OLI EREDI DI FRANOU1 JEAN PAINLEV1:, PIGLIO DEL DEFUNTO PRE8IDENTE 1 OOL OANE MIRKO di vassallaggio. Se, entrando in Gerusalerrnnc, Po,npeo non a, 1·\'a nemmeno toccato i tesori del 1empio, questo non si doveva in nessun nioclo riferire ad una qualsiasi co11~idti.,Zionc della religione dei vinti, m:i alla saggezza del vincitore, che vol,·,·a togliere qualsiasi prete'ito ad una n.,zionc notoriamente portata alla C'alunnia e alla diffamazione. e L'aver "''\JHlto resistere ad una superstiziom· barbarica fu, da parte di Fiacco, uu segno di energia; l'aver saputo dic;pre,,.,..nrcn, ell'interesse della repubblica, quc·'ita folla di· giudei, così spesso turi)!,bHa nelle nostre assemblee, fu untl 1111,waprova della sua forza d'animo • Quando Cicerone dice di t•,~i~rr esterrefatto dalla presenza dei ~imk·i, ace.orsi in gran numero per so11en,·re gli accusatori di Fiacco, per +: montare l'ambiente>, come si direhh1!.oi::;-~igiorno, ~ chiaro che si abbandoua ad un artificio oratorio. e Tu sai >. esclama v0lgendosi all'avvocato (h-'{li Asiatici, e quanto sia numerosa la loro truppa, quanto siano fra di loro !\Olidali, quale influenza riescano .1d l.."SCrcita.re nelle assemblee. P.lrlerò a mc-aa voce, quanto appena occorn· per essere inteso dai giudici, perché so bene che non mancano persone capaci di scagliare qucstJ grntaglia contro di noi, contro i nttJrlini più degni, e non ho proprio nrs~una voglia di favorire questo loro çoinpito odioso•· e, evidente che con queste parole il gran<le or.1wre cerca di screditare gli ebrei prc-'-m i giudici, di renderli sospetti t' 1>oro degni d\ fede. Va più in là. Con raffinata arte insinua che i giudei non siano estranei a quelle conventi('ole politico-criminali, che facevano capo a Clodio, il demagogo protetto da C<''-MC-, e che suscitavano inquietudini e: ,lpprensioni di ogni genere presso tutto il mondo conservatore. Si sapcv,1 che uno dei fini di Clo~ dio era precisamente..· il bando da inAigger.;i a Cicerone, come doveva, appunto, accadere, l'anno seguente nel terrore di Roma. Non è diflkile immaginare l'efficacia di tali a.rgomc-ntazio• ni sull'animo di giudici co~ì male disposti verso tutto <1uanto ~apcs".lcdi sovversivismo. Bcrnard La7,are interpreta questi CONCORSO PERMANENTE DI "OMNIBUS" perla narra:llone d1 un ratt.o qual.Ila.I, realmente accaduto a cbl 1crtve. La narralione non deTe 1uperare le t.re colonne del giornale, e de Te e11ere lnvtata ,crU.ta a macchina, da una ,ola par\.e del fo4Uo. OJll,1 narraslone i,ubbllcata, 1econdo l'ordine di &rr1To e d'a.ccet.taslone, •erri. compen1ata con Lire 600 (clDquecent.o). - I daU,Uo,crltU non accett&U non al rfllUtuJ■cono. - Per la Talldlti della 1pedl1tone, lflrYtrtl del tagliando 1t.ampa.t.oqui sott.o, incollato ,una bu1ta. CONCORSO PERMANENTE Alla Direzione· di OMNIBUS PIAZZA DELLAPILOTTA N. 3 ROMA fatti in un modo assolutamente arbitra.rio quando dice che Cicerone attaccò gli ebrei perché facevano opposizione al partito del Senato. E l'arbitrio passa ogni misura in Giuseppe Reinach quando scrive che Cicerone denunziò nei giudei degli e artefici di rivoluzioni •· Ecco formule solenni per dire che gli ebrei prendevano larga parte ai movimenti della crapula romana! Il fatto che, durante il Medio Evo, e all'inizio dell'età moderna, i capi dei sommovimenti popolari si siano non di rado richiamati alle parole dei profeti di Israele non autorizza affatto a concludere che questi profeti