avessero gran bisogno di compagnia, non si avvicinarono. Si misero seduti su di un muretto a guardarli, e quelli guardavano loro, scostando appena la. tela di sa.eco in cui erano avvolti. Poi, venne un ometto con una giaccheuina striminzita e coi pantaloni svolazzanti sulle caviglie. Andò a tirar su la saracinesca dell'ufficio postale e accese con '?Csti precisi una lampada a ~·trolio. L'ufficio era ancora troppo bianco di calce e ai muri c'era wlo il ritratto del re in divi'-a millenoveccn- !0u~o .<'. i soliti boll~ttil'li e circolari già mgial11t1. Il ca~llano era quasi vuoto: l'impiegato fu contento quando potè vendere ai Valetti una cartolina postalt· con risposta pagata. Nel nuovo paese, la gente cominciava a muoveNi: un cappuccino si era fatto sulla sot!'lia della parrocchia a ,cmtarnc i battenti. Dentro non c'erano che mura imbiancate con delle piccole finc,trc e un unico altare nel fondo. Arrivarono una donna e un ragazzo <iU di un calc,;,sino dalle ruote gommate e tirato da un mulo. La donna scomparve in una casa, mentre gli ,uabi cominciarono a rimestare nella calcina, e il rae-azzo aprì la porta della scuola. Uscì di nuo\'O poco dopo e con una granata si mise a togliere un po' di sabbia dai gradini. Ormai il sole era sorto completamente, ma se ne stava nascosto dietro le nuvole ba'\\C, e f?'..:t.·vaancor freddo. I rag.1Zzidi Martino Valetti si domandavano a viccnd,\ i-e quC'lla era l'Africa. Stettero a lungo in osservazione : il ragazzo che era venuto sul calcs.~ si mise a fischiare -sotto una finestra della scuola. Venne fuori la maestra, una ragazza in divi"a bianca e nera; e seb. bene ancora senza scolare,.ca sembrava che osservasse scrupolosamente il suo orario. Forse passava tutta.la giornata !n cattedra, davanti ::ii banchi vuoti, m attesa del primo scolaro in grembiule. Aveva riempito le lavaghe dclh' classi di bei disegni coi gessetti oolorati. Finalmente, giunse ,ulla piazza uno dei camerati coloni, .inchc lui in giro d'ispezione : un ometto vestito con la divisa blu dei lavoratori e con il viso cotto dal sole sotto la bustina militare. Da principio 'ii limitò ad aggirarsi in• t<'mo ai Valetti senza prendere, la decisione di accostarsi e di attaccare discorso: li guardava in tralice di «Jtto le sue grosse sopracciglia. Fumava ancora un sigaro del pirmcafo, con la fa. ~cetta bianca ro~sa e verde. Poi si decise a salutare. conquistato dal sorriso perenne dei cinque giovani. l..a conversazione cominciò cautamente : i villaggi e i paesi attraversati, il viaggio in autocarro attraverso le oasi e la steppa. A Tarhuna avevano visto il mudir in mantello rosso, sotto la pioggia, in attesa dei camion che pa~rono senza fermarsi. C'era stato anche un gruppo di spahis sui cavalli gri~i galoppanti dietro gli autocarri, e ~i erano incontrate cabile con bandiere dipinte e tamburi. Anche il capo del nuovo paese sembrava una buona persona, con la fascia tricolore in• torno alla vìta e la divisa coloniale; i due vecchi com.inciarono a scambiarsi domande intorno alle rispettive fa. miglic e ai luoghi di origine. l cinque figli di Martino Valetti aveva fatto circolo c assentivano senza metter bocca. I ricordi delle terre lasciate da poco preml!vano per venir fuori: Valetti era di presso Padova, e rammentava i fi. lari di gelsi, le viti appog~iatc a~li olmi, gli orti racchiu,;i e verdissimi, da coltivarsi con ""Calma,con una zappct· ta per aprire la via all'acqua, fra la terra nera delle colline. Parlava della strada ferr.:.ta che passava presso il suo antico podere: ~i era abituato al ru• more dei treni sulle rotaie, e gli di• !piaceva aver lasciai.O per sempre quel sc~o di civiltà. Meglio di lui, for...c, si ~arcbbc trovato l'altro colono. Era un romainolo della zona fra le pro\'incic di R~wenn:1 e di Ferrara. Abituato alle grandi distese non alberate, ai campi di .i:;rano a perdita di occhio, il paesa~gio brullo non lo infastidiva, ;m7i lo invogliava a squadrare la pianura che vedeva all'intorno, a segnare i confini e i campi con solchi lunghi e diritti. Dell'olivo, era poco pratico; ma pensava che presto avrebbe imparato, dato che non -.i trattava di una coltura difficile. In fin dei conti, non c'era che da collocare i cespi nelle buche già pronte e da attendere che la pianta producesse. Ma lui, a dir la verità 1 in quella zona non avrebbe voluto veder altro che grano e grano, grano più alto degli ulivi e che wmmcrgesse tutto sotto Je sue spighe. Jn quella, si fece presso al '!rurmo un giovane sceso da una balilla infan• ga,ta. I due vecchi se lo ricordavano all'arrivo al paese mentre dbtribuiva le chiavi delle case appena finite, scorrazzante sulla sua macchina lungo la fila dei camion. Era stato detto che era un tecnico e che da lui tutti i coloni avrebbero dovulQ prendere consi~lio. Naturalmente, lo si era guardato coii curio~ità, e con un poco di diffide11?..a. Ora ·che lo sentivano parlare, i due ,vecchi fact'vano mentalmente le loro ri;;ervc, assentendo gravemente con la testa e rispondendo sempre né sì né no. Ma presto videro che c'era poco da scherzar-e. L'ispettore tecnico se li caricò •mila balilla e se li portò al pode. re del romagnolo, il più vicino 3.( villaggio. I cinquC' ragazzi rima,;cro 'iOr• ridrndo a guardare gli arabi lavorare. La casa che Martino vid,. era id1..•n• tica alla sua, e così la stalla e il podere: allora si rese conto, per la pri• ma volta, che altre famiglie esistevano oltre la sua e che altra gente era venuta con lui, non C!itranea, per lavorare insieme. Ripensò alla lunga fila del convoglio, all'imbarco 1 al treno che lo aveva portato a Genova e gli fu chiara tutta. la cosa. Vide ad una pa• rete della cucina un bel ca.lend.1rio giapponese e l'invidiò, constatando che c'era anche qualcuno più furbo di lui, che aveva pensato ad una cosa da lui dimenticata. Salutò la famiglia del nuovo amico chiamando signora la madre e signorine le due fi'?lie maggiori. Inavvertitamente, mentre il tecnico dell'Ente parlava, si mise a pensare non più sulla base dell'orto e dell'uva da tavola, ma riferendo tutto agli olivi, ai mandorli, al grano. Si ricordò delle rovine che aveva visto sulla piaz. za del nuovo paese e delle parole dc). l'impiegato postale, che gli aveva spiegato come in quel punto fo~e stato un oleificio romano. Da casa sua, intanto, le donne gli fa. cevano gran segnali perché arrivas . ;c presto. Salutò tutti e si avviò mollo scrio: erano arrivate le ))ementi per il grano e l'aratro poteva ormai lavorare. Il ciclo era gonfio di nuvole; Valetti Martino pemò che, in quelle condi7iOni, al suo paese s.1.rebbe certamente piovuto. Ma qua~1tiù non ardiva far previsioni. Si rallegrò soltanto quando si sentì bagnare dalle prime gocce, e comprese che su tutto il mondo il ciclo è sempre uguale. La sera andò a letto dopo aver fermato il motore a vento, la '-tella dulia sua casa, ché la vasca già colma di acqua fredda. MARCO CESARINI ( ,F-IERA~ I :!)