:~N?;~· ON LO dimenticherò mai, quel :ij~ ,i:. ~orlto . dc! droghiere. L.a i_nia -!1.. infanzia e passata, quei g1or- (),. ~ .., ni non sono più, ma il ricor- . do di. quel conto del droghiere mt perseguita sempre. Si abitava in una piccola città del Colorado Nord. La nostra casa di mattoni rossi era il regalo di nozze di mio padre a mia m.1drc. L'aveva OO'ltruita lui, mattone per mattone, lavor::lhdo la sera e le domeniche. -. Ci volle un anno, per costruire quella casa e, il primo anniversario del loro matrimonio, mia madre e mio padre ne presero possesso. Ero il loro primo maschio l'unico figlio non nato nella casa roc;~;. li primo anno nella casa nuova nacque mio fratello. L'anno seguente nacque un altro fratello, poi un altro, un altro e un altro ancora. Attigua alla cac;a rossa di mattoni era la drog~eria del signor Craik e: poco dopo 11 suo trasloco nella casa nuova, mio padre aprì un conto presso ?i lui: I _primi anni riuscì a pagare. Ma 1 figli s1 facevano grandi, cominciando a voler mangiare sempre di più : nuovi figli arrivarono, ed altri ancora, e il conto del droghiere che faceva anche il macellaio salì a cifre molto alte. Ogni nuova nascita nella nostra casa sembrava portar sfortuna a mio padre. Le sue ansie e il suo conto crescevano; mentre i suoi guadagni diminuivano. Mio padre era certo che Dio ce l'aveva con lui per certi vecchi peccati. Ah, quella piaga del denaro! Quando ebbi dodici anni, i debiti d.i mio padre erano ormai tanti, che perfino sapevo che egli non poteva né voleva pagarli.- Ma più di tutto lo tormentava il conto del droghiere. Se doveva al signor Craik cento dollari, gliene dava cinquanta. Debitore di duecento, ne pagava settantacinque. Quando ne doveva trecento, riusciva, chi sa come, a versarne cento. Così andava con tutti i suoi debiti. Mio padre non ne faceva mistero; non aveva motivi reconditi per non pagare. Nessun bilancio avrebbe potuto far fronte a quei debiti, nessun piano economico alterarli. Era molto semplice: la famiglia di mio padre mangiava più di quel che egli non guadagnasse. Mio padre sapeva che la sua sola salvezza stava in un colpo di fortuna. Il suo eo;sereconvinto che un giorno la fortuna si sarebbe avvista di lui, gli dette modo di non arrendersi e di non ammazzarsi 1 cose che minacciava sempre e non faceva mai. Il signor Craik si lamentava senza posa. Se la nostra famiglia non avesse abitato a porta a porta col suo negozio in modo che lui poteva sorvegliarla ; se non foc;sc 5tato certo che alla fine avrebbe avuto gran parte almeno del denaro dovutogli, il signor Craik ci avrebbe negato il credito. Per mia madre aveva la frocida compa'isione che i piccoli negozianti hanno per la povera gente, e insieme il disinteresse che si ha per le persone della stessa condizione sociale. ~a il conto era molto alto e il signor Cr-aik trattava male mia madre; quasi arrivava a insultarla. Mia madre era one~ta e innocente come un bambino (il signor Craik lo sapeva); ma ciò contava poco quando andava a comprare roba a credito. Il signor Craik diceva di lavorare in generi alimentari, non in sentimenti; era già molto il denaro che gli era dovuto; e se concedeva credito supplementare, pretendeva presto un po' di denaro. In queste circostanze, non si poteva essere più umani. Non era semplice andare ad affrontare il droghiere ogni giorno. Mia madre doveva prepararsi; attendere che le veni5se un po' di coraggio. A mio pad;e C:::ikim~:fi:~~~i~hem~d:!~ ~peva che mia madre aveva paura del droghiere, ma i particolari della crudeltà del signor Craik li ignorava. Sarebbe stato troppo umiliante raccontarglieli. Mio padre sospettava vagamente le tribolazioni di mia madre : gli ripugnava però verificare i suoi sospetti. Mia madre a~pettava tutto il pomeriggio, e spes'iO fino a un'ora prima di pranw, il coraggio indispensabile per una spedizione alla drogheria. Aspettava seduta, con le mani nelle tasche. ~~~e~:t~:V~~ daWuso, il suo coraggio Quel pomeriggio d'inverno lo ricordo benissimo. Era tardi. Dalla finestra mia madre mi vedeva giocare con i ragazzi del quaniere. Si faceva a palle di neve. e Arturo! > chiamò mia madre aprendo la porta, La vidi immobile sulla soglia. Chiamava me perché ero il maggiore. Era quasi buio, ombre scure. invadevano rapide la neve color latte. I fanali della strada ardevano : fiamme fredde in un alone ancor più freddo. Un'automobile passò, facendo tintinnare cupamente le catene delle ruote. e Arturo!