Omnibus - anno II - n.47 - 19 novembre 1938

( ILSORCNIOELVIOLINO' ) @®li'!J\!i~lli~® --~~"IEH■ ~ CARNIERI è come un chirurgo, I.!3 h.1 l' e orecchio > clinico e il taglio perfetto. Senza tastare, investiga, indovina, e sa come rimuovere quel che c'è e fa ostacolo, sotto il tempo n,u~icale. La sua mano cade a piombo sul punto di ~iuntura, e lì recide pulitamente, d'un colpo sottile che traversa senza la.sciar traccia, né ferita, né filo, né goccia di sangue, né dolore, né danno. Un chirurgo, vi dico. Opera con gli occhi bendati. Stacca, riallaccia il ritmo nudo come un'arteria viva, e lo ricopre sanato con un gesto calmis.si• mo e amorevole che è una carezza. Esattamente così, senza narcosi, e con btrema cura antisettica, Guamieri condusse da cima a fondo la prima Sinfonia. Dopo l'esecuzione felice, Beethoven lo puoi considerare del tutto fuori pericolo. La sapienza, il buon gusto, l'arte nervosa e profonda di questo direttore trovano nell'orchestra dell'Adriano l'istrumento ideale. Guamieri vuole flessuosità, chiaroscuro, tonalità basse, sonorità blande, tristezza e familiarità della musica di Beethoven. E dalla sua interpretazione risulta un effetto di acquaforte piuttosto che di pittura. A guardarlo dirigere, quest'uomo ha un'aria dimessa di scansafatiche, che è in ragione diretta con il dominio che egli esercita sull'orchestra. Perché questo gli esce naturalmente dagli occhi grigi, dalle pupille feline e dalla sua larga bocca chiusa a tabacchiera. Quando prova, Guamieri non fiata, e non fiatano i professori. Nel raccoglimento mu.sicale si affusola la sua persona, si smaterializza sempre più. Ormai non ha quasi più schiena né spalle : esile e lc~cro come un vestito .- appeso alla corda dell'asciugatoio. La piccola maglia del pullover non aderisce al suo corpo, ondeggia piena di pieghe JX)Ctiche, e i suoi pantaloni sonnecch.iano come vuoti. Lt- maniche e le sue mani è come se un vento intermittente le sollevasse, o una corrente d'aria. Ci aspettiamo, da un momento all'altro, di vederlo dondolare in su, anche dai piedi che non sembrano toccare più terra. Dolce, tiepido e uguale, passa quel soffio di vento sull'orchestra e ne fa cadere suoni lenti come fiori e foglie d'un albero, serpeggiando nella luce, la melodia indolente e lievissima del1' A;,rb-midi d'un faune. La Passacaglia di Gohler è un pezzo nuovo che veniva eseguito per la prima volta in Italia. ~aturalmente questa composizione somiglia nella fattura a un tema con variazioni. Delle quali, alcune buone e alcune altre m.ie:liori, tutte più o meno ovvie, tutte previjte secondo una formula e uno stampo sanzionato e codificato, battute regolarmente alla fucina scolastica. Dal tede~ Gohler non c'è dunque da aspettarsi alcun che di originale, l>E'n~ìun'opera lavorata, qu.adrata e sostenuta, che riempie e penuade abbastanza. Guamieri batte il tempo in croce come uno che si segna prima di pregare. Ma nessuno' è più alieno di lui da pose di bigotteria istrionica o di simulata contnzione. Però non ir;1potrebbe, quest'uomo, staccarlo dalla muir;ica Guamieri è un arthta piuttmto iprcg1udicato e amaro; ma un art1..ta garantitQ: tutto oro quanto pc,a. A un tratto volta la t~ta e ci mostra il suo vero volto di faina insangwnaw, pronta a mordere. Allora si direbbe che tien le briglie dell'orch~tra