Omnibus - anno II - n.49 - 3 dicembre 1938

IL SOFM DELLE musE ltt 'ARTICOLO di giornale potrebbe ·~ essere un genere, e se si è incerti nell'affermare ciò, è perché il nostro occhio di lettori distratti si ferma a valutare i caratteri di uno scritto, che appare in un quotidiano, soltanto dopo averne considerato la firma. E_le firme sono sempre di novellieri, dt. i:o~anzicri, di scr_ittori di viaggi, di cnt1c1; o, almeno, d1 gente che, quand?. raccoglierà le proprie com~>0~iiion1 m volume, a~sumerà, o involontariamente, o secondo i suggerimenti dcll'~ditorc, abito di narratore, di viaggiatore, di critico... ~1a, veramente, quella degli articoli da tena pagina potrebbe cs~rc una maniera di comporre, che quando si avvalesse di una maggi';lr~ a~vcdutczza, d'un rigore che magari 11 giornalismo non sempre permette, potrebbe condurre a definire lo stil~ letterario contemporaneo. E i genen _letterari, oltre che convenzioni, le quah pur smentite loicamente troveranno ancora chi le ravviva per le necc~ità del mestiere, sempre furono come un segno dei tempi. JI prevalere del romanzo nel secolo scorso, non è la fortuna casuale d'un genere, anzi il segno di uno stile che era nei romanzieri come nei lettori ; di un modo di vivere, se s'ha da dir così, rispettoso e ansio~o di cose umane e ins.icme, pur in quella curiosità fra sociale, scientifica, morale, non ostile alle an1abili fantasie. Ma spe~ un genere letterario sembra prevalere nelle ambizioni degli autori, e nei desideri o nei gusti dei lettori, disparatamente. Gli scrittori vogliono arrivare ad ogni cos.to alle duecento pagine; come se si trattasse dell'unico traguardo della letteratura e. dell'arte; i lettori, d'altra. parte, continuano a leggere opere narrative, per abitudine familiare, diremmo: e per quella educazione letteraria che ogni tempo vuole diversa. Ma chi legge pare trascurare le fatiche di chi scrive, per tenersi ad opere di cui basta il titolo, o il nome d'un personaggio, ormai, piil che il ricordo dell'autore, a incantare la fantasia. Così, pur variando le ragioni del lavoro e del divertimento, il romanzo continua ad essere scritto e letto. Nei paesi anglosa~oni con una felicità nello scrittore che par quella di chi ~a, nell'intimo, di raccontare fatti che non sono soltanto suoi, ma di tutti quelli che gli stanno intorno... Negli altri paesi, in Italia e in Francia, non so se con p.,ri felicità. Trascurando il romanzo italiano che anche dopo Manzoni, Nievo, Svevo, Tozzi, Palazzeschi. .. pare nascere da un miracolo sempre, e poi restare sotto una campana di cristallo all'ammirazione un oo' fredda, un po' compiaciuta dei lettori; e fermandoci a quello franccsc, subito appare quanto il mestiere deluda l'arte. Romanzi in Francia se ne scrivono ancora, e sono varianti spesso di una orm--; conclusa tradizione naturalista, anche quando vorrebbero esserne una contraddizione, Ma chi apre un roC .)- Ll ASTRONOMI e i botanici mi .J~ son sempre apparsi {dopo i santi) i più puri degli uomini: certo i più lontani dalla romba dell'umano tra- \'aglio, i più vicini, nel grande e nel piccolo, ai segreti di Dio. Gli altri scienziati, chi più chi meno, par che si allontanino da quella incontaminata purezza. Il matematico, non c'è dubbio, confina con l'astronomo, ma confina anche con l'ingegnere, cioè col mondo della pratica e maJ{ari dell'affarismo. li batteriologo e l'entomologo hanno qualche affinità col botanico, ma il primo è quasi sempre un medico e il secondo studia individui e ,ocictà che nella loro piccolezza hanno pur sempre qualche rapporto di somiglianza col ~encrc