Omnibus - anno II - n.51 - 17 dicembre 1938

IL SOFM DELLE musE !ti,, fìlfllill\ l\ f~yflf 11.ll~lJ\wII~IL!t ! ..;{" 111è d~ntro è dentro•. gridava, la ~ sera, 1I gabellotto di Alghero, salito su una torre, prima di chiudere le porte della città, e Pancrazi con quell'aneddoto chiude l'avvertenza alla sua scelta di Racco11tie novelle del/' '800 (Sansoni, Firenze): una storia della nostra arte narrativa fatta per esempi, da Grossi a O' Annunzio, materia in tomo a cui non poco Croce, Albe,tazzi, Russo e Pancrazi stesso hanno lavorato, in saggi cr-itici, in ritratti letterari, in appunti bibliograficì. È questa antologia la storia d'una parte della nostra letteratura svoltasi dopo Manzoni e sotto le insegne di lui nella seconda metà del secolo scorso. Oggi il lettore può, tornando a leggere quegli scrittori, divertirsi o annoiarsi secondo l'umore. Ché quelli che cercano nell'arte narrativa l'ombra d'un passato recente avranno da divertirsi leggendo i nostri vecchi narratori; mentre gli altri che chiedono ai romanzieri caratteri vivi e poetici, avranno forse una delusione. :\1a se poi il lettore amerà esempi di probità letteraria e morale, allora non potrà che trovare consollnti soddisfacimenti. In queste raccolte di prose ottocentesche, c'è un bel ritratto di vita italiana: sia nei romanzieri maggiori come Verga e la Serao, sia negli scrittori d'indole più letteraria come Bandi, Abba, Martini. Chi si ricorda intanto d'un'altra antologia ottocentesca di Pancrazi, quella dei toscani, troverà nella nuova scelta la mancanza di scrittori divertenti come Pelosini e Nieri; ma si capisce subito come in una antologia che non voglia essere regionale ma italiana, un troppo dì Toscana avrebbe messo in sospetto. E inoltre poteva condurre fuori del vero. Anzi il tenore farà presto ad avvedersi come, verso la seconda metà del volume, improvvisamente appaiano nel racconto italiano umori che avanti parevano contrari, ostili all'andamento del nostro stile narrativo. Gli scrittori toscani, dal Collodi (di cui in questo volume sono pagine che hanno il segno delle sue doti di prosatore e di certo suo dilettantismo di narratore) al Fucini, al Pracesi (che certo, come Pancrazi afferma, mostra d'essere dei narratori toscani del suo tempo il più serio, il più convinto), paiono voler conservare una signorilità nel dipingerci le cose del mondo che spesso finisce col deludere. Si direbbero sempre pronti al bell'effetto narrativo, alla pagina densa, e poi invece sono abili nell'evitarla per un ritegno d'animo sct:ttico, poc.o volonteroso. La vivezza dura un attimo in essi, e poi tutto si risolve in una bonaria caricatura, in un piacevole aneddoto. Tanto che, in questa antologia. appaiono meglio in veste di raccontatori che di novellieri. L'antologia di Pancrazi s'intitola a novelle e racconti; e se una differenza v'è fra i due generi di composizione narrativa, sia essa pure una sfumatura, crediamo p . ..>prio la accertino i narratori toscani del!' 'Soo. C'era in essi un ritegno davanti ai caratteri e alle situazioni reali per cui l'osservazione diventava lieve, senza insistenze. Scrittori come quelli erano condotti o al racconto di cose viste, all'abile cronaca; o addirittura all'aneddoto piacevole. Fucini soltanto forse parve chiedere di più alla parola: e cioè il dire rutto presto e bene. Non piacevano a questo scrittore l'insistenza e l'indugio nel descrivere un cai-attere o un sentimento, che invece tanto piacciono ai novellieri di caratteri e sentimenti. Voleva l'aggettivo esatto, simile al segno vigoroso che in alcune pitture vale più del colore. E vi arrivava di rado. La nativa inclinazione a una prosa attica, concisa, lo I. ~--- ODOVICO I di Baviera era sceso ~ per Ja prima volta in Italia nel novembre