fr-a I denti il cr~ccndo glt illumma violentemente I tratti: ecco allora un'altra faccia di Guarnil'ri. Jl ro..,escio della medaglia. Ieri provava alla buona in maniche di ca.mie.i.a.Avvolto in uno ~traccio di lana cirìerco, faceva la cucina del concerto. Oggi, ben pettinato, le guance accese e frt5Che di rasoio, la fronte levata il pugno alto a contratto, in un frac impeccabile e nobile, Guarnieri aveva venti anni di meno. E la sua improvvisa giovinezza ringiovaniva man mano tutto il vecchio e rair;~gnato pubblico dei concerti sinfonici romani. BRUNO BA.RILLl i I Sura I stJ. onneggiato J. una banX ,·hina del nuovo porto di Livorno, t.:on gli alberi nudi e la tolda deserta, come lavata da un gran colpo di \'Cnto. Dal molo gridiamo parecchie volte: e O voi del Sara >, ma non risponde nessuno. e Forse giocano a carte>, dice il capitano sionista che ci accompagna, e intanto compare sul veliero un giovane esile con un'aria da studente. Dopo non poche parole .scambiate in ebraico, eccoci a bordo della prima na• ve scuola della marina palestinese, unica al mondo, ma incapace ormai di tenere il mare, e che ospita i superstiti allievi ebrei della scuola marittima di Civitavecchia. Entriamo in una cabina umida e oscura; l'acqua gorgoglia sotto i nostri piedi; e un cigolio di a.ui fradicie accompagna i nostri pa.ui. e Qui abbiamo abitato in molti; avevamo le cuccette e il luogo di ntrovo con la radio e il pianoforte. Per chi la voleva c'era anche una piccola sinagoga; ma c-ra poco frequentata: noi ",ionisti-reviJionisti" non facciamo quistione di religione>. Il capitano, un distinto ebreo lettone, ci fa visitare a tentoni la nave nella semi~urità, col rischio di farci cadere nc-ll'acqua stagnante che ha riempito un terzo della stiva. f'.. nella ,aletta del comando a poppa, adorna dell'àncora ,imbolica e dei ritrattt dei Kischrenr, marito e moglie, che si riuni5<:ono i .superstiti dell'equipaggio, per tra.scorrere le loro tcdic>M! giornate. Ecco alcuni libri di cultura mc.1rinara• Giulietta e Romeo nell'edizione Aurora, / racconti d, tutto ,l mondo di Arnaldo Cipolla. A una nostra obiezione sul valore nautico di questi libri, il navigatore lettone dice che la biblioteca di bordo pos1iede molte opere del Milane .. 1. Il lettone parla con acc<'nto fanatico: e Potrei vivere da signore, ma la p.i, ..ione per il mare e la dedizione al "movimento" mi hanno fatto rinunriare alla Yita comoda. L..tir;,.Ùi ,miei ,ono proprit"tari di un grande cinematografo, ma io prcferiM:o la lotta ... Prrché tutw. la vita è lotta. e Qui a bordo, prima di e~scrc marinai, ,iamo tutti laureati; ma la pa;.- ,ione dd mare ci ha ( atto rinunciare ai nostri titoli. Oivcnamente da come ~i crede, noi non abbiamo niente a che vedere coi "sioni!ti puri". Questi ,i contentano di acquhw.rc la Palt-)tina col denaro: noi, "revi)ionuti", vogliamo invece guadagnare lo Stato ebraico, cioè la Palc)llna e la Tran1giordania, col sangue. Ecco la diffr-rcnza ! > PAATIOOLABE DELLA POPPA DI UBA ll"!VE KEDIOEA (Pila, Obl11a d,I ~...-aU,rl di 8. 