~0\.i * t§],.ii,.._, ___ .,..,....)~ ~; □ □ SPEDIZIONE IN ABB. POSfALf ~% ,.,l. .lt.. ~ .. .'l...l.~ .. ----~,,::i;._~,.,. :D_J..,LA.,T.,~-~~ g_,i..~t::...;::··-r:....c.l~O~,l.::...A.....:~:..;=-:::...:::...:::r...::::~--= '· ~ ,~ --1.; 1..t!"", ';~ -~ 4,. ,;? ~ '.>-. ~ ,. - • ? ~.YfJJl1l1llll~ ~A.TURALE ll 1. GENERALE Sirovy non ha più l! nulla da temere. Gli amici della ~:t•coslova.cchia si sono messi in linea e sono pronti alla ri.scossa. A Pari~i hanno costituito un Comitato di azione franco-cecoslovacco, che si impc~na a lottare per la causa della nuova Cecoslovacchia, iui la Francia garantisce le frontiere e l'indipendenza contro gli attacchi di ogni genere che (si leg~c nel rnanifesto) non tarderanno a prodursi nonostante le promesse hitleriane, e per ripetuta esperienza destituite di ogni fondamento>. Figurano, fra i promotori del Comitato e di azione > (inutile insistere sul• l'irresistibile comicità di un -.imile ge• nitivo) i nomi più reputati dell'antifascismo ufficiale: il direttore dell'A.ube e quello del Ce Soir, Emilio Buré e la signora Tabouis, il professore Jèzc che portò tanta fortuna al negus, il premio Nobel Pcrrin e Paul-Boncour che è, prima di tutto, un grande fabbricante di cioccolata, come amava ricordare con maliziosa pedanteria il vccchlO Sorel), il neo-senatore Bardou..x e l'ex-ministro Gucrnut. Pubblicilili, uomini di lettere, membri dell'Istituto, professori della Sorbona, maltres de ,011/érenus, alti dignitari della mas- ~neria e della cultura ebraica, preoccupati della sécurité della Francia e della sua buona renommée dans le mon• de, non sanno darsi pace al pensiero che vi r,ia qualcuno disposto a comidcrarc un successo « l'avvenimento che ha <,cgnatoil tramonto di qual~ia~i infiuen• 1a francese in un'Europa ormai ahbandouata al pangermanesimo trionfante>. In che coo;:aconsina questo programma di azione, quaJi precisi obiettivi esso si proponga, non è detto nel manifesto, ma non è temerario immaginare che tutto si ri¼>lva in conferenze e in articoli di giornale. Che cosa può dare la Francia di più? Che cma può promettere di più? Essa ha confe\sato che la difesa della Cecoslovacchia era im• pos~ibile; un assurdo geografico e mili• tare. L'oratore ufficiale nell'annuale banchetto dei « difcnrori della pace>, l'ha dichiarato «-nza eufrmi\mi il giorno stes;o della co~tituzione del Comitato di azione· ~ Nelle circo~tanzc che abbiamo vissuto, la guerra. più che un delitto, ~ar~bbc stata un'assurdità. Se la guerra fosse sco1>piata, la Cecoslovacchia non sarebbe più che un ricordo sulla carta dell'Europa>. Giusto e ben detto. Ma perché, allora, si domandavano a Praga nei giorni della crisi, ci avete promesso fino al• l'ultimo momento l'appoggio militare I..' ci avete incitato alla resistenza? Abbandonati a noi stessi, avremmo ce• duto immediatamente alle richieste di Hitler e avremmo salvato la compagine dello Stato. A questi interrogativi nessun france.se è mai riuscito a dare una risposta soddisfacente. AJI'indomani di Monaco, durante la OC'Cupazione dei territori sudetici da parte delle truppe germaniche, il T emps apriva una sotto\Crizione in favore dei « poveri cèchi cacciati dalle loro case». Nessuno, in Francia, avvertì l'ignominia di una simile pietà, che equiparava a un'inonda7ione un dramma della storia che impegnava l'onore francese. Ne!suno dubita della fatalità di quanto è accaduto, perché le armi era• no, una volta tanto, al servizio della giustizia. La resa delle democrazie davanti al blocco degli Stati totalitari ha ~alvato la pace e, con la pace, la civiltà dell'Europa. E:. quindi supremamente stolto, all'indomani dei fatti compiuti e irrevocabili, insistere su posizioni superatissime, rimettere a nuovo vecchi motivi polemici, logorati dalla esperienza e smentiti dalla vita. Tutto ciò ~a di intrigo, di menzogna, di cospirazione. li sistema francc5e è crollato, l'influenza della Francia nell'Europa centrale è tramontata per ~mpre, e nessuna forza al mondo potrà mai più restaurarla. Essa era la conseguenza di una vittoria militare alla quale aveva concorso tutto il mondo e che la Francia ,;;j illuse di perpetuare con le sue sole forze. Venuto meno il concorso del mondo, trovatasi di fronte all'antico avversario in condizioni di parità, ,;;i sono immediatamente ristabilite le proportioni. La nuova situazione europea, regolata. dall'Asse Roma-Berlino, rapprcM:nta un equilibrio naturale, che trova il suo fondamento nella geografia e nella popolazione. Per questo è una sicura garanzia di pace. Egemonia francese e pace non furono mai sinonimi. L'ideologia ginevrina e la Società delle Nazioni si sono consumate intorno a questo pregiudi110 che doveva a\Sicurare i vantag~i della guerra senza i rischi della guerra. Le pani si sono invertite. *** PALESTIHJ.r GRANDI JCAXOVBE Tripoli, novembre. 11 .., UANDO l'uflicialc d'imbarco .. chiamò Valetti Martino, ven- ... nero fuori cinque giovanottoni com<: cinque torri : dietro a loro, il capo famiglia scompariva del tutto: si fece avanti a forT..adi gomiti, ché quelli non accennavano a scansarsi. Non era che un piccolo uomo : eppure si mostrava molto meno imbaraz. zato che non i suoi raga?.zi. Il suo vestito da cacciatore, di velluto cannoli, lo assomigliava a un soldato d' AI rica, e forse lo era stato : ma del tempo di Menelik e della politica scioana. Portava il cappello un poco alla guappa e parlava sveltissimo, con l'erre francese. Sembrava. che comandasse alla famiglia molto autorevolmente e con termini quasi militari. I cinque figli manovravano sotto i suoi occhi come un plotoncino di soldati : si caricarono i loro sacchi in i.spalla e con movi• menti perfettamente uguali cd a tempo; e s'avviarono con il padre verso prua dimenticandosi perfino le donne della famiglia. Le quali erano sci, come i maschi ; e per quanto questi erano simili fra loro, quelle apparivano differcntj, Nate a scala perfetta, le loro diverse al• tezze corrispondevano alle rispettive età. Anche il colore dei loro capelli passava gradatamente dal quasi bruno della sorella maggiore al biondo cenere della ragazzetta ultima nata. La madre, poi, che portava in capo un berrettone di pelo nero, sembrava troppo deOOle per aver messo al mon• do quei dicci figli : e quando vide gli uomini della sua famiglia prendere una direzione differente da quella ove lei era stata inviata, •mostrò di perdersi d'animo. Poi, tanto gli uomini che le donne furono prese dalla novità di tutto quello che vedevano, e dimenticarono la separazione. Si ritrovarono, uomini e donne, due ore dopo sui ponte. Il Valetti Martino, scoperto il tabaccaio di bordo, si era già comprato il primo toscano da trenta centesimi : fumava senza eco~ nomia, a