siano stati dei rivoluzionari. f::. il caso di ricordare una giudiziosa 05$Crvazione dj Rcnan: e Nella storia religiosa un testo non vale per quello che ha voluto dire l'autore, ma per quello che gli fanno dire i bisogni di un dato tempo. La storia religiosa dell'umanità procede a controsenso>. Ne consegue che se vogliamo apprezzare in tutto il suo valore la parte che ebbero i profeti nell'antica storia d'Israele, non dobbiamo guardare all'uso che l'Europa cristiana fece della letteratura profetica, ma indagare ciò che gli antichi scrittori d'Israele vollero dire e far credere ai loro contemporanei. Se ci mettiamo da questo punto di vista, che è poi il solo legittimo, non tarderemo a persuaderci che non è proprio il caso di riguardarli come dei rivoluzionari. Sotto il nome di profeti si comprendono individui che appartenevano ai tipi più diversi. Dei -loro discorsi non ci sono pervenuti che frammenti e confusi, scuciti, pieni di riferimenti a fatti e ad avvenimenti di cui non sappiamo quasi nulla >, come osserva giustamente Renan. Tuttavia l'esame della tesi del Reinach non presenta gravi difficoltà, perché il nostro autore si richiama particolarmente ad Amos, di cui cita un versetto (Amos, VII[, 4). Nel linguaggio corrente si chiama rivoluzionario chi vuol <;c1-vircd;ei -Ila forza per affrettare un mnvi1m:nto soci:1lc che gli sembri procc<.krr troppo lentamente verso il fine che gli è proprio. Quc~to non può dirsi di Amo".!, che Rcnan classifica senz'altro fra i « preJicatori dei grandi dogmi reazionari». Ec)o come egli descrive la crisi che dflaniò il mo11do giudaico: e Una triplice siep<.· di pregiudi1:i religiosi, morali e sociali, separava Israele da tutto ciò che gli altri popoli consideravano progresso. 11 suo ideale era quanto mai :1.rretrato; era riposto in una vita pastorale e agricola, senza grandi città, senza milizia rcgol:1.re, senza governo centrale, senza corte e senza aristocrazia, senza lusso e senza commercio. Solo questa vita era degna di un uomo libero>. Gli uomini che si misero a capo di una simile lotta « in nome dell'idea patriarcale contro i progressi della civiltà >, non riuscirono a modificare il corso della storia, onde la nazione perì fra convulsioni anarchiche, dato che la regalità si trovò ad essere troppo debole per imporre alle popolazioni una disciplina, che, essendo in tutto e per tutto in opposizione con le tradizioni ebraiche, meritava essa sola la qualifica di rivoluzionaria. ~li pare opportuno, a questo proposito, di rilevare un errore comunissimo fra il pubblico e largamente dif. fuso fra gli stessi studiosi della letteratura ebraica. Bernard Lazare, che, in questo, segue Renan, parla con molta enfasi della giusti{ia che sarebbe la grande passione degli ebrei, fino a contrapporre questa giusti{ia alla santità cristiana. Ma in che cosa consiste, per gli ebrei, questo ideale di giustizia? Essere giusto significa, per Israele, sottoporsi col massimo rigore possibile ad una disciplina prescritta da Jehova stesso. Secondo i e giusti > contemporanei di Amos, Jchova raccomandava agli uomini, desiderosi di non perdere la sua protezione, di condurre una vita in tutto simile a quella dei patriarchi idea• lizzati nelle leggende nazionali. Più ta~ di i rabbini redigeranno minuziose prescrizioni su l'igiene, il culto e la morale, collocando su un medesimo piano molte cose e molti valori che la nostra filosofia insegna a distinguere