8tetano) esclama il capitano battendo il pugno sul tavolo. e Noi vogliamo la dittatura di un uomo >, soggiunge il navigatore lettone indicando un ritratto appeso alla parete di babordo, e e quest'uomo è il nostro grande capo Vladmliro Jabotinski •· Alziamo gli occhi, e, dentro una cornjcetta nera, vediamo il viso pallido ed emaciato di un distinto signore, con le grandi occhiaie scure del malato di fegato. e Jabotinski >, conclude il capitano, e è un ebreo di Odessa e parla quattordici lingue. Vera tempra di soldato. e stato anche in ftalia •· Le crociere del Sara I non sono numerose, ma, in comperuo, sempre irte di incidenti e difficoltà. Durante una burraJCa, mentre da Napoli navigava ~'1111111111111111111111111111111~ l,,,,,,,,,;:;:~;,,,,,,,J veno Algeri con un carico di .seicento tonnellate di ferro, il Sara do\·ette ricorrere alle pompe. E lungo fu l'interno affanno del capitano lettone, tra il dovere di salvare il carico prezioso e la necessità di salvare la nave. Infine prevalse la volontà del capitano, e le seicento tonnellate di ferro furono calate in mare sotto l'occhio dolente dell'equipaggio sionist-a. Nell'agosto del '17, il Sara s'àncora in un porto dell'isola di Cipro, poi riparte alla volta di Caifa, dove i cadetti sb.1rcano fra la gioia dei connazionali. Un caloroso entusiasmo li accompa~na per un mese intero, mentre visitano tutta la Palestina al passo di marcia, vestiti come gli ufficiali di marina di tutto il mondo. Lasciato il porto di Caifa, toccata Rodi, raggiunta fat.icosamentc Salo• LJIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIII!.,; =-..... ,"'I ~,•"\SilJ•t = § i' - I \-:,V E § n'~'i1 iiO':ìn~ii § ~lllllllllllllllllllllllllllllh~ o'I,,~',;, n'll~nì it,~r,it 'l~un ~C' o'l'li"n'l~it O'li'l~',nit nlìi,~ ,~or,-n.,~~ .,~.,r, .,~),.,o~,,~ri i1.,p,,~.~,,.~,, ~ (ii'-,~'~0 OPUSCOLO DI P1lOP.10J.lfDJ. DELL! NAVE 80UOLA BBB.EJ. nicco, dopo una navigazione durata il doppio del prevedibile, quando già la stampa greca li aveva dati per perduti, e navi partite al loro salvataggio erano tornate senza lasciare adito a speranza, trovano in Grecia festose accoglienzf'. Le bande militari suonano l'inno Tikwa (Speranza), cortesie ven• gono .SC."\mbiatceon le autorità governative e il corpo consolare : per la prima volta è deposta davanti al monumento dei Caduti una corona offerta dalla marina sionista. Dopo dicci giorni, partenza alla volta di Tunisi, ma invece arrivano a Zantc 1 dove viene effettuato un difficile rifornimento di viveri. Una falsa bonaccia invoglia a ritentare la rotta di Tunisi, ma il timone non risponde più al ~vcrno, le eliche girano fuori d'acqua : passano ventiquattro giorni senza che a bordo si riesca ad avere nozione del luogo. Intanto, i viveri scarseggiano, cd occorre razionarli nella misura di mc1.ia aringa, quattro gallette e un litro di acqua al giorno per persona. Dopo oltre tre settimane di navigazione alla cieca, una terra è avvistata, ma, in. vece della costa d'Africa, è la Calabria. Ripartiti dalla Calabria, in rotta per Tunisi, una mattina il marinaio della coffa grida: e Terra, terra>. Ma: e Questa è Ja Corsica•• esclama il ca• pita.no lettone, e la terra di Naooleone e di tante favole intercsir;anti. Vediamo da vicino>. E sicuro che il fondo di cinque metri consenta la manovra, ordina: e Una quarta a sinistra! >. Un colpo di vento .sorprende la nave con tutte le \·elc spiegate e la caccia in secca a tre mhtlia dalla co~ta e a dodici dal porto di Rastia. Dopo tre giorni di sforzi, non c'è ancora verso di fare riprendere il mare al veliero. Il