IL SOFM DELLE musE IPROVINCIALI lo}HUNO CICOGNANI, dopo romanzi, l9) novelle, riAcssioni fra liriche e .filo5ofichc, pubblica ora presso Treves alcuni rncconti lunghi: La ,ne,ua di La::- zmo. Una mensa dove le vittime della ,;orte s'incontrano, s'alleano, si consokmo vicendevolmente; gente che subito sì comprende appartenere a una razza malata, creature che portano addosso la lunga cc:;perienza di rovine e d'umiliazioni, fino a cavarne un animo sensibile e stanco. I personaggi di Cicognani veramente appaiono stanchi non soltanto per la propria \·ita, ma pur per quella di chi venne prima di loro. Essi concludono miseramente un nome; e chi racconta la loro s:;roria non poco sembrn compiacersi della propria inclinazione a cogliere le ultime conse~uenze d'un lungo decadere. Cosa non nuova, d'altra pnrte, nella letteratura narrativa europea. Si pensa a :'\lann, che sempre ha souinreso dietro i suoi personaggi questo accumularsi di destino; ma Cicognani, dei personaggi che finiscono le proprie pene nella tragedia più misera, h:i. appena il senso. Ce ne disegna, meglio che il carattue intimo, la figura esterna: cogliendo di essi specialmente quel che di locale e di dialettale sempre si rivela negli atteggiamenti e nelle parole. E il lettore ha l'impressione di trovarsi davanti un quadernetto di appunti, e non racconti deliberatamente conclusi. Un quadernetto tenuto da un romanziere, quando l'ispirazione è più calma, e in attesa soltanto che domani la fantasia c;opra,·,•cnga a sciogliere ogni crudezza. Quella fantasia che poi dì rado interNon difetta a Cicognani il senso dei destini umani che si concludono nella maniera più misera; ma quasi sembra che eJ(ii, accintosi al narrare, finisca col lasciarsi distrarre da cose e colori che • s~anno intorno ai suoi personaggi, e che nb determinano solo gli atteggiamenti pÌi1 superficiali. Da rimanere, pur con qudl'impe$(nO di rncconto ,•erista, uno otcrittore dialettale, vernacolo. I personag~i d, Cicognani non sono soltanto fiorentini, ma dalla città finiscono coll'es- ~ere illanguiditi. Tanto il loro scrittore ha il gusto per le cose che li circondano, da dimenticarli, o al massimo da ,,cderli soh:into in ciò che essi hanno di pittore..,ço. Potevano essere caratteri, e si limitano a restare macchiette: tradizione toscana, certamente, mcm re Cicognani sembrava fra i pochi meglio dotati a vincerla, come chi si accin~e alla narrazione avendo per scopo soltanto una precisa intelligenza di fatti umani. L:i. Firenze delle vecchie famiglie borghesi cadute in basso, delle anticamere degh avvocati, dei piccoli appartamenti dove si vive con po- ,·cre rendite, lo ha ispirato così da metterlo sulla via del racconto chiuso nelle strettoie della provincia. Sempre un romanziere avvicina i suoi personaggi per curiosità della loro condizione umana, e non per gusto del loro fuggevole colore; Cicognani invece da quel colore è stato come aura.no. Quasi che un difetto di fantasia abbia spinto lo scrittore là dove 1I ~uo interesse pareva estraneo. J personaggi d1 Cicognani hanno cosi molto del dialettale, secondo il modo con cui ci vengono messi davanti agli occhi ( Ogni giorno, più volte al giorno, alle stesse ore, si vedono sotto i portici di Piazza Vittorio andare su e giù, l'uno accanto all'altro, due ripi che dànno nel- \ '01HJNUAZ. DAL NUMERO PRECEDENTE) ~i'i;') IÙ notev.o.le .mi pare il prevale_re, ~ ogm giorno maggiore, delle g1ustappostz1001, del tipo il processo 1Cm!tmgn, il caso Nasi, Corso Umbuto. Gli esempi mostrano che esso aveva cominciato a diffondersi già nel secolo XIX. \la quanto a nomi di strade st trovano a Fircn;r,c ancora tutti e tre 1 tipi: Vta Canmr, Via d~' Bardi, Via ,W:onalda o Taddf'a. Il primo è naturalmente il più recente, il terzo 11 più antico; che