o•NIBUS Frattanto li.tmalattia mi aveva ~uasi ridotta a non aver più alcuna speranza di vita; quasi tutti gli indizi erano mortali. li connestabile mandò a chiamare tutti i medici ffilgliori che fossero nelle città vicine; ma disgraziatamente per mc1 di dicci o dodici che vennero, nessuno fu capace di curare il mio male. Tutti giudicavano che era molto pericoloso, nes.suno però sapeva che fare e che propormi per liberarmi da quella situazione così difficile-. Non c'era giorno che non faceMCro consulti, ma nessuna delle loro decisioni poteva recarmi alcun sollievo perché le loro conferenze terminavano senza concludere nulla. L'igno1anza di questi medici, costrinse il connestabile a mandarC" un corriere speciale a Roma per far venire i medici più famosi che vi si trovavano e per dare nello ste.'>SOtempo notizie delle mie condizioni al cardinale Mancini (3), mio zio. Il quale, arrivato quasi con la stessa sollccitu• dine dei medici, fu assai addolorato di trovarmi cosi male e cercò in tutti i modi di consolarmi. La violenza del male, l'abbattimento e la tristezza che lo accompagnano permettono raramente ad un malato di manifestare i segni di gratitudine che egli deve a coloro che lo assistono. Co,;ì, quelli che il connestabile riceveva da mc non erano certo molto grandi e non posso nogare che egli soffriva molto per il mio wnore nero, che il cardinale cercava di addolcire con cu• ra particolarissima. Ma egli mi avreb• pc fatto anche più pia·cere se avesse cercato di correggere quello del patriarca, la cui impudente ingenuità e lo zcJo indiscreto mi perseguitavano da non poterne più. Egli non entrava mai nella rrua camera senza dinni che per mc non c'era più speranza di vita e che era tempo di di.sporrc di tutte le mie cose (4). Finalmente, grazie alle cure dei nuovi medici, incominciai a star meglio. Pertanto mi condus~cro a Recanati, perché l'aria era migliore che a Loreto. Dopo sei giorni, trovandomi abbastanza in forze per poter continuare il viaggio senza pericolo, partimmo per Roma dove rima.si a letto ancora per un po' di tempo per rimettermi meglio. F'u allora che il cardinale Colonna (5) mi donò iioielli di gran valore e due. mila pistole (6) in centocinquanta monete d'oro. VIU. 0ARL0 00L0li'NA AR0lVES00V0 DI AIUBU (Partioolart di n quadro di Vao.Dyoì:, Fot. Andtnou) Dopo qualche giorno, essendomi sufficientemente rhtabilita 1 quantunque non mi fo-;si curata troppo, cominciai a farmi vedere al passeggio per distrar• mi un po', e vi comparii con un abito appropriato, ossia alla moda italiana che avevo adottato per la sua novità. Il connestabile allota mi propose di far visita alle nipoti di Alcs~andro Chigi, che occupava in quel tempo il trono pontificio, per pregarle di condurmi a baciare i piedi dì Sua Santità. Ma poiché io ero cresciuta nella grandezza, cd ero abituata a vedere venire un gran re nella mia casa, gli domandai ingenuamente se Sua Santità non sarebbe venuto per primo a fanni visita. Il connestabile e quelli che erano con lui mi risposero sorridendo che i ,;ovrani pontefici non erano soliti concedere questo onore a nessuno. (COKTilfOAZ. DA.I NUMERI PRECEDENTI) ON p0ter soffrire che si3oo lodate le altre, anche quando si tratti di persone degnissime di lode, è un difetto comune al nostro sesso. Ma quando chi fa queste lodi è una persona che amiamo e le lodi sono rivolte a colei che ci ha rapito il suo cuore, non c'è niente di più penoso. E: una crudeltà che sorpassa tutte le altre. Il re mi ridusse molte volte in questo stato; e io ero tanto più degna di pietà, perché non potevo lamentarmi con lui, né di- 'iapprovare la sua condotta. La mia ragione lo scusava. Gli ordini di mio zio, che mi aveva assolutamente proibìto di dire qualunque cosa a questo riguardo, erano così precisi, che non mi lasciavano alcun modo di accontentare il mio cuore: potevo soltanto accusare di dure7.za il suo. Tuttavia, tutte queste proibizioni e considerazioni non fecero che aumentare il desiderio impaziC"nteche ne avevo, e infine mi costrinsero' a cercare due o tre volte l'occa- ,;ione di spiegarmi con Sua .