Omnibus - anno II - n.50 - 10 dicembre 1938

1l E testimonianze sulla vita politica e mo• Ja rale dell'Europa cpntemporanea sono numerose: e, per quanto il periodo delle loro fortune sia ormai al tramonto, tutte ricercano le responsabilità dì un in. negabile disordine morale, di uno sposta• mento di valori e di quello strano branco• lare che sembra caratteristico negli uomini moderni' e nelle nazioni ; quasi per indicare una nuova strada per la salverza d'Europa. A quelle testimonianze si può aggiungere, sotto un certo riguardo, per quanto privo di quello spirito messianico comune a tuui i e: testimoni del nostro tempo >, questo Franasi e tedeJchi di Concetto Pettinato. Libro di lettura facile, cd interessante non solo per la sua attualit.à; sempre prderi• bile, inoltre, a tutta la tragica letteratura che ha avuto fortuna in questi ultimi tempi, per il suo solido senso storico, per le serie documentazioni che l'autore ci presenta a sostegno del ,uo dire, e per il fine steS30 che si propone, fine in apparenza modesto, ma che poi sarà sorpa.uato per arrivare a un quadro di tutte le più vive forze poli• tichc e spirituali dell'Europa moderna: CO· mc quello di chi intende narrare, attra• verso le evoluzioni e i sovvertimenti critici dt.gli ultimi cinquant'anni, come francesi e tedeschi siano giunti alle posizioni che oggi tengono in Europa. Insomma, una storia filosofica dell'ultimo cinquantennio: storia a tesi per dimostrare come i due popoli abbiano differentemente tt:agito alla guerra, ognuno di cui riattaccandosi dapprima alle auc tradizioni più vere di pensiero e di 6losafia, per poi discostarsene di nuovo. Poich~ la Francia ha sempre avuto dietro alle sue spalle la grande tradizione carte• siana, fiorita in quel secolo diciassettesimo che vide Luigi XIV, Francesco di Sales, Colbcrt e Pascal. Tradizione di chiarezza logica e di razionalismo che, superata la parentesi di astratto ideologismo del di• ciottcsimo ~olo, socto anch'esso però dallo stcuo ceppo del cartesianesimo, privato di quell'esprit d, finesu, di quel buon senso, che era stata la sua salvena, risorge in pieno vigore nell'Ottocento, alimentando il positivismo francese, l'attitudine all'equilibrio, la grande borghesia, il radicalismo, il ripudio di ogni mistica e da ultimo, in un certo senso, il ritorno ad un ideale clas• sico. Per esso, sorgeva anche quell'intuì. zione della società come Ceselluha/t, clas-- sicamcntc francese, patto ragionato fra gli uomini senza l'entusiasmo, la fede sopran• naturale, e l'amore comune per il capo che caratterizzano la tedc.sc:i. Gemeinschaft di Weber. Comunque, tutto questo portò, dopo un secolo di e progresso>, alla lotta di classe e all'evolversi del radicalismo verso il .socialismo, procurando alla Francia una di quelle crisi ideologiche che e hanno spesso una causa estrinseca che non ha nulla di ideologico :t. e. la parentesi bergsoniana: l'intuizione prende il posto della ragione raziocinante. Bcrgson è presto messo in di. sparte dalla Francia ufficiale volgentesi, nell'immediato dopoguerra, allo spirito più ! 