umano. Prevedo l'obiezione, e cioè che il botanico non è poi cosl distaccato dal mondo pratico, se è vero, come è vero, che il regno vegetale è conttnuomente utilizzato dalla medicina, dalla chimica industriale, dalla scienza delle costruzioni t' ,·ia di seguito; e il botanico, si augiungc, va spesso a braccetto col cattedratico ambulante d'agricoltura. Sarà, ma quando si visita, per escmµio, la (.;hanousia del Piccolo San Bernardo, dinan~i a <1uclla vivente carta geografica di piante e di fiori ci si sente mille miglia lontani dai calcoli dell'utilitarismo, proprio come quando si passeggia col telescopio per gli spazi celesti. D,àmo i morti - Cog/irre I fiori chepassano (aricl1'etsi, t1dr,ratt' /,. s/ellt' du non pouano mm. :--:o, il distico carducciano non è fatto né pt:r gli astronomi né per i botanici: questi non colgono i fiori, o li colgono per investigarne i segreti, non per goderli d;1 epicurt:i; quelli ..;10Q adorano le stelle, ma ne tracciano1~l'lr~nerari e ne fissano uli orari con un'uttcnzione che val più manzo di Mazelinc, di Grecn, di Giono, di quelli altri che pure sono fra i migliori, come non avere un'imoressionc di stucco, quasi che d si ritrovi a vedere ripetute le stesse fra.si oltre che le stesse situazioni? Al più, l'abilità dello scrittore sarà tutta in una segreta contraddizione, per cui ogni accorgimento che avrebbe giovato a un romanziere tradizionale, viene in apparenza capovolto; e il gioco tuttavia si sente persistere semorc nei termini di prima, sempre con i risultati di prima. Tanto che la curiosità del lettore straniero va a scrittori che stanno fra il saggio moralistico e politico. Lì la tradizione attica della prosa francese la troviamo conservata senza paura e senza contraddizioni. Céline, il romanziere, forse h:i paura della prosa di Flaubc.n, come quella che preclude al~ l'occhio del narratore ogni scoperta, ogni candore. Gli altri, gli scrittori, come Gide, che decic::amente si sono posti a un lavoro deliberatamente intellettuale, si trovano a più agio. Se i romanzieri del secolo scorso ci dettero della vita francese un quadro patetico e poetico, essi ce ne dànno forse un esame fatto con l'intelletto più che con la fant:l.sia; cd è perciò che si trova110 ad avere nello stile una naturalezza e una novità che agli altri pare negata. In l talia, il romanzo nel XX secolo è come la tragedia nel XVIll. Si è detto e ridetto. Quasi a giustificare quel che di sforzato che si sente in ogni opera che voglia cs~re deliberatamente, oltre che per spazio romanzesca. Ed è che tutti convengvno, in questa affermazione, sempre per rivalutare un altro genere: quello della novella e del racconto lungo; quasi che il peggiore e minore spazio possa condurre a tanta diversità. Sarà certo che la prosa di un romanzo pare richiedere una maggiore elaborazione che non quella della novella; cd è forse una illusione, e sempre un intendere il ronunzo ~ccondo schemi trascorsi. Ma un.3. differenza tra romanzo e novella non può es.servi, se non quando si veda nella novella moderna un componimento dove la fantac.ia ha un ~ioco non puramente narratÌ\'O, ~. la ncvf'lla, una compzy;izionc in c•.ii l'avvenimento non vuole che e!