']' ~O scrittore non "O più quale, fonc ~fachar, ma uno scrittore cèco certamente - ha detto che l'Oriente commc1a a Prcrov. Per mc Prerov è solt;a.nto la stazione dove si aspetta, vcn<"ndo da ~lora1ka o~trava, la coincidenza. per Bratislava. ~fa a Brati,13.- va poc;~ dire veramente di aver trovato l'Oriente. La fa.ma è invece che questa ~ia una città di carattere prevalentemente tedesco : c'è di tedesco il nome di Presburgo, che dei c;uoi tre nomi è certo il più c:1.mo§Ciuto,c'è la cultura e c'è l'architettura. col duomo gotico, il palazzo dei Primati e la città vecchia. Se ~ ne toglie qualche angolo abban• donato, dove il grosso ~elciato c;j ,lar- ~a sempre vuoto all'ombra e al K>le wtto le finestre chiwe di un convento, o di una pacifica casa prelatizia, e dove dietro il muro di un giardino, di là da un cancello stemmato, scorre e zampilla rieche~ato dal ,ilenzio il cinguettio e il canto degli uccelli, la pane vecchia di Brati.slava, senza e,serc nordica e monumentale come quella di Prai:ta, non è ceno meno romantica e intanto oiÌt angusta, a.Jf umicata. c;crostata, intricata; in e~.sa le nradicciole sal~ono e s1avvallano talvolta a gradinJ.te, talvolta sotto l'ombra di un arco o di una bre"·e galleria. ma sempre fra ca~ mao,icce, e fra le ca'ie, fra le ba,..e vetrine, fra le tendine ricamate e i gerani delle finestre, c'è ~mpre un movimento di gente che va e viene; un bru,io di p;w:i e di \-'OCi umane. ~fa è appunto questa folla, GUCStomovimf'nto, questo brusio <he crea nella città vecchia un'atmo,fera qxpctta da bazar. A determinarla poi più chiaramenttc;'~giun~a l'aria della g;cnte mobile e bruna che parla ad alta voce e si at• t.1rda ndle strade : e poi i venditori di pettini, di collane e di ricami ~r: coccolati c:ui marciapiedi o ap~au ai parapetti lun~o il Danubio con la ca'letta della merce sulla pandil, i suonatori di fisarmonica, i mendicanti e soprattulto i cmtumi CO\tumi sler '"·acchi della mont.J.gna. coc;tumi un~here!i della pianura, gonn..-llr corte a mìJIP pieghe, maniche a ri~onfi, stivaloni dappertu.tto, giacche ma,chili con ~li alamari, lx-m:tti di P4"lo, e i cappellacci neri e i neri pa,trani drgli ebrei sfu~~cnti : e inc:icme alla confu- •ion" dei co,tumi, la confu,ione dei Jinjfllag~i. cèco e slo\·a('n1. tedec;ro f" magiaro, e ~rfino lo ;1ddiJh. Ora, fin? a tanto che non ,i 'larà convrnuto il m<·ridiano dc!\tinato a ~gr1are ii con• fin~ fra l'Orirnte e l'Ouidt"ntt• - e nl'>fl,,. n"è uno che appaia a ri~ore pili indicato degli altri, - la confu,ion(" d"i Jinguag~i e dei ccxtumi iarà il Y'• '{no inconfondibile dell'Oril"'nte : qu,-Jla cr n"ivenza. di stirpi umane chf" s'urtano. ••initorgano, 11ipi~iano nelle ,.tt"$- (e ,trade da M:coli e re~tano di~tintt''i cia,cuna con la 5U3 foggi.l di \·e~tirf', r-nr I i.a lingua ,. col suo Dio. Avendo dunque trovato a Brati,;lava una cena. aria d'Oriente, poc:c;o dire di avervi trovato anche il vero Danubio, quello che, essendo stato per <;ecolila via dei popoli migranti ver,o O...:cidentc, è nJI135lO, come una nrada.. il fiume di tutti : non è più dt:i germani che degli slavi, non dei magiari più che dei valacchi. I gcnnani tentarono. è vero, tornando ,ulle loro ste:MCorme, di fare anche di questo, al modo di tutti i ~andi f.umi storici, il fiume di una civiltà, il fiume di Vienna; ma lanciate qua e là pau;J~lie avanzate e solita.rie, si fermarono col grOSM>alla Porta Hungarica, fra rul• timo ,coglio carpatico a picco ,;ulla ~(orav.1 e .sul