con la massima chiarezza e precisione. I cri• stiani vollero attuare una santità. che doveva rendere i fedeli degni di figurare fra i compagni del Cristo. La loro teologia assimilò quanto di più nobile e di più elevato si trovava nel pen• siero greco; di modo che, quando si adopera la parola giustiiia in un senso così contrario ai nostri costumi, ci si espone a confusioni assolutamente assurde. Non occorre spiegare perché i dotti del giudaismo hanno tutto l'in• teressc a perpetuare equivoci di questo genere. La verità è che gli ebrei non hanno conosciuto né la giustizia, né la gloria, che tanta importanza ha avuto nella fonnazione della nostra civiltà. Renan si mostra addirittura stupito quando vede apparire la idea della gloria nel primo libro dei Maccabei. Ma questo libro non è stato compreso nella Bibbia ebraica. Non sarebbe difficile provare che anche l'idea della scien7,a è estranea alla letteratura ebraica. Sono persuaso che Giuseppe Reinach avrebbe parlato del :'vledio Evo in termini assai diversi se non fosse stato fuorviato da Bernard Lazare. e, indubitato che durante tutto questo periodo gli ebrei hanno esercitato una grandisc;im:'Iinflucn:r...'\in ogni parte d'Europa. Si tratta solo di vedere la natura e il ,rnso di mir influcn7.a. Si cadrebbe in un l'rro1e madnrrl.llc ricono~cendo agli ebrei l'onore di a\'ere in qual\iasi modo collaborato alle fondamenta di quell'edificio scientifico che è il vanto e l'orgoglio dei tempi moderni. I così detti « sapienti ebrei • del Medio Evo meriterebbero, piuttosto, la qualifica di « maestri di stregoneria>. Astrologi, alchimisti, curatori, godettero indubbiamente di un grande prestigio, ma questo era unicamente dovuto alle superstizioni del tempo. Ci si domanda ancora, e non sen7,a meraviglia, come mai il Medio Evo si sia mostrato così incurante delle ricerche scientifiche nonostante che abbia conosciuto alcuni degli aspetti più brillanti della civiltà, fino ad eguagliare la Grecia nell'architettura, nonostante i meravigliosi progressi compiuti nelle arti manuali. Noto di sfuggita che in questa anomalia si volle scorgere un forte argomento contro il materialismo storico. La mia opinione è diversa. L'incapacità del Medio Evo ad ac;surgere alla ricerca scientifica si deve unicamente spiegare con l'assoluta fiducia che gli uomini di quel tempo riponevano nella magia. Sarebbe ora, in luogo di celebrare la gloria dei sapienti ebrei del Medio Evo e di maledire i teologi che li avrebbe· ro oppressi, di proclamare che gli ebrei contribuirono come nessun altro a mantenere l'Occidente nell'pscuri• tà della barbarie. t ovvio che Bcm~rd Lazare era troppo accecato dal fanatismo nazionale per rendersi conto di una situazione di questo genere. Egli vedeva che i giudei avevano divulgato credenze che consentivano agli increduli di ritenersi superiori ai fedeli. Un sentimento di tale natura costituiva una grande forza in senso anticristiano. E questo bastava perché il Lazare elevasse un inno di entusiasmo all'opera compiuta dalla gente della sua stessa razza. e Gli ebrei diffusero il materialismo arabo che scosse così fortemente la fede cristiana e favorì l'incredulità. Durante il secolo decimoterzo, quando gli Hohenstaufen protessero la scienza alle spese del dogma e incoraggiarono l'epi• cureismo, gli israeliti furono in prima linea nell'esegesi dei libri sacri. Furono dei razionalisti.,. Come ha dimostrato Renan, furono essi che