del 18o4. L'aveva ac1.:ompa.i{nato Kirschbaum, che divideva con Sambuga l'alto compito di educare e di istruire il Kronprinz senza riuscire a conquistarhe la simpatia e l'affetto. • In Italia fini per sfuggirgli del tutto di mano questo giovane, già ubriaco di un romantico enrusiasmo per l'amore, la libertà, l'arte e la natura• (r). Se ne andava in giro solo, si sceglieva comitive che a Kirschbaum poco andavano a genio; a Venezia passeggiava al braccio della signora Artemisia (una delle tante , donne perdute• nelle cui mani era cadutò Lodovico, • perdendo salute, danaro e reputazione•); a Napoli voleva a tutti i costi finire dentro il cratere del Vesuvio; a Firenze e a Roma comprava oggetti d'arte come • un amateur furieux •, non badando a spese e senza ~ent1re il parere di Kirschbaum; dovunque mancava alle più elementari regole di etichetta e offendeva in tutti i modi « la dignilé d'un Prinu Elutoral de Baviùe •· E Kirschbaum, come Sansone Carrasco, voleva ridurre la felice pazzia di Lodovico alla delusa malinconia del buon senso. menava più spesso al semplice e allo scorcio. Forse, all'arte di raccontare toscana, mancarono le risorse dello stile che invece conobbero i naturalisti francesi da Flaubert a Renard. Così i toscani nella scelta di Pancrazi stanno sullo sfondo: servono_ a fare il quadro, a tenere vivo il ricordo della prosa tradizionale. Non che il piano di questa antologia sia tale da volere letterariamente contrapposte le regioni italiane. Pancrazi dichiara anzi, nella sua avvertenza al volume, di intendere far opera non per studiosi e studenti, ma per il pubblico, e di aver inteso raccogliere non esempi di bello stile, ma novelle di.vertenti, brani di romanzo, il più possibile conclusi in sé. L'antologia non intende mostrare gli andamenti delle scuole; ché anzi l'ordine di essa è soltanto cronologico, da Tommaso Grossi che nacque nel 1790 a Gabriele d'Annunzio che è del 1863. Aperta così con i romanzieri storici, l'antologia risale su su con i raccontatori di cose viste fino al regionalismo toscano di Fucini, a quello siciliano di Verga e Capuana, a quello napoletano della Serao e di Di Giacomo. E quasi s'attendeva l'Abruzzo di D'Annunzio; ma l'antologista non senza qualche riposta allusione h,1. voluto evitarlo. Di D'Annunzio ci dà • Jne pagine del Piarert!, e potrebbero essere come l'estrema conclusione del gran lavoro della nostra prosa quale strumento narrativo. Da :\olanzoni a D'Annunzio, la prosa italiana ha tentato infatti tutte le strade: è stata con gli storici, con gli umoristici inglesi, con i naturalisti e gli •psicologi• francesi. E, come dice Pancrazi, da ultimo perfino i russi entrarono in gioco. Grossi, Bini, Verga, la Serao, De Marchi, Rovetta, ecco le tappe di questa nostra esperienza narrativa. D'Annunzio fa da gabellotto di Alghero: chi è dentro è dentro: e i restati fuori, che da Pirandello a Svevo, a Tozzi, potrebbero essere riguardati come un estremo 'Soo, paiono essere d'una famiglia di narratori diversa. Lasciati da parte i meriti dell'arte, si direbbe che per loro la strada sia improvvisamente più facile. Come se essi si trovassero tutto pronto nelle mani, per dare, come si dice, il romanzo moderno all'Italia. In quell'attesa ci piace vedere gli scrittori di prosa narrativa in Italia, dopo O' Annunzio. Come gente che abbia uno strumento in mano e lo tenti e lo tenti. O' Annunzio chiude un secolo di grande lavoro per i narratori italiani. Un secolo di scuole, di raggruppamenti, da quelli milanesi agli altri meridionali. Pancrazi, nella seconda metà della sua antologia, che potremmo far coincidere anche con la fine del solitario Nievo, ha tenuto a bada le scuole. Ed è cosi che vengono fuori scrittori che potranno meravigliare e piacere. Il fratello