1ettamcntc cartesiano. Senonché, per dirla in parole povere, le idee chiare e distinte dovevano essere ap- .J@<> UELLA delle antologie che non ..., hanno scopi direttamente d,- =-' dattici, e che anzi si volgono al lettore di cose amene quando non addirittura intendono sostenere, avva• !endosene, qualche proposito polemi• co, è moda tutta contemporanea e negli ultimi tempi ha avuto fortuna da noi come in Francia, come altrove. Le ultime antologie italiane, o tentarono un primo disegno della nostra lettera• tura contemporanea (Poeti d'oggi, di Papini e Pancrazi), o voJlero chiarire un genere di prosa nel momento ste~so in cui si andava delineando negli autori (Scrittori riucvi, Falqui e Vittorini), o sempre, tcndenzio!.amente, vollero <;CC· gliere scritti e composizioni della tradi- -,.ione (Il fiore della lirica italiana, di Falqui e Capasso), o furono come lo specchio di quel che una rivista pub· blicò in un decennio {Antologia di «Sp· laria >). Le ultime antologie sono quella di Pietro Pancrazi: Racconti e novdle dell' '800 (sviluppo della scelta curata dallo stesso scrittore: Scrittori toicani dell' 'Boo) e quella di Enrico Falqui: Capitoli (Per una storia della nostra pro-.a d'arte). E poiché la. posta ci ha portato quC'st'ultima col vantaggio di qualche giorno, è di e;,.,;a che ci tro• viamo a parlare, anche "-C il di'icor~o forse avrebbe potuto iniziarsi dall'an• tologia di Pancrazi per giungere a quclb di Falqui, -.eguendo un di'icgno della no'itra prosa moderna, da Yfan• zoni e Leopardi, fino ai contemporanei. Della antologia Scrittori nuovi, tentata qualche anno fa a primo a~sag• gio della moderna pro-.a italiana, Capitoli, che del resto non vuol e'i,ere -.olo antologia ma qua-.i una storia per esempi, ritiene ben poco. Scelta di scritti secondo un'idea critica chiari• tasi. sia pure parzialmente, nella no- ;,.tr,, recente cultura, non sdc~na di ri• sult.irc come un contributo 1 oltreché swrico, polemico, e, non tanto nella .,,. • ' plicate con buon senso, e la Francia di Versa.glia non seppe farlo. Fallito anche il tentativo di un rifugio nella scolastica, risorsero all'interno le forze che avcvà.no espresso Bcrgson. Si reagisce alla borghesia con l'antirarionalismo: dopo il fallimento del cartesiano Poincaré, alla tradizione scientifica francese si sostituisce l'ideologia marxista. Altra campana in Germania: la campana di Lutero, del misticismo tedesco, della mc• 1afisica, dello spirito faustiano. L'irrazio• nale, il gotico, l'orientalismo e l'cgoccntri• smo della filosofia tedesca rapprcsen1ano, in questo caso, la tradizione; la scienza del periodo guglielmino e la razionalistica repubblica di Weimar, il distacco da essa. Distacco di breve durata, chf, anche nel• l'immediato dopoguerra, la corrente mistica è sulla Germania vinta. Si segue Kcyscr. ling e Steiner. Non più Hartman, Haeckcl, Mommscn e Crcgorovius sono i padri spiri• tuali del tedesco, ma maestro Eccarde e mille teosofi. Hitler raccogUcrà le correnti e darà loro un centro, come un vero pro• blema da risolvere: raggiungere l'unità sai• vando l'individuo dal pericolo di cristalJiz. zarsi nella sua (unzione di cellula sociale. Egli stesso lo ha risolto, creando un nuovo :~ 1 ::~~~:i~:i~~~1;!1r~!~1:a !~a.:~~~:a~:~: più forte e più ferrea. Ci pare quindi che Hitler nella sua nuova interpretazione della vita si mantenga nella tradizione tt:dcsca e non tenti di sfuggirne. Qui, in fondo, è la sua forza: la mistica che ha saputo dare al suo popolo era ad esso necessaria più del pane per ricacciare scelta degli autori, ma anzi nella scelta dcJlc pagine delle varie opere. Quello del «capitolo> dovrebbe es.5ere un genere letterario moderno: uno svi• luppo dell'articolo letterario da terza pagina. « Prosa d'arte» 1 quasi dire l'im• pegno del moderno giornalismo lette• rar-io: d'un giornalismo che, come tutti hanno detto 1 ha giovato non poco al rinnovamento della nostra -letteratura. Ma « prosa d'arte> non è soltanto giornalismo letterario, almeno nei propositi di Falqui. E il dare al senso tradizionale di «capitolo> durato dal Bcrni al Gozzi una nuova accezione mostra subito la cura di nobilitare un genere che