( ILSORCIO NELVIOLINO) ~~~w~ I '.-\LTRA sera, a proposito di quc• l(Q -.t'opera, abbi:lmO 1;cntito parlare di \Val{ncr e di Strams, come se Lo Na1..·, non f~ che una cata.st.1 di roba acqui,tjta abu:,ivamcnte, e m~- -.a in liquidazione. t.. vero che in molti casi di opere nuove le circostanze son quei.te, ma ,tavolu, però, la co.. a. ci jcmbra di- ' crs.a: e non ci sentiamo proprio affatto la ve><;li.1di porre il sequestro su la mmica di ~tontcmelzÌ. Abbi.uno a~coltato con grandi:t'iima attenzione q_ucst'opcra ,critta trcnt',mni fa e qui c1 pare tratt.u·~ di quella assimilazione autoriu.11.1 e convinta che vuol già dire potcn2.,. .Molti maestri che vanno per la maggiore, hanno fatto altrl'ttJnto e talvolta, anzi, con più eclettismo e con indiscrcnonc più spinta. Montcrnl'Cli è un mu\icista e un uomo di tc.1110, \ i par poco? La sua mu- '-Ìca ci h,i riempito i polmoni, e non lL.lremo qui a lc),inarc. Le qualità proprie ai dominatori di orizzonti tl',\tr.1li sono le i,ue. 11 )UO htrumcnt,,lc ondeggia dhtcso e regolare entro un bacino V<htoJ capace e profondo; freme la spuma rabbi~1 degli archi alla superficie: c'è in quc,ta ,.\ ave del titanismo \\ ,tgncriano, sì, ma imito nell.1 1l.ltura del nostro compo• l,~tore. E il 'tuo ordine è pieno di spaL.10. La sua Jnnonia si spiega a caten3, Jmpia e magnifica, intorno al dr .un. ma. Tutto è musicale in questo organi~mo, dalle basi alla cima. Monte• mezzi sa ~pcgncre i clamori istrumentali e inab...i.re nella luce la voce um.1n:.1 che canta i sa far groppo delle dissonanze, e scioglierlo senza scompiglio in tregue sonotc opportune. Costrui~e e dilaga in orchestra e sulla scena corale, arbitro dalla lunga mano. Montemezzi ~rive ciò che sente : e sente in grande, con giu5tizia e verità. L1 materia tematica è un po' generica, ma laboriosa.mente legata. li profilarsi dea motivi app.tre nell'ora nc- <'~ria. Non c'è nella su..t opera qu.i- ,..j nulla di \Compagnato. il suo calore vi ha ridotto ogni elemento di fusione. E questo è il segno sicuro di una personalità che unisce la pratica alla intelligcnz..1. Talvolta la sua mu<.ica è d'una !iÌmmc-tri.1 un po' stanca, un po' meccaniz.tatl; ma M>no ombre che servono alla luce. E qualche zona sorda passa ~nza n ,.xcre all'architettum generale: ben presto il commento orchestrale rifluisce dirottanwntc intorno alle voci che ne .sono il nucleo. Le scene d'amore gli ric:,eono a mer,wi~lia: buon segno. Il tono giuoca allora, in un'atmo ...fera un po' sfatta, la sua cart.i di sortilegio: prostrazione della voluttà, lassitudine del corpo, i,;;tante delle bocche che non si po'50• no più stacca.re, risvegli attoniti e >tronchi, quando gli occhi han le traveggole, e, la natura e le CCKchan l'aria di un teatro mutante, quando la no- <tra fantasia_ stri"Kiando ~ulla seta dei cieli notturni, s'infuoca e ,;;prizza scintJlle. 