quarto, il capitano e il commis~rio di bordo rag~iungono Bastia in cerca di aiuti, ma il rimorchiatore francese, sopra~giunto per di.5incagliare la nave, è imufficicnte alla bisogna. Soltanto i:(razie ai rimorchiatori Tito, Roma e Nettuno, della base di Livorno, il Sara I potè essere disincae;liato. Dopo titanici sforzi, il veliero è staccato dal fondo, ma una tempesta costringe il rimorchiatore a rientrare in porto. La situazione è disperata. A bordo non c'è più che il capitano Halprrin con due subalterni. Quando finalmente il capitano tocca terra è del tutto incanutito. e In questo momento Halpcrin è a Pari~i J>('r'vedere 1c può migliorare il premio dcll'Msicurazionc. Si caoiir;ce>, dice il capitano: e siamo sempre in difficoltà finanziarie, perché le nostre famiglie sono lontane e la marina costa>. Così dicendo il dolce lettone dagli occhi chiari alza una mano come un'allodola verso il mare lontano ed c~lama : < Il nostro destino è sempre di partire ... >. I. c. ( PALCHETRTOIMA)NI ~~~IB® DAH.UEHE ~ ELLA preparazione dell'inverno ,i perXl!f petua uno dei pochi ricordi lieti dell'infanzia. L'estate è finita, e il no,tro vano rincorrere una felicità che fugge come ninfa per i campi, nei boschi, 1ul mare, nell'aria. L'autunno ci trova stanc.hi e a mani vuote. Al triste odore dei fiori, 1ubentra il confortante -profumo della naftalina. Comincia la < primavera > della casa. La felicità i problema interno. Ma ì1 teatro Eli,eo non ha avuto infanzia. Come il figlio dei Tre Moschettieri, anche l'Eliseo i nato con la barba. Come spiegare altrimenti che mentre la caaa ci ha riaccolti come figliol prodighi, e i tappeti 1i 50no sciolti dal 10nno a tubo, e le pohronc offrono nuovamente all'ospite il loro amplesso di velluto; come spiegare che le poltrone dell'Elisco portano ancora le loro ve1tine da scolarette in vacanza, e venti folli corrono qucato teatro per lungo e per largo, a rischio di mandare noi all'altro mondo e privare il teatro italiano del ,uo più sincero amico? Quanto a si,tema di ri,caldamento, l'Eli. ,eo ha adottato il sittema di Betlemme, a calore animale. Con la compagnia Dc Filippo questo sistema riesce bene, ma come rie1eircbbc con una compagnia che ai Sette co"tro Tebe ahcmusc il Saul di Vittorio Alfieri? Il vento tira alle quattro risate, e nell'ar-, dente de,idcrio di questo risultato ,pasmodico, folle enormi ,algono tutte le sere la ,cala marmorea dell'Eliseo, per 1entire A. Cop,,,ltia è caduta una 1ttlla, e le altre commedie < da ridere > dei fratelli De Filippo. Le poltrone non bastano a ospitare tanti sederi ansiosi di aussultan:. File di sedie aggiunte prolungano lo tc.hicramento dei sedili fini, invadono la zona dei carahinicri. E questi, co,1 dina.nti di 10lito e rapiti in un loro mondo tutto di1eiplina e autorità, acandono 50tto le lanterne due fari abbaglianti e tendono verso il pako1<:enico un petto leale ma insolitamente palpitante. Le maschere dimenticano i ritardatari ,perduti nel buio, e divorano la .cena con occhi an. che più brillanti delle loro lampadine tascabili. E tra la tunica de.I carabiniere e la pettina a cannol~ della maschera, l'adolcxente 1room, che, col tortino a ,ghimbe1eio sul capino luuro e il codino da girino a fil di ~ni, dl l'ultimo tocco al carattere « ca». del viaggiatore > di questo