Danubio e il primo .scoglio azzurro della natura alpina. fra le torrette dirute del castello di Svatopluk, impcratort" della Grande ~foravia, e i segni romani e ca\trcrui di Carnuntum. Pac,ata quella '<>glia, il Danubio non è più il fiwne di \·ienna, e comincia il dramma dei popoli che .o.on possono trovare confini nella natura. Proprio su quella soglia sta Brati,lava. E si capisce bcnr dunque com,,. J. Braticlava, con l'aria, i mi.scu1,tli e tutti i contrasti dd Danubio, debba cominciare anche il regno degli zin• gari, di quelli che ~li lungo il fiume dei popoli in cammino non si '-On d.1tj pcmiero di confini e restano ancora in cammino. Ero venuto per questo a Bratislava, per cercare gli tingari. A Praga me ne avc\·ano tanto parlato! Chie,i dunque, appena arrivato, del quartiere zin~aresco. JI quart1erc ,;ln~ar~o, Volevo dir forse il quartjerc ebreo. Vi era infatti un quartiere proprio ai piedi dcli.i collina !lu cui ~orst<·vail castello, un qll...lrtierc dove i "·etri delle Ca5C rrano rotti o mal rattoppati con stricce di carta e dove tutti i negozi, con le ~ritte in caratteri ebraici, parevano di rigattirrc : ciò chr faceva supporre che almeno una metà degli ebrei di Bramla.va vives~ vendendo roba vecchia .lll'.iltra metà. Non ,o quali mi,fatti e quali mistrri ,, compL\~ro in qu~to quartiere coc;ì malfamato a Vienna per le mc ore notturne io di notte non vi trovai che gatti fustgitivi, (lu.a.khc andronr di ca• sa ..,.nu portori,.. dove b.1llonzolava con grandi ombre di co!IC.,cc.uastate, un po' di luce, e qualche fint"stra ingiallita. dalla luce di mi~trri?"'i interni. \'rniva da una finr5tra più illuminata drllr.. altre un coro di bambini in notr di ,trana Muhanu, cui teneva bordone incerta e roca la voce di un uomo che certo era ac;c;aivecchio; la \:oc,. dd veuhio na trl! u·, la ,ua tot.i ,.j profilava in nero, rnorme e baffut,t, iul quadro della ttnda illumjnata. ~11cra compagno in qu,.l)',.~lorazionc nott11rna uno ,tudrntl· arruffato ,. ~ident,.. cui mi avevano indirizzato gli amici di Praga. Sì chi.lffl<l\a \Volf; i suoi piccoli occhi neri lampe-g~avano di furbizia di,.tro le gr~,- lrnt1 da J.00J.KPUl:EN'T0 DI ZINGJ.JU NEI PBE881 DI BBJ.TULJ.VJ. miope. Quando .senti quel coro - ci eravamo fenna.ti in ascolto, - si commosse e non seppe resistere a rivelarmisi per quello che era, un ebreo. E come ebreo ne avc\·a da raccontare! Skcome era nato e cn.-sciuto a leoJ.,6li, s'era trovato là proprio in piena tragedia, quando i ruteni scoprirono di essere tanto diver,i dai polaochi da non poter più vwere insieme, e per• fino i mariti s'armarono contro le mogli, e le mogli contro i mariti, dividendosi i figli nei campi avversi all'uno o aJl'alt.r'o genitore a .seconda che si sentivano nelle vene più il sangue dell'uno o dell'altro, e tutto finì nella strage di cui rimane ancor vivo il ricordo nel vlllto cimitero di Lcopoli, così va.uo, coc;ì impressionante che il signor \\"olf mi esortava ad andare in Polonia solo per vedere quel cimitero. La sua fami~li..1.però s'era già stabilita da tempo in Russia Subcarpatica; e là suo p;_\dre aveva fatto fortuna dando da bere ai ru~,i. l rw• si bevono volentieri, e tanto più volentieri quando l'O'\te, come faceva il padre di Wolf1 non ha la pretesa che ,i paghi ~duta stante la comumazione, ma annota «-mplicementc il numero dei bicchieri sulla carta, senza che i ru\,i, i quali non fanno mai i conti volentieri, si diano neppur pensiero dcll'ariunctica. E quando poi, dopo