sigaro intero: quando arrivò alla cicca, però, invece di buttarla, spentala fra le dita, se la mise nel taschino della cacciatora. La notte, quando i cinque giovani andarono a do;mirc, si vide che i loro dicci piedi sporgevano tutti di un buon palmo dal fondo delle cuccette. Del resto, non c'era da 1:unentar~i. Avevano fatto molte amicizie con gli uomini della loro camerata, e pas,a. vano il tempo giocando a carte o guardando le navi che seguivano o incro• ciavano la loro. I cinque giovani non smettevano mai di sorridere. Quando furono a Tripoli, la madre si sgomentò non poco a causa dei luoghi nuovi che si vedevano dalla nave, e mentre tutti si sporgevano dalle «passeggiate> di bordo per salutare, farsi fotografare o guardare il movimento del molo, lei stava affacciata dalla parte del mare a cercare le meduse che si muovevano lentamente nell'acqua verde. Poi, dal mare, levava rJ.pidamente gli occhi vel'50 il ciclo; saltando le barche e le costruzioni della città che non la interessavano, fermava lo sguardo soltanto sulla fila di alberi verdi che s.i intravvedeva dopo le ultime case e su quella, più azzurra, di certe montagne di cui non conosceva ncppt..e il nome. Anche se la malinconia, di giorno in f,?;iorno,l'andava abbandonando, pure non faceva altro che pensare alla sua casa e alle masserizie che non vedeva da parecchi giorni. Immaeinava una confusione catastrofica nella stiva dove si ammucchiava.no migliaia di pacchi male imballati e di casse, fatali rotture di oggetti e di stoviglie. Aveva anche una grande ansia di conoscere la nuova casa cd il paesaggio intorno ad essa. Il marito non aveva spiegato a nessuno se si sarebbe approdati in montagna o in pianura, se ci sarebbero stati alberi, e, sugli alberi, foglie. Quando poi, venuto il tramonto, vide un uccello grigio e dalle lunghe gambe immobile presso la riva si meravigliò molto dell'apparizione: chiamò il ma• rito e i figli: e in breve, tutte le famiglie si precipitarono a prua per ve• dere la novità. Fecero un tal chia$SO, che l'uccello si alzò pigramente e si mise a volare verso terra. Due giorni dopo questo avvenimento la famiglia Valetti vide per la prima volta la sua nuova casa. I bagagli, allo sbarco, furono trovati intatti e com· pleti ; ma la madre, onnai, se ne disinteressò. Si mise ad ammirare la città. Seduta un po' in disparte sul camion che era stato loro assegnato, continuò a restare asso, ta come sognando ciò che sarebbe accaduto. Vide degli alberi da frutto: dei piccoli olivi e della sabbia. Una baracca della Croce Ro~sa con soldati in divisa coloniale sulla porta ~gomentò un poco la donna. La pia• nura si stendeva sotto il suo sguardo con poche ondulazioni; i pali telegrafici correvano diritti, uno in fila all'altro, e sul più lontano c'era un uomo arrampicato proprio in cima. Si ve• I I devano benissimo i suoi gesti cauti. Le ragazze, intanto, contavano tutti i cani che riuscivano a vedere, certe bestioline alte un palmo da terra e di colore indefinibile; i maschi sorridevano e il padre guardava delle vaccherelle color avana che cercavano il pascolo. Molte piante erano nuove alla vista dei coloni. Intanto il paesa~io cambiava sempre. Si succedevano più spesso delle rone steppose e senza piante. Finiti i bei viali d'eucalipti e i boschi di acacie, comparivano grandi greggi di capre e pecore nere e.on i pastori indi. geni, stracciati in maniera indicibile. Ebbero tanto da lavorare, in quella prima giornata j e l'ora di andare a dormire arrivò presto. La casa era co• struita in mezzo alle ondulazioni del terreno, sotto le nuvole bianche e grigie. I cinque fratelli non aprirono bocca che per mangiare la pasta asciutta che avevano trovata pronta per esser cotta. La mattina dopo, aprirono la porta di casa e si affacciarono tutti insieme sulla soglia. Quello ,che giungendo avevano appena intravvisto e di cui non si erano occuoati, li prese subito; della casa non si occuparono più esclusivamente; e anche la madre venne fuori dalla cucina. Le stoviglie della cena del giorno avanti non erano ancora state lavate. Il paesaggio rimaneva chiuso al sud da una linea continua di colline appena accennate e uguali d'altezz.a. Al disopra, non si vedevano cl1e nuvole : la steppa arrivava fino alla soglia del cortile, con una grande conca poco profonda, di terreno spianato. Dietro alle loro sp!llle la terra era più chiara, arata in solchi lunghissimi, su per una collina rotonda e tagliata a distanze regolari da filari alternativa• mente di olivi e di mandorli chiari. La famiglia guardava intorno senza saper che fare; non parlavano neppure, ché non sapevano il nome di inolte cose che avevano sott'occhio. La ragaua più grande, finalmente, trovò un arg'oxncnto di conversazione: il tempo. Tutti si misero a discutere sui grandi cumuli che si vedevano in aria e sul colore del ciclo che era a strisce azzurre e grigie. Ne discutevano accademicamente, si potrebbe dire, e non in rapporto alle colture che presto avrebbero dovuto lavorare. Si vedeva che cercavano di non parlare del futuro e della terra che avevano trovato, paurosi di ipotecare ancora l'avvenire con arditi e ansiosi calcoli preventivi. Poi, istintivamente, si diressero verso l'acqua. La ruota d'argento della pompa a vento era una stelJa cometa sulla casa: e tutti si affacciarono al pozzo, uno alla volta, a guardare nel buio profondissimo con una lucentezza d'acqua sul fondo. Era differente da quello che avevano lasciato al loro paese, piccolo e a fior di terra, sì che l'odore del fresco arrivava alla superficie. Questo, invece, funzionava con dei tubi di varia grossezza e l'acqua passava ad una cisterna rotonda e alta più di un uccmo. Allegramente usciva da quattro bei getti : il suo rumore chiaro rallegrò tutti. L!l madre tirò fuori un quaderno e un pezzo di lapis e si mise a fare l'inventario di quello che aveva trovato in ca.sa. Si decisero poi a prendere la strada sabbiosa che passava sotto la casa. Guardavano i ciuffi di dis e di asfodelo senia parlare e girando ogni poco gli occhi verso la grande collina gi~ in coltura. I paragoni se li tenevano ciascuno per sé : il vecchio soltanto, si vedeva che muoveva le labbra e kdita. Tentava di calcolare il numero degli olivi e il reddito di ciascuno: al- • la fine, gli venne fuori una cifra fantastica, che non riusciva a raffigurar-• si molto chiaram,.nte: poi pensò che lui non avrebbe mai potuto vedere tanta ricchezza nel suo podere. Dopo una breve salita, la strada corse diritta verso il paese. Tutti presi dalla meraviglia di quelle costruzioni che sembravano gigantesche, i Valetti affrettarono il passo: in quel momento sorse il sole e i contadini si accorsero soltanto allora di essersi levati assai prima dell'alba. Arrivati al nuovo paese, i Valetti lo trovarono ancora deserto. Costn,ito com'era su di una larga spianata in ci~ ma ad un colle, il vento dell'alba lo batteva in lungo e in largo : si agita• vano le foglie di un boschetto di eucalipti e la sabbia della piazza. La porta della chiesa era ancora sbarrata e tutte le finestre chiuse, con i vetri macchiati di calce. Intorno, il paesaggio si andava colorando di rosso; mol• ti gruppi di case si scoprivano da quella terrazza, alcuni senza segno di vita, ed altri con un po' di fumo uscente dal comignolo. Sul cortile della casa più vicina al paese era uscita la famiglia, e contro le mura bianche spiccava la veste azzurra di una ragazza. Sotto un edificio in costruzione, c'era un gruppo di operai arabi ad aspettare l'arrivo del capomastro per riprendere il lavoro. Ma per quanto i Valetti