potrebbe parere effimero. Articolo, pezzo, «elzeviro», « capitolo>, ch'è tutt'uno, rappresenterebbe. ro un gene1e che si potrebbe far risa. lire lontano. Cecchi, anni fa, schcri-.o• ~amente, saliva fino ai Santi Padri; e San Gerobmo nella spelonca era CO· mr un giornali~ta in redazione; ma Falqui si ferma più vicino, cd è scm• pre con una certezza d:i animo polemico ch'egli ritrova i più vicini e il• lustri esempi di giornali,mo letterario in Leopardi e in Baudelaire: e: Ci 1crrcmo paghi dell'Ottocento per la na<eita, con le O perette morali e coi PetitI poèmts en prose, di due gloriosi "monumenti di stile" che, nel loro aspetto e valore di ben definito " genere " letterario, non dovevano rimanrre senza comegucnze nella storia della nostra pro!.a d'arte ». Ma ~ Leopardi e Baudelairc segnano la na«-ita d'un genere che poi le oc• corrcnzc del moderno giornalismo italiano hanno sviluppato ampiamente, fino a farcene tutti sazi, il «capitolo> come prosa d'arte ha certamente ori• gioi più vicine. Potrebbe portare il segno di quelli che, a dirla generica• mentt·, sono stati i tre movimenti lettrrari più recenti. La Voce, La Rorida, PAESAGGIO ITALIANO, OALVI C00B8l0J.) indietro l'Hans Miche/ au1 Hun1erJdorf senza rinnegare il genio particolare della razza e senza perdersi lungo troppe strade, dietro un misticismo supernazionale ed an• listatale. Ma il Pettinato ben vede come questa mistica, come ogni misticismo, si ponga contro alla rt:ligionc. Il nazionalsocialismo si è messo, allora, all'impresa disperata di innestare nel cristianesimo i suoi miti nazionalistici cd eroici. Non riusci e si volse al paganesimo. A base di tutto questo, il Pettinaio pone il desiderio di uscire dal misticismo e di liberarsi dall'ideologia. Non sappiamo se basti osservare come Hitler sia contro ogni intellettualismo e subordini le esigenze dello spirito alle necessità dcll'azio. ne per affermare che sia antiideologico. Non è forse ideologia lottare contro la filosofia? Ma ad ogni modo i due popoli, francesi e tcdesc.hi, ci sembrano ormai sullo stesso piano filosofico. Hanno entrambi rinunciato al razionalismo, cartesiano o no, per cercare la verità nel marxismo l'uno, e nel sentimento di autorità l'altro. Si sono ~ntr:ur..bi rifugiati in una mistica, con il vantaggio per i tedeschi di aver trovato una mistica nazionale. E appunto questa generale ritirata del raziocinio, questa sfiducia nella ragione, questa rinuncia ad un ideale intel• lc:ttualc, per adoperare ·ad esempio le for• mule dcll'Huizinga, sarebbero le cause di quella crisi di civiltà che le testimonianz.c ricordate al principio vogliono vedere. E sono le ragioni per cui collocammo quc• st'ultimo volume dei e Libri scelti > nell'am. pia letteratura sulla crisi della vita sociale e politica moderna. !\-!ARCO CESARlNI e anche Solaria hanno messo in corso tre tipi di prosa; che risentendo, a volta a volta, o dei vicini Carducci e D' An· nunzio, o d'un Leopardi prosatore che dovrebbe vincere per modernità il lirico, o di alcuni scrittori europei, ora appare incline a un abile impressioni• smo, poi si fa gelidamente composito, per divenir-e, infine, pronto agli incanti d'una fantasia che sembri nascere faticata, come un estremo guadagno del prosatore più che dalle risorse d'una alacre immaginazione. Un'antologia che va da D'Annunzio a Gallian, è quella contenuta in Capitoli; ma da un D'An• nunzio che, se apre il volume per ra. gioni d'anagrafe, dovrebbe essere, a dirla con Falqui, sistemato altrimenti: « Ove si badi al modulo prosastico di timbro ancora carducciano con inflcs• sioni pascoliane, la priorità storica (dell'adeguarsi a una prosa d'arte come in questi ,, capitoli" viene intesa) do• vrebbc qui spettare ad Alfredo Pan• zini i seguito poi dai Vociani. E, di con(eguenza, un'adeguata colloca7.ionc del D'Annunzio che noi prediligiamo non potrebbe all'incirca cadere che tra i Vociani e i Rondi,ti >. Accettando per un momento come categoriche quc'itC allusioni a riviste, che invece dovrebbero forse restare più nel vago a dare maggior risalto al talento degli autori, la. linea della prm.a d'arte è scoperta. Una prosa ancora « prosastica > in Panzini e nei Vociani; faticosamente libera da ogni troppo d'impre~'iionismo in un D'Annunzio certo minore, al• meno secondo lr più caute visuali; e alla fine comapc'vole di sé quasi a segnare il termine d'una stagione lettera• ria. Una prosa t insomma, quella d'arte, intesa come Falqui ci dimostra, che fa apparire qua~i d'eccezione, in un'antologia che di c.11~avoglia essere la strenua difesa, scrittori quali Palazzcschi, Soffici, Papini; almet'lo per- i caGIOVANNI FANTE ~ H.A i nuovi scrittori meglio dotati che !: in America si dedicano a composizioni narrative, è certamente l'italo•ameri• cano Giovanni Fante, di cui, in questo numero, pubblichiamo la novella: e Il conto del droghiere :t. Giovanni Fante mostra su• bilo d'appartenere per le predilezioni della sua fantasia, per la scmplicit.à, e quasi di• rcmmo per l'elementarità della sua prosa, a una scuola narrativa che ha autori come Cain, Saroyan, Caldwcll Non più, come accadeva in Dos Pa~sose in Faulkncr, gli avvenimenti e i caratteri s'avvicendano, si accalcano muovendosi ,u una scena, oltre che drammatica e tragica, fantomatica. Saroyan, Caldwell, Ca.in, insic. mc a cui vanno ricordati gli italo-americani, come per esempio Pagano, amano le de. Krizioni pacate pur nella loro crudezza. Si direbbe che, trascorsa l'infatuazione roman• tica per situazioni, personaggi, fatti, che per la prima volta entravano nella lettera• tura, la narrativa americana s'avvii verso un genere di novella armonicamente dc. lincata. Giovanni Fante mostra poi, in quel suo descrivere penose situazioni fa. miliari, e in quel suo trovarvi la via per una rappresentazione mai troppo sfac• ciatamcntc verista, certi suoi legami con la letteratura italiana moderna. Si pensa alle novelle di Torzi, specialmente. CALIDANO ratteri che cc li fanno p'iù cari. Ma prosa d'arte, forse, oltreché prosa lavorata fino a un'estrema pulitezza di stile, e anzi diremmo più che di stile di cadenza sintattica, può essere anche, secondo appare da alcune predilezioni di Falqui, prosa pittoresca, prosa di colore. Gli scrittori della Voce ci sembrano ammessi a Capitoli per questa porta. Il loro c~tro ha accento inconfondibilmente a,vcrso da quello d'altre opere predilette in Capitoli; le quali per certa animosità d'impres~ione potrebbero essere avvicinate all'Incendia• rio e ad Arlecchino. In Viani, Bucci, Bartolini non c'è un troppo d'imprcs• sionismo; ma un vezzo per la frase CO· lorita, per le figurazioni strane, pit• torcsche. Se però il e capitolo>, o l'articolo da giornale a dirla più comunemente, è genere tutto moderno, questa anto• logia che vuole esserne l'elogio potrebbe segnarne anche la conclusione. Veramente, « il più delle volte sono le opere minori a consentire col loro tanto d'incompiuto e d'aperto, un maggiore approfondimento nella conoscenza d'un autore (sicché) tocca spesso ai cla'isici minori l'a~cvolezza d'introdurre nel cuore segreto di una letteratura quale la nostra altrimenti troppo bloccata in se stessa >. Veramente, e: appartiene ai minori di riassestare e abbellire, chia- ~en~o e