono fan~ ciulli che si compiacciono della loro fanciullezza. Ecco che li si vedono camminare tra i vialetti alberati, gli occhi fissi in qualche pensiero lontano, preoccupati ma felici. Mai si potrebbe pensare che dietro quei gioch.i svagati, dietro quell'andare e venire tra costruzioni strane, tra macchine complicate, si nascondono interessi con• creti, affari di milioni, e che una loro parola ha il potere di creare e distruggere, costringendo a un lavoro inutile squadre d'operai e di comparse, come se davvero non a un gioco senza scopo si dedicassero, ma a un'impresa nobile, necessaria, attesa da tutti. A noi non tanto meraviglia che molti nostri film riescano senz'altro brutti, pienì di miserie e d'imbecillità, quanto eh~ tutti coloro che ne sono i responsabili continuino nelle loro puerili occupazioni, sordi a ogni richiamo e a ogni rimprovero.· Tra loro e il pubblico non c'è rapporto alcuno, quasi essi vivessero in una campana di vetro, sterili e dissugati come fiori artificiali. Se la folla comincia a disertare le sale cinematografiche, se gli strepiti durante le prime rappresentazioni testimoniano gusti e aspirazioni migliori, questo non basta a distogliere gli illusi dai loro ìmpossibili sogni. Fino a ieri forse si poteva parlare di testardaggine e spavalderia e si potevano perdonare gli autori per via della novità dell'impresa e la mancanza dei mezzi. Ma oggi non valgono più questi argomenti. La richiesta del pubblico dovrebbe giustificare ogni sforzo a migliorare. Se, nonostante, le faccende continuano ad andare come non si vorrebbe, vuol dire che qualche incrinatura clandestina, qualche maleficio occulto sovverte le ragioni del buon senso e del gusto comune. Si veda La signora di Montecarlo. Quale maleficio ha indotto gli autori a scrivere un soggetto tanto ingenuo, gli sceneggiatorì a distenderlo tranquillamente in uno scenario, il regista a portarlo sullo schcr• mo, gli attori a recitarlo? Per quale spie• tata magia tutti costoro si sono trovati d·accordo suH'accettare una fatica cosl arida, penosa, senza speranza? Un impegno di questo genere, che costa lavoro, tempo e denari, compromette tra l'altro ìl buon nome di troppe persone, perché si possa immaginare che leggermente sia stato preso. E allora, come spiegare tanta povertà nei risultati? Forse l'obiettivo delle nostre macchine da presa ha uno sguardo più crudele e insidioso di quello degli altri. Davanti alla pupilla di cristallo, ogni cosa perde il suo aspetto naturale, rivelando loscheletro bianco, come sotto raggi X. La natura abbandona tutti i suoi incanti, le abitazioni appaiono spog?ie e inumane, gli uomini cadaveri che si muovono come in una macabra pittura di Bosch. Potrebb'cssere questo uno spettacolo adatto a rammentare la miseria della vita e la vanità delle cose, uno spettacolo forse che avrebbe più efficacia di tanti sermoni dei Padri della Chiesa. Ma quand'anche lo spettatore si lasciasse prendere per un momentb da richiami ascetici, presto ne sarebbe distratto dalla furia delle immagini volutamente mondane. Percht. qui si tratta soltanto di personaggi assetati di vita, eroi d'avventure galanti, eroine che inducono alla perdizione. Se invece di darci immagini di feste e d'amorosi intrighi, gli autori di questi film riescono soltanto nelle immagini disgustose, che invogliano alla contrizione e al rimorso, forse la colpa non è degli autori. C'è qualche cosa d'altro che non conosciamo, che non dipende da noi. Probabilmente gli occhi delle nostre macchine da presa sono stati stregati. Gelidi e minacciosi, essi guardano senza pietà le agitazioni di quegli scialbi fantasmi che si muovono davanti a loro. E ne registrano gli atteggiamenti, il sorriso, le false esclamazioni come se per sempre dovessero documentare il segreto di una piccola società che, timorosa di mostrare il proprio decoro, se ne crea uno che non risponde né alla sua economia n~ alla sua tradizione. MARIO PANNUNZIO
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