d'Arrigo Boito, Carni Ilo, che potrebbe rammentare Soffici, un Soffici con qualche nebbia romantica. Poi Tarchetti, che ci sembra non il meno dotato d'arte, secondo dice Pancrazi. Poi si vedano i naturalisti, da non confondere con i veristi alla Gucrrini. E se dai naturalisti, come scuola, si stacca Verga con « Jeli il pastore•, un racconto fra i più lirici ch'egli abbia scritto, vi resta la Serao con • La virtù di Checchina •: la Serao che, in questa antologia di Pancrazi, ci sembra possa essere la festa dei lettori. Se poi, tralasciando le scuole, si passa agli altri, agli scrittori che escono un momento dalla dimenticanza, si avrà Dossi, che oggi forse può avere fortuna più fra lettori che abbiano qualche familiarità con le ultime scuole di prosa italiana; Nobili, un avvocato di Firenze, autore di un buon racconto sugli amori bizzarri Ai rimproveri rispondeva che ormai capiva abbastanza per non lasciarsi più hormeistt!rn. Kirschb.:ium si lamentava, nelle lunghe lettere che scriveva a Sua Maestà, del contegno di Lodovico, gli diceva che la sua presenza era assolutamente inutile perché funzionava solo da ufficiale pagatore. La sera del tre maggio, nella locanda di Tagliacozzo, avvenne una scena clamorosa, in seguito alla quale ,I Kronprinz spedì a 1\Ionaco il conte di Seinshe1m, • una persona veramente per bene•, con una lettera nella quale chiedeva al padre l'immediata sostituzione di Kirschbaum, però aggiungeva: • Quoiq1t'i/ m'ait très ofjt!nsé, je ne veux pas lui nuiro. Prima di vemre a Roma, si era fermato alcuni giorni a Venezia dove aveva scoperto I'• Ebe • di Canova: Was fuer ein Zauber haelt miciahier gefangen! In mir tifi u:onnig 11iegtspuutes Regera, Durduirung~n ploel::lich von dt!r Wtihesegtn Dtr $1nn /un Kunst uar in mir 011/gegang,n. Nel gennaio dell'anno seguente venne per la prima volta a Roma. Si fermò soltanto alcuni giorni, col proposito d1 tor- ~-<; /J ♦ \ J J '1 ' ' \ 'I '!· I I ( 1 ,, ' ~~;/ p· ·--) q -~.✓.;' f j\ p ,, I.M:PRESE- "Puoi fare come noli ,e cl muti delle rostlllne rampicnii dh·eii,w.un nidero romano, H lune• •ppliehi 11.111" fianltt d~I b11.konlA ))(lrl1Up<>DP ur•i IIDII CUI rulouale" d'un bambino. Poi, Calandra e Sacchem due piemontesi scrittori di racconti storici, alla Merimée. Questo il disegno della raccolta. Altri 1 nomi che stupiranno il lettore giovane. quello che non può raffidarsi alla memoria: come la Percoto, il Gualdo (uno che fu con i naturalisti francesi e visse a Parigi e scrisse in francese), il Procacci (un Palazzeschi fermo alle linee della caricatura), poi il genovese Zena, poi i napoletani Verdinois e Bracco, poi l'umorista Cagna. Ma se da una antologia, come questa, si debba cavare oltre che una piacevole lettura anche un quadro dell'arte del racconto in Italia, certo si do\'rà badare a quello che potrebbe esserne il motivo saliente. I narratori toscani e i meridionali dopo :\lanzoni sovrastano. Ma i toscani paiono inconsapevoli di quella che poteva essere la loro grande strada: uno stile preciso, lavorato fino a diventare semplice e non familiare, vivace e non dialettale; si come i meridionali con Verga, la Serao e Di Giacomo paiono gettarsi sul vero con un impeto lirico che fa la prosa, a dirla con Pancrazi, • adatta a esprimere un maggior numero di sentimenti e di cose•· Un premio che i toscani, da Collodi a Pratesi, a Fucini, o i lombardi, con Dc Marchi, Rovani, non sapranno guadagnarsi; mentre i meridionali seppero ottenerlo forse d'istinto, offrendo alla nuova narrativa italiana (anche a quella che pare sollecita d'altro) motivi e prospettive che prima pare\'ano ostili alla nostra lingua. Verga, la Serao, Di Giacomo (almeno in e Assunta Spina,) avvalorano tutta la grande fatica di mezzo secolo di letteratura dopo :\lanzoni. Con essi, appare il racconto moderno in Italia. I moderni narratori italiani (anche se sembrano con gh occhi altrove) hanno imparato di li il dialogo che non. sia soltanto didascalico, e forse perfino il taglio del racconto. Questi i meriti d'una antologia, anche se naturalmente in essa è evidente l'inclinazione del compilatore, tutta presa ad avvalorare nell'arte narrativa ciò che v'è di familiare e di bonario, magari con qualche danno di ciò che poteva esservi di più pronto alle risorse della fantasia. :\la la raccolta è intitolata a un secolo che, almeno 10 Italia, ha lasciato in un'immagine di vita modesta e tranquilla il segno del suo più vero caratterc. ARRIGO BENEDETTI nare per carnevale e di restarvi due mesi. Roma ospitava allora Schlegel e madame dc Staél, che deplorava • l'afjl!Ctatio,1 insipide et 11umiirtt! • della società romana nonché la bruttezza del Kronprinz. e C't!st un bo,,homme q11ia de l'esprit tt di! l'Qme e,ifermls dans de tristes organes • (2). Poco dopo, Lodovico parlando con Napoleone avrà occasione di contraccambiare madame dc Sta~I. Quando l'imperatore, con la sua abituale indiscrcz.ione, gli domanderà se si era mai innamorato di madame de Stael:• Sire•• rispose, « credete che io abbia un gusto cosi cattivo? È straordinariamente brutta e oltre tutto ha i.:na pelle da egiziana• (3). In quel tempo era a Roma anche J. Martin von \Vagner, ch'egli però conobbe soltanto nel giugno 1808 a Innsbruck (4); e c'erano Thorwaldsen e Angelica Kaufmann la quale ritrasse il giovane illuminandone il viso ancora imberbe di una grazia quasi femminea. li famoso Teuftlsmueller s'adoprò a fare da Cicerone al Kronprinz e questi cominciò, fin dal tempo di questo suo primo soggiorno romano, a vivere m mezzo agli artisti (5). Nel novembre del 18o5, Lodovico tornò a Monaco per scendere in Italia ancora una volta nel 18o7, quando si recò a Ve- ( LE'•"•-iu::••A■a■r'- ) LA SEDIA DI ALl'IERl lf .\I.\ESTRI di scuol:&,agli scolari ncg:lil!. ~enti, sempre mettono da\'anti l'immagine edificante d'uomini illustri, che .scp. Jll IO vincere la loro pigrizia, o forzare la fortuna. Franklin co5l diventa l'uomo che raccolse lo spillo; Alfieri, quello che si faceva leg.ar~alla sedia. Anche Lucio d'Ambra. ha conservato dentro di sé quell'immagine in(antile d'un Alfieri legato alla sedia. Il trageda lt'talo alla udia (Zanichclli, Bologna) non è soltanto la vita romanuua dcll'autorc del Saul. D'Ambra ama ritrovarsi fra i grandi. Con i colleghi come Balzac, Zola, Dickcns, e gli altri dell'illustre fa. miglia ; cd è con familiari1à che ci parla d'Alfieri: e Che fa il grande poeta che ha la morte nel cuore e non sa più nello strazio for poesia? Va a trovare i Grandi Amici, i poeti scpohi che sono viYi per scm~ pu:, cantori immortali che son la gloria d'un popolo... >. I Grandi Amici I E D'Ambrt predilige quc-~te rapprc-5entuioni ddl'onorcvole compagnia. Si k'nlc di casa. « Legato alla sua ta\'ola dalle corde, egli [Alfieri} seppe da scioperata gioventù trovare la volontà di essere Grande! Sola e legata al 1uo martirio di popolo, dalle corde del tuo ucrificio Tu trovasti, Italia, la tua immoriale grandezza >. Quest'opera di Lucio d'Ambra, edita dalla casa Zankhclli, un tempo editrice di Giosuè Carducci, apre una coli.ma di « Vite di grandi i1aliani narrate al popolo d:i un romanziere>. UNO IN DUE i ERÙME Thara11d è stato ele1to al- ~ !"Accademia di Francia ad occupare il si-ggio di Joseph Bédicr. E l'unione fra. i dué' fratelli scrittori, durata tanti anni, pare nnprovvisamentc intcrrotla. Jéf'Ome, quando pronuncerà il suo discorso accademico, per la prima volta dirà io scnn, ,ottintc-ndcre suo fratello. Perché è veramente singolare comi" questi due brillami rrate Ili scrittori abbiano