crearono l'averroismo; che fecero la celebrità di Jbn-Roschd, questo Averroè che doveva esercitare un'influenza ~nza pre~ cedenti in tutto il mondo mediterraneo. Furono questi stessi ebrei che propagarono i bla.rfemi delle empietà arabe, che i teologi simboleggiarono nell'unico blasfema dei Tre impostori. Cosa straordinaria e veramente degna della ma!sima attenzione: mentre da una parte gli ebrei averroisti, increduli, scettici e blasfematori, insidiavano il cristianesimo mediante il materialismo e il razionalismo, dall'altra favorivano il sorgere di un altro nemico, ancor più pericoloso, dei dogmi cattolici: il panteismo•· t in considerazione di questo attacco contro il cristianesimo che Giusep• pc Reinach chiama i dottori ebrei del Medio Evo e artefici nascosti delle grandi trasformazioni >; ma egli dimentica che l'Europa si rivoltò contro i panteisti, i blasfcmatori e i materialisti, che invocavano l'autorità dei filosofi arabo-giudei contro il Vangelo. Già nei primi secoli dell'èra nostra la civiltà classica aveva cof50 il pericolo di crollare sotto l'invasione della barb:l.riL· orie11t:1.lee fu solo con- ,·erltndosi al c-ri,tianC'~imoche il mondo romano polè trovare le forze ntcessarie per disperdere le allucinazioni, le superstizioni, le oscenità, che disonoravano le religioni della Siria e dell'Egitto. li fallimento di Giuliano mostra a qual punto il mondo fosse disgustato dalle follie pagane. La teologia dei Padri consacrò, in certo modo, un patto fra la mediazione cattolica e quanto ancora sopravviveva dell'alta cultura ellenica. Nel secolo dccimoten..o si ebbe un potente risveglio della coscienza religiosa in gran parte dovuto agli ordini mendicanti. La Chiesa riuscì a schiacciare i prìncipi che proteggevano i suoi nemici e la scolastica contrappose il buon senso peripatetico ai tortuosi sofismi semiti. 11 trionfo di San Tomaso, tante . volte raffigurato dai pittori italiani, simboleggiò la vittoria della latinità. Nessuno ha il diritto dì affermare che i filosofi giudei furono gli artefici delle grandi trasfonnazioni, perché, solo emancipandosi da.Ila loro opprimente tutela, l'Europa potrà creare la civiltà moderna. GIORGIO SOREL (~rad. di Mario A1issiroli) LA RIVOLUZIONEINTERNAZIONALE ~ F.CONDO una dottrina molto diffup., ~ il mondo d'oggi si divide in due parti: le nazioni soddisfatte e le non soddisfatte, le abbienti e le non abbienti ; e le non abbienti accampano delle rivcndicazio. ni (o, come si dice nel linguaggìo democratico, sono e aggres.sivc >) appunto pcrchf: non possiedono. Dal che, una buona parte dell'opinione pubblica dei paesi dcmocra. tici ha 1rat10 la conseguenza che, quando alle dette nazioni insoddisfatte si dcuc qualche cosa e da m~ticare >, la loro e aggressività > si calmerebbe. li problema della pace, quindi, si ridurrebbe a cercare di calmarle dando loro e: da mast.icare > il meno possibile. Un problema di mercanteggia• mento, ceco tutto. Ora, negli ultimi anni, i paesi roddisfatti hanno ceduto più volte di fronte agli insoddìsf aiti o, come essi dicono, hanno compiuto vari < sacrifici per la causa della pa• ce >, sperando ogni voha di placare definitivamente i loro avversari e di comprare la pace per. vari anni, se non per tutta questa generazione. Ma quClta loro speranza è stata sernprc delusa e le nazioni insoddisfatte, ogni qual voha una loro pretesa sia staia accolla, ne hanno, subito dopo, si dice, accampata un'altra più