prosegua direttamente una tradizione romana antica, quella d1 t ia Appia o di t:ia Cassia. non oserei dar per certo. La coscienza dei parlanti tiene ancora rigoro,amcnte distinti I tre tipi: solo un non fiorentino direbbe t;ia Bardi; t;ia Taddei, naturalmente, neppure un non fiorentino. \la OJ!'J(I sul Corrirre leggo atttggiamtnto - opposizio,u, che è molto più arduo e urtante d, quanto abbia letto sinora. :\la, tutto sommato, sono, lo ripeto, bazzecole. Più importano mutamenti stilistici: rammento soltanto due fatti, cominciando da quello che è a mezza strada tra sintassi e stilistica. Le lingue antiche, s1 suol dire, sono contrassegnate dal prevalere dt:llo stile verbale (fa eccezione, ed e singolarissimo, un poeta sublime, Eschilo); le lingue moderne di cultura, almeno nella prosa corrente, dallo stile nominale. L'ualiano comune, quale è 'if.'.ritto in giornali e riviste, va passando lentamente dallo ~t1le verbale al nominale. In i¼ltrc parole, un'c'>pressionc come la c1.1midtrazfo11t: chr. dove la propo1tiz1one introdotta da che indica il contenuto della co11,1dcrazione, era nell'italiano anuco a!mt"no rara, diviene oggi sempre più l'occhio anche al più distratto ... •: ecco la presentazione dei due personaggi di e Fedeltà•), e di rado il loro carattere vuole essere chiarjto negli avvenimenti. Cicognani ferma l'occhio davanti ai suoi • decaduti•, quando il loro decadere par giunto a un momento se non più drammatico almeno più doloroso. Se un carattere poi viene svolto secondo il corso d'un fatto, allora sembra che ciò che gli accade abbia del gratuito. li signor Muzzi si rovina per la moglie e le figlie eleganti, e si uccide per far loro guadagnare una forte assicurazione; un povero esattore di tasse conosce un artista e se ne estasia, fin che quello se ne va. Una madre ritrova il figlio, ed è la situazione che preme allo scrittore; poi quando la donna s'avvede che il figlio è gobbo, si sente che questo particolare è messo ad accumulare nero sul bianco. Una moglie vittima del marito, inconsapevole della propria brutalità, muore: la figlia svela al padre la brutta morte della madre, e quello si angustia; ecco un'altra situazione che preme a Cicognani, ma la conclusione poi viene come inattesa; come di troppo. Un certo Corboli ha fama di cattivo augurio, e tutti lo sfuggono; poi, per un manC:lto omicidio, egli forza se stesso e diventa uomo come rutti gli altri; ma la favola interessa solo nella sua prima parte. Gli avvenimenti che liberano Corboli dalla cattiva sorte, restano in più. Da essere i racconti di Cicognani sempre in sospeso fra una prosa che ha del ragionamento e commento sui fatti e i destini umani, una prosa languida, e diremmo qua e là pascoliana, e un'altra che vorrebbe essere gremita di a\'Venimenti. Quando Corboli scopre di essere di cattivo ?" rio:•• Fu un'illuminazione. Tutta la sua vita, tutto il suo passato gli apparvero a codesta luce d'una evidenza solare. E incominciò lo spaventoso martirio•. Quando un altro personaggio, Adelmo, protagonista del racconto dove forse è raggiunto qualche equilibrio fra avvenimenti e colore locale, andava a passeggio con Ermanno, piccolo impiegato ma fantastico giocatore in borsa:• godeva nel sentirsi scaldato dal riverbero di codesta fiamma, vivo di codesta vita•· E sempre Cicognani ama il commento che tocca la sorte di tutti. Prosa discorsiva, e quasi diremmo parlata, come se sottintendesse un ascoltatore, quella di Cicognani, si giova di inflessioni, di modulazioni. Non parlata popolarmente, anzi secondo l'accento d'una piccola classe media, ha modi che nel discorso dovrebbero colpire, commuovere, oltre l'immaginazione, l'animo. e Corse ad aprire. Era lei. Con il cappellino guarnito di fiori, un paltoncino a vita color lontra, al