ANNO Il • N. ◄ 7 • ROMA 19 NOVEMBRE1938-XVII a Il 9Dllil 111,,u,ril PO5rALE AOOAJd:PJ.KENTO DI EBREI OOKUNISTI NEI PRESSI DEL PARCO PRIVATO DI ROOSEVELT Cl I CREDE comunemente che 1'at- @ tcggiamento dell'Inghilterra e della Francia nei giorni della crisi si debba spiegare con due ragioni molto semplici: con l'amore della pace e con l'orrore della guerra, o, se si prderiscc 1 col desiderio di non correre rischi di esito troppo incerto e con una preparazione militare assolutamente inadeguata. Chambcrlain ha ammesso pubblicamente queste ragioni e ne ha aggiunto una terza: l'entità della posta. A quc~to modo di vedere ha aderito, in Fr.lncia, la maggioraru:a degli uomini politici e militari. fl generale Duval, ad esempio, ha dichiarato che, oggi come oggi, la Francia è appena in grado di sostenere una guerra difensiva, mcnl~e il generale Baratier ha messo in luce l'imprc.s~ionante inferiorità dell'artiglieria da campagna francc,;e di fronte a quella tedesca. Del. l'avia7.ionc superfluo parlare. Ma ecco che di quell'atteggiamento Oj?~i si dà una diversa spicg;uione. Per Lloyd Gcorge le grandi democrazie - e lasciatelo dire a chi se ne intende di armamenti e di guerra > - avrebbero potuto e o;chiacciarc come un guscio d'uovo» (teatrale!) gli Stati autoritari. Se non l'h.mno fatto, la ragione ~i deve ricercare esclusivamente nella viltà degli uomini di governo, che dovranno pur decidersi, un giorno, a fronteggiare l'arroganza dei dittatori. A Lloyd Ccorge fa riscontro, in Francia, un filo~fo, J. Benda. Le ragioni per le qu .,.li i governi della borghe~ia democratica 3j sono inchinati davanti ai quos ego di Berlino e di Rom;1 sono inconfc,.._abili,ma non meno C\'idcnti. t!. assolutamente da cc;clu• dcre l'inferiorità bellica, perché le due democrazie potevano disporre di una tale somma di meai e di riserve, oltre che di adesioni intercontinentali, che. con novanta probabilità su cento la vittoria avrebbe coronato i loro sforzi. È. appunto per qut.•;to che i governi bor~hc.,i dell'lnghiltc,ra e della Francia hanno evitato !..t guerra! L'hanno evitata perché hanno misurato tutti i pericoli, non si dice della ,confìtta 1 che è fuori questione, ma della vittoria. Che cosa avrebbe sii?nificato la vittori.t? L'avvento al potere delle classi p1'oletarie, una radicalis1,ima legi.!ilazione sociale, un esperimento Blum al cento per cento. E la sconfitta dei regimi toL'l.litari? Avrebbe significato il crollo dei soli sistemi che si oppongono al bolscevismo nell'intcrc.sse di tutta la borghesia europea e, conseguentemente. una ripre~ su larghissima scala della propae-anda comunista. Di qui la necessità di non infliggere una disfatta alla Gennania e all'Italia, di non umiliare nemmeno diplomaticamente il fascismo e il nazionalsocialismo. Que-.te proposizioni del Benda sono senza dubbio assurde per la loro stessa intempestività. Non si può alterare a tal segno la cronaca di ieri. Ma1 non ostant-.! la loro assurdità, esse contengono una intuizione giusta, che meriterebbe una diffusa elaborazione, e che ri~uarda l'csscm.a stessa del nuovo e<1uilibrio europeo. Es~a si può fonnulare, grosso modo, così: fino alla guerra mondiale l'cc1uilibrio europeo fu concepito come un semplice rapporto di forLc materiali, come un semplice rapporto di potenza. perché g-li Stati si sentivano sicuri nel proprio assetto interno. I partiti si muovev:1no su un medesimo piano nazionale non esclusi i socialisti, tanto che non m:rncavano dei comcrvatori che nel socialismo ,;corgev.rno un elemento di progresso~ che controbilanciava le tendenze retrive della ~ietà. All'indomani della guerra mondiale, e con l'avvento del bolscevismo in Ru-.sia, che insidia tutti i paesi, questi termini si 'IOno capovolti. Il concetto di e equilibrio» europeo si è trasformato in quello di «ordine» europeo. Quest'ordine europeo, che trova nel .bohcevhmo la radicale negazione, è il presuppo~to delle autonomie nazionali, dcll'csi~tcnza stes-:a degli Stati come 1.iocictàindipendenti. Cli Stati che non <ono ~d riparo dal pericolo bol<.cevico non po~sono fare la guerra, non J>O'S'IOno propur u,tam uiueudi perdere causas. Uno stesso pericolo è al termine della sconfitta come della vittoria. I rappor.ti di potenza che ~no il fondamento stc,;so della vita internazionale, n«-lla lotta come nella collaborazione, ri.so,ger.i.nno solo quando il pericolo bolscevico ~arà un sinistro ricordo del pa-.sato. La tragedia delle democrazie è tutta qui. Scorgere un tradimento di classe là dove c'è unicamente una primordiale necessità di vita è una "c-iocchczza indegna della filosofia. ~(a è in tutto degna di Benda. ❖:- * * ~8é! l TROVAVO ieri ad un han- ~ • chetto dove gli ospiti non .. erano sospetti di partigianeria. Si ln·:r.rono a parlare uomini famosi, e ogni discorso esprimeva paura : paura del controllo governativo della radio e della stampa; paura della sopprcs~ionc dei diritti delle minoranze; paura del collMso del commercìo, dell'industria e dcll:r. democrazia. Poco dopo, per la strada, incontrai un amico che fa l'as~icuratorc. « Gli affari vanno male »1 rispose a una mia domanda. e La gente ha paura che il proprio denaro, quando glielo daranno, non \"alga più niente. li Congresso, for-~c,non ricorda gli effetti della infl,lzione monetaria in Eumpa, ma il cittadino medio li ricorda e li teme. Qu.1-:i tutti i miei clienti mi ripetono l'aneddoto di quell'austriaco che, dur,:mtc l'inf!Ozione1 andò ad esigere una. poli;,..za di vent'anni, e col ricavato comprò due sfilatini di pane>. Alla mia banca, pochi minuti più tardi, un amico mi confidò : e Quest'anno i miei profitti netti assommano a qua~i trentamila dollari·. JI denaro non mi occorre, e mi piacerebbe investirlo; ma ho paura. Nessuno può dire quello che ci capiterà : non parlo degli alti e ba,..,i dell'industria: chiunque può studiarli, e agire secondo il proprio giudizio1 ma ormai solo il capriccio impre\'c-dibile di un uomo conta. Ncss.uno dc'iidcra impiegare denaro in un affare o in una s1>ecula1ione che può essrre m:mdata all'aria con una sola parola detta ai giornali~ti o in una Chiacchierata accmito al focolare>. Quella sera, dopo pranzo, la signora chC'mi ospitava mi mostrò una fotografia dellJ ~ua bJmbina. e Adoro i b.1mbini >, osservò, e e vorrei avei ne cinque o sci, ma, naturalmente, non avremo che questa ,;ola>. Le chiesi perché; la signora mi guardò ~tup1ta. : :~~~car~?alf~;~od:, de~niban~bt~t~:t: le attuali condizioni americane? Per lavorare come '-Chiavi? Perché il governo poi li derubi e chiuda loro ogni via, perché siano tassati, .tormentati, oppressi? Avreste forse deciso di nascere, sapendo quel che sapete ora? E la situazione peggiorerà molto, molto>. Tutto ciò è accaduto ieri, e accadrà domani, nel vasto territorio di una nazione che uq,_avolta era la più libera, la più felice, la più prospera del mondo. Ilo vissuto cinquantotto anni, e non ho mai vi!JtO,prima di oggi, una popolazione così turbata e depressa. Ho viaggia·.., nel mondo, e non ho trovato in nessun posto gente tanto agitata e avvilita quanto nel mio pac- !.C. Dall'ottobre. 