avessero gran bisogno di compagnia, non si avvicinarono. Si misero seduti su di un muretto a guardarli, e quelli guardavano loro, scostando appena la. tela di sa.eco in cui erano avvolti. Poi, venne un ometto con una giaccheuina striminzita e coi pantaloni svolazzanti sulle caviglie. Andò a tirar su la saracinesca dell'ufficio postale e accese con '?Csti precisi una lampada a ~·trolio. L'ufficio era ancora troppo bianco di calce e ai muri c'era wlo il ritratto del re in divi'-a millenoveccn- !0u~o .<'. i soliti boll~ttil'li e circolari già mgial11t1. Il ca~llano era quasi vuoto: l'impiegato fu contento quando potè vendere ai Valetti una cartolina postalt· con risposta pagata. Nel nuovo paese, la gente cominciava a muoveNi: un cappuccino si era fatto sulla sot!'lia della parrocchia a ,cmtarnc i battenti. Dentro non c'erano che mura imbiancate con delle piccole finc,trc e un unico altare nel fondo. Arrivarono una donna e un ragazzo <iU di un calc,;,sino dalle ruote gommate e tirato da un mulo. La donna scomparve in una casa, mentre gli ,uabi cominciarono a rimestare nella calcina, e il rae-azzo aprì la porta della scuola. Uscì di nuo\'O poco dopo e con una granata si mise a togliere un po' di sabbia dai gradini. Ormai il sole era sorto completamente, ma se ne stava nascosto dietro le nuvole ba'\\C, e f?'..:t.·vaancor freddo. I rag.1Zzidi Martino Valetti si domandavano a viccnd,\ i-e quC'lla era l'Africa. Stettero a lungo in osservazione : il ragazzo che era venuto sul calcs.~ si mise a fischiare -sotto una finestra della scuola. Venne fuori la maestra, una ragazza in divi"a bianca e nera; e seb. bene ancora senza scolare,.ca sembrava che osservasse scrupolosamente il suo orario. Forse passava tutta.la giornata !n cattedra, davanti ::ii banchi vuoti, m attesa del primo scolaro in grembiule. Aveva riempito le lavaghe dclh' classi di bei disegni coi gessetti oolorati. Finalmente, giunse ,ulla piazza uno dei camerati coloni, .inchc lui in giro d'ispezione : un ometto vestito con la divisa blu dei lavoratori e con il viso cotto dal sole sotto la bustina militare. Da principio 'ii limitò ad aggirarsi in• t<'mo ai Valetti senza prendere, la decisione di accostarsi e di attaccare discorso: li guardava in tralice di «Jtto le sue grosse sopracciglia. Fumava ancora un sigaro del pirmcafo, con la fa. ~cetta bianca ro~sa e verde. Poi si decise a salutare. conquistato dal sorriso perenne dei cinque giovani. l..a conversazione cominciò cautamente : i villaggi e i paesi attraversati, il viaggio in autocarro attraverso le oasi e la steppa. A Tarhuna avevano visto il mudir in mantello rosso, sotto la pioggia, in attesa dei camion che pa~rono senza fermarsi. C'era stato anche un gruppo di spahis sui cavalli gri~i galoppanti dietro gli autocarri, e ~i erano incontrate cabile con bandiere dipinte e tamburi. Anche il capo del nuovo paese sembrava una buona persona, con la fascia tricolore in• torno alla vìta e la divisa coloniale; i due vecchi com.inciarono a scambiarsi domande intorno alle rispettive fa. miglic e ai luoghi di origine. l cinque figli di Martino Valetti aveva fatto circolo c assentivano senza metter bocca. I ricordi delle terre lasciate da poco preml!vano per venir fuori: Valetti era di presso Padova, e rammentava i fi. lari di gelsi, le viti appog~iatc a~li olmi, gli orti racchiu,;i e verdissimi, da coltivarsi con ""Calma,con una zappct· ta per aprire la via all'acqua, fra la terra nera delle colline. Parlava della strada ferr.:.ta che passava presso il suo antico podere: ~i era abituato al ru• more dei treni sulle rotaie, e gli di• !piaceva aver lasciai.O per sempre quel sc~o di civiltà. Meglio di lui, for...c, si ~arcbbc trovato l'altro colono. Era un romainolo della zona fra le pro\'incic di R~wenn:1 e di Ferrara. Abituato alle grandi distese non alberate, ai campi di .i:;rano a perdita di occhio, il paesa~gio brullo non lo infastidiva, ;m7i lo invogliava a squadrare la pianura che vedeva all'intorno, a segnare i confini e i campi con solchi lunghi e diritti. Dell'olivo, era poco pratico; ma pensava che presto avrebbe imparato, dato che non -.i trattava di una coltura difficile. In fin dei conti, non c'era che da collocare i cespi nelle buche già pronte e da attendere che la pianta producesse. Ma lui, a dir la verità 1 in quella zona non avrebbe voluto veder altro che grano e grano, grano più alto degli ulivi e che wmmcrgesse tutto sotto Je sue spighe. Jn quella, si fece presso al '!rurmo un giovane sceso da una balilla infan• ga,ta. I due vecchi se lo ricordavano all'arrivo al paese mentre dbtribuiva le chiavi delle case appena finite, scorrazzante sulla sua macchina lungo la fila dei camion. Era stato detto che era un tecnico e che da lui tutti i coloni avrebbero dovulQ prendere consi~lio. Naturalmente, lo si era guardato coii curio~ità, e con un poco di diffide11?..a. Ora ·che lo sentivano parlare, i due ,vecchi fact'vano mentalmente le loro ri;;ervc, assentendo gravemente con la testa e rispondendo sempre né sì né no. Ma presto videro che c'era poco da scherzar-e. L'ispettore tecnico se li caricò •mila balilla e se li portò al pode. re del romagnolo, il più vicino 3.( villaggio. I cinquC' ragazzi rima,;cro 'iOr• ridrndo a guardare gli arabi lavorare. La casa che Martino vid,. era id1..