grande. Dal c.hc, la stampa democratica ha tratto argomento per accusare di e: insaziabilità > i governi tota• lit~ri o anche di ipocrisia, nel scnk> che cui graduerebbero le loro richicue solo per opportunità tattica, ma in fondo mirerebbero alla totale distruzione degli imperi inglese ·c francese. <:=i proponiamo di dimostrare in questo articolo che la cosl detta e: insaziabilità> dei paesi totali1ari {ossia il mohiplicarsi delle loro lcgit1imc rivendicazioni) è s1ata la consegucn:za diretta della politica inabile delle potenze soddisfatte. ~orse_ è vero che, se ai grandi conquistatori dei nostri giorni si fosse conces.so dicci anni ra la metà di quello che es.si, poi, si JOno p~cso, la rivoluzione in1ernazìonalc, che ora è in corso, non sarebbe avvenuta; ma, mentre, una volta, concessioni minori li avr~bbero soddisfaui, quelle maggiori di oggi sono appena sufficienti, come dice Lipp. mann, a e: mellcrli ir, appclito >. Le ragioni sono due. La prima è stata con gra~dc lucidità diagno5ticata dal Lippmann: cd e che le rivoluzioni non si fermano mai per il fatto che le loro rivendicazioni inl- -tia!i siano state soddisfane, t indubbiamente una verità che la mancanza d.i spazio e di risorse naturali per la po~laz.ionc congestionata di alcuni paesi abbia gcn~rato l'c: energia dinamica>, che ha determinato la loro ribellione contro J'or• dine conituito del mondo; ma da ciò non consegue affatto che quella energia, una ~olta .g~n~r~t~, si debba estinguere quando 1 t~rt1 m1z1ah siano stati ripara1i. . L1pp~a~n paragona la crisi attuale aJlc nvolu~om propriamente dc1tc; e il paragone c1 sembra dimostrativo. La rivoluzione fr~nccsc non si arrestò quando i torti di pn~a dd 1 789 furono riparati. La rivo. lui.ione russa non si arrestò quando i contadini, gli op~rai e i soldati ottennero le terre che avevano domandato al principio. E. ~nalogamcnlc era assurdo pensare che la cruz del mondo moderno si sarebbe chiusa q~ando la ~rmania avesse ottenu10 l'eguagha~za. d~g.li a~amenti, l'Italia una parte dcli Ab1um1a e 1I Giappone la ceuat.ionc del boicott~ggio cinese. E coloro i quali pcn. sano che s1 sarebbe dovuta chiudere, sono nella uessa situai.ione in cui sono le claui superiori durante li: rivolu:tioni. A un certo momento, esse ,i trovano ad aver fatto tu1tc le concessioni che ~rano state loro domand_a1e al principio, e non capiscono perché, ciò nonos1antc, la rivoluzione continui. Ed è acc.ad~to,. 1alllra, nella storia, che le rivolu::uon1 s1a~o .giunte alla fine, senza che quelle classi siano ancora riuscite a capire perché quelle conccuioni, le quali avrebbero po!uto prevenire la ri\-oluz.ione, non siano poi valse ad arrestarla. La ~ccond~ ragione (e questa il Lippmann non I _ha vista) è stata la rcsistcnu che i governi dcmocra1ici hanno fatta O hanno tentato di fare, il modo cstrcmamen1e malaccorto e sempre tardivo oon cui hanno cc~uto. Essi hanno sempre cominciato col resistere .. col minacciare, mentre sapevano ch_e non ,-<>tevano resistere, nf: attuare le minacce; e non esiste politica peggiore di quella del bluff, ossia del minacciar di fare quello che non si abbia la fon.a di fare E hanno finito sempre col ccdctt:: ma hann~ ceduto sc~pre ~ardi, sempre troppo tardi, e sot_to I~ nunacc1a del peggio. Un proverbio la1mo insegna che dà due volle chi dà presto. Le democrazie hanno sempre dato tardi e per forza. Fatte in queste condizioni quelle che esse chiamano e