1937 ho vi,.itato ccntovcntitrè città e centri degli Stati Uniti; ho parlato con medici, avvocati, commercianti, capi di aziende, e ho trovato quasi tutti i miei concittadini mortalmente preoccupati. Il cittadino medio che, malgr.1.do Ogni contraria affermazione ufficiale, non era stato fino ad og-~i né troppo ottimista né prssimista, si trova oggi come su un'imbarca;,ione alla deriva, senza fiducia nell'abilità del timoniere, nella integrità dell'equipaggio e nelle capacità dei pa\seggeri di fare qualche cosa di giudizioso. Fino ad oggi, eravamo ridicolmente orgogliosi della nostra nazione, delle sue istituzioni e dei suoi rnppresentanti. Ci raccont~1vano storielle bonarie sulla meschinità di Coolidgc e sull'ottimismo di Hoover, e perfino la guerra, e l'accertamento di venalità, non e)poscro Wilson e I larding a una anirnotità violenta come quella di oggi. Due volte eletto da mag-gioranze molto forti, accompagu.itn all'inizio da vantaggi senza precedenti, eia fiducia e da affetto unanimi, Franklin Roosevelt è di\'Cntato ORJ;i il bersaglio di scherzi grossolani, di chiacchiere, di pettegolezzi e d'insulti che si diffondono rapi• da.mente in tutti Rii Stati Uniti. Ogni 111Jttma,la posta reca nuove uorielle e verti irriverenti. Undici miei conoscenti si .sono dati la pena di copiare e di inviarmi una blasfema parodia che incomincia: e Io sono un bisognoso, Roosevelt è il mio pastore. Egli mi fa dormire sulle pan<.hr dei giardini pubblici>. Queste fantasie sono tuttavia innocue e benevole al confronto dei fatti ripetuti e creduti ovunque. Libelli molto liberi trattano della vita privata del presidente e delle sue faccende domestiche. Qualche aneddoto, naturalmente, è dovuto a maligna invenzio• ne: ma ciò che stupi-.cc, è che uomini autorevoli li ripetano e li accreditino. Tra risentimenti, misure punitive, alleanze deplorevoli, e atteggiamenti di pensiero e d'azione apparentemente irragionevoli, il presidente ha offerto il prete~to a innumerevoli favole, molte delle quali, se vere, solo Franklin e Dio lo sanno. A parte la loro verità e il loro significato, queste storielle sono indiscutibilmente la comcguenz:a della paura e dell'odio. Si tratta, principalmente, di ,oci di gente trascurabile, che non ha :1ltro men.o dì protelita. La no~trn .!itampa sarà venale, le nostre pubbliche prote~te saranno forse ispirate da Wall Strct·t. ma quei mormoratori omonimi non ,ono Grandi Economisti, né Prìncipi del Privilegio. Sono piccoli uomini che chiedono: e E ora? ,, piccoli impiegati e mac'ìtri, piccoli commerci.uni " commessi viaggiatori che bisbigliano perché hanno paur;1 di grid,1r forte, perché si vedono avviati alla rovin;"l.e alla catastrofe, e perché lamentarsi è l'unica CO'-ache possono fare. Giustificata o no, questa paura si diffonde ogni giorno di più. L'uomo • della strada, il passante anonimo, ha buona memoria, ed è convinto di molte cose di cui nessuno suppone s'intcrcs-.i o s'appassioni. L'odio generale contro Roosevelt è nato da un misto di paura e d'impotenza. Pochi di noi odiano ciò che credono di potC'r \'inccrc. E la maggior parte dei cittadini americani è convinta che nc~<mnacombinazione di on<'c;t:\ e d'i,uclli~cnza possa rovesciare il New Deal. A Bradford, in Pennsylvania, l'anno scorso, dopo una mia pubblica confercn7a, una donna mi chiese la mia opinione ~u Roosevelt. La rispost.1: « Lo credo un uomo pcricolo"-O> scatrnò un u1agano di applausi. Citai que~to episodio r-ome un buon segno, più tardi, a un mio amico, presidente di un collegio universitario. e Non significa niente>, mi rispo,r scuotendo il capo. e Non metto in dubbio chr in qw. .;,1<' pae'!c ci siano cinquantamila pcr'-one di-.intere!,.):\tee intelligenti capaci ùi applaudire la \'OStra dichiarazione: ma :-<' domani ci sarà un'3,IJ.ra clcziour, Roosevelt vincerà egualmente». Questa è la convinzione comune e la r.1gione pili fotte dell'amarezza. Altre ragioni si pos"iono ritrovare nella storia del prC'~idente e nel suo tempcr.1mento._.Molti di noi trovano, per esempio, irritante il suo sorriso. Ci piacque, nelle prime mille fotografie pubblicate dai giornali; ma un sorri~o perpetuo finisce per urtare i nervi, specie quando chi sorride ha fatto di tutto per amareggiare la vita al pro~simo. Lo ste,-.a o'i~crvazionc si può applicare ~le famo,e Chiacchierale dnum1ti al focolare \Ftr~Jide's Chau}, che cominciano chiamandoci : e Amici miei >, e finiscono coprendoci di vituperi. Que~tè sono soltanto pagliuzze, ma mo,trano dove soffia il \'ento. e. e!'laspcrante sentin.i chiamare e: Prìncipi del Privilegio » da un uomo che adopera la flotta nazionale per andare a pe~ca. Accetteremmo forse consigli an• che più ,gradevoli sul modo di condurre i OO)tri affari, ma da qualcuno che prima di darsi alla politica avesse portato a buon fine i propri affari. I nfinc- siamo stanchi degli innumerevoli Roosevelt minori, tutti ampia- • m<'ntc forniti di quella bella fiducia in s~, che t' propria della loro razz.:t, e d1 quel cost,11Hc sorriso di famiglia . Quale di loro liia il più noioso, non è st.tto nncora ckci'-o; ma in un'elezione one-.t., il candidato preferito sarebbe.:, crt·do, « ].une~ Noi ,. Dopo tutto p;1pà Roo-.c\·elt è nato ricco, mentre il suo primogenito .James ha acquhtato riccheua e po1,izio111s;ociale, in certo modo, per procura. In tali circostan.:e, le c~orta7ioni di Jame1, risultano pill pro\ oranti e meno umorh~tiche dei con- ,igh J, 'iU,\ madre ai minatori ,ul lavoro nelle miniere e sull'allevamento dei fi{!li. I due ag~ettivi convengono anrhe al _candore inco~icnte di .lame,. li pa~e non h:i. ancora deciso se il primog~nito di Roosevelt dice e noi > e e 110-.trn>, come fanno i re e i ,:;-iornali,ti 1 o solo come faceva quel fa_ n-,o,o ~cntiluo,no che avcv:i i vermi. e Jl !lt'natore Peppcr >1 così si è C'ìpres-