>. :PARIGI· BOOOLA DEI KENDIOANTI, PREPARATIVI PER L'OBOITA DALLA XESBA Sapevo ciò che voleva mia madre. Voleva mandanni alla bottega, lo sapevo. La· sua voce aveva quel tremore disperato, speciale, dell'ora del droghiere. Cercai d.i liberarmi fingendo di non aver udito, ma lei continuò a chiamarmi finché, non potendone più, risposi con rabbia. I miei amici smisero di buttar palle. Buttai un'ultima palla di neve, la guardai spiaccicarsi in terra, poi attraversai la strada strascicando i piedi sulla neve e sul selciato gelato. Ora vedevo chiaramente mia madre. Batteva i denti. La sera era fredda e lei con le braccia incrociate batteva i piedi per tenerli caldi. e Che cosa vuoi? > chiesi. e Fa freddo>, disse mia madre. e Entra e te lo dirò>. e Che c'è, mamma? Ho fretta >. e Dovresti andare alla drogheria>. e Alla drogheria? Non ci vado. Lo so perché vuoi mandannici. Hai paura di andarci tu per via del conto. Non ci vado>. • e Per favore>, disse mia madre, e vacci, Arturo. Sci abbastanza grande per capire. Sai bene com'è il signor Craik >. Lo conoscevo benissimo il signor Craik, e l'odiavo. Mi chiedeva sempre se mio padre era ubriaco, e che diavolo ne faceva, del suo denaro, e « come fate voi italiani a vivere senza un soldo>, e « come va che il vecchio non sta mai in casa la sera >. Lo conoscevo il signor Craik, e l'odiavo. e Perché non ci va Augusto? > dissi. e Accidenti, fatico soltanto io, qua dentro». e Ma Augusto è troppo piccolo. Non saprebbe che cosa comprare >. e Sarà>, ris,xisi, « ma io non ci vado>. Mi voltai e tornai dai miei amici. La battaglia di neve ricominciò. Mia madre mi chiamò ed io non risposi. Mi chiamò di nuovo. Gridai per coprire la sua voce; ora era buio e le finestre del signor Craik fiorivano nella notte. Mia madre immobile guardava la porta della bottega. Il signor Craik stava spezzando un osso con l'accetta, sul ceppo, quando mia madre entrò. Udendo scricchiolare la porta alzò la testa e la vide: una piccola insignificante figura in un vecchio cappotto nero con un collo alto di pelliccia, spelacchiato qua e là fino a mostrare il cuoio bianco. Una delle sue calze, la sinistra, ricadeva come sempre in larght- pieghe sgraziate sulla caviglia. S'indovinava che una spilla di sicurezza la fissava a una giarrettiera di clastico logora. Le sue calze sbiadite di raion, di un bruno giaJliccio, facevano apparire più misere le oss..'\ piccole, e la pelle bianca delle gambe, e le scarpe di mia madre erano più bagnate e decrepite del solito. Avanzò come una donna in una cattedrale, timorosa. e in punta di piedi, fino_ a quell'angolo familiare dove si fermava sempre per fare le sue spese, dove il banco incontrava il muro. Sorrideva, forse di sé : era una madre prolifica, non una signora elegante. I primi anni soleva salutare il signor Craik con un confuso e hoddy do>- Ora pensava forse che una simile familiarità dovesse dispiacergli, e se ne stava perciò tranquilla nel suo angolo, aspettando che egli si degnasse di servirla. Vedendo di chi si trattava, il signor Craik non si scompose, e mia madre si mise ad assistere sorridendo e fingendosi interessata alle sue manovre con l'ascia. Di statura media, quasi calvo e con gli occhiali, il signor Craik poteva avere quarantacinque anni. Teneva una grossa matita dietro un orecchio e una sigaretta dietro l'altro. JI suo grembiule bianco pendeva fino ai piedi, e un nastro azzurro lo legava alla vita girandovi più volte intorno. Il signor Craik stava tagliando una gros"a e sugosa bistecca. e Ah! > fece mia madre. « Ha un'aria molto buona, no?». Il signor Craik battè sul ceppo la bistecca da una parte e dall'altra, strappò un quadrato di carta dal rotolo, lo mise sulla bilancia, e vi buttò ~opra la carne. Le sue spesse dita esperte incartarono velocemente la