11 finale intero del primo e quello del "-Ccondo atto non si ¼'rivono se non >i h.a del talento. E durante tutto il re11todell'opera la musica rc,;;ta in piedi. ~razie alla gr.rndc abilità del compo- \1torc veronese. :--:on abbi.tmo onnai il trmpo di fare un l'Qmt- più ripo~.Ho dcll'~Ulione di que,ta Naue, che <'bbc interpr<•t1 frdcli e intelligenti sotto ogni ril{U,udo ~o CO:\lf~CIATO anch'io con un hU bro dt versi•. ml disse, una sera. un mao artllco che, fra l'altro, si dcd1ca anche alla letteratura: • Adesso, naturalmente, vorrei non averlo pubblicato. E non perch~ siano vera, brutu, ma per il modo come li ho fattt 11ampare ,. Ch1es1cosa c1 fosse d, speciale in qucll'ediz1one. • Le solne cose,, ma rispose: • Anche oggi, libri d1 quel genere se ne vedono molti, ed 10 non ho seguito una via diversa da quelle degli altri. Dopo il 1rad1z1onalemsucccsso con le grandi cu-c, trovai, negli avvisi economici del giornale, l'annunzio d1 una nuova casa editrice che cercava g1ov3ni scrittori per ••valoriz. zarli". Fu così che conobbi Saggi. • La sua "Artemide Editrice" non aveva, neanche a prima vista, un aspetto molto solenne· e anzi non aveva neanche una sede propria, ma un paio d, camere in un edificio del centro, quasi tutto adibito ad uffici, stud1 d1 rappresentanze e sartorie. Dalla prima stanza, dove un fattorino cd una dattilografa si tenevano compagnia, 11 passava nella seconda: là, dietro ad una scrivania carica d, libri, riviste e bozze di stampa, col telefono a portata di mano, Baggi cercava di convincerci d'essere un grande editore. Del resto, eravamo nel 1923, e imprese d1 quel genere, che s1 occupavano di molte cose, ce n'erano parecchie. Baggi era affettuoso e manesco: mi fece il discorso che ripeteva, più o meno, a tutti, si proclamò felice di aver letto I miei veni, disse ch'erano senz'altro destinati al successo. Soltanto, date le d,f. ficohà del momento, era costretto a chiedermi di contribuire alle &pese di cdmonc: m1llccinqueccnto hre, oppure cinquecento e cento prenotazioni del volume. Se tale cifra mi sembrava troppo forte avrei poruto, con s~sa molto minore, essere ammesso con tre liriche, cenni biografici e mratto, nell'antolog1a Lampi di gi01.1tnlù, raccolta di poeu mediti contemporanei, ch'egli stava preparando. "Prezzi che non mi lasciano nessun margine", disse, sospirando, "ma, che volete, ho fiducia nell'arte dei giovani". 11 pilastro di questa fortunata edi7Ìc,ne fu ~nz.i dubbio il mJC<itro Tullio S<-r.tfin, chr )i dà. sempre con pa.,-.ione, anima e corpo, al suo teatro i che ,:a ¾'mprc alla p.1ri coi lavori di prima gr.indezz.a. Egli trovò ne-lb Naue un po-,to perfettamente ,i;uo, e fu supt.•· riore ad ogni elogio po,)ibilc. Si può dire che SerJfin, l'altra vr.1, h.i \pezzato in pro di Montem,.zzi la \UiJ. più bella lancia: Dio gliene rt·nda merito. Suoi valoro,,;i compagni fu. rono nel ,uc:.cc<.'iOincontra~tato Gina Cigna, il magnifico tenore Civil, il h,1,so Bocuf dall'accento acre e poten• tr, il baritono Basiola e gli altri tutti che varrebbe la pena almc-no di ri- ,ordare. Fecero bc:m• anche i cori, e le <cene t· 1 CO'itumi di Oppo furon degni del grande itp<'ttacolo. L'orche,tra fece prodigi, e l'(•'tito della serata fu lietissimo: il te.:uro imponente, gremito di puhblico, volle decretare con §Olcnnità a Italo .!