•n• tica alla sua, e così la stalla e il podere: allora si rese conto, per la pri• ma volta, che altre famiglie esistevano oltre la sua e che altra gente era venuta con lui, non C!itranea, per lavorare insieme. Ripensò alla lunga fila del convoglio, all'imbarco 1 al treno che lo aveva portato a Genova e gli fu chiara tutta. la cosa. Vide ad una pa• rete della cucina un bel ca.lend.1rio giapponese e l'invidiò, constatando che c'era anche qualcuno più furbo di lui, che aveva pensato ad una cosa da lui dimenticata. Salutò la famiglia del nuovo amico chiamando signora la madre e signorine le due fi'?lie maggiori. Inavvertitamente, mentre il tecnico dell'Ente parlava, si mise a pensare non più sulla base dell'orto e dell'uva da tavola, ma riferendo tutto agli olivi, ai mandorli, al grano. Si ricordò delle rovine che aveva visto sulla piaz. za del nuovo paese e delle parole dc). l'impiegato postale, che gli aveva spiegato come in quel punto fo~e stato un oleificio romano. Da casa sua, intanto, le donne gli fa. cevano gran segnali perché arrivas . ;c presto. Salutò tutti e si avviò mollo scrio: erano arrivate le ))ementi per il grano e l'aratro poteva ormai lavorare. Il ciclo era gonfio di nuvole; Valetti Martino pemò che, in quelle condi7iOni, al suo paese s.1.rebbe certamente piovuto. Ma qua~1tiù non ardiva far previsioni. Si rallegrò soltanto quando si sentì bagnare dalle prime gocce, e comprese che su tutto il mondo il ciclo è sempre uguale. La sera andò a letto dopo aver fermato il motore a vento, la '-tella dulia sua casa, ché la vasca già colma di acqua fredda. MARCO CESARINI ( ,F-IERA~ I :!)~:.!Jì.1:.21 \1~'1_/jUIJSJ VECCHIA OINA Non moltissimo tempo fa, quando la Cina a..c. va ancora un imperatore, chiunque fosse ammesso alla augusta presenza dc\ Figlio del Ciclo doveva compiere il J.:owtow, giu• sta l'antichissimo cerimoniale. li kowtow consisteva in questo: che il visitatore cadeva in ginocchio e poi si prostrava tino a toccare il suolo con la tesia. Ora, nell'anno 1792, arrivò in Cina lord Macartney, ambasciatore di Sua ~aestà britannica Giorgio III, con la missione di conferire con l'impuatore Ch'ien Lung. Dopo una lunga attesa, l'udienu fu conceS!a: l'ambasciatore sarebbe stato presentato al sovrano cinese nel suo bel giardino a Jehol. Ma qui venne la complicu.ionc: lord Macartney doveva kowtow all'impera• tore o, altrimenti, l'udienu non avrebbe avuto luogo. li gravr ambuciatore non \Olle piegarsi all'antico cerimoniale, rite• nendo che M: lui, in...iato di Suol ~facstà Giorgio III, si fosse prosternalo innanzi a Ch'icn Lung, il prestigio della Gran Bretagna sarebbe stato per sempre compromesso. Oop0 lunghe trattative, si raggiunse l'accordo su un felice compromesso. Lord ~acartncy si prosternò davanti all'imperatore, mentre uno dei più alti mandarini dcll'imJ>("ratore faceva altrettanto davanti a un ritratto di Giorgio Il f. Cosl il pres1igio britannico fu salvo. e Un giorno, nel 1903 >, raccon1a R. Burland in The Bltu Peter, e a Wti Hai Wei, andavamo a caccia all'anitra sdvatica, quando avemmo la di.savventura di impallinare un battilore. Uucsti aveva la scon• certante malizia di scomparire per una ventina di minuti e di riapparire dove meno , lo si aspcuava, invariabilmcntr sulla linea di fuoco. Quella volta lo fece cosl spesso, che alla fine una scarica gli panò sulla testa.' Egli fece abbastanza rumore da spa• .,.entarc tutte le anitre dc:I pacsc, ma in real. tà non si era fatto moho male. Non gli tr0• ~~;1~: ~1::c,~eu;:o 'i;J~~~l.i :u:~i, c~~si~ avevo impallinalo, gli diedi un dollaro. e ~·lczz"ora più tardi passavamo nei pres• si di certe casette isolate, quando vedemmo il nostro battitore, che evidentemente abi• ta\·a là, farci urgenti 5egnali perché gli per• mcttcs,imo di fermarsi un momento a ca,a. Noi acconsent:mir.o, credendo C'hc voleue f:i1,i qualchc fasciatura o altro, rna subito lo \<-demmo riapparìrc seguito da una filza di bambini, varianti da un mas,imo di set• te o otto anni d'età a un minimo di quasi trc anni. Ci occorse un po' di 1cmpo per c:,pire che \Olcssc I bambini se ne stavano in fila e ci guardavano, con aria di attesa, mentre il loro vecchio padre ci faceva 1:1'.l'~etinergici e parlava rapidamente in ci• nese. Nella sua grande cccita7ione, avevi\ del tutto dimenticato il suo pidtin-inglesc. Alla fine capimmo. Egli ci offri\•a tutti i suoi bambini perché sparauimo ~11 loro al prcz:r.o di un dollaro a testa>. A. G. Ao-ooIl. N, 46 • 12No,embre1938-uu MNIBUS SE'l'TIMANALEDl A'l"l'IJALITÀ P0LITIOA E LETTERARIA ESCE IL SABATO IN 12·1& PAGINE ABBOIIAMEIITI halla e Impuo: an110 L. 42, ■emettre L. 22 E1tero 1 1000 L, 701 Hme■lre L. 36 OGll'I !i'OMERO UJU LIAA !ilno1oriul, di■egDI e fotogra6e,anche re non pabbllcati, non 11 renltni1cono, Dlrn.lone: Roma • Piana della PUotta1 3 Tellfouo N, 66,470 l.m.ml.nl1tral.ioae: )(111110 • Piun Culo Erba1 6 Telefonl)N. 24,808 Pabblidli: Per millimetro di aluua, bu•cn colon11a1 i11~•11! 1;~~gs~!1:~:•ti,•r~i1:r?:o 820~:J3J Parigi, 66, Roe d11Fao.boug Saint.-Honl)NI OlNEVB.A1 PULIZIA 0ALV1Nl8TA Il~ 0 IDUWl~.1~ FRANCIS JAMMES Nc:1 ]ourntJl di Julcs Rcnard, Francis Jammcs, il poeta francese morto recentemente, e che non poco fu Ictio in Italia, Hrso il 1910, quasi ispirando la scuola dei potti crepuscolari, non ha gran posto: vi è citato sci volle in tutto. Il cinque gcn• naio del 1898 Rcnard compra un'opera. di Jammcs e appunta nel suo diario: e Francis Jammes. Comprato e Ictio Un jour. e Le mosche che hanno il rumore del caldo... Larghe (le ochl!') gonfiav:1no le ali ndlo slanciarsi... I topi giocano giorno e notti!'... Cli sparvieri aguzzi volavano senza indecisioni... f passeri volano a onde ... Cli asini pauer.1-nno tremanti di mosche. e Al signor Francis Jammes. Spesso non è piacevole rispondere all'invio d'un libr~, ma ~ un pi.-.ccre raro scri\'ere al poeta d1 Un jour: Signore, ho acquistato i vostri veni, li ho letti e ne sono molto soddiJfatto. Se fosse necessario hrlo con voi, vi dircì 1 :id una ad una, 1utte le cose belle che m'h3nno colpilo. Vi sono debitore d'un·ora di vera gioia>. . .. Ecco un altro cenno, datato 11 dod1c1, cioè a sette giorni di distanza dal primo. e Ho scri1to a Francis Jammcs spontanea. mente una parola gentile. Mi rispande con una lettera alquanto ridicola. e Pare che debba essere sempre così •· Niente fino al maggio del 1899. A questa. data si legg(': e Bady, vivace, nervosa: occhi d'inchio• uro. Prt'tendc di piangere qualche volta di nottc, nascostamente. Batailte stupito, l'igno• ra...a. Si dicono parole gentili e improvvisa. mente sembrando separ:ui da mondi d'indiffcrenz.'