~aestà. Egli ricevette così male i miei lamenti, che da quel mom_ento risolsi di non lamentarmi più e di non avere la minima pietà nel mio cuore, se si fosse turbato ancora dopo tanta insensibilità. Ciò nonostante, il mio male aveva bi~gno di un rimedio più j!"J"andedel/ di,;pctto. Cercavo inutilmente quanto poteva guarirmi, allontanando dai miei occhi tutto quello che poteva fomentare la mia passione, creandomi perfino dei pretesti per distruggerla ncJ mio cuore. Così pregavo, per quanto potevo, mia sorella Ortemia, nella quale avevo molta confidenza e che aveva pietà del mio stato, di parlarmi male del re, e di non risparrnjarmi tutto quello che poteva farmelo odiare j impres..1.molto difficile e a cui riuscii molto male. Fuggivo il mondo e la Corte, e vi andavo solamente quando non potevo farne a meno. Mio zio cominciò allora a star male, e vedendo che la sua malattia peggiorava ogni giorno, decise infine di fa1mi sposare il connestabile, che, sempre costante e innamorato di me, persisteva a domandarmi. Ottenuto finalmente il mlo consenso, Sua Eminenza scrisse al marchese AngeJctti che si trovava allora a Bruxelles. Il marchese venne mbitoi e poiché cra piacevole, galante, cd aveva moltissimo spirito, persuadeva facilmente a far ciò che voleva. Usò cosi bene i suoi talenti in favore del conqc,;tabilc e dei costumi italiani, che mi fece gradire assai la prop~ta fino a r1rcgarC"io stessa il vescovo di Fréjus che '-Ollecitasscmio z.io per concludere al più presto. Tanto che Sua Eminenza concluse il mio matrimonio qualche giorno prima di quello di mia sorella Ortensia col duca Mazzarino. Poco dopo mio zio chiuse il corso di una vita tanto illustre con una morte (1) che fu on~rata da tutte le prove pos: ~ibili di 5tima e di affrtto da parte d1 Sua Maestà. ! I re, pur dopo la morte di mio zio, non mutò con noi. La bontà anzi che aveva per noi sembrava aumentata. Non passava sera che non venisse nel nostro appartamento, SC'{uito dalla parte migliore della sua Corte, allora così splendida che non si è veduto ma.i niente di più ricco né di più sfarzoso. Ma nonostante questi ricevimenti e distrazioni, avevo sempre l'anima piena di. preoccupazioni e di inquietudine, perché gli articoli che il connestabile doveva mandare firmati non arrivavano mai. E poiché tutti ritenevano che questo ritardo fosse dovuto al cambiamento della situazione per la morte di mio zio, Sua :Maestà si degnò di offrirmi diversi partiti tra la più illustre nobiltà della sua Corte. •Risposi a Sua Maestà che, pur di mantenere la mia parola, a costo di vedere così svanire ogni mia speranza, se il connestabile aveva cambiato parere, avrei passato il resto della mia vita in un convento. Pochi giorni dopo questa risoluzione, arrivò finalmente il corriere che portò gli articoli che aspettavamo. Furono celebrate (2) immediatamente le cerimonie dc) mio matrimonio nella cap• pclla del re, dove di--~ela messa l'arcivescovo di Amasia, og~i patriarca di Gerusalemme, che mi fece un dono di grandissimo valore da parte del