concessioni > ~ anche < sacrifici per la causa della pac~ > han.no a~ut? l'aria di essere piuttosto dcli~ cap1tola1Jon1. .or~ _il punto decisivo è proprio questo. La gmstma, resa in tempo e generosamente pu~ ~SS('rcefficace a pacificare cosi le classi ~c1ah, come le nn.ioni scontente o insoddisfatte. Ma le concessioni strappate per forza, dopo lunga lotta, sia pure incruenta dopo _che mina.ccc di guerra siano stat~ scam~iate e mobilitazioni più o meno larghe !:iano state fatte, non pacificano niente e. neuuno. Chi ha ceduto, resta col nncorc d1 _aver .dovuto c~dere e col segreto proposito d1 prendersi una rivincila, E chi ha ottenuto sa di dovere tut10 alla propria f~rza o alla debolcu:a dell'avversario e n1~ntc alla sua generosit.¼. o al suo ,enti mento di giustizia, • I GRANDICONQUISTATORI fò" EL lutto infondato ci sembra l'altro U!) ar~om~nto che il Lippmann adduce. Riportiamo il passo del suo articolo e ne faremo la critica in ultimo. Per consi~crare nella giusta luce, egli dice, le ~rospettzvc dell'avvenire, bisogna mettersi ?al pun.10 di vista delle carriere dei grandi co_nqum:uori della storia: di Aless~n~ro, d1 Cesare, di Napoleone. Che cosa e.i insegnano le loro carriere? Decisero cui, forse,. a u~ cerio p~nto di ~on andare più avanti e d1 annunziare che 11 periodo delle conquiste era fìni10? Alcs.sandro conquistò un impero che si stcn~cva fin~ all'India e mori a trentairè anni ; e subito dopo il suo impero si dì• sgregò. Le conquiste romane ebbero tennine, in sostanza, sono Augusto ad una frontiera al di là della quale, fino a portata di offensiva militare, non esisteva alcuna forza militare organizzata di qualche irnportanta. Napoleone inva.se tu1to il continente europeo, e il suo impero crollò perché non riuscl a conquistare la Ruuia, né la Gran Bretagna. Se si deve trarre una morale dal passato, bisogna concludere che i conquistato.ri non si arrestano volontariamente per consolidare le loro conquiue finché non abbiano abbattuto tutti i loro rivali. Coloro che dimenticano come i grandi conquista1ori pensino e agiscano trovano eccessivamente difficile capire la nuova èra, in cui improvvisamente 1i sono trovati a vivere. La s.cric di errori commessi negli ultimi anni dalle democrazie furono dovuti alla illusione che l'età delle conquiste e della costruzione di imperi fosse morta per sempre, come è morto Cesare; e, invece, dal 1931, viviamo in una nuova epoca di conquiste e di costruzione di imperi. Fra la pace di Monaco e la caduta di Canton sono 1tatc gettale le ba.si di due imperi, grandi quanto quabivoglia altro impero della storia, e il nostro spirito è incapace di mantenere il passo con la stessa rapidità con cui procede la storia in aiione. Ma possiamo avere, in certo modo, una misura della rapidità degli avvenimenti, se pensiamo che occorrono ire anni per co-- struirc una nave da battaglia e sono bastati quindici mesi per conquistare la Cina. Spogliato del fascino della bella prosa del Lippmann, l'argomento si riduce a questo modesto schema logico: le nazioni noh abbienti d'oggi saranno sempre insaziabili puchl Alcs$&ndro, Cesare e Napoleone ru. rono insaziabili. Osscrvaz.ione n. T. Fra la premessa: e: Alcsundro... Napoleone furono insaziabili >, e l'illazione eh<" il Lippmann ne trac: e: quindi Hillcr sarà insaz.iabile >, non esiste alcun nesso di con,cgucn:r.ialità. Dal punto di vi. sta della pura logie.a, il ragionamento non vale molto più del