-Sere composto in annonico, amabile quadro, diventando soltanto un motivo da svolgere con studio variabile da penna a penna, eppure sempre indispensabile. Ed è per ciò che l'articolo di giomale 1 quando non abbia intenti immediati come quelli di essere la cronaca di una lettura, di un avvenimento crudo, cui si è, per caso e non per elezione, assistito, può esc;cre un genere letterario moderno: quello che gli scrittori (senU\ saperlo) scrivono per i lettori che lo ricercano (senza <;.aperlo). A volere es- ~cre rigorosamente sfacciati, ci sarebbe da difendere l'articolo letterario della ter.ta pagina, come quello che meglio si adatta al lettore contemporaneo: che può e~ere scorso in tram, o prima di addormentarsi; ma queste cose riguardano la opportunità dei lettori, che possono variare, che sono inc- ~plicabili; e che nessuno quanto noi è pronto a trascurare. ARRIGO BENEDETTI del feticismo e non ha nulla della contemplazione estatica, Si dice che durante la grande guerra gli astronomi di tutto il mondo abbiano continuato a corrispondere trn loro, oltre i fili spinati e i reticolati che dividevano l'Europa. La procella che spezzò l'internazionale dei proletari e l'internazionale dei re huciò intatta questa internazionale di studiosi stellari, che vivevano veramente al di sopra della mischia, in regioni dove non giunge il tuono del cannone e dove non passano aeroplani. Se mi dicessero che quella bufera rispettò anche l'internazionale dei botanici, non esiterei a crederlo. Il vecchio botanico con cui ogni anno mi piace conversare nei giorni di riposo in campagna, e a cui do appuntamento tra l'ultima fienatura e la vendemmia, era forse meno stellare dell'archetipo da me vagheggiato: era un medico e, come tale, interrogava le piante per giovarsene nell'arte sua. 1\fa se dalle sue parole s'indovina il suo amore per i malati, più ancora ne traspare il suo amore per le piante: le amava come creature benefiche e insieme con un rapimento, dinanzi alle armonie della natura, che dava talora al suo latino di scienziato un accento quasi francescano. Si chiamava Antonio :\Iaurizio Zumaglini ed era nativo di Benna in quel di Biella: a buon diritto Biella. ha intitolato i suoi giardini pubblici al nome di lui. Il suo libro, Flora pttkmontana sivt sptciu plantarum in Ptdtmottlt tt Liguria sponte 110Jctntillm, fu stampato tra il settembre del 1859 e l'ottobre del i86o1 a Biella, sebbene l'esemplare in due tomi che mi fa compagnia in villeggiatura rechi indicazioni di tempo contraddittorie nelle copertine e net frontespizi. Vidtmtt bib/iophili. ~é saprei dire se sia mai uscito un terzo "V•di qull• qaaaro b,Uinlme 1.ntent11della udJo7 Bu:11 1 quella 0<111l"Otondt.a linlltrt. lo)t. c11pola di 81.u Pietro" {r} I. I scritti, gli appunti, i disegni che @ Leonardo lasciò, sono come il diario di quarant'anni di un pittore, d'unò scrittore, d'un « meccanico». Dal 1482 al 1518, quegli appunti, quelle note furono stesi e lasciati sulla carta, come in vista di futuri sviluppi, e di una elaborazione che forse, benché ambita, non poteva avverarsi. Se poi a tanta fatica fosse bastata la vita di Leonardo, ne sarebbe certamente derivato come un som,mario degli ~tudi, delle idee, delle illuminazioni leonardesche. E non era però che un sogno, destinato a non essere soddisfatto. Fra coloro, intanto, che si sono accinti alla fatica di riordinare gli scritti e gli appunti di Leonardo 1 de\·c. essere rammentato fra i primi J. P. Richter che (come riferisce il Times nel suo supplemento letterario) nei due volumi di Literary Works o/ Leonardo da Vinci, apparsi nel 1883, curò la pubblicazione di molte carte leonardesche di raro interesse. Ma gli scritti di Leonardo non possono ancora dirsi del tutto sistemati, tanto che quella raccolta di J. P. Richter viene ora µubblicata in una seconda edizione da :\iiacCurdy, della università di Oxford, con notevoli aggiunte e correzioni. NfacCurdy. autore di più d'un sagtomo, annunziato dall'autore alla fine del secondo e riservato alle correzioni, alla bibliografia, agl'indici, alla sinossi dei generi secondo il metodo naturale. La prefazione, comunque, fu dettata nel novembre del 1848 a Verrone, piccolo vii~ !aggio presso Benna. 