bistecca. Mia madnr stimò che valesse novanta centesimi di dollaro: ~i domandò chi mai sarebbe stato a comprarla. Il signor Craik si mise in spalla il grosso quarto di bue e sparì dentro la ghiacciaia chiudend03:i la porta alle spalle. Mia madre allora si domandò perché mai i beccai si chiudono sempre dietro le porte delle ghiacciaie; se uno di loro, pensò, rimanesse dentro, non morrebbe di fame, almeno. C'era• no perfino le salsicce viennesi che si possono mangiare crude. Il signor Craik rimase un secolo nella ghiacciaia. Finalmente ne uscì, schiarendosi la gola, chiuse con uno scatto secco la porta, vi mise come faceva ogni sera il lucchetto e spari. nel retrobottega. Mia madre suppose che andasse a lavarsi le mani nella toletta; ricordò c,he aveva finito il sapone, poi, a un tratto, scoprì che le mancava tutto. Riapparso munito di scopa, il signor Craik cominciò a scopare la segatura intorno al ceppo. Mia madre alzò gli occhi all'orologio. Le sci meno dicci. Povero signor Craik, aveva l'aria stanca! Come tutti gli uomini sentiva ora il bisogno di un buon pasto caldo. Che bella cosa, pensò mia madre, essere la moglie di un droghiere-macellaio! e Ma anche se lo fossi>, pensò mia madre, « non sopporterei che pane fatto in casa>. A questo punto pensò, come tante altre volte, che si può guadagnare molto denaro vendendo in un negozietto del quartiere degli affari baon pane fatto in casa, grandi pagnott" come quelle che lei stessa impastava e cuoceva. Mia madre si sentiva capac.! di far prosperare una simile impn!sa ; pensò, quasi involontariamente, a come sarebbe stato furibondo suo marito se fosse andata anche lei fuori di casa a guadagnarsi la vita, come tante donne. Si vedeva benissimo nel piccolo forno, con la vetrina piena dì doki 1 di biscotti e di grandi pagnotte, e lei dietro il banco in grembiule bianco, e le signore eleganti di University Hill che entravano dicendo: e Oh, signora Bandini, che cose buone fate! >. Avrebbe avuto anche il servizio a domicilio, si capisce, e i suoi fattorini sarebbero stati Arturo e Federico e Augusto, e poi anche i loro fratelli. Mia madre si domandò quanto li avrebbe pagati in principio. Arturo, ~sendo il maggiore e meritando più incoraggiamento, avrebbe avuto sci dollari settimanali, Augusto tre e il piccolo Federico uno. Avrebbero m~so il denaro alla cassa, e se il primo negozio aveva fortuna ... JI signor Craik smise di scopare e acce,;e una sigaretta. e Abbiamo una stagione fredda, no? > disse mia madre. Ma il signor Craik tossì e lei imma• ginò che lui non ave~e udito. Lo vide sparire di nuovo nel retrobottega e tornarne con un portaimmondizie e una gran busta di carta. Picgato"i, scopò la segatura nella busta e buttò ogni coc;a nel secchio delle immondizie. « lo ,;offro molto il freddo>, riprese mia madre. li ,;ignor Craik tossi di nuovo e irl un baleno portò il M!cchio nel cortile dietro la bottega. Mia madre udì lo scroscio di un rubinetto aperto, poi il signor Craik tornò pulendosi le mani col grembiule. Mia madre sorrise incoraggiante, ma il droghiere guardava altrove. Facendo girare rumorosamente il registro della cas,;a, vi appose un cartello: « Chiusa la vendita>. Mia madre cambiò posizione, spostando il peso del c;uo corpo da un piede all'altro. Il grande orologio della drogheria suonò le ore : erano le sei in punto. li signor Craik tolse le monete dal cassettino degli spiccioli e le posò sul banco. Strappò un foglietto dal muro e allungò b mano verso la matita. Poi, chinatosi, contò l'inca~so di quel giorno. Mia madre tossicchiò. Possibile che non ,;i fosse accorto della sua presenza? Il signor Craik inumidì la matita con la punta della lingua rosea e cominciò ad addizionare cifre. As.se- ,;tandosi colpettini rapidi ai capelli, mia madre inaricò le sopracciglia, andò alla vetrina a guardar la frutta e i legumi esposti. e Fragole! > esclamò. e In pieno inverno! Vengono dalla California, signor Cra.ik? ». Il droghiere fece cadere le monete in un ~acchctto e andò alla cas,;a dove armeggiò a lungo per aprire e chiudere la e combinazione >. Erano le sci e dicci quando lasciò la