rafforzando scoperte appena mtu~tc o accennate>; ma se questa è la via per la quale una prosa viva si adegua 1 d'anno in anno, a nuove csi• genze, che sono poi nuove umane cspe• rienze, è pur vero che una raggiunta consapevolezza può segnare un limite, un termine ai progressi d'un genere. Progrc,;si tutti di mestiere, come Faiqui è il primo a intendere. Tanto che si rischierebbe di dubitare finito il giornalismo letterario, e insomma l'arte dell'elzeviro. Ciò che può darsi 1 come fenomeno editoriale; benché ormai siano inevitabili gli svolgimenti d'un genere letterario che ha avuto fortuna non casuale. Che se poi scrittori come Cecchi, come Baldini hanno servito a dar quasi un battesimo letterario al moderno articolo di terza pagina, segnandone i salienti caratteri, non è detto lhc tale articolo debba esaurirsi in t'~~ RWIN Wittstock è, insieme con ~ Heinrich Zillich, il rappresentante - ' della nuova letteratura in quel• l'estremo lembo di terra tedesca, protesa da secoli verso l'Oriente, che è la Transit• vania. Estremo lembo di terra tedesca, incuneatosi fra popoli diversi, che ora ap• parriene alla Rumcnia. WittStock, benché sia giovine d'anni (quarantenne; fece appena in tempo a prendere parte alla guerra mondiale, compi gli studi in un'università di confine tra Ungheria e Rumenia e vive quasi sempre nella sua patria), è già oggi uno scrittore che, nell'esigua schiera di coloro che in lingua tedesca promettono qualche cosa, ha una fisionomia e un carattere. Deciso e abile nel trarre partito dal patrimonio quasi vergine della sua terra natia (un mondo già. colto da secoli per ciò che riguarda la minoranza tedesca, ma frammischiato in mezzo a popolazioni più rozze e alcune quasi primitive: tartari, musulmani, zingari, rutcni, ungheresi, rumeni), Erv.•in Wittstock si vale di una lingua che è rigorosamente e dirci quasi ostentatamente pura riguardo al ceppo originario, ma con una •densità• di aggettivi e di verbi che a uno dei suoi critici ha fatto ricordare • i gravi vini ungheresi», In certi momenti, questa densità, pigiata anche nei particolari, appare eccessiva, ma certo essa nella mag• gior parte dei casi si rivela stranamente adatta a dipingere quel mondo vario e lussureggiante, intensamente realistico ep• pure poetico. Del resto \.Vittstock ha anche buone (ma non ancor tutte liberate da impacci) qualità narrative; e accanto a figure ben disegnate sa fare snodare un'azione, dal fittume dei particolari sa far qualche volta sgorgare considerazioni, sulle razze e sui popoli, non volgari. Queste qualità di artista e di narratore mi pare che si attuino meglio nel suo libro più recente di racconti: Die Freu11dschaft von Kocktlburg (L'amicizia di Kockelburg), anziché nel romanzo: Brudrr, nimm dit Brfider mit (Fratello, prenditi i fratelli con te); tutti e due editi dal Ver• lag Langen • Milller di ;\Jlonaco. Nel li. bro di racconti il tema politico delle lotte fra razze diverse, con la preoccupazione di salvare quella che all'autore sta a cuore, fa meno ressa e l'occhio è più limpido, va più diretto allo scopo dell'arte. In un albergo di campagna, al margine delle grandi foreste della Transilvania, sette amici, già compagni di scuola, si dànno dopo molti anni convegno e, sul far della notte, intorno alla tavola ancor piena di bicchieri, ciascuno racconta una esperienza della sua vita, in forma di novella. Vecchio espediente letterario, come si sa. E colui che racconta è di fatto uno solo: l'autore, il quale non si dli. nemmeno pensiero d'indìviduare e distin• gucre il carattere diverso dei scttt narratori, e anzi quanto più si dimentica di colui che