~:.!Jì.1:.21 \1~'1_/jUIJSJ VECCHIA OINA Non moltissimo tempo fa, quando la Cina a..c. va ancora un imperatore, chiunque fosse ammesso alla augusta presenza dc\ Figlio del Ciclo doveva compiere il J.:owtow, giu• sta l'antichissimo cerimoniale. li kowtow consisteva in questo: che il visitatore cadeva in ginocchio e poi si prostrava tino a toccare il suolo con la tesia. Ora, nell'anno 1792, arrivò in Cina lord Macartney, ambasciatore di Sua ~aestà britannica Giorgio III, con la missione di conferire con l'impuatore Ch'ien Lung. Dopo una lunga attesa, l'udienu fu conceS!a: l'ambasciatore sarebbe stato presentato al sovrano cinese nel suo bel giardino a Jehol. Ma qui venne la complicu.ionc: lord Macartney doveva kowtow all'impera• tore o, altrimenti, l'udienu non avrebbe avuto luogo. li gravr ambuciatore non \Olle piegarsi all'antico cerimoniale, rite• nendo che M: lui, in...iato di Suol ~facstà Giorgio III, si fosse prosternalo innanzi a Ch'icn Lung, il prestigio della Gran Bretagna sarebbe stato per sempre compromesso. Oop0 lunghe trattative, si raggiunse l'accordo su un felice compromesso. Lord ~acartncy si prosternò davanti all'imperatore, mentre uno dei più alti mandarini dcll'imJ>("ratore faceva altrettanto davanti a un ritratto di Giorgio Il f. Cosl il pres1igio britannico fu salvo. e Un giorno, nel 1903 >, raccon1a R. Burland in The Bltu Peter, e a Wti Hai Wei, andavamo a caccia all'anitra sdvatica, quando avemmo la di.savventura di impallinare un battilore. Uucsti aveva la scon• certante malizia di scomparire per una ventina di minuti e di riapparire dove meno , lo si aspcuava, invariabilmcntr sulla linea di fuoco. Quella volta lo fece cosl spesso, che alla fine una scarica gli panò sulla testa.' Egli fece abbastanza rumore da spa• .,.entarc tutte le anitre dc:I pacsc, ma in real. tà non si era fatto moho male. Non gli tr0• ~~;1~: ~1::c,~eu;:o 'i;J~~~l.i :u:~i, c~~si~ avevo impallinalo, gli diedi un dollaro. e ~·lczz"ora più tardi passavamo nei pres• si di certe casette isolate, quando vedemmo il nostro battitore, che evidentemente abi• ta\·a là, farci urgenti 5egnali perché gli per• mcttcs,imo di fermarsi un momento a ca,a. Noi acconsent:mir.o, credendo C'hc voleue f:i1,i qualchc fasciatura o altro, rna subito lo \<-demmo riapparìrc seguito da una filza di bambini, varianti da un mas,imo di set• te o otto anni d'età a un minimo di quasi trc anni. Ci occorse un po' di 1cmpo per c:,pire che \Olcssc I bambini se ne stavano in fila e ci guardavano, con aria di attesa, mentre il loro vecchio padre ci faceva 1:1'.l'~etinergici e parlava rapidamente in ci• nese. Nella sua grande cccita7ione, avevi\ del tutto dimenticato il suo pidtin-inglesc. Alla fine capimmo. Egli ci offri\•a tutti i suoi bambini perché sparauimo ~11 loro al prcz:r.o di un dollaro a testa>. A. G. Ao-ooIl. N, 46 • 12No,embre1938-uu MNIBUS SE'l'TIMANALEDl A'l"l'IJALITÀ P0LITIOA E LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12·1& PAGINE ABBOIIAMEIITI halla e Impuo: an110 L. 42, ■emettre L. 22 E1tero 1 1000 L, 701 Hme■lre L. 36 OGll'I !i'OMERO UJU LIAA !ilno1oriul, di■egDI e fotogra6e,anche re non pabbllcati, non 11 renltni1cono, Dlrn.lone: Roma • Piana della PUotta1 3 Tellfouo N, 66,470 l.m.ml.nl1tral.ioae: )(111110 • Piun Culo Erba1 6 Telefonl)N. 24,808 Pabblidli: Per millimetro di aluua, bu•cn colon11a1 i11~•11! 1;~~gs~!1:~:•ti,•r~i1:r?:o 820~:J3J Parigi, 66, Roe d11Fao.boug Saint.-Honl)NI OlNEVB.A1 PULIZIA 0ALV1Nl8TA Il~ 0 IDUWl~.1~ FRANCIS JAMMES Nc:1 ]ourntJl di Julcs Rcnard, Francis Jammcs, il poeta francese morto recentemente, e che non poco fu Ictio in Italia, Hrso il 1910, quasi ispirando la scuola dei potti crepuscolari, non ha gran posto: vi è citato sci volle in tutto. Il cinque gcn• naio del 1898 Rcnard compra un'opera. di Jammcs e appunta nel suo diario: e Francis Jammes. Comprato e Ictio Un jour. e Le mosche che hanno il rumore del caldo... Larghe (le ochl!') gonfiav:1no le ali ndlo slanciarsi... I topi giocano giorno e notti!'... Cli sparvieri aguzzi volavano senza indecisioni... f passeri volano a onde ... Cli asini pauer.1-nno tremanti di mosche. e Al signor Francis Jammes. Spesso non è piacevole rispondere all'invio d'un libr~, ma ~ un pi.