\lontcmczzi e ai )Uoi intn• preti il sue-cc. \O fcnno, pieno e quadr.i.to dell'acclamazion{' romana. BRUNO BARILLI • Per fortuna, m'ero riconciliato da poco con mio z,o, quello che ha tre case m Borgo, e mi fu facile ottenere da lui 1 soldi, scnu far prenotazioni. Con Baggi discutemmo delle solite cose, del "corpo", della tiratura, ddla copemna, poi 11mio libro u.scl, e fu il 110l1to10succe110. Copie non se ne vendettero, e non so come se ne sarebbero potute vendere, d:uo che nessuna libreria ne volle, e recensioni, cosa sulla quale contavo molto, ne vennero solo da a!cuni acuamanali delle provmc1c del Meridionale. Ma po1chc5,nel frattempo, m'ero convinto d'essere un narratore, la cosa fini per non deludermi nemmeno troppo. Con Bagg1 restammo amici, an1.1, più tempo passava, più trovavo m lui delle qualità interessanti. Era un uomo d1 mezza ètà, e credo che, prima dt fondare I' "Artemide", avesse fatto 11 rtpprcscntantc, e forse l11mbon1tore di p1uza: certo però che a\'e\'2 un'1ntuiz10• ne straordinaria per quelli che lui ch••- mava "gli affari". Con i giovani poc:t, sapeva trattare, ma il suo maggior successo era con I profeuori in pensione e o•NIBUS IL lU.LATO llU(J.OINARIO le persone anziane, che avevano nel cassetto, da molti anni, un poema giovanile o uno ttudio storico sulla cìttà natale. Con tre o quattro tipografie di terz'ord1ne che lavoravano quasi 1lla macchia, Baggi pubblicava ogni mese qualche volume. Ve. dcndo le 1mpressionant1 quanmà dì "Edizioni Artcm.ide" che venivano pcnocticamcntc vendute come carta straccia, senza nemmeno essere state tolte dai pacchi del tipografo, pensavo che Baggi sarebbe finito presto in galcn: ma lui era tranqu1ll0, anzi, cercava d, dimostranru come la sua atu\·ità fosse benefica per le lettere. Se propno la cosc1erua lo rimproverava, la faceva star zitta regalando all'autore un maggior numero di copie di quelle previste dal contratto. "Siamo in cosl pochi a lavorare onestamente!" mi diceva. "Tempo fa, ne hanno messo dentro uno che, tutte le mattmc, andava allo Stato Civile a prender l'elenco dei morti del giorno prima, e poi tpediva loro dei libn contro assegno: in genere, il pacco arnv.1va durante i funerali, e c'era tempre qualcuno che, nel disordine, pagava per ritirare quei libri 10d1rinat1 al defunto". Ma, da come lo diceva, temo che Bagg1 si rammaricasse di non aver pensato prima a un 11m1lecampo da sfruttare. • Le prenotazioni, erano il suo pensiero più grande. Un altro poeta, della mia stessa età e tipo, gli aveva portato, assieme all'anticipo, un centinaio di schede, fatte firmare, chi sa con quali raggiri, da amica e conoscenti. Bagg1 ave\'& spedilo le copie per posta, in assegno, ma eran tornate 1nd1ctro quasi t·uttc. "Gente che non fa onore ai propri impegni!" aveva esclamato con disgu&to, quando il mucchio delle rese era divenuto imponente. "),la adesso ci penso io. Anzi, comincio subuo", e, scelte alcune schede e I libn relativi, aveva detto al fattorino d1 prender tutto e di seguirlo. • Quel g10rno non avc\•O niente da fare, e lo accompagnai, curioso di vedere un altro ramo dell'attività editoriale. Iniziammo il giro dalla ca.. d1 un signore brizzolato, piuttosto elegante: venne ad aprirci lui, e non parve comprendere quel che volevamo. "Signore, voi avete firmato questa prcnolazionc", disse Saggi. "Già, mc l'ha data il figlio di Antonio, dicendo che mi avrebbe fatto anrc 11 suo libro". "Perfettamente", confermò Baggi, sereno. "Ecco il volume, costa dicci lire". L'altro apparve irritato, ma pagò senza dir nulla. "t. cominciata bene", mi confidò l'editore, allegro, mentre scendevamo le scale. 