1848, 1859, 186o: prima e seconda guerra d'indipendenza, annessioni, spedizione dei Mille, spedizione nelle Marche. Quale ripercussione ebbero questi avvenimenti nel cuore del mio vecchio botanico? A scorrere le quasi mille pagine dei due tomi di Flora ptdtmontana, stampate su doppia colonna a caratteri minutissimi, si direbbe che in quel biennio 1859-1860 egli non ad altro pensasse che alla laboriosa revisione delle sue bozze. Certo è che nel novembre del t 848, mentre al Parlamento subalpino si ctiscutcva accanitamente sull'opportunità d'una ripresa della guerra e tutta l'Italia era in agitazione e qua e là in convulsione, il mio Zumaglini celebrava nel suo facile e familiare latino i Vantaggi della vita rustica e la beatitudine degli scienziati che vivono in comunione con la natura: .: I conudini •, cosi diceva, o piuttosto cosi gli fo dire io volgarizzando il suo !arino, • .sono affiiui dalle malattie men frequente• mente e men gravemente che i cittadini e vengono curati più age, olmente con rimedi più semplici, più comodi e di minor costo, forniti in massima parte dalle erbe. Cli uomini infatti che vivono secondo natura è cvi• dente che debbono soffrire di mahm1e meno frequenti, meno gravi e più tollerabili.. A \'Ìver bene e onestamente nulla gio\'a quanto li diligente investigazione e contemplazione della natura. Quelli dunque che si dànno allo studiofdella storia naturale son tutti, da pochi in fuori, buoni, S('mplici, liberi, temp<:rnntt, a0abili, commendati per integri1à <li ,·ita e purilà di costumi, e, per dir tutto in poche parole, insigni per l'esercizio d'ogni virtù e di conscguenZAfelici,. gio utile all'intelligenza di Leonardo, pubblicò già una racco)ta di scritti di questo scrittore e pittore, suddivisa in quattro volumi, intitolati rispettivamente alla e Vita », alla e Natura », ali' e Arte » e alla « Fantasia ». Che fu per lui come suddividere in una ideale antologia, e perciò di più agevole lettura, quelle cJ1e erano le idee che Leonardo soleva appuntare sulle sue carte. Non invalso ancora l'uso, tutto moderno, del diario, o dello e zibaldone », quelle carte furono tenute senza il più lontano sospetto di lettori ; da essere difficile per lo studioso contemporaneo ogni tentativo di sistemazione. Sono appunti che mai accennano a un ragionamento disteso; e che, spesso sibillini, mostrano nella loro incompletezza la fretta d'una mente che badava a segnare sulla carta più che i propri pcns.ieri alcuni riferimenti ad es~! che, domani, avrebbero potuto es• sere come un suggerimento di lavoro. Quegli appunti, fitti di disegni, di propo~te, di riflessioni, di osservazioni, rammentano per la loro mole il Bentham, e anche William BlaKe; se non addirittura, come dice MacCurdy, il multiforme Goethe. Non si potrà mai precisare i caratteri degli appunti leer nardeschi studiandoli par.t.ialmcnte ora come letteratura, ora come scienza. Leonardo non fu soltanto pittore e scrittore, e nemmeno soltanto quel e meccanico» che egli .si vantava di essere. Uomo capace delle più varie Dolce, onesto, candido libro! E come sta bene nei chiusi scaffali della nostra vecchia biblioteca. di campagna: una bi• blioteca tipicamente ottocentesca e piemontese, dove le raccolte dei discorsi di Cavour, Rattazzi, Sella, vivono in buon vicinato con le strenne romantiche dalle copertine di velluto confezionate nella regal Torino, dove