collo la pelle d'un conighuccio. Ed ora ch'ella era 11, egli provava una specie di sgomento. La umidezza sua antica ... •· Prosa di piccole proposizioni, che paiono seguire la cadenza d'una voce che ,·orrebbe dare calore, con le soste e le riprese, ai fatti che narra: • E gli parc"a che tutto avesse una gran sensibilità: la luce, l'aria, i colori, le siepi quasi già spoglie, e, nei campi bruno-lucenti per l'opra della semina, i tralci nudi delle viti e degli ulivi, col loro argenteo brillio. Dolce, commovente estate di San Martino. La sua, per Adelmo•· Che è un modo di seguire i ragionamenti dei propri personaggi quasi per accettata finzione. Un modo da discorso, che vuole convincere più che rappresentare. Un distacco oratorio, di poco volo: un cantare facile, secondo il gusto di ascoltatori che pare abbiano udito il colpo d1 tosse del parlatore. ARRIGO BENEDETTI comune. Simbolo di questo mutamento è la frequenza con la quale ognun di noi adopra, parlando e scrivendo, il fatto che, dove quel fatto è evidentemente del tutto vuoto e serve soltanto a dare un appoggio alla proposizione, diciam pure dichiarativa. Ancor più notevole è che si è alleggerito il periodo, che, come ha mostrato Alfredo Schiaffini in una conferenza che ha 11 solo difetto d1 essere, ridotta a memoria, troppo corta, dal secolo XVI I J 1n poi, per influsso del razionalismo e illumini6mo francese e inglese (ma quest'ultimo filtrato per lo più attraverso la lingua francese), gli scrittori di prosa abbiano preso l'abitudine d, comporre periodi sempre più brevi, meno intricati, più leggeri. Cosi ci siamo ntrovat1 a scrivere, per quanto riguarda 11 periodo, molto più come scrivevano gli antichi 11aliani, finché il Boccaccio non ebbe adattato lo stile nostro al modello latino, foggiando così uno strumento mirabile, ma che non poteva essere maneggiato se non da un grande artista, uno strumento inadatto alla ,1ita di ogni giorno. E insieme ci siamo ntrovat1 a scrivere molto ...più come scnvono I nostn contemporanei stranieri. L'infiu.s!I.Odel latino sulle hnguc europee è stato necessario m un primo periodo; più in qua non è stato neppur sempre benefico, perché ha nociuto alla loro spontane11à. E con tutto ciò è naturale che, come il purismo del XIX secolo, cosi ora il neopurismo s1 nvolga quasi soltanto contro le novità lessicali. Come il vecchio purismo (perfino nel padre Cesari) era stato bandiera e arma della resistenza contro la L•l1 11 0h• peno '7", . Lult 11U:u hga di Buh 11 • Lel1 "A propOlho, atamattlna à ·u11.11to quello del gu .. , 1', ( CORRIERE TEDESCO) HI1'TD~G U ON è un mistero per nessuno che la !l'J l1•ncratura tedesca contemporanea è povera di grandi nomi, povertà che d.t1.1 forse fin dagli anni dell'immediato dopoguerra, e gli sfon.i di alcuni giovani, affermatisi in questi ultimi tempi (Mec.how, Bischoff, Alverdes, Britting, ccc.) sono troppo recenti per dire se riusciranno a fecondare un campo da anni magro e avaro. Anche i libri dei due scrittori che oggi forse rappresentano il meglio della letteratura tedesca (Carossa e Wicchcrt), hanno caratteri di nobiltà grande, bagliori. di modernità, significati profondi e non ancor tutli scoperti o S('opribili, ma non sembrano destinati, né il pC:mo e uemmeno forse il secondo, sebbene l'opera di questi sia in pieno sviluppo, a raggiungere quelle cime che nel passalo in Germania servivano a dominare un panorama vasto e grandioso. Si capisce pertanto come in tale ristrcl• tczza si sia alzala, qualche settimana fa, un po' la voce nel compiangere la morie di uno scrittore non certo grande e la cui fama non crescerà nel futuro, ma onesto e di qualche impor1ania: Rudolf G. Binding. Binding aveva compiuto da poco i set. tant'anni. E insieme con Hans Grimm, di qualche anno più