sempre parla 10, nei loro libri di viaggi e nei loro saggi di costume, in prima persona, dando al lettore l'illusione d'un'oprra scritta da una stessa n,entc. Perfino dei loro ricordi su Barrès, i due fratelli hanno fatto \In libro scriuo nezia con Montgelas per dare il benvenuto all'imperatore. La paterna autorità gli impedì allora di scendere fino a Roma, • ,iac/1 dem •, scriveva al vecchio \Vagner molti anni dopo, • uach dem mich zu·oelf Jahre lang t-1:it! eitten Geliebtt!rnach uinu Gt!litbtm Selmsuclit durchdra11g •· Finché libero da ogni impegno politico, appena fuori da una lunga malattia, sul finire del r8r7, il Kronprinz ottenne di partire per l'Italia. Questa volta l'accompagnava, al posto di Kirschbaum, il conte Sceveras Testaferrata, il quale, da persona di una certa età, si scntìva in dovere di fare il Reiumarschall, mentre era stato invitato ad accompagnare il Kronpri,1z solo perché si vantava di conoscere la Sicilia • comme sa poche,. li signor conte su tutto metteva bocca, e Lodovico quasi sempre rispondeva a tono. « Una volta•, racconta Ringseis, • giungemmo verso sera a una posta dove tutti eravamo certi che avremmo pernottato. Il conte s'affacciò al finestrino e ordinò: fermare, scendere, scaricare! Nello stesso istante il Kronprinz sporse il capo e gridò ridendo: a sedere, cambiare i cavalli e proseguire! Ceno ci toccò più avanti un alloggio peggiore di quello che potevamo avere qui, m~ intanto il Kronprinz aveva fatto capire che non si faceva mettere la testa sotto i piedi•· Ma il signor conte, nonostante questi smacchi, era sempre un uomo molto importante; aveva fra l'altro la prerogativa di aver per primo scoperto la rotta di Napoleone per l'Egitto. Navigava, infatti, verso Malta quando credette di avvistare in una nave quella fatale del Còrso. Fuori di sé dall'emozione in prima persona, anche se essi non collahorarono contemporaneamente con quello ,crittore. Ora Jér6me è ali' Accademia, e non si sa come il titolo accademico verrà posto sul frontespii.io dei suoi libri. Sarà una ele&ante quistione editoriale. 1 due fratelli raccon1ano un curioso aned~ doto di quando 01tennNo il premio Goncourt: e Cdcbrammo allegramente il premio >, scrivono essi stessi, una volta tanto usando il noi: e e la resta durò fino all'ora in cui si aprirono i chioschi dei giornalai. Ci eravamo fermati da\•an1i ad uno di essi, ad osservare i giornali che una donna piegava, quando scorgemmo le nostre facce, per la prima volta nella prima pagina del Petit Parisien. La buona donna ci riconobbe: " Che avete fa1to? Disgrariati ! •· ci disse. Ci scambiava per assassini, e quello ru il primo cileno della gloria>. POETA DI MASSA (O U EST' ANNO i giudici dcli' Accademia !.ij.. Concourt hanno assegnato il premio JIIO scrinore Hcnry Troya1, un russo uarnraliz.zato francese, Il romanzo premiato s'intitola L' Arai1ne ; ma intanto merita segnalare certi versi apparsi nel settimanale Lu Nouudles Li1téraires del I o dicembre. La forma del poim, rammenta i versi dei poeti malcde1ti di trent'anni fa. L'umore poi ricorda la lcttcr.:tur.l d'armistizio fiorita in Europa sull'esempio di Barbuue. e Visa1es - En marche • Le long • De, maisons, - Visages de joie ou de peine ... >. Cosi s'ini:i.ia il poema, quasi ad avvertire il !cuore che il quadro vuole essere vasto, tuuo di vita moderna e, a dirla con una parola cor~ntc, e collctti,o >. Il paesaggio che il poeta sc01ge non è confortante: e Tutti quei nasi porosi dalle narici sporche ... >. Pdi il poeta si domanda di dove vengano quei mi~cri uomini. Finisce che si porta a casa quell'immagine di brutta gente: e La notte è piena del loro fiato mostruoso, della loro pelle sudaticcia e molle, delle loro bocche senza parole, del loro rancore e della loro noia>. Il