-.ccre raro scri\'ere al poeta d1 Un jour: Signore, ho acquistato i vostri veni, li ho letti e ne sono molto soddiJfatto. Se fosse necessario hrlo con voi, vi dircì 1 :id una ad una, 1utte le cose belle che m'h3nno colpilo. Vi sono debitore d'un·ora di vera gioia>. . .. Ecco un altro cenno, datato 11 dod1c1, cioè a sette giorni di distanza dal primo. e Ho scri1to a Francis Jammcs spontanea. mente una parola gentile. Mi rispande con una lettera alquanto ridicola. e Pare che debba essere sempre così •· Niente fino al maggio del 1899. A questa. data si legg(': e Bady, vivace, nervosa: occhi d'inchio• uro. Prt'tendc di piangere qualche volta di nottc, nascostamente. Batailte stupito, l'igno• ra...a. Si dicono parole gentili e improvvisa. mente sembrando separ:ui da mondi d'indiffcrenz.'\. e Bataillc, dita come matite. e" Francis Jammcs che è aiuto di notaio a Orthcz '', dice Bady, "è falso e maldicente, e con lutto ciò, squisito. L'amiamo molto. Quando arriva a Parigi, ci salta al collo, e subito dopo, dietro le spalle, afferma che B:uaille lo plagia">. Il cinque agosto dello stesso anno, quarta citazione; e Francis Jammes fa troppo per gioco. L'arte è più severa e resiste male alla raf. tinaieua. Il semplice non è il dolciastro>. La stessa riscr,-a, il v('ntiduc dicembre dello steuo anno: e Januncs non intende. la poesia di ciò ehe ci piace nella natura: lui è troppo vaso di micie>. E ultima not;i., il ventisei giugno, 1905: e Jammes, un grazioso poeta che fa il bambino>. POESIA Bandita ormai dal consorzio letterario, la poesia non ermetica ha dovuto da qualche trmp0 adattarsi alle nuove esigenze estetiche, rinunzfarc alla propria posizione e mcl• tersi al servizio della pubblicità. La storia, del resto, è piena di queste malinconiche dlcadenze, talvolta confortate da uno spe• c'alc fascino, come è accaduto per i principi russi cos1retti a fare i conducenti di tassi. Intanto ecco alcuni veni apparsi giorni or sono a tinna e Elio> nella pubblicità del Mcssatttro: C' Fior dell'Amhara• d't:uer ne1ra è slanca e com.: la bdliuima Sitnora uuolc essa pure diventare bianca, pallida come ti cielo dt:ll'atuora ... Per seoforire la Jua pelle bruna JÌ bagna nel duarore dtlla luna. PoucTfl bimba! 1A sue membra nude 1,emano al freddo del notturno vento ... '.a luntJ ca,cueuole l'illude, pnò non JÌ uc,ifica il portento: chi, quando son lt lcncbrc ìnurrotte, ha scmpr.t indosso il nero della notte. Ma u1t di, me1ttre allo specchio si dispera, la Sitn011J la sropr.t e a sl la chiama: e Dimmi la verità, faat:Ua nera, e /orse che l'amor tuo non 11 riamai'>. e Fior dell'Amhara> allo, le apre il cuore J/netandol, il suo dramma ... di colore. E la Sizno,a bella eomc Dea J'rnteneriscc e sueltJ il suo se1reto: e: Ti dono la ricelta di Poppea, e n,a non dirla alle tJmiehe, le lo vieto: e se vuoi diventar bianea. come me e usa il sapone al latte di Viset >. I.:. fatica del poeta, anche se rivolta ad umi!<' scopo {in questo caso, la vendita di un sapone), è sempre da apprezzarsi ; se poi questi modesti conati potessero ,ervirc a ri• S\"Cgliarc il vecchio gu;Sto della rima, non m.1nchcrebbc loro un'autcntica bencmcrcnz.'l. Quanto al contenuto della pot'Sia ci1ata, dobbiamo fare le nostre più ampie riserve. Non sappiamo infatti se sia lc"gerczza o audacia, quella di ritener possibile la solu7.ionc dei problc01i raui!tici con un semplice pezzo di sapone, sia pure al latte. PENSIERI Nella Tribuna del nove novembre si leg~7 in un articolo dedicato a problc-mi romani, quc1ta affcrmuione: e Le funzioni di uo portiere, ipC-cialmentc