in prima persona narra, tanto un esaurimento dei modi iniziali di quegli scrittori. Così se si possono ri• scontrare, ne! Leopardi delle Operette e nel Baudelaire dei PetilI poèmts eu prose, scrittori che confortano circa la nobiltà d'un genere di componimento letterario, non soltanto nei limiti fra lirici e autobiografici si possono chiudere i « capitoli > e gli e elzeviri >. Lirici e autobiografici, con qualche accenno a moralità di fondamento letterario furono gli articoli di terza pagina, da Panzini agli ultimi prosatori italiani : quelli che si sono fatta una bandiera d'un raggiunto mestiere; ma può una letteratura restare ferma sotto un segno letterario, fosse e,.so il più alto e il più nobile? La prosa ha infinite strade che le si aprono davanti, e ha fatto bene Falqui a citare un prosatore che tutti abbiamo impa• rato ad amare proprio per la sua capacità di castigare nell'arte della prosa ogni troppo di colore, di senso. « La prose est nlc d'hitr, voilà ce qu'il /aut dire. Le vers tit la forme par excellerice des littératurcs ancie1111tI. T outes les combinaiions prosodiques ont été fai• tts, mais celles de la prose tarll s'en /aut >. Massima di Flaubert che Falqui riporta in quella sua prefazione, di stile vivace e preciso, antologia anch'essa di suffragi pro terza pagina. Sicché gli svolgimenti dcli' «elzeviro> possono es• tere vari, inattesi. Anche se la trrta pa• gina morisse, è certo che l'articolo di apertura ha dato allo ,;crittore italiano quasi un metro; e i racconti di cin• quanta pagine che oggi sono i predi• letti dei giovani narratori pare che siano come un passo più in là di quel tipico componimento. M., è certo che il segno, sotto cui 'ii sono educati tanti prosa.tori moderni, si va forse spostan• do. La prosa d'arte, quando non intesa come prosa cantata troppo vicina agli SC"hiamani e ai languori, non ~ una sublimazione, una eccelsitudinc delle altre prose. Né dalla prosa d'arte possiamo escludere molte pagine di sto• rici e anche di scrittori di cose lette• rari e, da Carducci a Croce; e tanto meno la prosa narrativa, solo perché questa mira a una compostezza solenne di non facile raggiungimento. Capitoli d'Enrico Falqui vuole andare certa• più il racconto gli piglia interesse e colore ... Giacché \Vittstock è autore certamente conscio dell'importanza di dar forme oggettive d'arte al ricco mondo d'espcrienze, di fatti, di colori che gli sta sotto gli occhi, ma non è esente da certe vaghe preoccupazioni per lo sviluppo del proprio io. E queste preoccupazioni non sempre coincidono colla felicità dell'arte. Senza dubbio il realismo è il suo punto d'appoggio; e vi sono perfino qua e l~ crudezze eccessive o sbrigative, come nella prima novella dove un contadino tedesco finisce per uccidere, senza troppi scrupoli, la sua vecchia amante zingara, perché gli dava troppe noie ... Se dovessi scegliere in questo campo, la novella piò compatta, dove non sono ricordi più o meno autobiografici di vita studentesca né incrina• menti di preoccupazioni culturali e razziali, mi pare sia• La grande promessa•: descrizione viva e semplice della caccia selvaggia data in un povero villaggio di tartari, quasi sepolto sotto la neve e affamato, a certi enormi uccelli, mezzo intontiti dal freddo. Ma se dovessi scegliere quando Wittstock cerca di conciliare il mondo della cultura tedesca con l'am• biente in cui è nato (che è il suo punto forte e lo scopo cui mira); allora prenderei, anziché il lungo racconto che dà il titolo al volume, la hrcve novella: • Le api•. In una cittadina della Transilvania vivono tre vecchissimi fratelli: due preti