so James, lodando quel distinto cittadino . della Florida, e il senatore Pcpper s1è mostrato leale verso l'Amministrazione ... cd è nostra sincera speranza ch'egli torni a sedersi nel Senato>. Ma l'incosciente candore di Jamcs raggiunse il colmo quando durante un suo discorso a MiddletoV:n, osservò (se 1a radio non mi ha ingannato) che e egli {riferendosi al governo) sta facendo tutto quel che può > ! Se questo sia motivo sufficiente della. virulenza, quasi unica nella nostra storia. dei cittadini americani contro Roosevelt, non sono in grado di determinare. In tutto il paese anime miti si chiedono : e Perché la gente odia Roosevelt?>. Non si chiedono se l'odio è giustificato, che è questione di opinioni, ma perché esiste. Le risposte necessarie andrebbero oltre i limiti di questo articolo. Molte spiegazioni, d'altra parte, sono necessariamente complicate. Si sente ripetere, per esempio, che il presidente è un e traditore del1a sua clasl-c._, Ma lo fu anche San Frarn.:csco, e, in un certo senso, lo è chiunque ~cende dal marciapiede per far l'elcmmina ai bisognosi. La differenza, per molti, sta in questo, che la filantropia di Roosevelt non lo ha spogliato di un centesimo; al contrario, gli è servita a conquistare ricchezza e potere. La verità è che un gran numrro dei suoi concittadini non crede alla sua sincerità. Trovano difficile aver fede in un capo che, impugnando o~ni specie di profitti, rimane, a tutt'oggi, l'unico presidente che abbia venduto i suoi scritti a un sindacato giornalistico, mentre era ancora alla Casa Bianca. Non sono ancora abituati agli idealisti che carezzano con una mano i dis~raiiati, mentre con l'altra costruiscono una spietata macchina per litica. Dubitano delle parole altisonanti, che di solito non esprimono che mezze verità, che nascondono spesso, o trad~cono, fotti essenziali per finire poi in futilità e minacce. A queste ra~ioni di oc!io si aggiunge, inoltre, la paura della rovina. Chiunque, in America, possegga qualcosa, ha paura di essere derubato, cd è quasi certo che sarà rovinato. Si domanda solo se il furto ai suoi danni sarà compiuto con tasse, inflazioni, confische o con tutt'e tre, e se la rovina verrà per via di altri decreti del governo, per l'accresciuto potere del lavoro, per agitazioni non sedate; se ci sarà la rivoluzione, 'il collettivismo1 il socialismo, il comunismo o semplicemente il e rooscvcltismo >. I migliori tra i nullatenenti cominciano a vedere che la loro situazione è cronica e il loro numero in continuo aumento. Entrambi i gruppi sono convinti che, evitato ogni altro pericolo, sopravviveranno solo per esser bombardati e asfissiati da nemici esterni più aggressivi e fortunati degli interni. li risultato si va trasformri.ndo rapidamente nella demoralizza.:ione completa e nella completa paralisi. Ogni sforzo va cessando, e l'investimento del capitale è quasi cessato. I rischi sono troppi e c'è poca speranza di ottenere una parte qualsiasi di guadagno da un governo che ha sequestrato gran parte dei profitti industriali. Qualunque profitto rimanga all'individuo, esso è sottoposto alla tassa sul reddito, alla tassa di succe~ione, e a cento altre imposte. Convinti sempre più che tutto ciò esce dalle tasche di tutti, non c'è da stupire che anche i pili piccoli bu1i11essmen e salariati siano vicini ali:\ disperazione. L'appropriazione e il disborso di milioni ha qualche cosa di olimpico, ma è doloroso a contemplarsi, dal lato del lavoro e del risparmio. t., anche naturale, ciò posto, che l'alcoolismo sia in continuo aumento, e che l'economia sia diventata prodigalità. A che scopo conservare quel denaro che ci ,;:-irà tolto? r,,,{angiatc, bevete e stri.te-allegri : dom.1ni saremo morti. o folliti. Per fortuna, o per sfortuna, tutto questo non significa che i due terzi di una nazione (o forse anche lit sua IL PRESIDENTE ROOSEVELT 11 UJIT0 11 0011 LO 8PUXJ.NTE DAL VIOEPBE8IDENTE NJ.li'OE OARNEB. metà) siano disJX>stia optare contro il New Deal. La proporzione attuale è piuttosto : un terzo di venduti, un terzo di rimbecilliti, e l'altro terzo di furiosi indifferenti. Come ho detto, un numero straordinariamente grande' di americani è infantilmente digiuno dei primi principi della economia politica. Crede ancora che un governo possa stampare tutto il denri.ro di cui il pubblico ha bisogno : che possa ottenere l'opulenza, senza limiti e qua!,i senza sforzo, dando ri.ddossoai ricchi; e con la tenacia dei bambini che ripetono parole senza capirle, seguita a dire che « Roosevelt è l'amico del povero>. Non c'è modo di educare questa gente, aliena da ogni lettura e incapace di pensare; eppure nelle sue mani è un potere spaventoso. Crescendo Ja paura e Podio, potranno distruggere la società e i loro stessi numi tutelari. In questo sta un grave pericolo, ma anche una promessa. Non vi fate illusioni : questo paese si avvicina a una esplosione. C'è da sperare che, la situazione peggiorando sempre pili, perfino i meno abbienti finiscano per capire che la commedia non può assolutamente continuare. Ciò dipende interamente dalla qualità dei capi dell'opposizione. Se e quando l'America intelligente tradurrà in azione paura e odio, se e quando smetterà di mormorare, e giungerà a un accordo sulla base di pochi, semplici e sani principi; se sma,chererà il trucco rooscveltiano di appellarsi alle emozioni piuttosto che alla ragione, sfruttando le disgrazie a proprio vantaggio i allora, e soltanto allora, avremo una vera possibilità di ,alvezza. Un'America risvegliata, cht· telegrafa ai suoi legislatori, si .:.~socia alla Rivolta delle Donne, e produce piccoli commercianti che non hanno paura di parlar chiaro a Washington, è for,;c quasi preparata per un'altra rivoluzione, un'altra Boston Tea Party. Speriamo che lo si,\. Se la salvezza non arriva presto, non varrà pila la pena di salvare nil'lltt·. CHANNING POLLOCK IL NUOVO ZAR E I SUOI SUDDITI Al termine del suo primo anno di studi all'univenit.