in una grande città e per le csigcnu- di questa nostra vita dinamica cd affannata, sono una cosa seria >. AUGUSTO E "L'AMICO FRITZ" Come esrmpio di audace accostamrnto, riportiamo ques10 brano d'un ar1icolo com• parso sulla rivista Il Nuovo Stato sulla Mostra della Romanità: e }.fa quali considerazioni suggeri~e al nostro spirito la dc• liziosa ricosCrll1.ionc della Casa Augustea dovuta all'indiscuua genialità dl'I Gi5mon• di! Vi si attaslierebbe la melodica interie• zionc maKagnana soffusa d'inguaribilc nostalgia - dcli' Amieo Frit{.: "Tanta pace fuori di qui dovl' trovarla? " >. VOLPI ARGENTATE Confort.lnti notizie, circa rallnaml'nto delle volpi arg<"ntatc: il bollettino di una agentia quotidiana d'informa'Zioni rif<"ri,cc infatti che 1alc allcvam('nto sta acquistando l'importanza d'una vera e propria industria. pr:uira1a con succe<Jso dagli agricoltori dclii!' r.onc montane. e L'unica quenione che presenta qualche diffiroltà per l'.:illeva• mento delle volpi argentate >, oS!er\•a pcrh onestamente la steua agenzia (L' I tnlia d"ozti, 8 novembre), e è quella relati\·a al• l'approvvigionamenlo d('i mangimi, ma :i.n. che a ciò si può trovare un:t. facile risolu• zione dato che la carne di scarto, qurlla che non scn·e per la bassa macelleria e pro• \'eni~nte da animali uccisi per necessità, o nati morti, può beni~simo essere utilizzala per le volpi•· La visione ~ macabra, ma il sugserimcnlo potrebbe esS<"rc-;icricoloso se, per la s,cte del guadagno, gli agricollOri fossero tratti a S.'\- crificarc alle \'Olpi le galline. Può la moda femminile dare tanta garanzia di stabilità e di durat."I da autorizzafe ad una simile ri• volutione? TIBURZIO BENEB Ì il L FIRMA~1ENTO politico si va sem- !J pr~ più p~polando di uclle ~p~~te. Ha1lé Sclamt, Edl'n, Léon Slum, r1tu• kscu, 8t'nes. A poche miglia da Oowning Strtct, in una mocfr~ta villa borghese, a Putney, vive e medita Edoardo lknn. Sono con lui la moglie, là bionda signora Arma lkncs'. sua fedele compagna tin da quando egli ua studente a Pari~i, e il nipote, il giorna• lista Bohus Bencs Fu una piccola, una modc$ta tigura, co. desto Edoardo Bcnes; ma gli avHnunenti gli dicdno l'apparenza ddla grandl!'zz.a. In giove111ù, fu un ,µedioc:rc studente; in com• penso, fu un grande gioca1orc di calcio Gi<'cava da mediano dl'stro della squadra e Sla\ia > cd era una colonna del calcio boemo. I coui della ,·ita f<'ccro di queno calciatorl' il minis1ro degli !::sieri e poi il pr<"si<lrnte della repubblica cecoslovacca: e nei patsi dcmocr.1.tici si ritenne, per lunghi anni, che fo<sc una delle colonne drlla paC<- europea e della così della sicurci.7.a collct· tiva Solo qu,mdo, nell'aprile scono, le di- \ :~ioni tedesche si misrro in marcia verso sud, lungo la srlva boema, e p<"nctrarono in Aunria, solo allora si capì che l"cx.calciatore della squadra « Slavia > non aveva pre"isco niente di qud che 51:wa per ac• cadere e che nientc urt'.bbc accaduto di quello contro cui s'era premunito. Egli si cra premunito contro le ombre: con1ro la piccola inl'rme Unghrria, e contro gli Ab,burgo. Di questi ul1imi a\·eva impedito con tulle le sue foru il ritorno, e così aveva spianato a Hitler la via di Virnna. Come un ipnotin.'lto, l'ra rimasto fcm10 alla situa. zione del 1 919 C' al grido di gu('rra cht• allc.ra .)