\. e Bataillc, dita come matite. e" Francis Jammcs che è aiuto di notaio a Orthcz '', dice Bady, "è falso e maldicente, e con lutto ciò, squisito. L'amiamo molto. Quando arriva a Parigi, ci salta al collo, e subito dopo, dietro le spalle, afferma che B:uaille lo plagia">. Il cinque agosto dello stesso anno, quarta citazione; e Francis Jammes fa troppo per gioco. L'arte è più severa e resiste male alla raf. tinaieua. Il semplice non è il dolciastro>. La stessa riscr,-a, il v('ntiduc dicembre dello steuo anno: e Januncs non intende. la poesia di ciò ehe ci piace nella natura: lui è troppo vaso di micie>. E ultima not;i., il ventisei giugno, 1905: e Jammes, un grazioso poeta che fa il bambino>. POESIA Bandita ormai dal consorzio letterario, la poesia non ermetica ha dovuto da qualche trmp0 adattarsi alle nuove esigenze estetiche, rinunzfarc alla propria posizione e mcl• tersi al servizio della pubblicità. La storia, del resto, è piena di queste malinconiche dlcadenze, talvolta confortate da uno spe• c'alc fascino, come è accaduto per i principi russi cos1retti a fare i conducenti di tassi. Intanto ecco alcuni veni apparsi giorni or sono a tinna e Elio> nella pubblicità del Mcssatttro: C' Fior dell'Amhara• d't:uer ne1ra è slanca e com.: la bdliuima Sitnora uuolc essa pure diventare bianca, pallida come ti cielo dt:ll'atuora ... Per seoforire la Jua pelle bruna JÌ bagna nel duarore dtlla luna. PoucTfl bimba! 1A sue membra nude 1,emano al freddo del notturno vento ... '.a luntJ ca,cueuole l'illude, pnò non JÌ uc,ifica il portento: chi, quando son lt lcncbrc ìnurrotte, ha scmpr.t indosso il nero della notte. Ma u1t di, me1ttre allo specchio si dispera, la Sitn011J la sropr.t e a sl la chiama: e Dimmi la verità, faat:Ua nera, e /orse che l'amor tuo non 11 riamai'>. e Fior dell'Amhara> allo, le apre il cuore J/netandol, il suo dramma ... di colore. E la Sizno,a bella eomc Dea J'rnteneriscc e sueltJ il suo se1reto: e: Ti dono la ricelta di Poppea, e n,a non dirla alle tJmiehe, le lo vieto: e se vuoi diventar bianea. come me e usa il sapone al latte di Viset >. I.:. fatica del poeta, anche se rivolta ad umi!<' scopo {in questo caso, la vendita di un sapone), è sempre da apprezzarsi ; se poi questi modesti conati potessero ,ervirc a ri• S\"Cgliarc il vecchio gu;Sto della rima, non m.1nchcrebbc loro un'autcntica bencmcrcnz.'l. Quanto al contenuto della pot'Sia ci1ata, dobbiamo fare le nostre più ampie riserve. Non sappiamo infatti se sia lc"gerczza o audacia, quella di ritener possibile la solu7.ionc dei problc01i raui!tici con un semplice pezzo di sapone, sia pure al latte. PENSIERI Nella Tribuna del nove novembre si leg~7 in un articolo dedicato a problc-mi romani, quc1ta affcrmuione: e Le funzioni di uo portiere, ipC-cialmentc in una grande città e per le csigcnu- di questa nostra vita dinamica cd affannata, sono una cosa seria >. AUGUSTO E "L'AMICO FRITZ" Come esrmpio di audace accostamrnto, riportiamo ques10 brano d'un ar1icolo com• parso sulla rivista Il Nuovo Stato sulla Mostra della Romanità: e }.fa quali considerazioni suggeri~e al nostro spirito la dc• liziosa ricosCrll1.ionc della Casa Augustea dovuta all'indiscuua genialità dl'I Gi5mon• di! Vi si attaslierebbe la melodica interie• zionc maKagnana soffusa d'inguaribilc nostalgia - dcli' Amieo Frit{.: "Tanta pace fuori di qui dovl' trovarla? " >. VOLPI ARGENTATE Confort.lnti notizie, circa rallnaml'nto delle volpi arg<"ntatc: il bollettino di una agentia quotidiana d'informa'Zioni rif<"ri,cc infatti che 1alc allcvam('nto sta acquistando l'importanza d'una vera e propria industria. pr:uira1a con succe<Jso dagli agricoltori dclii!' r.onc montane. e L'unica quenione che presenta qualche diffiroltà per l'.:illeva• mento delle volpi argentate >, oS!er\•a pcrh onestamente la steua agenzia (L' I tnlia d"ozti, 8 novembre), e è quella relati\·a al• l'approvvigionamenlo d('i mangimi, ma :i.n. che a ciò si può trovare un:t. facile risolu• zione dato che la carne di scarto, qurlla che non scn·e per la bassa macelleria e pro• \'eni~nte da animali uccisi per necessità, o nati morti, può beni~simo essere utilizzala per le volpi•· La visione ~ macabra, ma il sugserimcnlo potrebbe esS<"rc-;icricoloso se, per la s,cte del guadagno, gli agricollOri fossero tratti a S.'\- crificarc alle \'Olpi le galline. Può la moda femminile dare tanta garanzia di stabilità e di durat."I da autorizzafe ad una simile ri• volutione? TIBURZIO BENEB Ì il L FIRMA~1ENTO politico si va sem- !J pr~ più p~polando di uclle ~p~~te. Ha1lé Sclamt, Edl'n, Léon Slum, r1tu• kscu, 8t'nes. A poche miglia da Oowning Strtct, in una mocfr~ta villa borghese, a Putney, vive e medita Edoardo lknn. Sono con lui la moglie, là bionda signora Arma lkncs'. sua fedele compagna tin da quando egli ua studente a Pari~i, e il nipote, il giorna• lista Bohus Bencs Fu una piccola, una modc$ta tigura, co. desto Edoardo Bcnes; ma gli avHnunenti gli dicdno l'apparenza ddla grandl!'zz.a. In giove111ù, fu un ,µedioc:rc studente; in com• penso, fu un grande gioca1orc di calcio Gi<'cava da mediano dl'stro della squadra e Sla\ia > cd era una colonna del calcio boemo. I coui della ,·ita f<'ccro di queno calciatorl' il minis1ro degli !::sieri e poi il pr<"si<lrnte della repubblica cecoslovacca: e nei patsi dcmocr.1.tici si ritenne, per lunghi anni, che fo<sc una delle colonne drlla paC<- europea e della così della sicurci.7.a collct· tiva Solo qu,mdo, nell'aprile scono, le di- \ :~ioni tedesche si misrro in marcia verso sud, lungo la srlva boema, e p<"nctrarono in Aunria, solo allora si capì che l"cx.calciatore della squadra « Slavia > non aveva pre"isco niente di qud che 51:wa per ac• cadere e che nientc urt'.bbc accaduto di quello contro cui s'era premunito. Egli si cra premunito contro le ombre: con1ro la piccola inl'rme Unghrria, e contro gli Ab,burgo. Di questi ul1imi a\·eva impedito con tulle le sue foru il ritorno, e così aveva spianato a Hitler la via di Virnna. Come un ipnotin.'lto, l'ra rimasto fcm10 alla situa. zione del 1 919 C' al grido di gu('rra cht• allc.ra .)\'('\'a lanciato• Dll,uiut. l' Autrich~; e, di lutto quello che era accaduto dopo, no:i ave,·a capito nic-ntt-. P<'r diciannove anni a,('\·a nC'gato l'autonomia a tutte le mino• ranze della repubblica Ct"coslovacca, e le a\C\'a rese mortali nemiche del suo popolo; anche i ru!cni, che sono slavi, persino gli slo,•acchi cht', per rana e per lingua, .spno frntclli dei ctchi. E perché nulla mancasse alla lunf·.l S('rie dl'i suoi e:rrori, dop0 che il partito dei tcdC'<chi ~udetici ebbe lanciato il pro~ramma di Karhbad, n<"goi.iò, l<"sinò, tc1giversò; e ,i dcciic- ad acccttare quando crn troppo tardi. Cosi tutta la sua carriera fu una Jeric di errori tragici. Pt'r dician• no\·e anni, marciò \·eno l'abi\so, i tr.tttati 111gli occhi, comc una !x-nda Ora Edoardo Bcnt's ~i riposa, nella pie• cola \•illa di Pu1nt'y. La stampa ingle,c lo h.-i coperto di fiori. Arnmir,,zionc o rimor• so' Lo ha chiamato e: il fondatorl' della Cccoslo\acchia >. Lo ha dt"finito « una fi. gura tra~ica > Ma lo storico futuro, cui non farà \ clo il ~ntimcntalismo che fiorisce nella scia dt'i grandi a, vcnim('nti, dirà che fu non il fondatore, ma l'affossatore della sua patria; e vedrà la trilg:cdia non in lui, ma ncll<- rO\ inc che lo circondano. Per ora, non t: chr un piccolo bora;hcse a riposo, un pensionato, dcs1ina10 .:i tr:ucorrere i suoi ~iorui a Putnt'y o altrove. La n('bbia che sale d,tl Tamigi abbuia i vetri della piccola , illa; e, fra poco, il mondo lo aHà dim<"nticato. 