LONDRA.i INORE880 DI LtON BLOX NEL XUBEO DELLE STATUE DI OERA DI lfADAXE TUBBAUD Torino, dicembre. {9_ I ENTRA nella Piccola Casa della ~ Divina Prowidcn:r.a· per un andito - stretto dalle pareti verniciate di grigio attraveno una porta modesu. simile a tante altre che si allineano sulla strada. 2 questo, forse, il solo angolo di Torino dove le vie non si incrocino ad angolo retto e dove sia possibile dimenticare le lunghe pr9spettive dei monumenti a piombo all'incontro di geomett-iche strade. Non si vedono grandi edifici; piuttosto lunghe mura come di conventi scn:r.a finestre e smorte di colore, fabbriche che ricordano la ..casenna o la prigione di provincia. Nel parlatorio dell'istituto, un gruppo di geuo raffigura, in un angolo, il beato Cottolengo che consola un povero. Sulla panca di legno scuro, corrente lungo le quattro pareti, stanno quattro suore gemelle in attesa dei visitatori e intorno si avverte come un lontano ronzio, le voci e i rumori di un doloroso paese che presto si aprirà al nostro sguardo. Dalle vetrate alte il ciclo grigio esiste soltanto per qualche volo di piccioni color ferro; la povertà all'intorno conduce ad un atteggiamento riservato; a parlar piano, bisbigliando le inutili parole, quasi che fosse naturale in un simile luogo intendersi ad occhiate e a cenni del capo. Fuori dall'andito, dopo una loggetta e quattro gradini, appaiono le prime strade del ricovero, convergenti come in un villaggio verso la chiesa. La suora che mi accompagnava si dimost1ava gentili"ima, e m'indicava tutto quello che c'era da vedere sen1.a ricerca di e(. feuj, anzi tentando con voce piana e parole misurate di prepararmi a quello che avrei visto. Mi fissava inoltre negli occhi arditamente•come per cercare di indovinare i miei J>C:nf~ri e le mie reaZ:oni davanti aJla miseria. Il primo locale che visitammo non era molto ampio: aveva un basso soffitto a tra. vicelli: circa alla sua metà, si alzava in una specie di largo gradino protetto da un.a ringhiera scrostata. Sotto ad eua e lungo due pareti erano allineate seggioline bane e su di esse sedevano i buoni figli. Veramente, fin da prima che l'uscio si apriue avevo inteso un urlo intermittente ed inumano, fra il riso e l'abbaiare del cane, dietro alla porta chiusa ; e mi ero preparato ad uno spettacolo impressionante. Gli idioti, una trentina circa, stavano a guardarsi in faccia l'un l'altro e quando entrai, i loro occhi si volsero con1emporaneamente verso di me senza che io riuscissi a capire che cosa guardassero: se soltanto il mio aspetto esteriore od anche i miei pensieri. Poi, mi avvidi chiaramente che mi fissavano come si riguarda una cosa qualunque o un oggetto, con una mortale indifferenza, un'ombra fra tante altre. Mi sentivo agghiacciare sotto il loro sguar. do profondo e misterioso, che sembrava trapassare i muri, sotto quegli occhi .enza luce di umanità, ma inscrutabili e velati, fiui verso un punto pieno di terrore. Certi sorridevano e qualche altro aveva le gambe e le braccia imprigionale nella camicia di forza. Quello che urlava ogni mezzo minu10 era un biondo grosso, con la testa rapata in cima ad un collo lunghissimo e tutto d'un pezzo, che JCmbrava non poter articolare. Per latrare a quel modo apriva le labbra di traverso, rivelando un'incredibile sofferenza, e scopriva pochi denti radi, mentre girava gli occhi orribilmente e gli si irrigidivano le dita. Una suora lo andava accareu.ando sulla fronte: dopo l'urlo sorrideva un poco e poi ricominciava con una regolarità meccanica più paurosa del suono stesso. E non era l'unica