giovane, si può dire che rappresentaue ,rouo modo una specie di pass.aggio, di prepararione alla letteratura nuova. Almeno in questo sento: che tuni e due, benché diversissimi di indole, d'arte t' di provenicnn (Crimm dalla piccola borghesia, vicino al popolo; Binding dalralta borghesia tedesca, dotta e un tempo inAuente) han tenuto fermo ad alcuni ideali della nazione e della razza: ordine, po· tenza della Germania; e nel campo artidominazione straniera, cosi il neo-puri~ smo è figlio della rivoluzione fascista. La cultura italiana ha in questi ultimi anni preso coscienza sempre più chiara dell'altezza delle proprie tradizioni e si ribella al pensiero di rimanere, anche quanto alla lingua, tributaria di paesi stranieri, aspira anche nella lingua a una &pecie di autarchia. Questo desiderio è diffuso largamente: solo dicci anni fa non si sarebbe saputo immaginare che un giornalista militante, un corrispondente scrivesse un libro d1 lingua, a parer mio fin troppo purista, come ha fatto ora Paolo :\fonelh. Questo desiderio è legittimo: lasciare andar l'acqua ·per la china, non si può e non si deve. I linguisti moderni si sono ormai liberati dal pregiudizio positivistico che la lingua sia un organismo naturale e che come tale abbia uno svolgimento necessario, il quale non può essere per nessun rispetto mutato o regolato da volontà umana. Essi sanno, mvece, che, se il maggior numero delle mod.Jficazioni linguistiche è sottratto alla volontà dei parlanti, altre dipendono proprio da questa, spesso dal volere di un singolo, che ha dato voga a certa locuzione. Di più, la volont.1. umana ha suscitato lingue morte. Quasi morto era, almeno tra le persone colte, l'irlandese: oggi è la lingua ufficiale del Libero Stato. • Quasi morto era l'ebraico al tempo di Gesù, che parlava certo non ebraico, ma aramaico; fu risuscitato una prima volta (o molte volte) quale lingua di culto e d1 cultura; ora in falestina è divenuto hngua vivente, adatta o adattata a esprimere anche oggetti della tecnica e concetti della scienza (ma rimarranno i giudei in Pas1ko: pureua e forza della lingua tedesca, nenuna concenione alle lusinghe della decadenza, pure essendo vissuti ambedue in tempi in cui le sirene del decadentismo chiamavano a gran voce. C'è un episodio, notissimo, nella vita di Binding che svela mollo di lui. Binding a\e\•a superato i quarant'anni, non aveva combinato nulla di buono, quando un giorno a Firenze s'incontrò con D'Annunrio. Un av,•ocato fiorentino, che gli dava le• zione d'italiano, gli fece tradurre in versi tedeschi La morte del cer110, tradutione che fu lodata dal nostro abrunese. E da allora Binding si sentì poeta e scriuore. Non già che qui si voglia insistere su quf'. ~lo particolare, e sarebbe di catti\lo gusto. Vogliamo anzi, più che le somiglianze, far vedere le differenze. D'Annunzio 1rova la salveua al suo egotismo, oltre che alla na• tiva genialità, in quella riccheua affet• ti\'a e sentimentale, avventurosa ed eroica, il\ queìla capacità di preda e di dominio, ma anche di donazione di sé, che lo faceva cosi vicino alla vi1a e della sua vita pa. drone e signore. In Binding invece rimase sempre una certa secchezza e limitatione. La siessa sua volontà di vivere, affermata non senza asprcua e severità, gli impediva il comple10 abbandono. E il destino gii fu avaro: mentre nella guerra D'Annunzio trovava l'occasione felice per realizzare il suo sogno d'avventuroso eroismo, per Binding la guerra mondiale, cominciata con un certo scetticismo (vedi il \·olume: Aiu dem Kriege), rimase sempre un'esperienza fredda, dominala d2ll'in1ellctto. Anche nella vantala sua Macltt iibu die Sprach,, dominio dello s.crittore sulla lingua, mollo ci sarebbe da dire. Dominio sl e una certa secca efficacia .. Tuttavia