à di Londra, il giovane gr2.nduca Vladimiro, pretendente al trono di tutte le Russie, ha annunciato, la scona settimana, di aver deciso di assumere tutti gli obblighi e i doveri trasmcssigli dall:1. morte di suo padre, il granduca Cirillo t stato solo per far con'tenti i suoi amici e. consiglieri che il giovane granduca, studioso e amante della tranquillità, si è deciso a fare la sua dichiarazione. Se avcue seguito le sue preferenze, sarebbe rimasto pago dello studio di Karl Marx. Sebbene il granduca Cirillo avene dcsi. gnato il suo unico fìglio come 1uo erede fin da quando si dichiarò zar di Russi2. a Parigi nd 1924, una parte dell'emigrazione russa rifiutò di riconoscere i diritti di Vladimiro, e gli oppose quelli del gnnduc.a Dimitri. Nato in Finlanda nel 1917, il granduc.a Vladimiro non ha mai visto la Russia. Quando avrà finito i suoi corsi di studio in Inghilterra, andrà a studiare ingegneria in Germania o in Svizzera. Per ora, contrariamente a quanto fece a suo tempo il suo orgoglioso genitore, il nuovo capo della Casa dei Romanoff ha deciso pessimisticamente di non assumere il ti10!0 di zar. Tuttavia ha accolto ugualmente, nella sua villa di Saint-Brieuc in Bretagna, l'atto di fedeltà e di leale vassallaggio di parecchi conducenti di autopubbliche e portieri, costituenti il nerbo dell'emigru.ione monarchica russa. I WlNDSOR A PARIGI Dopo lunghe ricerche, i duchi di Windsor sono riusciti a trovare, alcune settimane fa, un alloggio che soddisfacesse i loro gusti nella c:ua a quattro piani sita al n. 24 del Boulevard Suchct, prcs~ il Bois dc Boulognc. I duchi vi si trasferiranno subito dopo Natale e vi st:ibiliranno la loro rtsidcnz.a. Nel frattempo si procederà a una completa rinnovazione dello stabile e si faranno lavori di rimodernamento sotto la dirnione personale della duchessa, che paua per una esperta in materia, li blu, che, come tutti sanno, è il colore favorito della duchessa, predominerà nella nuova decorazione. Ci sono tre grandi saloni, una gr.indc sala di ricevimento, due appartamenti completi con bagno, camera da letto, camera per fumare e altre stanze. Le camere p1 cr gli ospiti sono al teno piano. 11 bosco, che è da un lato della casa, di al duca la possibilità di fare ogni mattina le sue esercitazioni a cavallo. Non lontano è il famoso campo di corse di Auteuil. La duchessa ha al suo servizio un· piccolo esercito di cameriere: sedici. Un agente di Scotland Yard (la polizia inglese) è al serviz:o del duca come cameriere. Finché la cas.a non sarà pronta, i duchi continueranno ad alloggiare nell'appartamento dell'albergo Meurice. Dall'epoca dell'abdicazione, per la prima volta, pochi giorni fa, i duchi ripresero contatto con la famiglia rtale. Il due.i e la duchessa di Cloucester, durante il loro viaggio nel Kenya, fecero sapere al re che avrebbero desiderato interrompere il loro viaggio di ritorno per fare una visita ai Windsor a Parigi. Il re diede il suo as!cnso e, infatti, i Clouccstcr si (ennarono a Pa. rigi e scesero proprio all'albergo Mcurice. Benché il mondo e specialmente la Francia abbiano parecchie cose gravi a cui pensare, pure i giornali non hanno omesso di segnalare quante volte le due coppie principe• sche abbiano (atto colazione e pranzo in11cmc, Essi hanno anche predetto che l'incontro di Parigi sarà il preludio del ritorno in Inghilterra del duca e della duchessa dall'esilio. Del che non ci sarà cuore ben nato che non si rallegrerà altamente. VEccmA OINA Pare sia molto difficile persuadere un cinese. Una volta, raccontano The North-China Daily News, sir Robert Hart tentava di persuadere alcuni funz.ionari dell'utilità del telefono. Quando ebbe finito di parlare, uno dei funzionari rispose: , Si ricorda che un re della dinauia Chou, desiderando dare un ordine a un generale, che era lontano molte miglia, diue quel che aveva da dire in una scatola, la richiuse e la spedi al genenle. E questi, come la apri, ricevette il comando reale, cosi, come se in quell'iscantc il re gli parlasse>. Questo fatto decis-c dei telefoni. A. C. J .1 081 E 008TOKI D'AMERIO.A - IL SIGNOR 0, A, LAPWOB.TH, DI BROOITON, SI PROVA LA BARA ffi UO' sorprendere che ancora ci attul,S' dlamo nell'analisi dei fatti che con. dussero alla crisi di settembre. Ma a noi ,errlbr.i che più ci allontaniamo da quelle terribili giornate, e meglio si riYeli l'importanza di quel che accadde. La guerra mondiale è finit.a da venti anni, e non si è smesso di scriverne, e ancora ,e ne scriYerà per lunghi anni. Ora, nelle tre ultime settimane di s.cttembre avvenne qualche cosa che per la gravità. e la vastit.à delle ,uc conseguenze, nella storia di questo secolo, non ha ris,contro che nella guerra mondifl.le. Qualcuno ha t.eritto che quella terribili crisi attraversò il nostro cielo come un.i immane meteora ; tutti ne fummo ab• bagliati; e quando riprendemmo coscien:ta e ci guardammo intorno, ci accorgemmo che il mondo era tutto cambi.ato. 0.!:0HI :E P0LA00HI ~ RA i tanti errori che la diplomazia lJ degli alleati accumulò nel dopoguerra fu anche quello di aver permesso alla CccosloYacchia di aggredire la Polonia e dì depredarla e di non aver fatto poi niente per eliminare la causa del diHidio fra le due nazioni slave. Una intesa cèco-polacca sarebbe stata l'unica b.irriera possibile alla e1pansione del germanesimo verso sud. Bcnes silurò questa possibilità. Non fu il primo, né l'ultimo dei suoi errori. Contrariamente a quello che comune. mente si crede, e nonostante la parentela di sangue e di lingua, i rapporti fra cèchi e polacchi, nel corso di almeno un millennio, non hanno mai avuto niente di idilliaco. li cronist.a polacco Cali (in latino Callus), un monaco della fine del secolo Xl, dc6nl i cèchi i peggiori nemici dei polacchi: e Bohemi Junt P0Jot1orum infestiJSimi inimi,i >. E lo storico cèco Coli scrisse che neppure Sani' Adalberto, il santo comune ai cèchi e ai polacchi, morto nel 997, potè compiere il miracolo di susci1are un amore (ratcrno nel cuore delle due nazioni consanguinee. E se non fece il miracolo San• t' Adalberto, ancora meno poteva farlo la Confercnt.a della pace. Alla Conferenz..i della pace i cèchi attraversarono la via ai polacchi in tutte le direz..ioni. Essi volevano che la Polonia sorgesse piccola e non sorpassasse in potenza la Cecoslovacchia; volevano ottenere una frontit-ra comune con la Russia; Yolcvano staccare la Galizia orien1ale dalla Polonia; riYcndicavano il territorio di Cien:yn (Tcschcn); e, infine, aiutavano gll ucraini con. tro i polacchi. E la politica. antipolacca di Muaryk e di Benes si rivelò in tutta la sua brutalità nei due episodi del 1920. Al momento del crollo dell'Austria, il Consiglio nazionale polacco e il Comitato locale cèco per la Slesia si misero d'accordo senza grande difficoltà e il 5 novembre $tabilirono una frontiera provvisoria fra i due paesi. Inunto, il governo polacco si trovava in una posizione critica: in guerra con gli ucraini nella Galizia orientale, con i bolscevichi .a est e con i tcdcschi nella Posnania. In Polonia e si t-ra le mille miglia lontani dal pensare alla possibilità di una invasione cèca >. Improvvi.,amentc, il 23 gennaio 1920, una delegazione di ufficiali cèchi si presentò al generale po• lacco Latinik, che comandava il distretto di Teschcn, e gli intimò di ritirarsi :.J di Il della Biala entl'o il termine di due ore ( '). li generale polacco non obbedl al1'11ltim11l11m, e due ore dopo le truppe cècht· varcarono la frontiera. Seguì una bren· gm•na dal 23 al 30 gennaio, che fu dett., .1p• punto e la guerra dei sette giorni >, I cèehi, che avevano forze tre volte superiori, riuscirono a respingere i polacchi e ~i im• padronirono dell'ambito territorio. Poehi giorni dopo, Mu3ryk, in un'intervist,1 con. cessa al Temps tentò giustificare qur-1 cht· era accaduto. e Non ci rimanc"a .ilho ~. disse il "nobile vegliardo", e che occup.ne con la f, .. ni. il bacino carbonifero. Poidu'· era impc,-11bilc mcncrsi d'accordo per \ ia amichevole sul !U0 sfrutt:rn1ento, bisogna\ ,1 pure che decidesse la fon.a > (il fallait bzrn que la fo,u dlàdàl). Quale parola! Cosi i cèchi ~wevano creato il fano cnmpiuto. 