voce, se eosl si può dire, che si a.scoltassc nella stan:r.a: che, anzi, era piena di grida e di risa soffocate, di un bisbiglio afono e continuo inavver~ tibile al primo ingresso. Gli idioti, forse, tentavano di parlare o di cantare; ma non riuscivano ad esprimere né la loro tristezza né la loro gioia: era come un penoso dialogo inespresso, lungo quanto un'intera giornata. Ma c'era anche chi non partecipava al colloquio. Poiché quelli completamente as. senti e sperduti nel loro male stavano con il viso basso e le labbra aperte, il corpo deforme che si rivelava dalle bone e dalle protuberanze del camice di rigatino. Piegandosi sulla vita, continuamente andava• no avanti e indietro, mentre gli ballavano le mani, quasi staccate dal resto del corpo e trascinantisi le braccia nel tremolio. Uno si reggeva la testa in un gesto dolorosissimo e tr.ag·co, come quello dei burattini bastonati, mentre gli piangevano gli occhi e la bocca gli rideva. Un altro stava docile sotto il barbiere, a farsi radere i mustacchi che inumanamente gli scendevano fin sotto alla bocca. In altri padìglioni stanno gli scemi epi. lettici, eternamente kgati alla loro scranna, i paraliuati che possono vedere soltanto il soffitto basso e che non muovono d,ito, gli encefalit:ci. E poi i bambini e le donne. Queste son più numerose che non gli uomini, ed abitano costruzioni più moderne e rr.egl:o aerate. In queste non stagna più nell'aria quell'orribile odore di patate calde e di chiuso che rende cosi penosa la visita alla < famiglia > dei buoni figli, e il grigio delle pareti si schiarisce in bianco. Ma lo spettacolo ~ ugualmente miserevole. Son quasi tutte vecchie orribilmente deformi. Alcune alti"ime e magre, come se del loro corpo fossero rimasti soltanto i nervi e i tendini, con uno spaventevole viso da uccellino e i capelli radi tirati sulla nuca; altre storte, con certi moncherini rosei che spuntano dalle maniche e si agitano in aria, con dei vohi ove la malattia ha impresso rughe e deformazioni incredibili. Sono i più orribili mostri che si possano non solo vedere, ma immaginare, mossi da una fanta.sia malvagia e inesauribile e pur conservanti qualche aspetto e qualche civetteria femminile. Si giunge ai loro quartieri attraverso i vialetti tortuosi di questa città: la nebbia, oltre che non coprire le brutture e:- le tristt-zzc all'intorno, aumenta il senso di ma. linconia e di isolamento, bagnando le mura lunghe e i cortili vuoti. Giardinetti con pochi alberi 1theletriti e con i prati coperti di brina stanno ai lati della strada, lavanderie fumose da cui esce un acre odore di lisciva e di sporco, cataste di legna umida. Le immagini sacre agli incroci e agli angoli degli edifici ne sono velate: ci si sente fuori dal mondo. E quello di tutti i giorni, qui dentro, si può scordare più presto che non si possa questo, una volta tornati all'aria pura. Ci si dimentica di tutto, dei pensieri più cari e delle persone che s'amano. Ogni poco, poi, bisogna attraversare un sottopassaggio buio, fra spesse pareti e inferriate, co,ne se conducesse a una camera d'eseeuz.ioni capitali. Si incontrano là sotto suore che (uggono silenz.iosamente lungo le pareti umide, e strane figure barcollanti senza voglia, che trasc.inano miserevolmente i loro piedi e che nascondono nel buio le loro deformità. Ed alla fine, non si trova il sole, ma una camerata di mostri. Magari quella degli encefalitici. La più gran parte di essi è costretta a leuo, e dalle lenzuola bianche emergono 10hanto i loro volti paurosi e i loro crani anormali: le membra si perdono sotto