le collezioni del Pa/. rnaver-de e dcli' Alma11acco rtolt non si scandalizzano di vedersi accanto libri di giardinaggio e di viticoltura, e l' Enciclopedia del Boccardo sonnecchia vicino agli addormentatissimi Atti delle commissioni parlamentari. Perfino tra i classici prevalgono qui i subalpini: Dotta, Balbo, Gioberti ... Di fuori via non ci sono che i romanzieri: Cervantes, Lcsage, Balzac, Gcorge Sand, Dickens, Guerrazzi e anche {abbassiamo un poco la voce) Sue e Gaboriau, L'odorino di muffa che si respira a rimuovere quei volumi è come una sintesi di civismo risorgimentale, di lealismo monarchico, d'idealismo romantico e di ouimismo georgico. Lasciatemi dunque leggere il mio Zumaglini con animo gozzaniano. La parte continentale del regno di Sardegna, qual era sotto Vittorio Emanuele I, Carlo Felice e Carlo Alberto, mi si disegna con precisione nei suoi confini: c'è già il re• cente acquisto del Genovesato, ma ci sono ancora il Ducato di Savoia e la Contea di Nizza. Se queste nozioni d'atlante storico dovessi dimenticarmele, un nome di pianta o di fiore può bastare a rimettermi in carreggiata. Il leccio, il sughero, il pi~ nastro, il lauro, il cedro, l'arancio, l'ulivo, l'oleandro, il rosmarino, tra le piante« pedemontane•? Non è, questa, Aora mediterranea? Ma il mio botanico m'ha fatto scavalcar l'Appennino {non so se in diligenza o in un treno preistorico) e ora sulla costa tirrena io posso spaziare con lui da Lerici a Nizza senza uscir dagli Stati del re di Sardegna. Il faggio, l'abete, il larice, una certa specie d'azalea, la sassifraga stellare, il mirtillo, la violetta del Moncenisio, la genziana turchina che splende come uno zaffiro cupo, il miosotide alpestre dall'occhjo color di ciclo, mi riportano invece sui versanti e sulle vette delle Alpi piemontesi e savoiarde, intuizioni, il suo occhio sapeva os5er• vare i fenomeni più disparati, fino a dedurne le conclusioni più lontane fra loro, secondo le risorse d'una mente che previde gli aeroplani, i sottomarini, i carri armati, e che pur in questa inclinazione verso la meCcanica non trascurò mai l'uomo e i suoi rapporti con l'universo. Di qui l'importanza di un'edizione che criticamente pubblichi quelli che sono stati i risultati di ricerche fatte in biblioteche e in musei a Milano, a Parigi, a Londra, a Windsor. Naturalmente l'interesse degli scritti di Leo• nardo non deve essere quello c~e si ha per un'opera che, data la sua incompletezza, sembra avere un suo particolare incanto magico : la mente chiara, l'abitudine sperimentale di Leonardo non deve permettere simili equivoci. Cosicché non si devono awicinare i suoi scritti come in cerca di scoperte da fare sotto lo stile allusivo, profetico. Leonardo scriveva per sé solo, forse: lasciava sulla carta dei segni dei quali egli avrebbe saputo, domani, nella memoria, rintracciare gli ultimi svolgimenti. La pubblicazione dei suoi scritti potrebbe apparire un tradimento quando dovesse prestarsi a un simile equivoco. Gli appunti di Leonardo non sono la prosa, la scienza di Leonardo. Sono soltanto come una trac~ eia della sua miracolosa fatica mentale durata quarant'anni. CARLO DADDI nel cuore della monarchia millenaria. E cosi, da una pagina all'altra, ora mi punge le narici un aroma salmastro di costa marina, ora mi bacia in fronte l'aura di paradiso delle supreme altezze. Qualche volta è la geografia che viene in aiuto alla mia botanica. Che cosa sia precisamente il pancrazio (pancratium man'timum) non so o non ricordo; ma un po' con la descrizione che ne dà lo Zumaglini, un po' con le sue indicazioni geografiche, non