0È0HI E SL0VA00HI f.\ l'Pl.J NTO nell'a110 di spargere fiori sul ~ capo dell'ex-prt"sidcnte cèco, il publil?c;~ta J. C. Johnstone in un articolo "-'I Doily TelttraPh ha affcrma10 cht" se lo Staio cecoslovacco non mantenne la pro. mena faua a Vers:'lillcs di una organinarionc- cantonalt"' del tipo S\'Ì7Z<"ro,la colpa non fu di Bencs, il cui attea;giarncnto verso le minoranrc fu ahret1anto illuminato quanto quello di ~as,u1k; la colpa fu d<"lla gelosia, non saga;ia, ma non imperdonabile, dt"'lla na7ionr ctca ; mentre altre naz.ioni furono lx-n più dure con le loro minoranze, " ~ono imperdonabili. Oa;ni parola un t"rrorr. Primo: la promc~ia non fu faua a Versailit'~, ma prima di Versailles ad alcune minoranzt". Secondo: t vero chr altre nazioni ,i incorporarono minoran'Zt' allogene, ma per effetto dei lramui di pace, quindi st"'nza fare patti con e~<e e 5t'nza fare loro pro11u-~..c- i t"i'-chi, inY<'C<',~i aqo(iarono alcuni' m,. vranze in 1ca;uito a loro con~cn'\O, con<i·n<o che otlf·nn<-ro con patti e ron prornr~~f'. T<'l"LO: fu ~Ll\aryk che promi\e; fu. rono l\1:i.,aryk, e Bencs che manrarono allr prCllllt''~ I primi rapporti fra cèchi (' slovacchi per la co~titu7iOn<"di uno Stato comune furono annodati all't'\lero, fra l'migrati. E dal primo momento tino all'ultimo gli slo\'acchi s: pr('occuparono cos1.,n1cmcn1c di assicurare la futura autonomia ddl,, loro patria: co~ì ~li slovacchi di Russia, CO\Ì quelli di Pari~i, co,l ,oprattutto 1:tli~lovacchi d'Amc. rica. Una pubblic.,zionc, difficilmente acccs. sibilc: SlouaAia's pl~a fo, Autonom)' (Middlctown, 1935), ha fatto pirna luce sui rapporti dl!'gli slov.1cchi d'Amt'rica coi ctchi. All'inizio della 11:uerra, f"i,i cominciarono col chiedert·, in un memorandum indirizzato a S<'i na,ioni, l'autonomia nell'ambito dello Staio un'l:herc~c. Più tardi Mataryk intra. prt"~c la ma al.ione; e "llora cominciò a faM-ì ,trada l'idf'a di uno Stato comune. Ma quando ~iasaryk si di('de a predicare il ritornrllo che e gli slov,1cchi sono cèchi >, gli slO\·a.cchi d'America <'Onccpirono una profonda diffidcn7.a Hrso i loro ambiziosi fratelli. E qul'sta diffidenza ispirò il COiÌ cit·llo patto di Cleveland (27 ottobre 1915) fra cèchi c do\·acchi d'America: e Noi \O• gli:-uno la formaL.ionc di uno Stato fcdt"· ,aie, in cui l.1 piena autonomia dclla Slovacchia ,ia garantita >. La Slo\'aC'rhia ,\Vrcb• b<-do~uto averf' un proprio parlamt"nto, una ammini~tra1ionf' propria, pit'na libertà culturale, libero u40 della propria lingua, ccc .. 11 testo del patto fu spedito a Parigi a ~fa. sar,k, che tr.t di\'l'ntato pr<'sidcn1e del Consiglio nazionale cèco; e Ma,aryk lo ap. p1ovò (~louakio'J pita /or Autonomy, p. 14). Più tardi di<sl' che cè'chi e slovacchi a Clevl'fand 3\"('\ ano collaborato per l'unità ; tacqu<" sull'autonomia (Ma,aryk • Di, Wt:l:. rtuolution, p. 236). Si co~titul in America la Slouenska Lita per la difesa dei diritti slovacchi. La quale lega n<"Igiugno 1916 mandò a MMaryk un giovanf' \tudcnt<" di Chicaço, Stdan Osu\kr Ma Osusky si la\Ciò facilmente: scdurl"("' da Ma,a,)k e da Bcnes e diventò loro collaboratore. Disse di lui Benes: « In opposi. 7ione ai suoi connazionali capi q\1cllo che politicamente si poteva fare e quel che non si potc,•a • (Bcnes: Dtr 1fobsland du Na• tionen, p. ;9). ln parole povere, si vl'ndctte .,i cèchi e aprì la serie degli slova.echi rinnegati, come Hodza, Dérer, lvanka, Kornel, Stodola; e, più tardi, fu fatto mini,1ro della repubblica. a Parigi Ora, a quanto pare, è diventato l'accusator<- d! lknes <' forni~c clemf'nti ai suoi avvf'rsan pt"r me11crlo in stato d'accusa.; e così, pto~ babilmcnte, riuscirà. a cons<"rvare il pos10 d1 ministro a Parigi Cli slovacchi d"Amcrica, sempre più inquieti " diffidrnti, minacciarono la secet• 1ione. La minaccia era grave, perché il mo• vimcn10 aveva bisogno di denaro, e il dc• naro era forni10 principalmenle dagli emigrati slo\acchi Per salvare la s:tuazionc, Masaryk, nel 1918, andò in America, aura• Hrso la Rus,ia, la Siberia e il Giappone. Gli slo\·acchi non si fidarono dt"lle sue pro-- mn"W" orali: \.Ollero un pa110 scritto. ~(a. saryk stn,;o lo scrisse e lo firmò a matita, il 30 ma~gio. • E ru 1I famoso patto di Pituburg. Ma er.a ~critto a matita e gli slovacchi non erano ancora tr.anquilli Il capo della SloutnsJ.a Lito frct" rirop:are il documf'nlo a penna, con bella ~crittura, e cor~f' dietro a Ma~aryk: lo rag~iunsc a Wa,hin~ton e gli fcce finnarc il nuovo e~mplarc. Questo accadna il 30 no\·embrc 1918; Malaryk era già di\en1ato presi• d<"nlc d('lla repubblica. Che cosa, intanto, accadeva all'interno dcll'imprro> Cli slo,acchi s<'rvirono rcdclmrntt' nell'e~ercito unghercs<- e non dicdcro segni di irrequietcz7,1 fino agli ultimi mesi. fu solo quando cominciò il disfacimento drlla monarchia, chr « numerosi capi dd partito nazionale s]o..,·acco> si riunirono a San !\fartino. Il 30 ottobre, quando il crollo tra ormai avv(.'nulo, alcuni di questi e capi ,. (rappreS<'ntanti in tutto di due o trr distretti, e dM di una pop0lazione di 18.000 anime} si riunirono e rcdassero una dichia. razione, che doveva poi diven1are famosa La ~era giunse Hodza e portò la no1iz:a che a Budapest era scoppiata la rh·oluzionl', li te:sto della dichiar.azione era in tipogr:1fia llodza potè averne una minuta: su quella, corres51!'e moditicò la dichiara'Zione, anzi la rifece; soppresse la richit'sta di una rap• presentanu slo\acca separata alla Confcrcn'la della pace; sopraltutto (ccr •parire la famon ~ausola segreta, per cui gli slo. \·.1cchi accetta\'ano solo un'unione a trmpo dl'tc:rmina10 coi cèchi: per dicci ann Hodu < r.1 stato un uomo di fiducia l-<'I• !"arciduca France~co Ferdinando; in quei giorni, condusse un doppio gioco: coi cèchi e con gli un'l:hcresi (Srobar: Osuobodcnl Slovcnsko, p 99; Novak: Der Kiinslliche Staat, p. 156, nota 1). Il bello è che, come dice uno storico ufficiale, e il testo originai, dl'lla memorabile dichiaruionc non si 1rovè. più • (Cha\onpecky: Mar1inska dulo,-ace, p. 334). Evidentemente rimase in tipografia La repubblica l'ra nata E subito cominc:arono le lotte int('rne. Per mezzo di amici, fllinka ebbe dall'America una fotografia del patto di Pituburg: ne fece sla:npare migliaia di copie e le frC'e affiggere alle mura. Da allora il pa110 di\·eutò il centro di cristallizza.zione del risen1iint'11to slo\·acco con1ro i cèchi. H!inka fece un t<"ntatÌ\'O ;i.ni. mow: si recò a Versailles p<'1 (M sentire la voce del popolo slovacco; 1,on fu ascoltato, non fu neanche ricevulo, e, (tuando tornò in patria, ru arrestato. Il ~un ,rn1ico Jelicka riparò all'estero. Allora gli slo,·acchi d'America mandarono a Praga, a difendere il pa110 di Pittsburg, il presidente della Lita, 1\lbcrt Mam;ltcy, e il suo segrcta1io. Come Osusky, couoro furono <'nl'rgici al principio, poi si la«:ia• rono addomesticare e, alla fine, l'uno fu nominato console, l'altro vic<"conso!t- della rcpubblica, e tutt'e due se ne to1narono in !