poeta dei Goncoun è preso da e quella folla >. Non sa districani, ne è prigioniero. e Dov'è il male? Dov'è il bene? > finisce col chiedersi, come in uno spasimo supremo. Domanda aiu10 e nulla lo soccorre. « Quand uiendra la seule /ace • Deua111quoi les autres s'effacent? >. Il poeta resta in attesa d'un soccorso che non si sa di doYc possa giungere. L'incubo non gli dà requie: vede tulta la gente brutta, e sporca: e vera.mrnte nessun altro al mondo sa vedere il prossimo 1anto brutto e sporco quanto i letterati che vogliono ca,•are pOcsia dalle CALIDANO cominciò a gridare, correndo da una parte all'altra del ponte:« Je li! dirai à l' Ettrope, oui, à toute /'Europei•· E con questa frase, forse, era entrato nelle grazie del principe. Lodovico, dopo una breve sosta a Roma, prosegui per il regno delle Due Sicilie, riservandosi anche questa volta di tornare a Roma per un lungo soggiorno. Tornò infatti nel gennaio dell'anno seguente, pieno di nostalgia per i begli occhi delle donne siciliane e le mistiche penombre della Cappella Palatina dove aveva inteso la messa la notte di Natale. « S. A. R. ha saputo•. scrive Haeffelin a Consalvi, • che il carnevale d1 Roma quest'anno comincia prima del solito e ha deciso di non perdere un giorno. Si troverà qui per l'apertura, e dal palazzo del ministro [allora al numero 481 del Corso] assisterà alle corse dei cavalli> (6). Tutti a Roma avevano un buon ricordo del giovane che tornava con lo stesso entusiasmo di una volta, e che, in questi dodici anni di assenza, si era mantenuto in contatto contmuo con il mondo artistico della Dominante e in corrispondenza d'affari con Maler Mueller, Eberhard cd Haeffelin, agenti romani, «in nome e per parte sua• fino all'avvento di 1-lartin von Wagner. L'acquisto più notevole, e per noi italiani più doloroso, fu quello del Fauno Barberini. Le trattative, durate più di sei anni, furono condotte felicemente a termine da \Vagner: « Presto, presto, caro Wagncr, il Fauno Barberini ... deve di~ ventarc mio a tutti i costi. Glie ne dia pure 8ooo se è necessario. Purché non se lo faccia sfuggire; ma presto perché sarei inconsolabile•· PAOLA DI OSTHEIM, PRINCIPESSA DI SASSONIA-WEIMAR: Alla ricerca di un amante ( 1924). Abbiamo spesso pen1ato che le « memorie > delle bellezze celebri do. vtsS('ro essere libri interessanti cd avventu• rosi, ma sbagliavamo, prova ne iiano i Ricordi di Francesca Bertini, e queste e significative pagine del libro del mio passato>, che Paola di Osthcim pubblicò anni or sono, a completamento discreto delle sue altre autobiografie. La 5ignorina Paola Mazza, geno\·c1c, fu, all'inizio del secolo, una bellissima ragazza, che per il fat10 di esser sorda e di somitliarc alle statue greche ricevette da O' Annunzio aggettivi eccezionali; si era al tempo dei matrimoni morganatici, delle fughe prin. cipes-che: Luisa di Sauonia era fuggita con Toselli, Francesco Ferdinando aveva sposato la Chotck, cosl il principe di Sassonia-Weimar decise di sposare Paola. Si separarono pre&to,comparve il re Costantino di Grecia, la principessa diventò una favorita: infine, morto il re, sopraggiunse la saggena, e, con quella, la letteratura. Letteratura che ricorda gli album dove le signorine trascri• vcvano i buni lcncrari che più le avcvan colpite: D'Annunzio, Annie Vivanti, Dekobra, sono stati, evidentemente, gli autori prcdile1ti della principessa. Si tratta quindi della storia di una donna terribilm.