tedeschi evangelici e un cacciatore d'orsi, malato, bisbetico, che ha sempre discus• sìoni furiose e curiose cogli altri due fra• telli, specialmente su Goethe. Ma nella cittadina c'è un altro prete, ancor più vecchio, quasi centenario. Nel giorno in cui cade la sua festa ci deve essere un grande banchetto, ma il vecchione, an• dato a visitare un malato, non si trova più. Tutti lo cercano nelle campagne e alla fine lo trovano, beato e solitario, su un g'reppio: il vecchione s'era tolto le brache e aveva racchiuso in quelle uno sciame di api, dimenticandosi del banchetto in suo onore e di tutti. Intanto il vecchio cacciatore d'orsi, poco amico dei preti, in quel giorno, facendo una grande eccezione, s'era mosso da casa sua per andare ad onorare il festeggiato, ma verso sera ha un assalto del suo male e sta per morire. I due fratelli lo invitano a pregare ed egli si rifiuta, ma uno dei due ha aperto un volume dell'opera di Goethe che il morente aveva in grande venera• zione e si mette a leggere le meravigliose strofe, piene di affiato religioso, di Limiti dell'umanità. E tutti sentono che anche quella, mentre il cacciatore d'orsi dolce• mente si assopisce nel sonno della morte, è una prcghier.i.. Cosi la luce della più alta vetta di poesia tedesca s'insinua, senza che questo appaia un'intrusione, anzi con estrema naturalezza, in un mondo stra• namcnte lontano e primitivo; e lo illu• mina. BONAVENTURA TECCHI mente sotto i segni d'un antimanzonismo, che rischia qualche volta di es• sere contro Manzoni oltre che contro i suoi incauti scolari di cent'anni fa ... D'un antimanzonismo che, quando non si rivolga alla. scrittura facile, toscaneg• giante, dice la repugnanza d'una p.irte della nostra letteratura verso i grandi guadagni che all'arte italiana ha giovato Manzoni. In quegli inni, in quei canti, in quei settenari, in quei decasillabi che ci commuovono più che mai, appare una nostra arte letteraria moderna capace d'uscire dall'autobiografia esplicita o nascosta, fino a permettere al poeta una umana e non contingente moralità. Forse la sorte ha voluto che la lezione di Leopardi conducesse gli scrittori italiani al «capitolo>, forse ln sorte ha voluto che questo genere tutto moderno mettesse gli scrittori più giovani su una strada che rende oggi Manzoni il maestro prediletto. La verità è che anche molti dei medesimi scrittori di Capitoli, oggi, sembrano vaghcg• giare nelle loro prose ciò che prima pareva essere loro rcpugnante. I giovani poi quasi si stupiranno della lontananz~ da loro di molti scrittori chiusi in quest'antologia di Falqui; appena ne abbiano tolti quelli che vi eccellono per spirito brillante e vivace, per bravura tradizionale di prosa. Che se i «capitoli> di domani avranno anda. mento diverso. come dovuti ad autori meno tentati dal pittoresco, dalla patetica confessione, dal cauto canto in prosa, sarà tutto di guadagnato. Quando un genere chiude gli scrittori in formule lo si può comiderare prO'i\imo all'esaurimento; e per molti aspetti è così nell'odierno romanzo europeo; quando un genere invece apre la portr\ a chi vuol esprimere ciò che avanti pa. reva difficile vuol dire che ha ancora tanta strada da fare. Nel nostro caso, si sarebbe partiti con Leopardi voltando· con disdegno Jè spalle a '~fanzoni, e 'ii riavvicinerebbe questo scrit• tore nuovamente, per trovarlo più con• solante, più fruttuoso di insegnamenti di quanto non si W'-pCttassc. A volere cs~erc schcrtmi. non è l'episodio della « monaca di 11onza >, come un « ca• pitolo »? E quale e: capitolo > ! ARRIGO BENEDETTI

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==