è vero che proprio in ques1a pover1à e limitazione, di fronte al fasto e alla ricchezza dannunziane, Binding 1rova se nesso. E il volume autobiografico: Erlebtes Lebn (Vita vissuta: il migliore suo Ji. bro, stampato, come gli altri, presso !'cdilestina?). La linguistica, nonostante che ne faccia parte la fonetica, non è né zoologia né fisiologia, è anche scienza dello spirito, e lo spirito è libero. Essa non deve star contenta soltanto a registrare i fatti e a spiegarli: può anche, dentro limiti per verità ·istrctti, regolare la lingua, rigettare o accettare, anche coniare espressioni. Una parte della creazione linguistica è evidentemente consapevole e libera, voglio dire la creazione delle nomenclature, che nel mondo presente acquistano importanza sempre maggiore, che ogni giorno più facilmente penetrano nella lingua comune e la improntano di sé. Per que8tO ufficio sono necessari studiosi non solo ricchi di dottrina, ma forniti anche di orecchio fine. Non direi che tale sia ogni glottologo, ma anche tra i glottologi cc ne saranno, anzi cc ne sono: :l Francesco D'Ovidio, che era appunto uomo di gusto, riusci di sradicare parecchi malvezzi. Bisognerà andare alla caccia di un nuovo D'Ovidio. Questo compito è rivendicato alla linguistica anche da uno che tra i glottologi naturalisti, positivisti, è grande, ma che rimane sempre glottologo naturalista, O.Jespersen. L'esperienza di questi ultimi anni insegna che i governi degli stati totalitari, se consigliati da competenti, possono far molto bene, sbandendo o imponendo ecru termini e certi usi nella lingua ufficiale: l'esempio del governo, attraverso l'amministrazione, il partito, i sindacati, le organizzazioni giovanili, l'esercito, si fa fltrada rapidamente in ogni cerchia sociale, schiacciando ogni resistenza. E il limite è segnato dalla natura delle cose: non c'è da temere che 1I governo muti la grammatica o imponga certe forme di sule, perché sarebbe impossibile. Ma anche per quel che riguarda il lessico, le nomenclature, non credo che ci sia da temere che i neo puristi abusino dell'autorità concessa loro dallo Stato. Gli italiani di Muuolin1 sono diversi dagli italiani di Giolitti, per un verso perché sono più gelosamente italiani, ma per un (Di,. ,ii 8,,101,) tore Rfitten & Loening di Francoforte sul Meno), specialmente là dove è rievocata la figura del padre, quando, finito il giuoco degli snobismi e dell'acerba volontà intellettualistica, irrompe la coml)loz.ione e questa è subito frenata, ha pagine di un'cffi. cacia innegabile, d'una austerità e misur.l che difficilmente si dimenticano. Cosi na~cc anche la compos1ezza virile, il tono appassionato e ff'1·mo,di alcune liriche di guerra, specie nel ciclo Stoh. und Tra,ur (Orgoglio e lutto), dal volume delle poesie scelte. Meno bene, secondo noi, Binding riusd come narratore, proprio perché gli manca\ a quell'abbandono fidente al ritmo dei ioni e dei tempi nella narraiione, che è quasi anch'eno un'eco del ri1mo della vita. Cosi accade nelle Lezcnden der Zeil (Leggende del tempo), dove più scoperto o addirittura ingenuo è il contrasto tra morbidezza sentimentale e volontà intelleuualistica; cosl nella lunga novdla di guerra UnstublichJ.eit (Immortalità), dove si tenta in\·ano un•impossibile fusione tra realismo e mito; S<"bbcne un altro racconto di guerra, Wingult, più semplice e unitario, rag~iunga non disprezzabili effetti di gran• diosità mitica Ma nell'altra narrazione, che è forse la migliore fra tutte: Opferzanz (Sacrificio), affiora un'altra qualità di Binding: quella di creare figure di donna. Vive tono nelle 1uc pagine non solo le donne, come Joic, che avverano quella parte di . sé che mai potè realiu.are: la capacità di donarsi, d'euer vicino alla \•ita ; ma viva è anche quella figura