connestabile, suo nipote, in nome del quale il marchese Angeletti mi diede la destra. Finita questa cerimonia mi trattarono da principessa straniera e, come tale, mi diedero il diritto di assistere alla camera della regina. Non vedevo però il momento di partire e lo sollecitavo con ogni premura j non potevo aver pace finché non mi fossi messa in cammino: perché una volta presa una risoluzione lieta o spiacevole, bisogna metterla in esecuzione al più presto possibile. Partii dunque, e quando mi congedai dalle Loro Maestà, il re ebbe la bontà di as5icuram1i che mi avrebbe sempre ricordata, e che mi avrebbe sempre onorata del suo affetto in qualunque parte del mondo mi fossi trovata. Dopo questo partii, accompagnata dal patriarca di Gerusalemme, dal marchese Angcletti e dalla nostra istitutrice; seguita da cinquanta guardie a cui Sua Eminen7.a aveva ordinato, prima di morire, di scortarmi fino a .\1ilano, dove il con• nestabile doveva venire a prendermi. VII. Tr3lascio quello che accadde durante il viaggio, perché non vi fu nulla degno di essere raccontato. 11connestabile non mancò di venirmi incontro, accompagnato dal marche,;c di Balbasez, suo cugino, che volle far passare per se stes~o, per vedere come lo avrei ricevuto. Egli si avanzò dunque per primo per salutarmi. 1'11. poiché questo marchese non mi sembrava il connestabile che mi ero immaginata. accolsi i suoi complimenti con una certa meraviglia e freddezza. Volgendomi poi improvvisa.rnente verso una delle mie damigelle chiamata Ortensia, le dis,;i che, se quello era lo sposo destinatomi, non ne avrei voluto sapere e che si cercasse pure un'altra mo. glie. Ortensia, che conosceva il connestabile per averne veduto il ritratto, notato che si nascondeva dietro il marchese, mc lo indicò per tranni d'errore. Allora egli, fattosi avanti, mi salutò e mi diede la mano. Quindi mi condusse in una villa <l.>veau!va fJ.tto preparare un magnifico banchetto. Il giorno stesso ci recammo per donnirc a Milano - eravamo solo a sci miglia - dove fummo ricevuti dal duca Gaetani, governatore dello Stato, con una pompa che non descrivo perché sarcb• be troppo lungo. Il connestabile volle consumare il matrl.monio la sera stessa del nostro arrivo, senza preoccuparsi degli scrupoli della mia istitutrice che voleva si aspettasse l'indomani, dopo aver ascoltato la messa. La stanchezza del viaggio, il dispiacere di trovarmi lontana dai miei parenti, soprattutto il dolore di aver lasciato la Francia, che aumentava man mano che paragonavo i suoi costumi con quelli italìani, di cui fino a 1filano non avevo compreso bene la differenza, nù avevano resa d'un umore così cattivo che addolorava molto il connestabile. li quale, a dir vero, faceva quanto p0tcva per di,;trarmi: fino a ordjnare caroselli e corse. Posso dire, senza adulazione, che in queste feste meritò la lode di tutti come il più abile di quanti corressero con lui. Le dame principali della città mi offrirono magnifici e suntuosi banchetti nelle loro case : specialmente la marchesa Dc La Fucnte, che sorpassò tutte le altre per l'ordine e lo splendore. Ma tutti questi piaceri, per la tristezza e il disgusto che mi aveva lasciato una febbre continua, erano senza attrattive per me. Le feste durarono dieci giorni dopo i quali, nono-.tante la mia µoca salute, fu deciso di partire per Roma, dove il connestabile voleva arrivare prima dei grandi calori. Allora. l'istitutrice e le guardie che mi avevano accompagnata, si congedarono e tornarono a Parigi. 