stento poi troppo a cavarmela: il pancrazio è 11 giglio marino, il bel fiore profumato che il D'Annunzio mandò al Pascoli {per offrirlo a Mariù) insieme con l'ultima ode di Alciont. Ma .ecco che un odor di micie m'attira in piena georgica: il mio Virgilio ottocentesco mi avverte che una certa specie di salice (sa/ix caprta) olezza dolcemente quando la pioggia è vicina e perciò in primavera offre alle api una gratissima preda: di quei salici, senza dubbio, era fatta diciotto secoli prima la siepe del campicello di Titiro. Hyblatù apibus flonm depasla salicti. Guardarsi invee;: dal cattivo miele "(mtl improbum, ammonisce il botanico) che le api succhiano dall'erica volgare. Queste e altre cose lo Zumaglini mc le dice, o mc le suggerisce, senza voli lirici o allenamenti retorici. Procede, anzi, calmo e pedestre, su dati positivi. t già molto se si permette qualche epiteto laudatorio, come per la reseda: • suavisrimmn odortm spirai medium Ùlttr tJiolam tt florts tiitis tiinifer-at •: dove l'aggettivo perde della sua genericità· accompagnan~ dosi alla notazione precisa di quella sfumatura di odore~ Il suo calore, e qualche volta la sua retorica, egli li riserva. per le piante officinali, le sue alleate nella guerra contro i mali che affliggono l'umanità. Qui si appella all'autorità. di medici antichi e moderni, ma più ancora alla propria esperienza. Le testimonianze e i ricordi gli affluiscono copiosi alla penna. Un vecchio medico, valente e di buona fede, gli ha detto d'esser riuscito a guarire mediante il decotto di porro tre tisici ormai spacciati, conforme ai consigli di Dioscoride. Dell'estratto di rosmarino afferma, tra l'altro, che fortifica il nervo lt GIORNALI itaHani, il diciotto noveml! brc, pubblicavano un telegramma di Chamberlain che risultava stranamente redatto: e Sono profondamente grato a Vostra Ecullen<,t1 per il messaggio col qual, auet, voluto esprimere... Sono riconoscenu all'Eccellen<,aVostra per le personali esprcs sioni di simpatia che auete voluto rivo) germi... >. Scrive Aldo Carratore nel suo Alle oritin, dell'arte di Anlonio Fota«aro: e L'opera d1 Antonio Fogazzaro, in1agliata nel vivo della reahà, conteneva in sé potenti germi di vita, come tutte le cosc scaturite dal profondo dell'anima, sorrette da una ardente passione, vivificate dall'immortale e divino soffio del. l'arte >. Il q~al soffio Carratore va cercando con l'orecchio teso nell'opera del Vi• centino, e non casualmente, ma, a dirla con lui, perché: e li diffuso senso di ricostr'.Jttività che caratterizza il nostro secolo operoso, la rinnovata e più sensibile coscienza storica che fa guardare con orgoglio al passato per lrarne i segni e gli auspici dell'avvenire immancabile, hanno posto infatti nuovamente nella giusta luce i grandi spi• ri1i della passata generazione che lasciarono orme notevoli in ogni campo dell'attività umana>. Che è un fare la critica avendo di mira la dimostrazione dei più vieti luoghi comuni. Strano poi che, ragionandosi di e ricostruttività > e di e secolo operoso>, si vada a cercare proprio uno scriuore e un poeta come Fogazzaro, che se oggi può talvolta attirare, e sia pure sempre parzialmente, la nos1ra curiosità, è per quel tanto di modesto e appartato che resta nella sua opera, pur cosl enfa.1icae retorica nelle 1ue effusioni fra mistiche e sentimentali. Ma è strano, soprattutto, vedere difesa l'arte d'un poeta con certi mezzi. Carratore ci offre, inediti, lettere e appunti del Fog,uuro che giovano poco a chi vo~lia difendere in lui un caratu':re forte. Sul manoscritto di Ma. !ombra è nato trovato