di donna, Oua,•ia, che a lui più somiglia, colei che anche nel dono o nel sacrificio si sentiva sempre come separata e per la lunghezza di un brace.io> dalla pienezza della vita In questa limitazione dolorosa, ma portata ed e,pressa con dignità, in quc,ta duplicità severa di stoicismo e di decadcn• ti~mo, che egli qualche volta riuscì a comporre, è, nei momenti migliori, il dramma e il segno vitale di Binding. BONAVENTURA TECCHI altro perché sono molto meno provinciali, molto più europei. E59i non si propongono, come forse facevano i puristi della risma del Fanfani, di riportare la lingua a uno stadio superato da secoli, almeno dal XVIII, fors'anche dal XVI. Anche se fosse possibile fare scorrere la fiumana verso la sorgente, non converrebbe tentarlo. Un linguista che abbiamo già nominato, il danese O. Jespersen, scrisse nella sua giovinezza un libro, ancor oggi vivo, sul progresso del linguaggio: egli riponeva il progresso nella capacità dt esprimere il pensiero combinando elementi di minima estensione e quanto più è possibile immutati, cioè né declinati, né flessi, né smossi, che ricevono un senso determinato solo dall'ordine diverso nel quale sono disposti: per lui, quindi, la lingua più perfetta è l'inglese moderno. Democratico convinto, egli ricusava di considerare i bisogni e i desideri del poeta, dell'artista: il suo ideale è quello di una lingua che ciascuno può imparare facilmente e che basti a esprimere chiaramente un pensiero medio. Ma progresso c'è stato nel nostro naliano, come in tutte le grandi lingue europee, anche in un senso più alto. Nel XVIII secolo, e lo mise in luce lo Schiaffini, l'italiano ha imparato a esprimere adeguatamente concetti politici, concetti sociali, culturali, di scienze particolari, che l'uomo del Trecento e del Cinquecento non si provava neppure a esprimere, perché non h a,•eva. Nel secolo XVIII non solo si sono formate nomenclature di scienze e tecniche singole, ma esse sì sono aperte la via nella lingua comune delle persone colte. Questo procedimento è continuato nel secolo· X fX, è divenuto più intenso, pamcolarmente per quanto riguarda la meccanica, i trasporti, ma anche per quan~ to riguarda tecnica guerresca, Stato, organizzazioni parastatali, negli ultimi anni, dalla guerra in poi. li fascismo non può proscrivere le parole nuove, perché negherebbe sé stesso: fascismo è neologismo recente, che il Popolo d'Italia ha stampato ViYIRCIL/0 padre dell'Occidente è un B' saggio di Teodoro Haccker dove si ra• giona del poeta latino con modi da trattatista duecentesco. Efficace l'analisi dc! e libro terzo> e della morte di Didone, t non meno quel porre in risalto come, nel. l'Eneide, si abbia il primo esempio di tragedia e di romanzo moderni. Carat1eri umani, per la prima volta si delineano e precisano nel contrasto dei sentimenti, e l'animo individuale viene ad essere ragione d'arte. Ma ques1i non sono che appunti su un saggio che mcue Virgilio come primo di quella scuola di scrittori che va da Dante a Shakespeare, a Racine, a Manzoni, a Dostoievski... Merita tuttavia porre in evidenu co1ne in Italia poche siano le pubblicafloni che, rivolgendosi a lettori dotati di studi umanistici, sappiano considerare gli scrittori più lontani con occhio moderno. Né si tratta di giungere per qucsca strada ai più strani accostamenti. Haecker riprende nel suo saggio un tema vecchio: quello d'un Virgilio che porta uo messaggio nuovo nella cultura europea. Ma ciò che conta è che Haecker tiene più dello scrittore che dello studioso. Cli studi severi gli stanno alle spalle, ma l'animo con cui vengono prcSiC'ntatele opere virgiliane resta semplice, tutt'altro che professorale. Aperta la tomba di Spencer, non sono stati 1rovati i manoscritti che avrebbero do• vuto, alla