-ntc bel• la, che si compiace nel suscitare tragedie passionali tra duchi, principi e marchesi, in. ccndiando, lcgt;cnncnte, cuori sempre nobilissimi. Lei stessa soffre di tedium uitat; ci sono brucianti notti d' amore, principi russi predaci e malvagi, ispirati questi da Elconou Glyn, e ufficiali di marina nello stile di Guido Milanesi. Si parla molto di cameriere, domestici, maggiordomi, collane di perle, a.bili di velluto nero, yaeht1: ma il pezzo forte resta il soggiorno a Gardone, l'atmosfera faticoia ed ingombra del Vittoriale, il fantasma di un D'Annunzio bianco dì faocia, nero di bocca, mummifi• calo, cd intento, perennemente, a scriver telegrammi. Del resto, c'è anche l'atmos(cra del tempo: si parla infa1ti di donne magre, di cocaina, degli assassini di Rasputin, di \Ìaggi in Oriente e di crudeli sceicchi. BONI DE CASTELLANE: Comment j'ai découvert l'Amtrique (1924). Questo Boni, cadetto della illustre cd impoverita famiglia Castellane, attraversò gli anni dell'anteguerra come un raggiante Princ, Charma,u. Egli s'impose ali' ammirazione dei parigìni con una destreua di giocoliere che trasformava in eleganza la sua povertà: innamorò di sé Anna Gould, erede di un mi. liardario, brutta, imbronciata e pelosa. Doni la sposò, rimbellì, chiamò le più grandi creatrici di Rue dc la Paix per metterle la veletta o per infilarle i guanti. Costrul un palazzo sontuoso. Volle esser deputato al parìamento, e ci riuscì. Riscattò tutte le terre dei Castellane. Quando entrava nel. la sala di un ristorante americano, di un piroscafo inttrnazionalc, di un tabarin p•• rigino, la gente si arrampìcava ,ui tavoli per meglio vederlo. E poi, un bel giorno, Anna ottenne il divori.io, non si sa bene se per gelosia o per avarizia, per timore di veder sperperata la fortuna dei Gould o U• pito il cuore di Boni ; e si risposò con il duca di Talleyrand, cugino di Boni. Boni ueuo, reso al suo rango di povero cadetto, si diede al commercio di antichità, e, nel dopoguerra, arredò le case dei nuovi rie• chi, mori oscuro e dimenticato. Questo suo libro di memorie, che speravamo folto di fantasiosa eleganza, si rivela poi un disperato e querulo lamento: simile alle vecchie attrici decadute. ai generali .sconfitti, agli artisti superati, Boni cerca~ nel suo passat~1 le cause della sua di~grazia, senza tuttavia scoprirle, rammaricandosi per non aver saouto fare economia e per non a\er potuto riconq\listarc Anna e per non aver pensato all'avvenire: malinconica C.:- cala, che, ddpo tante feste, non ha più voglia di cantare, e sogna un ragionevole destino di formica. M. d. c. Era diventata una specie di fissazione. • O lo prendo adesso, o non lo potrò prendere più per tutta la vita•• così scriveva a \Vagner dopo cinque anni di lotta. E poiché tutta la difficoltà ormai stava nel fatto che il papa, consigliato ,da Canova, non voleva dare il permesso di esportarlo: • Il giorno eh~ sarò re avrò modo dì ottenere dalla Santa Sede il permesso di portarmi via i: Fauno Barberini •. \Vagncr a Roma fece il possibile per strappare al papa la tanto sospirata concessione; Lodovico perfino al congresso di Vienr1a torturò Consalvi • in molte altre faccende affaccendato• con la storia del Fauno Barberini, e più tardi a Parigi, quasi per una captatio be11tvolt!11tia, difese gli interessi di Pio VI I quando si trattò la restituzione dei bottini napoleonici. Finalmente, il 10 agosto 1816, sessantaquattro uomini trasportarono a spalla, nei locali prescelti a deposito, il famoso Fauno, che oltre a tutto costò a Lodovico l'amicizia di Canova (7). ANGELA ZUCCONI (1) vedi Spindler: J. A. Sambu.ga "· die Jugendtntt1..icklimgK. L11d,dg I v. B., Aichach 1917. (2) \·cdi L. Colet: L'ltalic d~s Italit!m, Paris 1862, 11 pane, pag. 2 14. (3) E. C. Conte Corti: Luduig I von Bayu·n, ~luenchen, 1938, pag. 72. (-4) W. v. Poelnitz: l..udui'g I von Bayt!rn urad J . . W. von Wagntr, Mucnchen, 1929. (s) F. Noack: Ot!utsch,s Leben in Rom Derlin, 1907. ' (6) Ar. Segreteria di Stato: 127-21-1-,818. (7) vedi Poelnitz: op. c.

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