11 secondo prcnotalorc non era in casa: venne ad apnrci la madre, una donn~ dall'aspetto umile, che certo stava facendo pulizia. Volle, a tutti i costi, che c1 fermassimo un momento in salotto, e sembrò dolorosamente meravigliata d1 quan<o Saggi le chiedeva. "Non so, non so", disse, "mio figho non è 1n casa, sapete bene, è andato a spasso con gli amici. Lui potrebbe spiegarvi". L'editore osservò che tutto era chiaro. "Si è impegnato a comperare un libro, ha firmato una carta?" chiese la povera donna. "Sarà almeno un libro d1 scuola?". "Certo, certo", disse Bagg,, contento della piega che prendeta il discorso: "l,;n libro che gli insegnerà a scriver bene, a far dei bei temi". "Allo~ upcttate un momento", mormorò l'ahra, e di Il a poco ritornò col borselltno in mano. • Ma a casa del terzo, le cose andarono diversamente: trovammo il firmatario, un ragazutto amico del poeta, m• Baggi comprese subito che, quello Il, d1cc1 lire in tasca non le aveva. "Abbiate la cortesia di attendere", ci disse, diventando pallido e lasciandoci in piedi in anticamera: dopo poco sentimmo una voce furibonda, e arrivò un uomo grosso e irato, in m,mu:he d1 c-Jmic1a... Cos'è questa storia delle dicci hrd" gridò, "chi siete per venirmi a chiedere dei soldi a mc?". Baggi cercò di spiegare con calma, ma, visto che l'altro si infuriava ancora di più, 11mise a urlare anche lui. "Vostro figlio ha firmato un atto che ha 11 valore di scrittura privata!" gridò, "e adesso è obbligato a pagarci". "Mio figlio è minorenne", gridò l'altro, "e qui ci sono gli estremi per una denunzia per truffa". ..Badate a quel che dite! Ho dei testimoni, e vi posso far citare per ingiurie". .. Fuori! Fuori di casa mia", smaniò l'uomo grasso, congestionato, e, a quelle dieci lire, Baggi capl di dover rinunziare. Discese le scale fra le occhiate 1ncu.riositc degli inquilini: "t pazzo,~ pazzo, ma se ne pentirà", minacciò col portiere. • "Cosa mai deve fare uno per prendere i suoi soldi!" m1 disse Baggi, quando si fu calmato. Tra mc, ringraziavo d1 tutto cuore mio zio, che mi aveva evitato una avventura simile, e rinunziai a continuare il_giro. Negli anm seguenti, ho perso di vista Saggi, ma spero che delle "Edizioni Artemide" non sia rimasto più niente. I tempi son cambiati, per fortuna, e certe cose credo non succedano più, almeno con le prenotazioni ,. MASSIMO ALBERINI ~2&::\a DEL VANTAGGIO P1SSANDO 01ni tiorno per La,10 A,- 1entina, abbio2mo 01sistito al lento, m,2 s1oro procedere d1 uno e-ordeolotio • clu s1 i u11uto man mono /obb,ico11do JOlro 1 nostra octlti. Dotie fino o pochi mesi /o appani,ano ruderi dis11m1not1 s,n(o,d1nc sullo teno incolta, 011i powomo amm110,e colonne r.ddriuatc, 1,odini allineati, /q111oture e 1p1ou1 di 1h1oia ben 1ncatromato, comt Susa nelle ouloJtrade. I ruderi di Roma non sono più obbondonot1 al muul110 r,ude dell'umidità, tam, nelfr inci,io11i del '600, anch'essi o,a sono . npul1ti., , ben