fine, decidere se Shakespeare sia \cramente Bacone. La questione è vecchia, e le pubblicazioni intese a dimostrare l'identità dello scrittore con qualche saggio del suo tempo sono innumerevoli. Bruno fu fra i sospetti di avere se.ritto l'Amleto e l'Oullo. E poiché la traduzione del nome Shakespeare risulta come e scuoti la lancia>, si giurò per uno Shakespeare italiano: che avesse il nome meridionale di Crollalanza. La tomba di Spencer fino a ieri ha aiutato speranze cd illusioni. Trovatala vuo1a, i ricercatori non hanno ormai che da aprire la hara. Fra le oua e la polvl"re potrebbe eltSl"renaKo,10 il grande segreto. '.\-ia molto n,cglio forS<"l'immagine d'uno Shakespeare ambiguo e sfuggente. d'un illustre stuffordiano, a dirla con Riccardo Bacehelli. Non sappiamo figurarcelo un mondo in cui i pedanti, alla fine soddisfatti nella loro curiosità, si agitino per cambiare testi icolastici, opinioni correnti Sui cartelli· teatrali, vedremmo: Amleto di Bacone Vcrular:iio, e i più resterebbero in forse; co.1. 1cdubbiosi d'una qualche contraffazione dei letterati moderni. Nella Biblioteca civica di Mariiglia, dopo il grande disastro, sono state allineate trentotto bue. Questa camera ardente è nata un'improvvisazione fra macibra e comica d~lle autorità prese dal panico. L'aria cupa dell<" vecchie biblioteche francesi avrà ceri.unente oppresso l'animo dei visitatori in cerca di scoprire persone familiari o amiche. Si dice intanto che centinaia di persone siano sfilate da,•anti alle bare, coprendole di fiori. E gli sguardi dei biblioter:.ri avranno seguilo la scena penosamente. Domani i bibliotecari, le signorine dello schedario, i custodi entreranno nei saloni in punta di piedi. Gli studiosi, che in angolo leggono a testa chinata, sembreranno fantasmi. CALIBANO per molto tempo tra virgolette; neologismo o, dici~mo, creazione semasiologica recente è Duce nel senso che noi ora gli diamo; neologismo di questi ultimi anni il fedtralt adoprato quale sostantivo; federazio,re stessa è nel significato specifico parola nuova, 1:i. cui nascita è inintelligi~ile ~ ,qualun<_1uc straniero capiti tra noi senz essere mformato delle vicenda del movimento: il partito fascista è or, ben altra cosa che una federazione di fasci particolari. 11 neopurismo lotta dunque, non contrc i neologismi, ma contro i forestierismi; ( anche qui usa discrezione ben maggior< che non facessero i vecchi puristi. Quandc il governo tedesco in un momento ne quale, prolungandosi la guerra, gli anim si eran sempre più inveleniti, nella primavera del '18, chiese ali' Accademia di Berlino dì aiutarlo a purgare la lingua da ogni vocabolo non tedesco, questa ebbe il coraggio di fare intendere rispettosamente che, se si fosse ristretto il vocabo~ b.rio tedesco alle sole parole germaniche, cacciando di sede parole francesi e latine, o fabbricate, ricalcate sul modello del francese e specialmente del latino, della lingua tedesca moderna sarebbe rimasto ben poco. Noi non corriamo tanto rischio. Eppure nessuno dei vecchi pmisti propose mai di sostituire agli antichissimi francesismi (o provcnzalismi) mangiart, gioie, preghiera, ptnsiero, sembrare, le forme legittime numicare o ma,rducare, godo, pri~go, pensamento, umbiare: è anche vero che quei vecchi, ignorantissimi di grammatica storica, non si saranno accorti che quei termini eran passati per bocca non italiana, essi che sbandivano ristora,ilt, sostituendolo con trattoria, vietavano lillà cd esigevano gridtllirio, perché non sapevano che l'una coppia di termini era francese quanto l'altra. Essi, m fondo, si sarebbero co·ntentati di estirpare I francesismi penetrati nell'italiano dal secolo XVII r in poi. GIORGIO PASQUALI (la fi,~ al prossimo numero)
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