un mese o dopo un anno, tanto non c'è fretta, arriva il giorno della ~mma, il numero dei bicchieri fini~ce per combinare con l'equivalente dei muli o del grt:W, e della casa magari e del campo. Un'industria, diceva il ,ignor Wolf, che frutta bene da quelle parti. ~1a perché allora il signor \\'olf ,i prc~ntava come tedesco? Intanto perché aveva 11nome tede1eo; e poi per• ché in famiglia aveva ~empre parlato tedc~o. quel tedc'\Co, ,i capi"CCe,bastardo, na<ale e miagolante degli ebrei di Galizia e di Volinia; e infine perché av<""vastudiato nelle §Cuole ted<'cchc e fino a qualche anno prima s'era sentito vera.mt'ntc tedesco. Gli restavano infatti d1 quel tempo alcune tracce di teorie ciagerate, come quella per ec;cmpio che la città $ia un'istituzione germanica e che tutte le città d'Europa, meno quelle dell'Italia, ,iano di ori"'ine gennanica, allo stesso modo di Bratislava. E il signor Wolf non si dava alcuna J){'na di accordare queste teorie con qurlle che ,tavano invece a ie,timoniare Ja <1ua rcc("nte converlione alla CC"CCXlovacchia.. e cioè che Brati~lava dovr"a div<"ntare la Vienna dri clchi e Cuardatr in pochi anni chr: CO'taè diventata! >; la città d,.J Dranx noch o~ttn d,,.i c~chi. lo ,bocco commer(iale del loro frrvore produttivo, attravrno il quale essi avrebbrro conqui~tato una pocizione tgemonica. ~ull'Europa danubiana e sarebl)(,ro divenuti in una certa mi\ura 1 ri\'ali e i 5Jccr,,ori dei tcdr"'rhi ; e eh,-, siC'C()ffil' i cèchi avcvano portato il commrrcio e il prOf(reSM>a Brati\lava e sicc.ome gli slovacchi non avevano imparato dagli ungheresi niente più che la sottomissione ai magnati col titolo e la caramella, mentre erano stati gli slovacchi a insegnar la ciarda agli ungheresi ed era stato un cèco a battezzare il loro primo re e apostolo Santo Stefano, l'irredentismo magiaro doveva essere considerato c~ me una manifestazione di imperiali.smo pretensioso e oscurantista, e gli ungheresi una nazione da tenersi al bando senza pietà. Io sapc\"O bene che l'incubo de~li ungheresi era il più nero fra tutti quelli che turbavano le notti di Praga, che per nc;sun popolo a Praga si ~entiva tanta avversione quanta per gli unghere,i. Che CO'\adovevo a.spet• tarmi dai cèchi pili o meno convertiti di Bratislava? Quella che era stata la. capitale deH1Ungheria per tutto il tempo che Buda era <1tatain mano dei turchi (ma al tempo dei turchi quelle genti andavano pur tutte d'accordo e i cèC"hiofTriva.no a una ca,a tede<1cala corona di San Vence,lao); e là per più di due eccoli nel duomo gotico c:i rrano incoronati i re dei magiari. E poi, inutilr, c'era l'aria: conta anche l'aria per la politica. Quella non era più l'aria di Praga. era troppo si.m.ilca quella dell'Ungheria! l,;na prova? Per esempio, gli zingari. Gli zingari invece ~ervirono soltanto a ric.oncilianni col .signor Wolf nel propo- <1itodi mett<""rcinsieme- alla loro ricerca: una coc;.anon tanto scmplic-e, dal momento che la repubblica, come temendo la loro testimonianza, aveva reso difficile la vit.."