teatro ra• zionale, allunga il collo ìnforuncolito e soc.. chiude la boccuzza come uc.cellino..che vuol bere. E noi pure, che per miracolo siamo riusciti a rare.i collocare una sedia dietro un pilastro, noi pure uiarno Il, tesi nell'aspettazione della ri,ata. Che ,cegliere del resto? La vita teatrale di Roma 1tranamcnte obbedisce alla le11c del ,imile che tira il simile, e al periodo in c.ui tutti i teatri ospitavano compagnie di varietà, è ,ubentrato quello in cui tutti i teatri 01pitano compagnie dialettali. Ma i così 1icuro che le commedie dei Dc Filippo ranno ridere? Jn fondo, 10hanto i francc,i hanno avuto un teatro allegro, pcrch~ loro toltanto erano riutciti a portar-: il sentimento borghese. a tanta pienezza e perfezione, che tcioglieva gli 01tacoli morali, naacondeva i drammi piccoli o grandi della vita, con1cntiva un'allegria schietta e 1icura di d. Quale altra vita altreuanto leggera e sicura? Talvoha que1t'allegria è 1tata chiamata frivolitl, ma chi cono,ce i ,egreti del tem. pio, sa bene che la frivolitl, que1to fiore dclicatiuimo e prcrio'°, è la meta cui, dal fondo dei loro duri 10gni, aspirano j giganti. Altrove il teatro è umoristico o Ptiri<::o, ma allegro mai. Edoardo Dc Filippo una volta lo abbiamo paragonato al Karo11tieu1;, alla maachera turca, a una delle figure più tragiche, più problematiche de.I minerioto, dcll'os,;uro Mezzogiorno. Oggi, nei fratelli De Filippo e nella loro sorella Titina, denunciamo il potere diuugante dei fantasmi del Sud: dei kollikthc.ori. Attrueno mari e continenti, fanta,mi del Sud e fantasmi del Nord si dlnno la mano. Nel teatro < da ridere > dei Dc Filippo, scr• peggiano 1;cl('ni anche più acuti di quelli che amareggiano il teatro di Cecov, i suoi racconti. Ana:oscia del Mezzogiorno e della e bella natura >, lotta senza speranza, busa tragedia ddb vita; e quella difficoltà di esprimerti, quei gridi di cane che sogna ... Che più' In A Copercltìa J caduta una stello, i due fratelli Montuon che si torcono 1ui letti, e non r:eloCOno a dormire perché nella camera accanto c'è la donna del Nord, la nella, la luce capitata per miracolo nella. loro vita di teYra e di buio; e Luigi Montuori, credendo addormentato finalmente il fratello, tcende piano piano dal letto e si avvicina all'u.eio, ma, sorpre50 da Pasquale, finge di schiacciare per tura uno scarafaggio, è una scena che come infinito tragico della vita fa il pa.io e.on quella dcli' E1erno monto, il racconto più angoKioso di Oostoienki, quando, nel pallore della notte bianca di Pietroburgo, il marito ,i alza dal letto per andare a uccidere l'amante che dorme nella camera accanto, ma, sorpreso, dice che < è venuto a cercare il va&0 da notte > A queste < allegrie >, i commendatori e le loro ,ignore venuti a farsi quattro ri1a111"r,idono d, ma con la bocca stona. Di Il a poco la commedia finisc.e, ed i una fortuna, Se continuasse ancora un poco, il lavoro delle ma,chcre lÌ aggraverebbe. di una man1ione nuova: aiutare a piangere gli ,pcttatori, come i camerieri di bordo aiutano I viaggiatori a 1fogare il mal di mare. ALBERTO SAVINIO LEO LONCANESI - Dlntton rHponHbUe RIZZOLI &- C. • An p,-r l'An, dtll• S1,mp,a • M1\1no Rll'ROUU7.IOSI 1-.M•;t,UITK CON \IATl:.Rt.\t.E j,IOTO(;RAFll.'0 • t-ERRANIA •·

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