dispo1t1 ne, punti più "''1'11,1 , più 11por<"ti.Se il 1usto or• cheolo1,,o di P11on,sj /11 quello di losc1o2re tJlle ontuh,tà romtJne il piacer, di vii,ere ce:'n l'um1d1tà, l'intonaco, i ufri , il popolo d, Roma, 11 duoro ortheolotito d'o11i, al controno, _u1ue I modesti crileti d• quel 11ard1r1a1110che u1olo l'estetico delle pi,. cole JIOllOni. NON riamo, come molti credo,so, ,semiti del e nuot·o > o del e mod'1no • tutt'ol1ro, mo i ehe fin qui non li ui110, 1n lutto Romn_, un ed1{ic10a c..-1 re1alore quei due 011e11111i.Tuuo quel de 011i /uso d1omo,e •modano> nd campo dell'o,cl,,1. Utluro non è che il frutto di uno 1dil1lia di1tro1to, 101,ernato dolio spuulolione, e lo spuulo(1one, come 01n11n so, po1110 su due colonn, lo fretto e l',eonomia Afa p" masch,rort tulto ciò, le uane diue di costrull0nt hanno JUtftrllO 01 fio,nali c,ttad1ni, ol'4 e siompo •• ch'i urnp,e lo COntJllite di 01ni catt1to impresa ed1l1l10, /tanno n,,,e. nto che l'arch•tetlura o,moi non ho altro J~opo de l'utilità Ed i .oer qucsla rot•0 ne ehe, per fa, passare un ltam, 11 abbatte un palauo. MASSIMINO (Fot, Omnlb11• ~ rANNO appollaiate come galline sulla ~ paglia, con le gonne larghe, sedute 1u piccoli scannetti: una mano respinge e attira la ca.rron:.ina, con un breve movimento, per addomu·n1are ì1 bambino; larghe (asce lucide celesti, rosse, adornano le gonne a crinolina sulle gambe; e i coralli 1plcndono !ul petto. Una si alza e con un viso fiero e docile spinge via la carron..ina, si distacca dal gruppo per andarxne. Nel viale cammina con le spalle dirine; il suo vi&o ~ già pieno di rughe giovani: un viso che nessuna donna di cinà po11icdc. Una ,ignora ne inttrroga una td e»a ri. sponde in un italiano pacato, pieno di dolci cadenu • l'italiano delle ba.lie. Mi fermo a e Sf'ntire>: cadenze una voha rarniliari; consuetudini immutevoli. t domenica. de11':i~:::gne~e;;:ì::~ s:e!hf~m:~:rit~10 :nba~ Thano, di Santa Maria Capua Veterc. Si peuinava quattro volte l'anno. Sulla minuscola treccia oleata, d'un bianco verdognolo, appuntava un piccolo pettine a tre denti. Era di statura piccola e di animo autoritario, ogni tanto rideva e-Mamm~. quando ti pettini? > le chiedevamo. e A Pasqua, all'A.uunta, a Natale e Capodanno•• ri- ,pondeva In dono portava pupan.e di prugne e di fichi secchi. Se la tiravamo per le gonna si irritava. Non portava mutande; a...eva consuetudini pratiche e animalesche. I bambini da lei allevati, a casa sua, erano nutriti preuo con fagioli e salsicce. Una volta che la. sua zuppa fu irrora1a, per un usurdo ca.10, dal bambino, essa la mangiò lo nesso: perché « era acqua santa >. Alle nutrici dei miei ultimi fratt'lli sbrigavo la corrispondenza, la sera, dopo pranw. ~{,.ria, con l'occhio lc:-ggermente11r1.bico(era di Pietra Stornina) cominciava a dettare la lettera per il marito geloso. Le le11ere dei mariti cominciavano cosl: e-Io 110 bene come spero 1entirc di te ». e fini\'ano: e non ahro a dirti •· Qualche voha le leuere con1enev•no .10lu.n10 queste frasi, elencando tuttr le persone di famiglia che navano bene. La mia nutrice aHva occhi e dcnli selvaggi. Quando da grande mi mettevo fra le sue braccia mi stnti,·o conM>lata.Una