cassaforte. Mia madre non lo seguiva più con gli occhi. Stanca, sedeva su una cassetta con le mani intrecciate in grembo, guardando fuori della finestra gelata, Il signor Craik si tolse il grembiule e lo buttò sul ceppo, buttò la sigaretta in terra e andò a prendere il cappotto nel retrobottega. Raddrizzandosi il colletto parlò per la prima volta a mia madre. e Su, signora Bandini, decidetevi ! Non posso star qui tutta la notte». Al suono di quella voce brusca mia madre perdè l'equilibrio e per poco non cadde dalla cassa dov'era seduta. Sorrise per nascondere il suo impaccio, ma il suo viso era rosso e non oc;ava alzare gli occhi. Le sue mani salirono tremanti alla sua gola come foglie agitate. « Oh ! > disse. e Ed io che stavo a,;pèttandovi ! Mi <lispiace tanto ... Non avrei mai creduto ... >. e Che cosa volete, signora Bandini, un pezzo di spalla? >. e Quanto costa oggi la spalla? > chiese mia madre che si era avvicinata al banco e stringeva le labbra. e Come sempre. Come sempre>. e Bcni~imo. Ne prenderò mezzo dollaro>. Il signor Craik agitava irritato la testa. e Perché non mc lo avete detto prima? > brontolò. < Non mi avete visto mettere tutta la carne in ghiacciaia? >. e Mi dispiace proprio tanto. Lasciate andare, allora>. e No>, disse il signor Craik. « Stavolta la tirerò fuori. Ma un'altra volta venite prima. Bisogna pure che vada a casa, la sera •· Tirò fuori dalla ghiacciaia un pezzo di ,;palla e si mi~ ad affilare il col• tel10. e Dite >, domandò. e Che fa Svevo, in questi giorni? >. In dodici anni, il signor Craik e mio padre non si erano parlati quasi mai, ma il droghiere lo chiamava sempre per nome. Mia madre era convinta che il signor Craik avesse paura di mio padre; questa certezza le dava un grande orgoglio segreto. Ora parlarono di mio padre e mia madre rifece il monotono racconto delle disgrazie di un muratore l'inverno. Aveva fretta di andarsene; ci soffriva a dir le stesse cose al signor Craik, giorno per gior• no, anno per anno. e A proposito>, disse raccogliendo i suoi pacchi. e Quasi quasi me ne di• mcnticavo. Vorrei anche un po' di frutta: una dozzina di mele ». Bestemmiando fra i denti il signor Craik aprì una busta di carta e vi fece cader dentro le mele. Non approvava che mia madre mettesse in conto frutta : non tollerava che la povera gente si concedesse lussi simili. Carne e farina sì. Ma perché mangiavano frutta, se gli dovevano già tanto de. naro? « Gran Dio! > disse. e Questa fac. cenda di mettere tutto in cont.o è ora che finisca. Le cose non possono continuare così, signora Dandini :.. e Lo dirò a Svevo>, disse mia madre in fretta. e Glielo dirò, signor Craik >. « Per quello che servirà! La mia bottega non è un'opera di beneficenza, diteglielo>. Mia madre prese i suoi pacchi e volò verso la porta. e Glielo dirò, signor Craik. Glielo dirò. Buona notte, signor Craik ! >. Che sollievo ritrovarsi nella strada! Com'era stanca! Le dolevano tutte le membra. Ma respirando l'aria fredda sorrise e abbracciò con amore i suoi pacchi. Anoora una volta, e per un altro giorno, le difficoltà del mangiare erano risolte. GIOVANNI FANTE g:I RANO le nove e le ultime saracinesche lQJ dei negozi salivano con fragore. L'autista d'una grande macchina aperta, ferma davanti a un salone di barbiere, andò a sedersi a un tavolino del vicino caffè e ordinò un espresso. • 11 pachiderma si sta depilando•, disse il cameriere. • L'autista confermò con un cenno del capo. • Speriamo che non sfasci la poltrona•· • Speriamo•. • Dopo, dove lo porti?