11 Consiglio Supremo aveva dçciso che nella Slesia di Cicsxyn (Tcschen) dovcuc aver luogo un plebiscito. Senonché le sorti della guerra contro i bols,cevìchi voi• gevano disastrosamente per la Polonia. L'esercito polacco si ritirava, incalzalo da ogni parte dalla cavalleria di Budjenni. Allora il govcmo di Varsavia chiese aiuto all'Ungheria e Budapest si dichiarò pronta a mandare da 20 a 30 mila uomini di ca• valleria. Ma dovevano panare attra\·erso la Slovacchia. Il governo di Praga, interpellato, non rispondeva. Varsav;a capi e rinunziò al plebiscito, rimettendosi agli alleati per la solu1,ìonc della que5fone di Tcschen. E il 28 luglio la Conferenza degli ambasciatori decise, accogliendo quasi interamente le richieste cèchc: e decisione >, si leggeva ne-I numero de\1'8 ottobre di Re!a0 {io,1i inte,no{ionali, < che durante venti :rnni ha scaturito una costante contro\'ersia >. (Ci sia permesso ricordare che 11 verbo scaturire è intransitivo). La decisione:, ripetiamo, fu prr-sa il 28 luglio. Due settimane dopo (il 10 agosto) il governo cèco rispose alle sollecitazioni di Varsa\·ia rifiu. tando di lasciar passare il soccorso ungherc!e. (Cfr. Novak: Der kiinJtliche Staat. pp. 103-104; W. Studnicki: Polen im politi,c:hen System Eu,opas, p. 167). F. fece anchc di più. La Polonia era ormai in una situazione disperata. La sua salvezza dipendeva dai rifornimenti d'armi dall'estero, Questi rifornimenti non potevano transitare né per la Germania né per Danzica, e la via della Romania correva trop• po vicina al fronte. Unica via sicura quella della Cecoslovacchja, Fino a che la decisione non fu emessa, i cèchi promisero di aiutare i polacchi contro i bolscevichi. Subito dopo che fu emessa, cui non solo IO· spesero tutte le loro vendite d'armi e di munizioni alla Polonia, ma impedirono il transito dei materialì di guerra dalla Francia, dall'Italia o dall'Ungheria. Gli alleati non poterono mandare alla Polonia che una missione, con a capo il generale Wcygand e lord d'Abcrnon. Un guasto alla locomo1iva costrinse la missione a formarsi alcune ore a Praga. I membri di essa ne profittarono per informarsi dagli uomini di governo cèchi circa la situazione della Polonia. Masa.ryk parlò chiaro: ncs• sun dubbio sulla vittoria sovietica; prestando aiuto ai polacchi, nella situazione dispe. rata in cui si trovavano, non si sarebbe reso loro alcun servigio e, anzi, si sarebbe fatto rnolto male (m ,uh horm). La missione prosegui il suo viaggio. E un mese più tardi, dopo la vittoria dei polacchi sotto le mura d1 Varsavia, ripassò per Praga. e E allora>, nota con ironia lord d' Abernon, e potei appre:u.are al suo giusto valore l'intelligenu e la larghezza di vedute del signor Bcnes >, il quale lo assicurò che, dopo la costituzione della Piccola Intesa, alla quale non avrebbe tardato ad associarsi la Polonia, i Sovieti non sarebbero stati più da temere e gli ungheresi sarebbero rimasti tranquilli. e Quali miracoli opera una vittoria >, commentava lord d'A.bcrnon. e Un mese fa qui l'atmosfera era ostile alla Polonia. Oggi è il contrario. Ma che cosa sarebbe accaduto se la missione franco-inglese avesse seguito i consigli che Praga le prodigava in luglio?>. (TJ,,e ,i1htunth Decisive Battle o/ the Jllo,ld, pp. 20-21, 11~-113). Lord d' Abernon si ingannaYa. I rapporti fra i due goYHni continuarono ad essere pessimi. Benes tentò di farli migliorare, ma senza mai pensare a restituire il mal tolto. Si arrivò a concludere un trattato di commercio; ma non si andò più in là. Secondo il piano originario di Bencs e della Francia, la Polonia avrebbe dovuto far parte della Piccol.i lntcu. Ma Pilsudski rifiutò: in parie per i torti che il suo paese a\'cva subiti, in parte perché temeva che Praga si sarebbe scJ'Vlta della Polonia per i suoi fini politici. (Novak: Der kiinstli&he Staat, p. 108). Non mancò, in Cecoslovacchia, qualche spirito onesto e chiaroveggente per avvertire che si batteva una falsa strada. Un eminente pubblicista cèco, Fcrdinand Kahanek, scrisse nel giornale Poledni Listy del 3 agosto 1934: e Noi abbiamo commesso un errore occupando la Slesia in rottura dell'accordo che avevamo concluso, e impedendo i rifornimenti ali.i Polonia nel 1920. La nostra p01itica del dopoguerra era fondata sulla prcvitionc che la Poloni3. sarebbe divenuu i B.ilcani d'Europa [a t .-e il vero, i Balcani sono in Europa). Bent:s credeYa che la guerra non sarebbe tardata a scoppiare per il " corridoio", e si udivano, da noi, voci che pre\ledevano una quarta ,partizione della Polonia. E, del re• sto, era stato Bc.nes a silurare i primi progetti francesi, i quali tendevano a sostituire all'Austria, che era cessata, una intesa cècopolacca >. Per colmo, al principio del 1937, venne alla luce che il governo cko aveva proposto un nuovo regolamcil,10 dei confini, di cui la Polor:iia avrebbe dovuto fare le speK: la Polo11ia avrebbe ceduto la Galizia orientale alla Russia e la Cecoslovacchia a ...rcbbe ottenuto la frontiera comune con J3 Russia, Fu un diplomatico cèco che fece la incredibile rivelazione: J. Scba, già ministro a Bucarest, nel libro Rusko a Mol4 Dohoda ue wetouJ polatice (Russia e Piccola Intesa nella politica mondiale); e, particolare ancora più sorprendente, il ministro degli Esteri cecoslovacco, dott. Krofta, scriuc e firmò la prefazione. La tempe$ta suscitata dalla riYclaz.ione non s'era ancora placata, quando venne alla luce che i moti dei contadini in Polonia, capeggiati dall'ex-presidente dei ministri Witos, erano incoraggiati da Piaga. Varie spedizioni d'armi da parte dei cèchi agli insorti caddero nelle mani delle autorità polacche. In queste condizioni, era piuttosto futile la pretesa di Bencs di far migliorare i rap• porti fra i due popoli. Era fatale che, presto o tardi, decidesse la fon.a: i( /alloit bien que la /orce dJciddt. Il 2, settembre, proprio mentre la crisi cèco-tedcsca era nella fase più acuta, il go- \Crno polacco inviò a Praga una