le coperte, impre"ionando a volta a volta per una spropositata gr-andena o per una misere\·ole deficienza. Le teste sembrano tagliate cd appoggiate in rivista sulla fila dei cuscini. Ed hanno i più strani colori: dal giallo limone al rosso, al bianco di latte. Sono forse i più brutti di tutti, se dir brutto è abbastanza, ché qui non si tratta di irregolarità o di sproporzione fra i lineamenti; ma di un'espressione e di un.i luce negli occhi che li allontana dagli uomini. Ad uno manca completamente la fronte, cd a prima vista non ci si accorge dell'anomalia che lo fa apparire ripugnante. Tutti tengono la bocca spalancata, lasciandone colare la bava: mangiano in ammaccate .scodelle di latta, alcuni imboccati dalle suore o dai compagni meno colpiti cd altri arrabattandosi con le povere mani intorno al cucchiaio di stagno. Le loro mani sono specialmente impressionanti. Hanno le dita lunghissim~ e di un color rosa anormale, con la pelle sottile <' tirata, senza muscoli né pieghe alle giunwre. Le atteggiano nelle maniere più strane, sia nei gestì consci che nel tremolio senza significato: sembrano movimenti di un'attrice caricata o di un posatore. Qualche donna può lavorare a maglia una lunghissima cal- :r.a nera che credo .erva più a far passare il tempo, che .i.d un'opera proficua. Ed ora, abituandomi sempre più allo spettacolo, mi sento come l'unico essere umano (ra queste mura; anche le monache, cosi riservate e senza alcun segno di emozione sul volto, non sembrano personaggi di questa terra. Per fortuna, la mia accompagnatrice fa di tutto per scacciarmi l'orgoglio; ma pure sento bene il sangue che mi corre per il corpo e la padronania di tutto me stesso. Intanto, comincia a far buio. File di monache vanno nella nebbia, mentre la malinconia della sera invade le camerate. Su di un gran letto, infagottato in un vecchio scialle, sta un encefalitico che mi dicono aver venticinque anni. La sua testa non è più grande dc:l mìo pugno chiuso e il suo corpo è paragonabile a quello di un piccolo bambino di due anni, gracilissimo e con le c.:lrni trasparenti. Poi ci sono le pazze, in un corridoio freddo dai finestroni sbarrati, perdutamente fisse a g'uardar fuori il paesaggio di mura rosse e di cortili umidi. Hanno ciocche di capelli grigi in disordine: una sta sepa1ata nella sua cella e sembra tranquilla. 2 una vecchia piccola che trema come di freddo, sullo sgabello basso ai piedi del muro. Non ha mai un solo istante di luciditl, e vive perdutamente sola ed inavvicinabile in un suo grigio sogno. I bambini sono i più mi,erevoli. Nelle cor1.ie a loro destinate ci sono dei veri mos1ri, di una bruttezza tanto ripugnante che quasi si comprende la dimenticanza dei genitori. Qualcuno tenta di giocare con certi rocchetti attaccati ad uno spago o con un bambolotto sgualcito; uno si diverte a sentire il fruscio della carta spiegazzata dalle sue dita maldestre e poi la mastica e la strappa con i denti: ha un viso orribilmente defo1 me, con la bocca che gli va letteralmente da un'orecchia all'altra e il naso nascosto da pieghe di carne. Quelli completamente persi si agitano a pendolo sulla tedia come i loro compagni più grandi ; non possono ,entirsi vestiti e bestialmente cercano di togliersi quello che hanno indosso, senza urlare, ma con una sofferenza lunga e nascosta ancor più penosa. C'è una bambina di sei anni, alta circa cinquanta centimetri, che sembra una scimmia. li volto è contraffatto in un'espressione furba e sospettosa, gli occhi mobili e vdati: anche i movimenti con cui s'aggrappa alla :mora infermiera