\astli zingari. Im- ~c;ibile ormai trovarn(" in città o accampati fuori della città. Se mai là, verso oriente ... Il giorno che andammo poi dalla partr d'ori nte, non trovammo gli Zlngari, ma trovammo un pae~ rhe si chiamava Vainory. Era un paese slo• vacco dove tutti ponJ."ano gli stivali: i vecchi ,dentati col berretto di pelo d'agnello e la lun~ ju.pa bianca dai nastri pendenti dietro le spalle, le rastazzc bianche e rO'c;cdalle li~e tec;te brune : i bambini che ancora non \apcvano camminare e le bambine vestite come pupattole. Un paese dove tutti poruvano ancora nei giomi di fl·,ta il ca<.tume di gala; dove le strade erano cO"iilarghe fra lr ca~ ba.,~ dai tetti troppo \pioventi, e co,;;J ,ldatte agli allagamenti, che vi navigavano in mezzo pacificamente lunghe e candide flotti~lir di oche. e c'era un i«>lotto per ogni gruppo di ca,e, e un isolotto per la chiesa con un pagliaio accanto e il C"imitero. Siccome era l'rpoca del di<gc-lo,io potri bt-ne apprt7.za.- re l'utilità drstli stivali nel coitume sloVll-<'C'o e un~hrrese, come di tutti i pae,i dove gli c;C"olidelle acque ~no difficili da regolare. E df'bbo all'o~pitalità di una ca,a contadina, che drroravano in ogni canto a vivi colori ,imD'lli ,acri e grorgici, c;ea Vainory imparai la diffcrenn che p.1'-Safra i r~rhi e .'(li ,lovacrhi, fra l'Ouidente r l'Orit·ntc : qur,to che canta \t"mpre in minore e ,i abbandona an<ioso d'infinito, quello eh<' i'erge fiducioso nella baldanza del tono maggiore; quelli che ancora non hanno bt-n ,ubilito v- fra Dio e Jan Hu$ la precedenza spetti a Dio oppure a Jan Jluc;, questi che bcnrdicono \('-ma ric;erve chi mandò al ro~o Jan Jfu,. CORRADO TESTA JiÌl PPRENOENDO che Giacomo era J1A morto, Martino temette subito che lo chiude\.sero nella bara con gli stivali nuovi e, con la scusa di aiutare a vestirlo, chiese mezza giornata di permesso e laKiò la fabbrica in fretta. Giacomo abitava nel sottosuolo di una gran casa ove sua moglie era portinaia. Per ~iungere l'abitazione, occorreva atuavcri:are un cortile coltivato a giardino. Passandovi, ~fartino vide un gran gatto bianco, bclli!Simo, intento a leccare del latte da un piatto. Si fermò un istante a guardare. Nel piatto c'erano anche dei pezzi di pa.ne che il gatto mangiava lentamente. Era molto ben pa..c;ciutoe :\-fortino' pensò che, cucinato col sugo, doveva essere più saporito di un coniglio. Se riu~civa a mettere le mani sugli stivali, tornando fuori, poteva im- )>O'SC((anianche dell'animale: con un po' di destruza, lo avrebbe infilato in una calzatura. Entrando nella casa del morto, trovò in cucina alcune donne in lacrime che bevevano il caffè. Chiese di Giacomo. Una delle donne 'li alzò e andò di Il ad avvertire la vedova. Poco dopo ~1artino cntra\·a nella stanza. Subito i suoi ,guardi coNro ai piedi del morto: non indossava gli Mivali, bcrul un paio di calze ro\~ e nere. :\fa for"-Cnon era ancora ,·c,tito dt'I tutto, perché un giovinotto pallido e magro gli stava radendo la barba. ~fortino 'itrime la mano alla moglie e, battendole dei colpetti $Ulla spalla, le di,\C parole incora~gianti. Poi, abbac:<1.."\ndo l c:guardo per caso, ~i ac• eone con viva emozione che gli \tiva• li di Giacomo erano ai piedi del 1(-iovine barbiere. L'invidia gli strin'(' lo c:tomaco e per qualchr i\tante non ebbe fiato d1 parlare. ~la qua:ido fu rimc-s\Oebbe un'idea: si chinò all'orecchio della vedova, e chie"-C: e Il giovinotto porta gli ,tivali di \"OStromarito per allargarli, >. e Non vi capi\Co >, ri,posc la donna. e 1ntcndo dire>, ripctè ~-fartino pazirnte, e che il b~\rbicre allarga gli stiv.11i per calzarli poi a vostro marito?>. La vedova ebbe un ~O\piro, tirò Martino per la manica e lo conduc;\C ac• canto a un fin"\trino. e ~{io marito gli dove\·a dei 'Oldi e lui s'è pn--.o ~li qivali >, di"r. Martino gettò un'occhiata di sprezzo al giovine che grattava le guance ,rcchc del morto. «~'on si può seppellirlo in calze>, di~,e a voce alta e con energia. 