\'('\'a lanciato• Dll,uiut. l' Autrich~; e, di lutto quello che era accaduto dopo, no:i ave,·a capito nic-ntt-. P<'r diciannove anni a,('\·a nC'gato l'autonomia a tutte le mino• ranze della repubblica Ct"coslovacca, e le a\C\'a rese mortali nemiche del suo popolo; anche i ru!cni, che sono slavi, persino gli slo,•acchi cht', per rana e per lingua, .spno frntclli dei ctchi. E perché nulla mancasse alla lunf·.l S('rie dl'i suoi e:rrori, dop0 che il partito dei tcdC'<chi ~udetici ebbe lanciato il pro~ramma di Karhbad, n<"goi.iò, l<"sinò, tc1giversò; e ,i dcciic- ad acccttare quando crn troppo tardi. Cosi tutta la sua carriera fu una Jeric di errori tragici. Pt'r dician• no\·e anni, marciò \·eno l'abi\so, i tr.tttati 111gli occhi, comc una !x-nda Ora Edoardo Bcnt's ~i riposa, nella pie• cola \•illa di Pu1nt'y. La stampa ingle,c lo h.-i coperto di fiori. Arnmir,,zionc o rimor• so' Lo ha chiamato e: il fondatorl' della Cccoslo\acchia >. Lo ha dt"finito « una fi. gura tra~ica > Ma lo storico futuro, cui non farà \ clo il ~ntimcntalismo che fiorisce nella scia dt'i grandi a, vcnim('nti, dirà che fu non il fondatore, ma l'affossatore della sua patria; e vedrà la trilg:cdia non in lui, ma ncll<- rO\ inc che lo circondano. Per ora, non t: chr un piccolo bora;hcse a riposo, un pensionato, dcs1ina10 .:i tr:ucorrere i suoi ~iorui a Putnt'y o altrove. La n('bbia che sale d,tl Tamigi abbuia i vetri della piccola , illa; e, fra poco, il mondo lo aHà dim<"nticato. 0È0HI E SL0VA00HI f.\ l'Pl.J NTO nell'a110 di spargere fiori sul ~ capo dell'ex-prt"sidcnte cèco, il publil?c;~ta J. C. Johnstone in un articolo "-'I Doily TelttraPh ha affcrma10 cht" se lo Staio cecoslovacco non mantenne la pro. mena faua a Vers:'lillcs di una organinarionc- cantonalt"' del tipo S\'Ì7Z<"ro,la colpa non fu di Bencs, il cui attea;giarncnto verso le minoranrc fu ahret1anto illuminato quanto quello di ~as,u1k; la colpa fu d<"lla gelosia, non saga;ia, ma non imperdonabile, dt"'lla na7ionr ctca ; mentre altre naz.ioni furono lx-n più dure con le loro minoranze, " ~ono imperdonabili. Oa;ni parola un t"rrorr. Primo: la promc~ia non fu faua a Versailit'~, ma prima di Versailles ad alcune minoranzt". Secondo: t vero chr altre nazioni ,i incorporarono minoran'Zt' allogene, ma per effetto dei lramui di pace, quindi st"'nza fare patti con e~<e e 5t'nza fare loro pro11u-~..c- i t"i'-chi, inY<'C<',~i aqo(iarono alcuni' m,. vranze in 1ca;uito a loro con~cn'\O, con<i·n<o che otlf·nn<-ro con patti e ron prornr~~f'. T<'l"LO: fu ~Ll\aryk che promi\e; fu. rono l\1:i.,aryk, e Bencs che manrarono allr prCllllt''~ I primi rapporti fra cèchi (' slovacchi per la co~titu7iOn<"di uno Stato comune furono annodati all't'\lero, fra l'migrati. E dal primo momento tino all'ultimo gli slo\'acchi s: pr('occuparono cos1.,n1cmcn1c di assicurare la futura autonomia ddl,, loro patria: co~ì ~li slovacchi di Russia, CO\Ì quelli di Pari~i, co,l ,oprattutto 1:tli~lovacchi d'Amc. rica. Una pubblic.,zionc, difficilmente acccs. sibilc: SlouaAia's pl~a fo, Autonom)' (Middlctown, 1935), ha fatto pirna luce sui rapporti dl!'gli slov.1cchi d'Amt'rica coi ctchi. All'inizio della 11:uerra, f"i,i cominciarono col chiedert·, in un memorandum indirizzato a S<'i na,ioni, l'autonomia nell'ambito dello Staio un'l:herc~c. Più tardi Mataryk intra. prt"~c la ma al.ione; e "llora cominciò a faM-ì ,trada l'idf'a di uno Stato comune. Ma quando ~iasaryk si di('de a predicare il ritornrllo che e gli slov,1cchi sono cèchi >, gli slO\·a.cchi d'America <'Onccpirono una profonda diffidcn7.a Hrso i loro ambiziosi fratelli. E qul'sta diffidenza ispirò il COiÌ cit·llo patto di Cleveland (27 ottobre 1915) fra cèchi c do\·acchi d'America: e Noi \O• gli:-uno la formaL.ionc di uno Stato fcdt"· ,aie, in cui l.1 piena autonomia dclla Slovacchia ,ia garantita >. La Slo\'aC'rhia ,\Vrcb• b<-do~uto averf' un proprio parlamt"nto, una ammini~tra1ionf' propria, pit'na libertà culturale, libero u40 della propria lingua, ccc .. 