1oi salimmo su di un battello ricco e superbo che ci portò a Bologna, dove il marchese Angcletti ci ricevette con affettuosità straordinaria e ci trattò magnificamente. Anche qui, per otto giorni, quanto ci trattenemmo, non furono che divertimenti e feste. Ma il mio male peggiorava sempre cd io non potevo gustar nulla. Continuammo il viaggio per la via di Loreto, per sfuggire alle cerimonie della città di Firenze che è la città d'Europa in cui sono pili in uso. Arrivati a Pesaro, mi sentivo così m:1lc che il connc,;tabile fu costretto a prendere un medico e condurlo con noi per osservare lo svolgimento della malattia. Dopo due giorni, fummo a Loreto, dove mi fu impossibile andare più avanti. Non si può immaginare il dispiacere del connestabile per il mio stato, dispiacere che aumentava anche perché non si .,;arcbbc potuto trova.re alla cavalcata che ~i fa tutti gli anni, il giorno della festa di San Pietro, e per la quale aveva tanto affrettato il viaggio e fatta la strada con tanta sol• lecitudinc. Quantunque le usanu italiane fossero nuove e strane per mc, l'amore che provavo già per il connestabile me le rendeva piacevoli. t anche certo che egli, da parte sua, non tralascia• va nulla di quanto potesse piaccnni. Era sempre inappuntabile ed elegante; per mc aveva cure e gentilezze da non si dire. Infine, quantunque egli non ~ia di temperamento molto tenero, posso dire che io sono l'unica per la quale ha avuto un maggiore e più costante amore. Nessuno aveva mai desiderato di aver figli più fortemente di lui; io spcra\o di trovarmi in condizioni da poter presto soddisfare i suoi desideri. Quando glielo annunziai provò una gioia incredibile, che però durò solamente due mesi, alla fine dei quali abortii. Questa di~avventura fu seguita. da una febbre di quarantotto giorni che fece dire a tutta Roma che il conncst 1bi.le aveva sposato una donna incurabile, che avev.1 più bisogno del medico che della levatrice e che egli non avrebbe mai avuto credi. Voci che il pa:riarca diffonde\'a con maggior insistenza e forta di ogni ahro, e che scmbrLlvano giustificate dalla lunghezza della malattia. Finalmente verso primavera la mia salute cominciò a rifiorire e nell'estate trovandomi incinta per la seconda volta cambiarono parere. L'infelice esito della mia. prima gravidanza fece sì che mi avessero più cura nella seconda e non mi faces.sero u,;circ che in portantina. 3 - (continua) MARIA MANCINI (1) 9 marzo 1661. (2) 12 aprile 1661. (3) Francesco Maria Mancini, fratello di Lorenzo Mancini, padre di Maria, era stato fallo cardinale da Ales~andro VI I. (4) Don Carlo Colonna, duca de' !I.farsi. Dopo movimcnlat.i. vila militare in seguito all'uccisione di un Gaetani si era fallo sacerdote. Pur conscn.•ando le sue abitudini militareschr-, vino, donne, baruffe, a\eva fatto rapida carriera (~) Girolamo Colonna era nato eletto car. dinale da Urbano VIII a venticinque anni ( 1628). Celebrò il matrimonio tra ~targhcrita di Spagna e Leopoldo I; assistellc alla morte di Filippo IV. (6) Moneta d'oro (scudo) che dalla Spagna si diA•usc in altri paesi. Fiat 2800 (Foto Pori•) P~RCONOSCERE ;!e~ 0 ri!:-:ci~: 11 ::~ 0.i fan, amorll, matrimonio. e~dità. lotto. lottf'rll'• e«. c:on!lultale il rinomali"-•in10 Prof. JOIEPH llllJllS, C.no Bu11.os.l1rt1, 10·11• QEN"OVA. Opu.,roti grati,. NON PIÙ CAPELLI GRIGI! La mcra,·igliosa Lozione Ristoratrice Excelsior di Singer Junior ridà ai capelli grigi o bianchi il colore naturale ddla gio\·entù. Non ~ una tintura, non macchia, assolutamente innocua. Di facile e comodo uso, adatta ad ogni capigliatura. 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