nou catt·gorica ; Bcncs rispose evuivamcnte, e allora, il 30 settembre, subito dopo Monaco, il go, crno polacco inviò un i.iltimatum. Praga si piegò. e Gesto senza eleganza>, commentò indignala la slampa francese. E fu, forSc, elegante la condotta della Cecoslovacchia nel J920? Dice Philaminte in ~iolièrt: Elle a, d'une insolence d nulte autre pareille, Ap,ts trente leçons, insullé mon oreiIle Par l11Jnp,op,ié1é d'un mol sauuaie ,r ba.s, Qu'en ttrmes dlciJifJ conddfflne Vau1tla.s, L'indi~nazione della stampa francese per la ineleganza del gesto polacco somiglia mol• to a quella delle Pemme, sauanles per h ii1elcganza del linguaggio dei loro familiari Ed è pur Sl'lnpre prO\'a (per non dir altro) d'una bella serenità di spirito che proprin mentre la Francia subiv3. la più terribile s,confitta diplomatica della sua storia, la sun st:unpa avesse preoccupazioni cosi somiglianti a quelle di Philamintc ! RICCIAROETTO A1111I.lo- N, 47 • 19 Nonmbre 1938.un I OMNIBUS SETTIYANAL:DEI ATTUALITA P0LITIOA :E L:ETT:ERARIA ESCE IL SABATO IN 12-16 PAGINE ABBOIIAMEIITI ltallu Impero: anno L. 42, NmHtrl L. 22 Ea"ro I anno L, 701 1u1eatre L. 36 OGNI Jl'OJURO VJI'& LIRA Jlllu.ucrittl, dilegui e fotogr16e,anche " 11.cupubblicati, non 11 reat.itulsccno, Dtru.lou: Roma• Pian, della Piletta, 3 Telefono N, 88,4.70 Am.ml.nl.itru.1011.1: Mi1111•c Piaua Oulo Erba, 6 T1lefonc N. 24,808 __
~-~ U UN soli~ario durante tutta ~- la vita, dai primi anni, poverissimi, fino agli ultimi, nel fastigio dell'onnipotenza e della gloria. Suo padre, un modesto impiegato di dogana, datosi poi al commercio del legname, avrebbe voluto farne un uomo d'affari; la madre, per la quale ebbe sempre una venerazione illimitata, voleva farne un letterato, affascinata e commossa dalle sue attitudini poetiche. Viceversa il ragazzo sognava la carriera militare, l'unica che poteva distinguerlo dai suoi compagni non meno poveri di lui. Morto il padre, il rngazzo riuscì ad ottenere un posto gratuito alla scuola militare di Salonicco per l'intercessione di un vecchio amico di famiglia. La madre si rassegnò al fatto compiuto. La scuola militare di Salonicco era una specie di convitto di cadetti sovvenzionato dar sultano, il quale sorvegliava personalmente l'educazione dei futuri capi del suo esercito. Vigeva una disciplina rigorosissima; ma il piccolo Mustafà era studiosissimo ed eccelleva nella matematica 1 e a tal segno che l'inse~nante di questa materia si gio,·ava di lui come di un assistente. Orgoglioso del suo allievo, questo proressorc, che si chiamava egli pure Mu- ~tafà, uscì, un giorno, in questa proposizione : « Bisogna stabilire fra i nostri nomi un segno di diversità, e se non c'è, creiamolo. Da oggi in poi, tu ti chiamerai Kemal >. E Kemal significa l'eccellente. Superati brillantemente i corsi deJla scuola di Salonicco, passò alla SCl!,olasuperiore di Monastir. Quando Mustafà Kcmal venne a stabilirsi a Monastir la città risuonava di clamore di armi e di gridi di guerra. Grandi ma~sc di soldati, accompagnati dal rullo pesante delle artiglierie, sfi• lavano in file serrate per le strade, mentre i fedeli guerrieri del padi~ià intonavano i melanconici canti della Anatolia. Ancora una volta i turchi scende, ano in guerra contro un vicino e l'oggetto della contesa era. Creta, luogo che sta\'a particolannente a cuore ai reggitori dell1equiljbrio europeo. E facile immaginare con quale interesse i futuri marescialli della scuola di ;\1onastir seguissero le vicende del conflitto che si svolgeva sotto i loro occhi e con quale ardore discutessero i piani dei vecchi generali. Le loro speranze non andarono delu"e, poiché l'esito della campagna di Tessaglia del 1897 fu favorevole alla Turchia. Di f-onte all'Olimpo, residenza dei loro antichi dèi, i ~rcci furono costretti alla ritirata, e alla loro testa era il giovane erede al trono, Costantino, lo stesso che, un quarto di secolo dopo, do\'eva misurare le proprie forze con quelle di uno dei C.."\dcttidi Monastir per una causa di vita o di morte. A ).,(onastir, fra allievi dai quindici ai diciotto anni, le attitudini e le vocazioni cominciavano ad affermarsi e i caratteri a disegnarsi con un certo rilìcvo. Sui tratti giovanili un occhio esperto avrebbe già potuto indovinare i orimi contorni della maturità. Un compagno di Mustafà Kemal così lo descrive all'età di diciotto anni: « Si teneva sempre in disparte, ripiegato su se stesso, né aveva stretto intimità con nc!-suno. Eppure non era né scontroi.o né rustico, anzi gaio di carattere e di modi garbati. Benché non tentas~e mai d'imporsi, noi ci la~.cia,·amo guidare da lui "cnza rendercene bene conto. Leggeva molto e ancor più riflette-va. Era solito meditare un libro per un tempo triplo a quello impiegato nella lettura. L,;n giorno gli fu chiesto: "Tu con noi non ti diverti e cerchi 5<.'mpre la solitudine. Che c~a speri di diventare nella vita?". "Ben olajghin", che significa "qualcuno". "Ma chi, preci• samcnte?''. "Qualcuno". ''N"on spererai di diventare •mltano !". "Qualcuno", rispo-;e per la tena. volta>. Dopo i tre anni di Salonicco e dopo i quattro di ~1onastir, è ammesso alla Scuola :superiore di Costantinopoli. A Cost.rntinopoli lo studio delle disciplin<' milit..:tri non gli vieta di occuparsi di politica. Ha i primi contatti coi giovani del partito « Unione e Pro~rcsso •· Le idee nuove non lo trovano impreparato. Il vecchio mondo politico, economico1 sociale, gli pare una rovina, il regime a"solutamcnte inrapare d1iniziare una qualsiasi azione ri• paratrice. La salvena non può venire che da una rivoluzione in profondità. Non nac.conde le 3UC idee, ◊'>tenta le ,ue relazioni coi « giovani turchi > delr « Unione e Progre'iqJ •· Ammonito nn,'\ prima volta, non se Jl(" dà per in- (l(uto T-o111.11d, Londn) teso. Viene Quindi arrestato e tradotto davanti a un tribunale militare, che in considerazione dei « buoni precedenti > si limita ad imbarcarlo sopra una nave da guerra alla volta di Damasco; di là, va a combattere contro i dru,i, che infestano quelle montagne. ~a non c'è lontananza che valga a distrarlo dai suoi disegni. Anche da Damasco continua a manteneni in relazione coi suoi compagni di scuola e di fede, annidati nello stesso Stato :\fa.ggion~,che tanto fanno, che riescono ad ottenere il suo trasferimento a Salonicco, presso il terzo Corpo d'armata. Incaricato della sorveglianza della ferrovia della ~1acedonia se ne giova per viaggiare -;enza dare sospetto e per tenere i collegamenti fra il Comitato Centrale di Salonicco e le "ezioni ,parse in tutto l'impero. Yla quale è, veramente, il suo