e cr.n cui tenta camminare, sono quelli di una bertuccia. Si gratta furiosamente i radi capelli biondi che le stanno a raggera sul cranio. Quando improvvisamente si acccrdono le luci della casa, tutti sbattono le ciglia come pipistrelli accecati: molti, che già erano addormentati, al chiarore si alzano spaventati sulle sedie. La luce artificiale piovente dall'alto mette occhiaie profonde sui volti già orridi. Un altro piccolo sulla culla ha !'a.spetto di un maiale. Il viso è qu.ui normale; ma basta tirare le .coperte per scoprire il corpo deforme e roseo. Le mani e i piedi sono biforcuti e appuntiti, le gambe hanno le giunture simili a quelle di una bcstfa. Si potrebbe continuare a far riferimenti con animali per quasi tutti i piccoli ricoverati, anche se son caratteri che con gli anni andranno attenuandosi: uno, per esempio, fa ~nsare immediatamente a un grosso ragno. A guardarlo meglio, poi, appare quasi normale; ma ha certe movenze e certi improvvisi arresti dei •movimenti in assurde posizi~ni delle braccia e delle gambe che lo rendono inumano. Ma, del resto, è impossibile descrivere tutto quello che qui si può vedere: l'abnega:t.ione delle suore, il lavoro dei medici, le tetre figure abbandonate su di una panca o su di un gradino, il sorriso degli scemi, i gesti rapidi e nascosti con cui le pazze richiamano l'attenzione dei visitatori. Sono circa undicimila i ricoverati fra pazzi, idioti, paralilici e scrofolosi. Le corsie degli ospedali si allungano a crociera, con centinaia di letti uguali, e in ognuno di essi c'è un corpo piagato o deforme. Molti sono i ciechi e i muti, che non hanno assolutamente nien1e dell'uomo, neppure la forma del corpo, ma che vivono racchiusi in una loro impenetrabile corau.a: le camerate sen1..a luce e tristissime degli idioti si seguono l'una all'altra, con i ricoverati in lunghe file, scompoui sulle loro sedie. Vestono tutti un grembiule di tela dura e portano ~ul capo un berretto bianco: i meno colpiti layorano a schiacciare le mandorle per i dolC!eri della città. Quelli un gradino più in bano sulla scala dell'intelligenza non riescono che a separare il guscio dalla parte bianca, lavorando a tatto e senu rendersi alcun conto di quello che fanno. Ma approssimandosi l'ora del riposo lo spettacolo si fa più triste. Le suore tornate dalla cappella rimettono a letto coloro che si erano potuti ah.are, tolgono i grembiuli di rigatino rivelando corpi deformi infagottati in maglie di lana. Le file lunghe dei mala1i salgono disordinatamente le scale strette e male illumìnatc, mentre i cronici fanno scn1irc il lamento delle ore serali. Cresce Ja febbre e le corsie gelide son ri1<:aldate dal fiato delle gole malate. Non rimane che uscire alla ~velia fuori dall'ospizio, nelle vie lunghe e nebbiose che pare non debbano mai finire, sotto le file diritte di lampioni uguali. MARCO CESARINI QUESTA è la marca della vera Lwand.a.~ C ,rag,011t• COMO il fior•> • Distilloto con procedimento nuovo dolle sommità fiorite e scelte dello piento elpine, le Coldinovo è lo solo che riproduce e perfezione l'odore fresco e vivace del fiore. l richiemo di pulito e di sono, poesie di profumo per le biencherie, igiene deliziosa per le toelette e il begno. Leggete ed abbonatevi ad "Annabella" centesimi 60 In tutte Je edicole È use do: CAPITOLI PER UNA .STORIA DELLA NO.STRA PRO.SA D'ARTE A cura cli ENRICO FALQUl Coi vocabolo capilo/i .s'è voluto indicare tutta la vivida .Go.ritura di componimenti, dal poemetto in prosa all'elz.e.viro, attraver.so il .saggio, il capriccio, lo scherzo, la