seguente: un uomo è passato per la tale via; dunque tutti gli uomini passeranno per quella via. Noi diciamo che se il tale è passato per una data via, il talaltro potrà passarvi e potrà non passarvi. E se Napoleone non si ar• restò mai ,olontariamcntc, è altrettanto possibile che Hitler si arrc11i, quanto che non si arresti. E, in fondo, il ragionamento del L',1p· mann si riduce al vecchio luogo comune che la storia si ripete sempre. Che è il più falso dt:i luoghi comuni, perché in realtà la storia non si ripelc mai, e non vi è alcuna ragione per cui si debba necemiriamenle ripetere. Oss~rvazione n. ~. La premessa: e i grandi conquistatori del passato furono insaziabili > è arbitraria ... Alessandro, il più ro.. mantico degli eroi dell'antichità, Napoleone, il più terribile soldato dei tempi moderni, furono veramente insaziabili, furono veramente inf~rmi di quel male che Esiodo chia• mò 6/Je~, lo spirito di smisura1cua. Ma vi furono altri eroi nella storia i quali non perderono mai di vista il limite che di\•ide il possibile dall'impossibile, la realtà dal sogno. Carlo Magno non si ostinb a dar di cc-zzo contro la potenza musulmana, L'Inghilterra, da Elisabetta ad oggi, combattè contro varie nazioni continentali, ma non sognò mai, neppure quando era al culmine della sua potenza, di ridurre in suo dominio il continente. Bismarck rese grande e potente la sua pa1ria, ma non sognò mai imperi mondiali e diede prova nella vittoria di uno spirito di moderuionc di cui la storia forse non ricorda altro esempio. Osservai.ione n. 3. Infine la premessa nella formula: e Alessandro, Cesare e Napoleone furono insaziabili> è erronea. lnsatiabilc fu Alessandro; inuziabilc fu Na.polt.onc; non già Cesare; e, anzi, proprio per ques10 ~ommsen gli tributò le più alte lodi. e: Cesare è for~ il solo fra i potenti della terra >, disse Mommscn, e che abbia conservato, fin? al termine della sua carriera, il tatto politico con cui si naviga fra il possibile e l'impouibile, e che non sia fallito dinanzi al compito più difficile per le nature riccamente dotate: quello di riconoscuc, al colmo del successo, il limite na. turale delle cose. Egli fece quello che era possibile, e non la.sciò mai incompiuta una cosa utile per correre dietro a un'altra impossibile. Ma là dove riconobbe che il destino aveva parlato, obbcdl sempre, Alessandro sull'Hasc, Napoleone a Mosca dcsistct• tcro perché non po1cvano fare altrimenti e maledissero il destino, che li arrestava'. Ma Cesare di sua volontà si fermò sul Tamigi e sul Reno; e sul Danubio e sull'Eufrate non sognò piani sconfinati di conquis1a, ma solo un regolamento :agionc..,olc di confini>. ln co~clusione,. il ragionamento del Lipp. ~ann Cl. scmb.ra infondato sia dal punto di ..,,sia logico, sia da quello storico . RICCIAROETTO Anno II• N. 60-10 Dicembre1938-:nn JIMNIBUS SETTIMANALDEI ATTUALITÀ Il POLITICA E LETTERARIA ESCE IL SABATOIN 12-16 PAGINE ABBONAMENTI Italia a Impero:aono L. '21 umutrt L. 22 Eatero1 anno L. 70, 1tmHlre L. 36 OOJl'J lfUJll:RO IJJU, LIRJ. Jhnoscriul, dhegni e fot.ogn6e,anohe ■e non pubblicati, non 1I readtnbcono. DlrHIOH: Roma - Pia11a della Pllotta, 3 T1lefono H. 66,470 .l.m.m..l.rabtr11!0111: Milan.o- Piaua Carlo Erbl 1 6 Telefouo N, 24.808 hbblldù.: Per mlllhne~rodi alteua, bue nna colonut ~·11!~!iv1~g8~i~1:l~JM, 1 T 1 ,\:f~;o B;o~:~ Parigi, 56, Rue do.FanbourgBalnt-Honori I '
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