\maica. Cli slovacchi d'America tornarono alla carica: spedirono a Praga un memorandum domandando l'esecu'Zionl!' del patto di Pittsburg. Allora Masaryk, il e nobile V<"gliar• do>, dichiarò che a\e\·a firmato quc:ll'c 3C· eomodamento > solo- perché e c,so C"ra un accordo locale fra cittadini americani> e e: non poteva obbliorc in niente i cèchi e gli slovacchi> (Dic Wellrevolution, p. 233). lnohre dimo\trò eh<" la SlovrnJka l.ria, all'epoca della firma del patto, esiste\'a solo di nome, perché i suoi statuti furono approvali solo più tardi dal!(' autorità amt'rÌ· canc, r che il patto M'condo Il" lrggi amcr!canf' na nullo, p<"rchf concluw in giorno fe~tivo. Più tardi, nrl 1929, in una lf'ttt-r:i a lllinka, dichiarò S("llz·a1tro che il pa110 era un fal•o. t qu<",to e: l'illuminato .ltl\''I'. g:amcnto > \er~ le mino1anzc, di cui parlil il pubblici\l.l John,tonc? La lotta si inasplÌ sempre più. Avendo un redattore dello Sloi·oJ.. ricordato b clau'()]; ~c-grela di San ~Sartino, un altro giornalist., gli dil'de drl mentitore; ne ~C'IJUÌ 1111 giudi 7Ìo, in cui fu rirm·~colat.i tutta la O\Cur,1 que51ionl' della dichiarnionc. Più t.udi, il prof. Tuk.1, una delle fip1rc più cminc-nli dt"lla Slovacchia, in un articolo. SO\trnne qucua. tr1i: che, siccome fra ctchi e slo. vacehi l'r.1 ~tato concluso tin contratto p('r la durata di dieci anni, cosl, dal :10 ottobre 1918 in poi, 2;li sl0\'3Crhi ,arebbtro stolti libl!'ri da 02;ni obblisazionC' \·erw i cèchi Seguì un procMso rlamoro~, che fu un \rro dramma naz.ion.ale. Una lt"(timon<", c<"rla Cristina Schramm, depOSC' che Tuka, a Vienna, a\'cva avuto rapporti con un uffirio di spionag1:tio di una potenza ('\ter., Tuka fu condannato a quindici anni di CMC<"reduro. Si seppe, poi, la ~omma eh(' la Schramm avc,,a ric<"vuto, e il nome dd ~ubornator(' cèco. La tensione andò ,cmpre aumentando. Gli llod,a, i Déi<"r e ahrì slo,,acchi rimu•2;,1ti wstenc,ano il IJ0Vt"rnodi Prai;.\ e Il(' f'r.1110 adeguat,'lm('ntc ricompl'mati. Ma il \·ecchio lllinka aveva dietro di sé tullo il popolo \lo,acco; e i tentativi di far part<:"C"i;,arl'i:l suo partito al governo furono \·,,ni. Il 29 marzo di queu'anno 0.ccadde un fatto nuovo nella storia della repubblica cc-co~\ovacca: i rappresentanti in parlam('nto dcli~ minounze {tedeschi, slo\·,1cchi, un~hcr<'\i, polacchi), si costituirono in fronte unico per ottenere l'autonomia. th p.:irte dl'gli \lovacchi non c'<"r:i. nicntr di 11110\·o nella richiesta. Ma del tutto nuovo era. chl' si \Chiera~sero in 1m fronte anticèco. Il r<"~to è noto. Mentrl' la tragedia rèca si compiva, gli slovacchi csita\'ano fra i pola<'chi e ~li ungherl'si Ma bastò che il govf'rno del generale Sirovy concedes,c loro l'autonomia per richiamarli a sentimenti di fratellanza verso i ctchi e di fcdt"lti\ alla rcpubblica. E questo basta a fare intt"'nderiquanto e illuminato> fosse suto in pauald l'atteggiamento del governo di Praga. RICCl.AROE'M'O
']' ~O scrittore non "O più quale, fonc ~fachar, ma uno scrittore cèco certamente - ha detto che l'Oriente commc1a a Prcrov. Per mc Prerov è solt;a.nto la stazione dove si aspetta, vcn<"ndo da ~lora1ka o~trava, la coincidenza. per Bratislava. ~fa a Brati,13.- va poc;~ dire veramente di aver trovato l'Oriente. La fa.ma è invece che questa ~ia una città di carattere prevalentemente tedesco : c'è di tedesco il nome di Presburgo, che dei c;uoi tre nomi è certo il più c:1.mo§Ciuto,c'è la cultura e c'è l'architettura. col duomo gotico, il palazzo dei Primati e la città vecchia. Se ~ ne toglie qualche angolo abban• donato, dove il grosso ~elciato c;j ,lar- ~a sempre vuoto all'ombra e al K>le wtto le finestre chiwe di un convento, o di una pacifica casa prelatizia, e dove dietro il muro di un giardino, di là da un cancello stemmato, scorre e zampilla rieche~ato dal ,ilenzio il cinguettio e il canto degli uccelli, la pane vecchia di Brati.slava, senza e,serc nordica e monumentale come quella di Prai:ta, non è ceno meno romantica e intanto oiÌt angusta, a.Jf umicata. c;crostata, intricata; in e~.sa le nradicciole sal~ono e s1avvallano talvolta a gradinJ.te, talvolta sotto l'ombra di un arco o di una bre"·e galleria. ma sempre fra ca~ mao,icce, e fra le ca'ie, fra le ba,..e vetrine, fra le tendine ricamate e i gerani delle finestre, c'è ~mpre un movimento di gente che va e viene; un bru,io di p;w:i e di \-'OCi umane. ~fa è appunto questa folla, GUCStomovimf'nto, questo brusio <he crea nella città vecchia un'atmo,fera qxpctta da bazar. A determinarla poi più chiaramenttc;'~giun~a l'aria della g;cnte mobile e bruna che parla ad alta voce e si at• t.1rda ndle strade : e poi i venditori di pettini, di collane e di ricami ~r: coccolati c:ui marciapiedi o ap~au ai parapetti lun~o il Danubio con la ca'letta della merce sulla pandil, i suonatori di fisarmonica, i mendicanti e soprattulto i cmtumi CO\tumi sler '"·acchi della mont.J.gna. coc;tumi un~here!i della pianura, gonn..-llr corte a mìJIP pieghe, maniche a ri~onfi, stivaloni dappertu.tto, giacche ma,chili con ~li alamari, lx-m:tti di P4"lo, e i cappellacci neri e i neri pa,trani drgli ebrei sfu~~cnti : e inc:icme alla confu- •ion" dei co,tumi, la confu,ione dei Jinjfllag~i. cèco e slo\·a('n1. tedec;ro f" magiaro, e ~rfino lo ;1ddiJh. Ora, fin? a tanto che non ,i 'larà convrnuto il m<·ridiano dc!