fantasia, l'idillio, il .sogno, la favola, ecc., liberamente ma accortamente e.spres.sa secondo le molte e.sigenze e variazioni della "prosa d'arte". E qui se ne presenta e.semplato lo svolgimento qual è venuto configurando.si ai no.stri occhi, nel primo tratto del .secolo, da d'Annunzio a oggi. Opera, dunque, attuali.s.sima. Che non ha nulla da spartire con le .solite antologie e che ancora meno .si risolve in una raccolta di frammenti. Comprende quarantanove au;tori, dando inoltr-'e di ognuno un'esatta notizia hio-hihliograflca. E la prima valida te.stimonianu di un .sicuro primato italiano. L. es PA N o RA M A e A s A E D ITRI e E I TAL I AN A s. A. ROMA, V;a Veneto 1011 - MILANO, V;a De Togn; 25 Abbonamenti p ril 1939allepiùdllluspeubblicazioni OMNIBUS: :j~~ndi":~n 1 J~ 0 ',~:!~t~~ k~:: coi>-di pohlicN, lelleratura, •toria. economia, arte. teatro. nmda, cinema, ere.; "0mnibo, .. ~ la l(rande rivclu1one aiornalialica del Hl38 f) co~11itui1ceun raro esempio di ,h•aciti f~~t::~ 1 ~l~gr~h::•arrn"~u~~~li~•o,t~ 1 r~ AbboNom. - llolio e Colottie: OlltlMO l~. 4i, .em. L. :,·l. E,tero: OttHlf(I L. 70, Mm. L. 36 LADONNA~:~~~/ 1~~ 0 ~.f:~:~: 8:~ 1 ~i~~; eccHionale 11rt-lladi modtlli ~r osr11l<N.:caaionf' e per tulle lf' e•ig-en;r;e. I.a 1ooda vi è ~i;;'~~':~:~a,~~a;ìi'::;O~f'~ft~lT!:~i~-,~~,i~ arredarnento della c.ua. eucina, allM·amcnlo ed edueuione del bambini, cure d'il,dene e di belleua, curio1it• della vit11 femminile, \'lrleU1, ~uoehi, ecc. Un numero co.!-la L. t; ,lbboHCH", - Uo/io e Cokl11ie: tm,utO L. <118, um. L. 23. &Uro: 011NW.O L. 60, ""'· I,,, SI BERTOLDO: ~i,;i~ 1m:,;!~r d\s~~~~~~in: ecrittorl, Olrni nu111erop~,enla, ani,me ai commenti acan;r;onali dei pii! tipici u•veniroenti del 11-iorno, un grurpo di rnlirlche oil11r1nti, Un numero ro-,a cente•imi 40 Al>bo110,". • ltC11ia e Colonie: t111"Ho f.,. 36, •etN. L. 18, E,Uro: OKMW.O I.,. 70, sem. L. SG NOVELLA: ~:~~.,i~~~:~r ni~~e)!'~~~1 ~::~! Hl no\·elle d'au1ore, fotoarafle di ciMma, un Jtande roman10 illuetr•lo • pun1111e, ~~1s:::~~~ ft:i 111 ~u!~r~u:!i1:e~°ent;;~~niito"J Abbonom. • llol{a e Colo11i,.: (ornHO L. :l•. 1M". L. 13. R,uro, a11 .... o L. •s, n,,.. l,. 26 belleua, lt•tro e cin,.n1a. laTori. cuc:in•, economia dome~tica, educadone fl1ica, ecc. Settim•nale. t;n numero co111ta c,•nluimi 60 Abbo11om. - Un/io e Colonie; o"""° L. 2•. "'"· L. 13. E,tero; OMlll40 1,. <118, HIH, l.,, 'l6 CINEMA: r:·:~e\'~::~~l~ t0~~:~fl~~ 1 ~r:ir:'i prohl,.mi tecnici, f".!-lelici.culturali, eeonon,1ci, educati\·i, eec., del cinemato1rraro. E' !a O':"i'fr;:i'::,1: :i'di'f,";~~~::": ~!~,~e"~~ Abbo"u"'· - Italia e Colonie· ''"KMO L. 40, .... ,. L. iì. B,Uro: oMnHo L. 60, u'". f.,. 80 SCENARIO· 11:rande rivi111a m,n1ile dlr,.t- (CONCIDIA•) ~~:i~~ 01 !u~eri,Pii~1é~:!fi~ traila diffoHme11te di probltnii catelicl cd econon1iel della Kena, 1i occupi&di dra01ma, ;~~~·it;c~l~:~•òa~in,-:,·c,~~1~ 0 0'~,~:~rauo:~ commedia inedita. Un numero co■ta L. :S Abbono," - Uolio e ColoHie: n11"MO L. 30. ""'· .L. 16. E,t~ro: à11111«> L. ,o,""'· L. 21 CINEMA ILLUSTRAZIONE: :•.,;f/~,,':);~ lejlna del mo•imento elne1naloirafloo: prim1rie. indi~crnioni, ron1anrl. concor11l, f'ee. Seltimanale. Gn nuniero coMa een1ulml 60 JlbooHOffl, • ltolio e Cok111ie; 011"140 r... ,u. lem. L. 13, E,Uro: 011""° L. 48, 1tt1t. L. X4 CINEILLUSTRATO: ~;:~~'i~rid't·'!u:!N,ii ~~~~ti!~~ 0 r:~~: ,ae 11t~~~~f.n~\ ~::~~1•:i~ 0~1 phl largo ,ucceu,o, Un numero cen1e■in1I 60 Abbo,iom. - ltolio , ColoHlfl: 0"11140 L. X4, ""•· L. 18. &lero: 011,i140 L. 48, 1tt11, [,, 26
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