11 testo del patto fu spedito a Parigi a ~fa. sar,k, che tr.t di\'l'ntato pr<'sidcn1e del Consiglio nazionale cèco; e Ma,aryk lo ap. p1ovò (~louakio'J pita /or Autonomy, p. 14). Più tardi di<sl' che cè'chi e slovacchi a Clevl'fand 3\"('\ ano collaborato per l'unità ; tacqu<" sull'autonomia (Ma,aryk • Di, Wt:l:. rtuolution, p. 236). Si co~titul in America la Slouenska Lita per la difesa dei diritti slovacchi. La quale lega n<"Igiugno 1916 mandò a MMaryk un giovanf' \tudcnt<" di Chicaço, Stdan Osu\kr Ma Osusky si la\Ciò facilmente: scdurl"("' da Ma,a,)k e da Bcnes e diventò loro collaboratore. Disse di lui Benes: « In opposi. 7ione ai suoi connazionali capi q\1cllo che politicamente si poteva fare e quel che non si potc,•a • (Bcnes: Dtr 1fobsland du Na• tionen, p. ;9). ln parole povere, si vl'ndctte .,i cèchi e aprì la serie degli slova.echi rinnegati, come Hodza, Dérer, lvanka, Kornel, Stodola; e, più tardi, fu fatto mini,1ro della repubblica. a Parigi Ora, a quanto pare, è diventato l'accusator<- d! lknes <' forni~c clemf'nti ai suoi avvf'rsan pt"r me11crlo in stato d'accusa.; e così, pto~ babilmcnte, riuscirà. a cons<"rvare il pos10 d1 ministro a Parigi Cli slovacchi d"Amcrica, sempre più inquieti " diffidrnti, minacciarono la secet• 1ione. La minaccia era grave, perché il mo• vimcn10 aveva bisogno di denaro, e il dc• naro era forni10 principalmenle dagli emigrati slo\acchi Per salvare la s:tuazionc, Masaryk, nel 1918, andò in America, aura• Hrso la Rus,ia, la Siberia e il Giappone. Gli slo\·acchi non si fidarono dt"lle sue pro-- mn"W" orali: \.Ollero un pa110 scritto. ~(a. saryk stn,;o lo scrisse e lo firmò a matita, il 30 ma~gio. • E ru 1I famoso patto di Pituburg. Ma er.a ~critto a matita e gli slovacchi non erano ancora tr.anquilli Il capo della SloutnsJ.a Lito frct" rirop:are il documf'nlo a penna, con bella ~crittura, e cor~f' dietro a Ma~aryk: lo rag~iunsc a Wa,hin~ton e gli fcce finnarc il nuovo e~mplarc. Questo accadna il 30 no\·embrc 1918; Malaryk era già di\en1ato presi• d<"nlc d('lla repubblica. Che cosa, intanto, accadeva all'interno dcll'imprro> Cli slo,acchi s<'rvirono rcdclmrntt' nell'e~ercito unghercs<- e non dicdcro segni di irrequietcz7,1 fino agli ultimi mesi. fu solo quando cominciò il disfacimento drlla monarchia, chr « numerosi capi dd partito nazionale s]o..,·acco> si riunirono a San !\fartino. Il 30 ottobre, quando il crollo tra ormai avv(.'nulo, alcuni di questi e capi ,. (rappreS<'ntanti in tutto di due o trr distretti, e dM di una pop0lazione di 18.000 anime} si riunirono e rcdassero una dichia. razione, che doveva poi diven1are famosa La ~era giunse Hodza e portò la no1iz:a che a Budapest era scoppiata la rh·oluzionl', li te:sto della dichiar.azione era in tipogr:1fia llodza potè averne una minuta: su quella, corres51!'e moditicò la dichiara'Zione, anzi la rifece; soppresse la richit'sta di una rap• presentanu slo\acca separata alla Confcrcn'la della pace; sopraltutto (ccr •parire la famon ~ausola segreta, per cui gli slo. \·.1cchi accetta\'ano solo un'unione a trmpo dl'tc:rmina10 coi cèchi: per dicci ann Hodu < r.1 stato un uomo di fiducia l-<'I• !"arciduca France~co Ferdinando; in quei giorni, condusse un doppio gioco: coi cèchi e con gli un'l:hcresi (Srobar: Osuobodcnl Slovcnsko, p 99; Novak: Der Kiinslliche Staat, p. 156, nota 1). Il bello è che, come dice uno storico ufficiale, e il testo originai, dl'lla memorabile dichiaruionc non si 1rovè. più • (Cha\onpecky: Mar1inska dulo,-ace, p. 334). Evidentemente rimase in tipografia La repubblica l'ra nata E subito cominc:arono le lotte int('rne. Per mezzo di amici, fllinka ebbe dall'America una fotografia del patto di Pituburg: ne fece sla:npare migliaia di copie e le frC'e affiggere alle mura. Da