volta mi dine che e spuso tutte le cose le sembravano finte>. Er-a scontenta e vole\·a an• darsene chi sa dr)\lr, e invece ricominciava tuuo come scmprr. Dava coraggio a tutti in famiglia. Di solito, appariva dignitosamente venale e di1pos1a a guardare uomini e cose ~on ahengia Il fi~lio era biondo e gr~ilc; 1 mi.ci fratelli di latt" tono riusciti inquieti, pau1onali e poi st•nchi: e le co1c sono apparse loro abbastanza finte >, dictva la balia I mariti delle balie emigravano facilrnente in America j qualcuno non t più tornato. Cono,c_ouna di quf'ste donne abbandon:ue; t wrda per i e-dolori patiti • e ancora si dondola sulle gambe, legnosa e folle, nell'abituale movimento, una volta aa:graziato, della b.ilia con il bambino tra lc braccia I giardini pubblici JOno pieni di marinai aviatori,. soldati bassi con i guanti, di foll~ m111a,d1 balie all'anuca, ma srnza più il ~e1tinc dorato_con il nastro a coda, di balie moderne, suters, schwtJtun Una quantità di bambini con la pelle abbronzata e ~li occhi chiari. Comincia a JOffiare un vento di ~irocco: spinge via le foglie e quc:-llichc non hanno più nit>ntc in comune con le balit' e la truppa. ANNA R. FILANGIERI ( PALCHETTI ROMANI ) ®~®00 'ì.t 'J ARTE, come nel resto, siamo parti• lL g1anì del sistema indiretto. Come i difetti dt una pittura sono nvelau dallo specchio, cosl la qualità d1 uno spettacolo noi la deduciamo dall'aspctt0 della sala. D'ora innanzi chiederemo il permesso di sederci con le spalle al palcoscenico. Il pubblico, che aeurnum mobile! A parte i crmci, che sono sempre gli stessi, e d1 cui a ogni pnma 1101seguiamo con rinnovato piacere le gravi e senos~ manovre, i loro conciliaboli da pinguini, i loro bisbigliati accordi sul giudizio da dare l'indomani; a parte alcuni 1ndefin1b1li personaggi che, sebbene sciolti da ogni dovere profcss1onale, frcquenrano 1 teatri èon un'assiduità meno giusuficata dall'amore dell'arte che dalla schizofrenia, ogni teatro, ogni compagnia, ogni autore, ogni attore, hanno il proprio pubblico. Ma perchl nei manifesti dell'Eliseo è scntto ., aerata famigliare• con la g? Così, quelle donne senza gambe e quep:li uomini con una fetta d, prosciutto sulla faccia che vedemmo all'Eliseo la sera m cui \Jaria :\ldato interpretò la Nmtica d1 Dano Niccodcmi, noi non h abbiamo più veduu e probabilmente non li vedremo mai più. Ma rivedremo forse gli strani personaggi che, nel medesimo teatro, vedemmo 1a sera del zo corrente? Quella sera, personaggi mai visti prima d'allora salivano gravemente lo scalone dell'Eliseo. Predominavano le barbe: bar• be a carciofino e barbe alla :'\-lazzini, bar• be da caprone giovine e barbe da caprone vecchio. Poche le facce glabre e molti 1 baffi, quasi tutti a spa.zzohno per i denu. Quei personaggi avevano l'aspetto impettito degli ufficiali a riposo. Alcuni fu. mavano il virginia, il virginia che si ac• cende alla fiamma della pagliuzza, il vec• ch10 virgini• parlamentare, fratello magro del minghett1 e comp•gno mscpanb1lc delle poime legislature del regno. Anche se non cc lo avesse detto il manifesto, avremmo capito lo stesso ch'era alle viste una ripresa di Giuseppe Giacosa. Gianduja divideva gli onori