11 barbiere lo intese, ebbe un suc;sulto r •i voltò. ~fortino lo misurò con c;evcrità, da capo a piedi. Poi, con un gesto drlla mano lo invitò ad avvicinarsi. Il harbirr<' vennr, reggendo il rasoio inc:aponato. e Per colpa vO\tra >, di.ssc ~lartino, e Giacomo verrà sepolto scalzo>. e Egli mi doveva molti ~Idi>, prote~tò il barbiere con modestia. e I .soldi ve li re~tituiremo facilmente>, rÌ5pose :Manino con swsiego. e In• tanto sfilate gli stivali>. e Ma allora. rimango scalzo io >, di55C il giovane preoccupato. e Non vorrete mica dire che si.::te venuto qui .scalzo>, obiettò Martino. e No >, ammise il barbiere, e ma mia mc>gliese n'è andata poco fa, ha pre• so con ~ le mie scar,>e vocchie >. e Finite di radere Giacomo e poi decideremo >1 lo interruppe Martino in tono severo. li giovine tornò accanto al morto. Martino rimase pensier06o. La vedova riprese a .singhiozzare e pe, .t:,é smet• t~ ~fartino tornò a batterle .: .. i colpetti sulla .schiena. Quando il barbiere fu pronto Martino si tolse i propri stivali logori e .sciupati e offrendoli al giovine dic;ce: e Ora togljetevcli, cab.ate questi, andate a riprendere le vostre scarpe e tornate qua>. Il giovine e,cguì gli ordini di Martino c;enza proteste.re. Dopo che fu uscito Manino di,~ : e Ho fatto co,l ~'\pendo che il giovinotto ha moglie: se fo\c;c arrivato a casa con gli stivali nuovi e55a difficilmente gli avrebbe p("rme,'-0 di riportarceli >. La vedova lo guardò con ammirazi...,. ne e ~iccome era scalzo gli disse: e Calz:uc nel frattempo gli stivali di mio marito, così non vi raffreddate>. e Lo farei volentieri >, rispose Mar• tino, e ma non vorrei che ritornando e vedendomeli ai piedi il barbiere pensi che li voglia tenere per mc>. « Ma cml prendete un malanno, calz.ucli, vi dico>, insi5tè la donna. ~fortino c~dette e infilò ~li stivali che gli calzavano alla perfezione. e Abbiamo lo c;tesso piede io e Giacomo>, dis..~ ~fa.rtino. La donna c:inghiozzò. Martino tornò a batterle dei colpetti sulle spalle. e Povero Giacomo>, '°1pirò la vedova. e Povero amico mio>, diot.seMartino, e eravamo tanto amici >, e aggiunse : e Era cosi contento dei ,uoi stivali nuovi; ora devono andare nel buio invece di passeggiare al sole >. L..l vedo\'a lo guardò e gli prese una mano « Perché non ve li tenete? > dis.sc. e Non po~siamo seppellirlo ~alzo>, ri.spo~cMartino in tono di rimprovero. e No certo, ma gli calziamo i vo,tri quando il barbiere li ripona, tanto avete il piede uguale >. e Bi~nercbbc che il barbiere non se ne accorgc,\C, però>, di.c;scMartino. e La,ciate fare a me, lo vado ad aspett~ue di là>, rispose la vedova ed U'-CÌ dalla st.."\nz.."\ ~fortino rima,c ~lo a guardare Giacomo, che guJrdava il soffitto con gli occhi c;cmichiuc:i. Quando la , edova rientrò reg-(teva gli "tivali; ma non entrò sola; dietro di lei venne, con la coda ritta, il grande gattone bianco del cortile. ~l.utino infilò facilmente gli stivali vecchi a Giacomo, poi accarezzò il gatto. e Dovrc~te farmi ancora un piacere>, di,,;c la vedova sospirando. Martino la guardò con curiosità. e Dovrec:tc prendervi que,to gatto. lo non po~,o tenerlo>. Si fcnnò un i.stante, poi; ahba~ndo la voce, ripre- 'iC ; e Sapete, temo che Giacomo lo abbia rubato in una villa accanto alla fabbrica: lui voleva mangiarselo ma io non mi 5ento di ucciderlo. E s~ m'c lo trovano in ca,."\ po,so avere dei dispiaC'eri>. ENRICO MOROVlCH
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==