pensiero? Disciplinato a~li ordini del partito, Mustafà Kemal non si impegna. ~essun dubbio che egli non condivide le idee generali e le direttive del Comitato rivolu1ionario, che sogna ancora colpi di mano e pronunciamenti militari di tipo balcanico. Quando, nel 1908, scoppia il moto rivoluzionario, egli non figura nemmeno fra i capi. Un simile rii,,crbo dà luogo ad ogni sorta di sospetti e di interprcta.7ioni malevole. Invitato a spiegarsi, dichiara freddamente che la dittatura del Comitato « Unione e Progrec;so > e l'assoluti,mo di Abdul I lamid si equivalgono. S'inizia, quel ~iorno, un dissidio aperto e irreparabile fra lui e i maQ"l{iorentidel Comitato, che riconoi.cono nel triumvirato di Enver, Talaat e Gemal la suprema autorità politica e militare. Must,,fà non è un uomo comodo. La migliore soluzione è ancora quella di al• lontanarlo. Gli affidano una mi'i_o,ione in Tripolitania. La guerra italo•turca lo trova. a Derna dove comanda, col gr.tdo di magg-iore, un contingente di truppe male addestrate e p<'ggio equipaggiate. Ma quando !lii acC'ende la guc-rra balcanica, nes~uno pub negargli un comando degno di lui. Capo di Stato Maggior(" d'un Corpo d'annata, rc- ,;pinge i bul~ari che erano quasi giunti all<"pone della capitale e, poco dopo que•a'azion<'. è il primo a rientrMe, alla testa di una brig,na di cavalleria, ad Adr·ianopoli, eonc;iderata pnduta. I.A>promuovono tenente colonnello. a\'anti ! >. Gli inglesi sono respinti dalle cime raggiunte e a mala pena riescono a ritirarsi dietro gli scogli di Ariburnu. Pochi mesi dopo. gli inglesi tentarono ancora una volta di impadronirsi di Gallipoli e di farsi strada verso Costantinopoli. Mandarono in linea la famosa armata di lord Kitchencr. Nessuno, nel campo dcll'lntc- ·sa, dubitava del successo. All'armata di Kitchener riuscì lo sbarco e ancora una volta la fase decisiva della battaglia doveva svolgersi nelle vicinanze di Ariburnu. I posti turchi più avanzati sono costretti a cedere e le cime che da Aribumu salgono verso i due villaggi di Anafarta grande e Anafarta piccola si offrono alle mire degli inglesi e dei turchi. Chi le conquisterà sarà il padrone di Gallipoli. La lotta durò parecchi giorni, fra offensive e controffensive, finché gli inglesi, vista l'inutilità degli sforzi1 si rassegnarono a cedere. Restava una sola posizione nelle loro mani. Poteva rappresentare un pericolo. Kemal decise di finirla e diede l'ordine dell'attacco. Senonché il fuoco del nemico bersagliava talmente le trincee di recente scavate, che i soldati ricusavano di lasciare i ripari. Kernal intuisce che solo il suo esempio può salvare la situazione f! corre alle trincee, ne esce e dopo un breve tratto alza un braccio. A questo segno i plotoni balzano furiosamente dai ripari, si slanciano all'assalto e cacciano il nemico da tutte le posizioni. Quando 1 finita la battaglia, Kcmal venne a rapporto dal comandante in capo, gli mostrò il proprio orologio in frantumi, che1 probabilmente, l'aveva salvato da un colpo mortale. Liman von Sanders gli offrì il suo. Pareva veramente invulnerabile. Gli ingl~i non dimenticarono mai la prodigiosa battaglia di Anafarta e vollero farne solenne testimonianza. « Poche volte nella storia >, si legge in una loro n:lazione ufficiale, « l'iniziativa di Crollato l'impero, travolti i responsabili della disfatta, Kemal vide la salvev,a in uno Stato nazionale turco, che salvasse quanto era ancora possibile salvare, rinunziando ai sogni megalomani del panturchismo e dello stesso califfato. Disegno apparentemente modesto, e che, in ogni caso, urtava contro l'antica mentalità rappresentata dal sultano, dalla Corte, dal clero, da una parte dell'esercito, dal mondo politico in auge. Questo mondo avvertì in Kcmal un nemico cui la gloria militare conferiva un prestigio indiscusso. Col pretesto di promuoverlo e di elevarlo nella dignità se non proprio nel grado, lo inviarono in Anatolia sotto la veste di ispettore generale dell'esercito e con l'incarico di sedare turchi, curdi e armeni, che si levavano gli uni contro gli altri. Non si era nemmeno insediato, a Sam.sun, nel palazzo del governo, che Kemal ebbe notizia dell'occupazione greca di Smirne. Era l'estrema ignominia. Dall'Anatolia partirà l'inizio della riscossa. •Egli non dispone che di due Corpi di annata, ma da Samsun si mette in rapporto con gli altri comandanti, si fa tenere al corrente degli avvenimenti 1 si mette a capo di tutte le forze nazionali, che non si rassegnano all'ultima decadenza, al disonore. Avvertito del pericolo, il governo di Costantinopoli lo richiama, ma la sua risposta è perentoria. < Resterò in Anatolia finché la nazione. non avrà ricuperato la sua piena indipendenza•· Pochi giorni dopo lanciava a tutto il paese un appello che era una sfida al vecchio mondo imperante. « La Patria è in pericolo. 11 governo centrale non è più all'altcz.za dei propri doveri e soltanto la energia e la volontà della Nazione potranno salvare la Turchia. Abbiamo deciso di tenere a Siva.s un Congresso generale>. Ai primi di dicembre del 1 g I g il Congresso redigeva a Sivas il « Patto nazionale:., fondamento del futuro Stato. Egli diventa il simbolo dell'indipendenza del paese, l'incarnaspazio da difendere e questo spazio è il paese intero •· La vittoria sui greci gli meritava il titolo di « Gazi •1 il «vittorioso•• e gli consentiva tutte le audacie. Era venuta l'ora delle grandi decisioni. La Grande Assemblea decretava la decadenza del sultano Mehemed VI. che fuggiva sopra una nave inglese e rimandava a miglior tempo oeni decisione in ordine al califfato. Volente, nolente, la diplomazia doveva ritomare ad occuparsi della Turchia e lacerare, a Losanna, col trattato del 24 aprile 1923, il trattato di Sèvres. Ismct Pascià, divenuto più tardi lsmet Inennu, salvò con la diplomazia quanto Kemal aveva conquistato con le armi. Se la Turchia perdeva la Siria, il Lib:mo e la Palestina, conservava tutta l'Anatolia e vedeva cadere i disegni di uno Stato curdo e d'un' Annenia indipendente. Il nuovo Stato nazionale assumeva la forma della repubblica con Kemal presidente, Costantinopoli perdeva la dignità di capitale, il governo centrale si trasferiva ad Ankara, l'antica metropoli dei galati, centro storico e ideale del nazionalismo turco. Incominciò l'èra delle grandi riforr.:ie: abolizione del califfato, separazione della Chiesa dallo Stato; liberazione della donna dall'uso del velo e dalla prigionia dell'harem; abolizione del fez e dell'antico calendario turco; introduzione del codice civile svizzzcro, del codice penale italiano e del codice di commercio