del pro• gramma con Robcno Bracco: mono il pnmo, ridotto 11secondo a una vecchiaia scontrosa e solitaria. Erano annunciati I diritti dtll'o.nima di Giuseppe Giacosa, e L'infrdtle d, Roberto Bracco. In nuncanz.a di altn insegna.menti, J diritti dell'anima insegnano questo, che la borghesia italiana formatasi 10 seguito alla formazione del regno, manc11va di quel peso, di quella gravità, di quell'egoismo, di quella durezza, di quell'avarizia, di qucUJt cattiveria, di quel scnumento dei doveri animali che sono le fondamentali qualità d1 ogni borghe1ia degna d1 tal nome, ed era incapace perciò d1 esprimere dal proprio seno una rappresentazione di se stessa, ossia un romanzo e un teatro. Soliti effetti delle situazioni nate non per vinù spontanea, ma per mimeusmo o come d1n. per scimmiottatura. I contrasti d1 questa borghesia di pasta• frolla vorrebbero commuoverci e farci pensare, ma non riescono mvece che a farci ridere e toprattutto ad annoiarci. Che idea di trarre questa commedia dal repcnorio delle filodramm,tiche ove onestamente riposava, portare m un teatro a pagamento questi squarci di retorica giandujcsca, con cui gli allievi delle scuole d1 recitazione s1producono nei.saggi finali? Nei momenti più drammatici fa capoImo 11faccione barbuto dell'autore, quella faccia da mangiatore d1 fond11ta e da bevitore di frè,sa, cui non manca che una pipa in bocca e una ramazza tra le braccia, per d1\·en1arc un bamboccio d1 neve. La goffaggine di questi Diriltl dtll'anima t accresciuta da certo suo 1bsemsmo da bag11a càuda, che vorrebbe trascinarci nei meandri della apiritualità e dell'introspez1onc. Povero Giacosa I Meglio quando collaborava con lllica al libretto della Tosca. La signorina Rina Morelli è attrice fine e intelligente; ma con un vist tto puntuto da uccellino delle Isole e due gambette da trampoliere, come rendere suadente una parte di Nora piemontese? Più appaesato nel per»onaggio di Piolo che in quello di Buffone della Dodiusima notte, Gino Cervi seppe trovare, ne"II schianti della gelosia, degli accenti da Otello della Vii d'Aosta. :\teno infelice della commedia di Giacosa, l,'in/tddt d1 Roberto Bracco si ascolta con piacere, e, diversamente dalla febbre tifoidea, passa senza lasciare tracce. Molto elegante la signora Andreina Pagnani nella ,parte della contena Sangiorgì, ma un po molle la sua rec1taz-10nc e come influenzata dal tempo piovoso. Ottimo Carlo Ninchi nella parte di Silvio Sangiorgi, m_atroppo preoccupato di non rompere i ninnoli nel salotto della contusa sua moghe. In gran progresso Paolo Stoppa nella parte di Gino R,cciardt e così vera la sua intcrpretu1one del gio. vane gagà, che per convincer-se.ne bastava guardarsi in giro. In mancanza dt pensieri profondi, abbiamo trovato nell'ln/tddt un giudizio mu11calc che condividiamo pienamente. Questo: quando dknno la Gioconda a teatro, è meglio rimanersene a casa. ALBERTO SAVINIO LEO LO~GANESl - Direttore rt1ponsabllt rr .. pdf!~ •rt1•11c• f ltntr.ar,a ,,., , , ..u Rl77.0LI &· C \., P'(r l',\r1, d.·11• ',umv• \hla"° Rll'ROOUZIO!'l-1 C\I <,Ul"l6 CON ~l,HERli\l.ll. ~-oTou• H'I' n • HilOUNIA •.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==