scritto: e Come poeta odio la stampa per cui le opere $Critte con sangue del cuore si offrono sciocca• mente al freddo sog~higno degli indifferenti. Meglio il manoscritto s-apcva trovare chi può palpitare con noi. Vi era maggiore intimità fra il lettore e !'autore >. E poi si leggano le lettere fra Fogauaro e Leone, direttore d'un giornale letterario del tempo, e fra. costui e Rapisardi. C'è tutta l'aria della letteratura. provinciale fatta di risentimenti e di piccole ambiiioni. Perché ricordare di un autore, pur cosi· rispettabile come Fogauaro, ciò che lo immiserisce e lo rende ridicolo? Le sue lamentele contro chi negli articoli non faceva il suo nome, e contro chi non gli si dava da fare intorno appartennero certo a un momento di sfiducia; ma al Carratore servono piuttosto a tratteggiare il ritratto d'un autore di provincia pieno di amarezza e rabbie verso i distributori di successo. Fogazzaro diventa un poeta, un personaggio da film: prima la pena della generale indiffercn-ia, p0i ecco la gloria e la tconfitta dei nemici. Per il reSlo Carratore scrive: e Miranda è sboc• ciata dalle sublimi sfere del sogno e ~ei sogni eua conserva la fragilità ... >, e Ta• lune pagine, anzi, tradiscono unicamente la prt!enza e l'anima del poeta>, e cosl via. CALIBANO ottico e aguzza la memoria e che egli stesso se ne è giovato con ottimo effetto in alcuni casi di scrofola. Attesta sulla propria esperienza la grandissima utilità della tintura di vitalba nei casi di tigna e quella. del decotto di busso nei casi di alopecia derivanti da morbo, non solo per arrestare la caduta dei capelli, ma anche per farli rinascere. Quanto alla viola, afferma d'averne sperimentato la stupenda efficacia sedativa nella guarigione d'un uomo spinto al suicidio da. sventure domestiche e in quello d'una donna nevrastenica per gelosia e in preda anch'essa a mania suicida; ed anche in se stesso, durante una crisi di grave tristezza e prostrazione, ha potuto sperimentare le virtù dell'umile e benefica pianticella. Le lodi poi della camomilla non finiscono più e si chiudono con un giuramento (saucte adfirmo) che in uomo cosl candido quasi commuove. Ma non si può non riferire, almeno in parte, quello che dice dell'erba cedrina (titrbena officinalis): • Vi\e n('lle r('gioni temperate in ogni parte del mondo. Come il cane ama lil compagnia e la frequenza degli uomini e perciò predilige i ruderi, le macerie, le ~trade, i viottoli e i canili ne-Ile-vicinanze delle città e dei ;:,acsi e d';i;hri luoghi abitati dagli uomini. Il fusto muore d'inverno ?I.la la radice continua a vivere e a primavera rime1tc.-.. Erba davvero maravigliosa, e v('ra china nostra, che la natura provvidissima, pieto~a ai nostri mali, ha sparso a piene mani per tutti i luoghi e ha data all'uomo quasi per compagna. Cresce infatti abbondante e più rigogliosa nelle pianure calde o umide e in quelle circondate da acque s1agnanti o a lento corso, do,·e sono endemiche le febbri intermittenti; mentre vien su stenta e quasi pigra nei luoghi in cui le febbri sono scarse e leggere. ~oompart";del tulio sui monti, dove non ci ~on febbri.. Ripctuu1mtnte pc-rciò esorto i medici a far uso di quesl'crba comune da per tutlo, e mas~ime nelle rc-gionidevastate dalle f(';bbri periodiche: obbediranno cosi al comando della natura, che volle la cedrina a portarn d1 mano dell'uomo ammalato•. E cosl anche la povera erba cedrina hll avuto il suo avvocato e il suo poeta. Pensateci, amici miei, quando ne stropicciate fra le dita le foglioline aromatiche. MAZZAMURELJ.I

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