allora il pa110 di\·eutò il centro di cristallizza.zione del risen1iint'11to slo\·acco con1ro i cèchi. H!inka fece un t<"ntatÌ\'O ;i.ni. mow: si recò a Versailles p<'1 (M sentire la voce del popolo slovacco; 1,on fu ascoltato, non fu neanche ricevulo, e, (tuando tornò in patria, ru arrestato. Il ~un ,rn1ico Jelicka riparò all'estero. Allora gli slo,·acchi d'America mandarono a Praga, a difendere il pa110 di Pittsburg, il presidente della Lita, 1\lbcrt Mam;ltcy, e il suo segrcta1io. Come Osusky, couoro furono <'nl'rgici al principio, poi si la«:ia• rono addomesticare e, alla fine, l'uno fu nominato console, l'altro vic<"conso!t- della rcpubblica, e tutt'e due se ne to1narono in !\maica. Cli slovacchi d'America tornarono alla carica: spedirono a Praga un memorandum domandando l'esecu'Zionl!' del patto di Pittsburg. Allora Masaryk, il e nobile V<"gliar• do>, dichiarò che a\e\·a firmato quc:ll'c 3C· eomodamento > solo- perché e c,so C"ra un accordo locale fra cittadini americani> e e: non poteva obbliorc in niente i cèchi e gli slovacchi> (Dic Wellrevolution, p. 233). lnohre dimo\trò eh<" la SlovrnJka l.ria, all'epoca della firma del patto, esiste\'a solo di nome, perché i suoi statuti furono approvali solo più tardi dal!(' autorità amt'rÌ· canc, r che il patto M'condo Il" lrggi amcr!canf' na nullo, p<"rchf concluw in giorno fe~tivo. Più tardi, nrl 1929, in una lf'ttt-r:i a lllinka, dichiarò S("llz·a1tro che il pa110 era un fal•o. t qu<",to e: l'illuminato .ltl\''I'. g:amcnto > \er~ le mino1anzc, di cui parlil il pubblici\l.l John,tonc? La lotta si inasplÌ sempre più. Avendo un redattore dello Sloi·oJ.. ricordato b clau'()]; ~c-grela di San ~Sartino, un altro giornalist., gli dil'de drl mentitore; ne ~C'IJUÌ 1111 giudi 7Ìo, in cui fu rirm·~colat.i tutta la O\Cur,1 que51ionl' della dichiarnionc. Più t.udi, il prof. Tuk.1, una delle fip1rc più cminc-nli dt"lla Slovacchia, in un articolo. SO\trnne qucua. tr1i: che, siccome fra ctchi e slo. vacehi l'r.1 ~tato concluso tin contratto p('r la durata di dieci anni, cosl, dal :10 ottobre 1918 in poi, 2;li sl0\'3Crhi ,arebbtro stolti libl!'ri da 02;ni obblisazionC' \·erw i cèchi Seguì un procMso rlamoro~, che fu un \rro dramma naz.ion.ale. Una lt"(timon<", c<"rla Cristina Schramm, depOSC' che Tuka, a Vienna, a\'cva avuto rapporti con un uffirio di spionag1:tio di una potenza ('\ter., Tuka fu condannato a quindici anni di CMC<"reduro. Si seppe, poi, la ~omma eh(' la Schramm avc,,a ric<"vuto, e il nome dd ~ubornator(' cèco. La tensione andò ,cmpre aumentando. Gli llod,a, i Déi<"r e ahrì slo,,acchi rimu•2;,1ti wstenc,ano il IJ0Vt"rnodi Prai;.\ e Il(' f'r.1110 adeguat,'lm('ntc ricompl'mati. Ma il \·ecchio lllinka aveva dietro di sé tullo il popolo \lo,acco; e i tentativi di far part<:"C"i;,arl'i:l suo partito al governo furono \·,,ni. Il 29 marzo di queu'anno 0.ccadde un fatto nuovo nella storia della repubblica cc-co~\ovacca: i rappresentanti in parlam('nto dcli~ minounze {tedeschi, slo\·,1cchi, un~hcr<'\i, polacchi), si costituirono in fronte unico per ottenere l'autonomia. th p.:irte dl'gli \lovacchi non c'<"r:i. nicntr di 11110\·o nella richiesta. Ma del tutto nuovo era. chl' si \Chiera~sero in 1m fronte anticèco. Il r<"~to è noto. Mentrl' la tragedia rèca si compiva, gli slovacchi csita\'ano fra i pola<'chi e ~li ungherl'si Ma bastò che il govf'rno del generale Sirovy concedes,c loro l'autonomia per richiamarli a sentimenti di fratellanza verso i ctchi e di fcdt"lti\ alla rcpubblica. E questo basta a fare intt"'nderiquanto e illuminato> fosse suto in pauald l'atteggiamento del governo di Praga. RICCl.AROE'M'O
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