•· • Non lo so; deciderà•· Il cameriere sospirò, fece una smorfia di sprezzo e disse: • Guarda un po' la fortuna ove si va a cacciare•· Avuto l'espresso l'autista dovette inghiottirlo in un sorso, perché il pachiderma, uscito lentamente dal negozio, saliva sull'automobile passandosi un fazzoletto pulito sulle grandi guance viola. L'automobile cominciò a correre nel viale. A un incrocio dovette ferman,i a fianco d'un autobus. Un bambmo in braccio alla madre s'accorse del signore e spalancando gli occhi indicò col dito l'enorme ventre adagiato sulle grosse gambe divaricate. L'automobile entrò nel lungomare, passò davanti ai bagni, tagliò per un prato, infilò una strada secondaria che s'internava in un boschetto; infine, si fermò sul limitare d'una spiaggia di ghiaia. Il mare era tranquillo, ma pure una sottile fascia d'onde mandava in su e in giù i ciottoli della riva. Sulla spiaggia. c'era soltanto un giovivotto seduto sopra una barca capovolta. Egli accorse, salutò e disse all'autista: • Non pensavo che sareste venuti, vado subito a prendere la tenda•. Poi scomparve internandosi nel boschetto. L'autista aiutò il padrone a uscire dall'automobile e l'aiutò poi a togliersi la giacca di seta azzurra. La camicia che usciva a sbuffi, trattenuta dalle bretelle, lo rendeva ancora più enorme. Camminò faticosamente sull'erba, con pa,;so incerto, arrivò alla 3hiaia e guardò il mare vuoto dinanzi a lui. Si voltò soltanto quando l'autista lo avvertl con voce rispettosa che la tenda, una specie di paravento, era pronta. Vi entrò con lentezza e tornò ad uscirne dopo un quarto d'ora, in una maglia da bagno nera con una striscia verde alla cintura. Aveva le spalle rosse bruciate dal sole; le gambe invece erano bianche sotto l'abbondante pelo: ciuffi di pelo nero spuntavano anche sul petto. Era scalzo e, pur procedendo a fatica, come un bambino, non mostrava di soffrire pei ciottoli della spiaggia. Scese in mare piano piano e quando l'acqua gli fu alla cintura si bagnò la testa; quando gli arrivò al petto tuffò la testa per un momento, infine, a bracciate lentissime. nuotò al largo. Il giovanotto che aveva portato la tenda chiese all'autista: • Verrete anche domani?•. • Non te lo posso assicurare, egli è molto capriccioso e decide tutto all'ultìmo momento•. • Non si direbbe; dall'aspetto sembra molto tranquillo•. • Tu non lo conosci: veniamo qui invece che allo stabilime'lto perch~ non va d'accordo col bagnino. t molto permaloso e vendicativo. Sono sicuro che fece apposta a buttarsi dal trampolino per il gusto di spezzarlo•. • L'avrà pagato, immagino•. • Niente affatto, disse invece che il bagnino doveva avvertirlo che ai trattava d'una tavola cosi debole•. • Sicché al bagno non cl andate più •· • Probabilmente; allo stabilimento aveva ogni giorno qualche dispiacere; la gente lo guardava con troppa curiosità, i bambini si prendevano confidenze. E anche i giovinotti erano poco educati con lui Ma lui quando s'infuria non scherza•. • Cosa può fare, cosl lento?•. • Eppure nessuno se la prende con lui. Un giorno sbagliò capanna e il giovinotto che l'aveva affittata gli buttò la roba sullu sabbia. Quando se ne accorse si fece rosso come la ceralacca, entrò nella capanna, prese la roba del giovinotto e con quel suo passo di tartaruga andò a buttarla in mare•. • Anche le acarpe?•· • Scarpe, calze, giacca e pantaloni, tutto insomma•. • Non ha mica paura dei pescicani lui •· osservò il giovinotto seguendolo con lo sguardo. • Che vuoi che gli facciano, si spaventano se lo vedono•, scherzò l'autista. • Eh, per fortuna da queste parti si vedono di rado, ma un braccio o una gamba, un pescecane glieli porta via•. Il signore che mtanto era arrivato molto al largo si voltò e tornò verso la spiaggia; quando {u quasi alla riva tornò a voltarsi e ientamente nuotò in fuori e continuò cosi per due ore di seguito, riposando solo q_ualche momento quando arrivava alla nva. L'autista e il giovinotto, seduti su11'erba all'ombra della macchina fumando e parlando d'altro, finirono col dimenticarlo. D'improvviso lo intesero chiedere: • Che ore sono?•. L'autista saltò in piedi e rispose: • Manca un quarto alle dodici•. .Allora il signore uscl dall'acqua, andò dietro la tenda, dopo un quarto d'ora era vestito e a fatica risalì sull'automobile. Tornando in città l'automobile si fermò sopra il ponte d'una pesa pubblica e l'autista andò ad avvertire l'impiegato. Poco dopo portava un biglietto al padrone che lo prese, lo guardò e se lo mise in tasca. . • Devo misurare' la benzina?• chiese l'autista. • Non importa•, rispose il signore in tono irritato, • siamo ancora a centoquaranta: andiamo a casa•. ENRICO MOROVICH I I 1
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