germanico; abolizione dei vecchi numeri turchi e della grafia araba i la traduzione delle Sacre Scritture nella lingua viva ; la repressione del vergognoso commercio dell'oppio·; l'imposizione dei nomi di famiglia in un paese che non ne aveva mai avuti; il conferimento alle donne dello stesso diritto di voto degli uomini. Nella politica estera, si regolò con estrema prudenza e con supremo accorgimento. Potenza asiatica e potenza europea al tempo stesso, la politica della Turchia ha necessariamente due facce : la politica orientale ha per fondamento il patto di Saadabad, che, dal luglio del 19371 la unisce alla Persia, all'Iraq e ali' Afganistan; quella occidentale l'Intesa balcanica, che la rende solidale con la lu~oslavia, la Grecia, la Rumenia; fra i due sistemi, l'intesa con la Russia1 che non le ha mai impedito di considerare il bolscevismo come un nemico da combattere col ferro e col fuoco, per quanto si riferisce all'ordine interno. Ultimo successo, e non dei meno importante di Kemal (divenuto Ataturk, padre di tutti i turchi, con le nuove denominazioni) il riarmo dc-gli Stretti e il loro controllo di fatto. Per merito suo, la Turchia ha ripreso il posto di grande Potenza, insofferente come non fu mai di tutele e di protezioni. Ha tenuto testa all'Inghilterra per Mossul, alla Francia per Alcssan• drena, alla Russia per gli accordi orientali. Le ragioni di questo grandioso successo di Kemal sono molte. Alcune appartengono al tempo, e altre alla sua personalità. II tempo esigeva un equilibrio nella regione che sta a cavallo "ra l1Europa e l'Asia e Kemal ha i.aputo obbedire a questa necessità storica e geografica. Ma perché Kemal potè asL'AVUTRIOE SABIHA OOEKTSOHEN, PIGLIA ADOTTIVA DI KEKAL, NELL'ATTO DI BAOIAROLI LA MANO f iiolvere così degnamente un simile compito? Perché ebbe la nozione esatta del limite, perché, contrariamente alla mentalità dri « giO\·ani turchi :t 1 di Enver sopra ogni altro, capì che erano finiti, e per sempre, i tempi dell'imperiali~mo, che il panislamismo e il panturchismo erano ormai 'iOgni. Il famo~o triumvirato contro il..quale, tacitamen• te o palesemente, non cc~sòmai di lottare, vagheggiava di rigenerare l'im• pero ottomano in tutta la sua ec;ten~ione trasformandolo, da a~~regato di popoli diversi sotto l'autorità comune del sultano, in uno Stato unitario e centralir.zato, in cui tutti do\'cvano sentirsi unicamente « cittadini ottomani >. Era l'ideale dello Stato nazionale ò'O{ idente tra~rtato su un tc-rrcno totalmente diverso. !<.emal avvertì subilO l'artificio'-ità e il carattere chimt'rico dì una simile costruzione. Egli voleva, non meno drll' « Unione e Progresso•, Allo scoppio della guerra mondiale, il suo dissenso con il governo è totale. Giudica un errore gravissimo lo schieramento della Turchia dalla parte degli imperi centrali e non lo nasconde. Ciò non ostante gli viene affidato il comando della 19" Divisione, che drve difendere la. penisola di Gallipoli sotto l'alta direzione di Liman von Sanders. Lo scenario era veramente classico, l'Ellcsponto, uno di quei luoghi che la fatalità sembra avere dec;tinato in eterno ad essere il teatro degli urti sanguinosi fra i popoli. Sulla costa asiatica e sull'estremo lembo meridionale della penisola i turchi er:rno rimciti ad opporre una barriera a~li assalitori, ma Ariburnu, il Capo delle Api, il teno punto di approdo minacciava di cedere. Nel momento deci,.ivo della crisi sopraggiunge Kemal. e Che succede? >. « Sono qui, stanno per arrivare:.. «Chi? :.. « Gli in~le~i! :.. Kcfnal si rivolge all'ufficiale-di Stato ~1'ag~1orc: « Abbiamo suffirienti munizioni? ». « Sì •· « E allora, un solo comandante di Divisione può avere esercitato, in tre separate occasioni, una co~ì profonda influenza, non solo sul corso di una battaglia, ma sullo svolgersi di un'intera campagna e perfino sul destino di una nazione>. Com,rndante del XVI Corpo d'annata1 viene mandato, nel 1916, a fronteggi,1rc i ru.ssi sul confine orientale della Turchia. Non era un compito facile dato il morale, oltremodo depresso, delle truppe. In poche settimane le rincuora, le disciplina, ripristina la fiducia. In Un primo tempo riesce a fermare l'avanzata russa e, succe\siva• mente1 a strappare al nemico due importanti città: Bitlis cd Erzcrum. Ultimo e non gradito compito di Kemal nella guerra mondiale fu quello di assumere, nell'agosto del 1918, il comando dell..t VJ I Armata, logora e decimata, e di tentare, con essa, un'azione contro la marcia degli inglc'ii verso la Palestina. Compito disperato, compito assurdo, che non poteva evit;1re il di~astro finale. zione ste~sa dell'idea liberatrice. Il mo- lo Stato nazionale turco e la modernizvimento assume proporzioni travolgenti. Nell'aprile del 19:w si inaugura ad Angora la prima As.semblea nazionale. A questo punto Costantinopoli pensa di ricorrere alla forza . .B la guerra civile. Gli alleati ne approfittano per imporre alla Turchia il trattato di Sè• Hes che le ia~cia appena Costantinopoli e un lembo di Asia Minore. Nel frattempo, Venizclos, nella sua illimitata vanità, immagina di poter fare della Grecia la « spada dcll'lntes.'\ :t nell'Oriente prO'i~imo e domanda di mandare un e~ercito greco contro Kemal. Non l'avesse mai fatto! In due brcvis- ~ime, ma sanguinosissime campagne, nel settembre del 1921 e ncll'e~tate del 19•n, i greci venivano battuti su tutta la linea, inseguiti, dispersi. Alla vigilia della battaglia di Sakaria il generale :)veva voluto ispezionare le truppe e per acuire il loro semo del dovere e della responsabilità 1 aveva tro\'.:,to queste grandi parole: « Una linea. di difesa non c'è. C'è soltanto uno zazione della. Turchia, ma comprese che per questo occorreva mettere d., parte panislamismo 1 panturchismo e califfato. Fu, quindi, un patriotta asso• lutamcnte antitradi1ionali-;tico cd un nazionalista antimpcriafo,ta che, proprio in nome del suo na2ionalismo1 non volle più saper nulla della maggior pane dei paesi fino ad ieri domin;.1tidalla sua nazione. Kcmal comprese che se si voleva fare della Turchia uno Stato nazionale moderno, bisognava rinunziare al conglomerato di popoli su cui i turchi avevano dominato e, innanzi tutto, al mondo arabo. Questo mirabile equilibrio nell'azione politica e militare non andava di"giunto, pare, da violenze di ogni gc-ncre nella vita privata. La vita dei suoi "imili, fossero estranei, :..,nici, collaboratori, non aveva né importan1.a né valore. Impo~sibile distinguere la verità dalla leggenda. L'Oriente è ~mprc l'Orirnte. GIULIO VENTURI
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