\tinato a ~gr1are ii con• fin~ fra l'Orirnte e l'Ouidt"ntt• - e nl'>fl,,. n"è uno che appaia a ri~ore pili indicato degli altri, - la confu,ion(" d"i Jinguag~i e dei ccxtumi iarà il Y'• '{no inconfondibile dell'Oril"'nte : qu,-Jla cr n"ivenza. di stirpi umane chf" s'urtano. ••initorgano, 11ipi~iano nelle ,.tt"$- (e ,trade da M:coli e re~tano di~tintt''i cia,cuna con la 5U3 foggi.l di \·e~tirf', r-nr I i.a lingua ,. col suo Dio. Avendo dunque trovato a Brati,;lava una cena. aria d'Oriente, poc:c;o dire di avervi trovato anche il vero Danubio, quello che, essendo stato per <;ecolila via dei popoli migranti ver,o O...:cidentc, è nJI135lO, come una nrada.. il fiume di tutti : non è più dt:i germani che degli slavi, non dei magiari più che dei valacchi. I gcnnani tentarono. è vero, tornando ,ulle loro ste:MCorme, di fare anche di questo, al modo di tutti i ~andi f.umi storici, il fiume di una civiltà, il fiume di Vienna; ma lanciate qua e là pau;J~lie avanzate e solita.rie, si fermarono col grOSM>alla Porta Hungarica, fra rul• timo ,coglio carpatico a picco ,;ulla ~(orav.1 e .sul Danubio e il primo .scoglio azzurro della natura alpina. fra le torrette dirute del castello di Svatopluk, impcratort" della Grande ~foravia, e i segni romani e ca\trcrui di Carnuntum. Pac,ata quella '<>glia, il Danubio non è più il fiwne di \·ienna, e comincia il dramma dei popoli che .o.on possono trovare confini nella natura. Proprio su quella soglia sta Brati,lava. E si capisce bcnr dunque com,,. J. Braticlava, con l'aria, i mi.scu1,tli e tutti i contrasti dd Danubio, debba cominciare anche il regno degli zin• gari, di quelli che ~li lungo il fiume dei popoli in cammino non si '-On d.1tj pcmiero di confini e restano ancora in cammino. Ero venuto per questo a Bratislava, per cercare gli tingari. A Praga me ne avc\·ano tanto parlato! Chie,i dunque, appena arrivato, del quartiere zin~aresco. JI quart1erc ,;ln~ar~o, Volevo dir forse il quartjerc ebreo. Vi era infatti un quartiere proprio ai piedi dcli.i collina !lu cui ~orst<·vail castello, un qll...lrtierc dove i "·etri delle Ca5C rrano rotti o mal rattoppati con stricce di carta e dove tutti i negozi, con le ~ritte in caratteri ebraici, parevano di rigattirrc : ciò chr faceva supporre che almeno una metà degli ebrei di Bramla.va vives~ vendendo roba vecchia .lll'.iltra metà. Non ,o quali mi,fatti e quali mistrri ,, compL\~ro in qu~to quartiere coc;ì malfamato a Vienna per le mc ore notturne io di notte non vi trovai che gatti fustgitivi, (lu.a.khc andronr di ca• sa ..,.nu portori,.. dove b.1llonzolava con grandi ombre di co!IC.,cc.uastate, un po' di luce, e qualche fint"stra ingiallita. dalla luce di mi~trri?"'i interni. \'rniva da una finr5tra più illuminata drllr.. altre un coro di bambini in notr di ,trana Muhanu, cui teneva bordone incerta e roca la voce di un uomo che certo era ac;c;aivecchio; la \:oc,. dd veuhio na trl! u·, la ,ua tot.i ,.j profilava in nero, rnorme e baffut,t, iul quadro della ttnda illumjnata. ~11cra compagno in qu,.l)',.~lorazionc nott11rna uno ,tudrntl· arruffato ,. ~ident,.. cui mi avevano indirizzato gli amici di Praga. Sì chi.lffl<l\a \Volf; i suoi piccoli occhi neri lampe-g~avano di furbizia di,.tro le gr~,- lrnt1 da J.00J.KPUl:EN'T0 DI ZINGJ.JU NEI PBE881 DI BBJ.TULJ.VJ. miope. Quando .senti quel coro - ci eravamo fenna.ti in ascolto, - si commosse e non seppe resistere a rivelarmisi per quello che era, un ebreo. E come ebreo ne avc\·a da raccontare! Skcome era nato e cn.-sciuto a leoJ.,6li, s'era trovato là proprio in piena tragedia, quando i ruteni scoprirono di essere tanto diver,i dai polaochi da non poter più vwere insieme, e per• fino i mariti s'armarono contro le mogli, e le mogli contro i mariti, dividendosi i figli nei campi avversi all'uno o aJl'alt.r'o genitore a .seconda che si sentivano nelle vene più il sangue dell'uno o dell'altro, e tutto finì nella strage di cui rimane ancor vivo il ricordo nel vlllto cimitero di Lcopoli, così va.uo, coc;ì impressionante che il signor \\"olf mi esortava ad andare in Polonia solo per vedere quel cimitero. La sua fami~li..1.però s'era già stabilita da tempo in Russia Subcarpatica; e là suo p;_\dre aveva fatto fortuna dando da bere ai ru~,i. l rw• si bevono volentieri, e tanto più volentieri quando l'O'\te, come faceva il padre di Wolf1 non ha la pretesa che ,i paghi ~duta stante la comumazione, ma annota «-mplicementc il numero dei bicchieri sulla carta, senza che i ru\,i, i quali non fanno mai i conti volentieri, si diano neppur pensiero dcll'ariunctica. E quando poi, dopo un mese o dopo un anno, tanto non c'è fretta, arriva il giorno della ~mma, il numero dei bicchieri fini~ce per combinare con l'equivalente dei muli o del grt:W, e della casa magari e del campo. Un'industria, diceva il ,ignor Wolf, che frutta bene da quelle parti. ~1a perché allora il signor \\'olf ,i prc~ntava come tedesco? Intanto perché aveva 11nome tede1eo; e poi per• ché in famiglia aveva ~empre parlato tedc~o. quel tedc'\Co, ,i capi"CCe,bastardo, na<ale e miagolante degli ebrei di Galizia e di Volinia; e infine perché av<""vastudiato nelle §Cuole ted<'cchc e fino a qualche anno prima s'era sentito vera.mt'ntc tedesco. Gli restavano infatti d1 quel tempo alcune tracce di teorie ciagerate, come quella per ec;cmpio che la città $ia un'istituzione germanica e che tutte le città d'Europa, meno quelle dell'Italia, ,iano di ori"'ine gennanica, allo stesso modo di Bratislava. E il signor Wolf non si dava alcuna J){'na di accordare queste teorie con qurlle che ,tavano invece a ie,timoniare Ja <1ua rcc("nte converlione alla CC"CCXlovacchia.. e cioè che Brati~lava dovr"a div<"ntare la Vienna dri clchi e Cuardatr in pochi anni chr: CO'taè diventata! >; la città d,.J Dranx noch o~ttn d,,.i c~chi. lo ,bocco commer(iale del loro frrvore produttivo, attravrno il quale essi avrebbrro conqui~tato una pocizione tgemonica. ~ull'Europa danubiana e sarebl)(,ro divenuti in una certa mi\ura 1 ri\'ali e i 5Jccr,,ori dei tcdr"'rhi ; e eh,-, siC'C()ffil' i cèchi avcvano portato il commrrcio e il prOf(reSM>a Brati\lava e sicc.ome gli slovacchi non avevano imparato dagli ungheresi niente più che la sottomissione ai magnati col titolo e la caramella, mentre erano stati gli slovacchi a insegnar la ciarda agli ungheresi ed era stato un cèco a battezzare il loro primo re e apostolo Santo Stefano, l'irredentismo magiaro doveva essere considerato c~ me una manifestazione di imperiali.smo pretensioso e oscurantista, e gli ungheresi una nazione da tenersi al bando senza pietà. Io sapc\"O bene che l'incubo de~li ungheresi era il più nero fra tutti quelli che turbavano le notti di Praga, che per nc;sun popolo a Praga si ~entiva tanta avversione quanta per gli unghere,i. Che CO'\adovevo a.spet• tarmi dai cèchi pili o meno convertiti di Bratislava? Quella che era stata la. capitale deH1Ungheria per tutto il tempo che Buda era <1tatain mano dei turchi (ma al tempo dei turchi quelle genti andavano pur tutte d'accordo e i cèC"hiofTriva.no a una ca,a tede<1cala corona di San Vence,lao); e là per più di due eccoli nel duomo gotico c:i rrano incoronati i re dei magiari. E poi, inutilr, c'era l'aria: conta anche l'aria per la politica. Quella non era più l'aria di Praga. era troppo si.m.ilca quella dell'Ungheria! l,;na prova? Per esempio, gli zingari. Gli zingari invece ~ervirono soltanto a ric.oncilianni col .signor Wolf nel propo- <1itodi mett<""rcinsieme- alla loro ricerca: una coc;.anon tanto scmplic-e, dal momento che la repubblica, come temendo la loro testimonianza, aveva reso difficile la vit.."\astli zingari. Im- ~c;ibile ormai trovarn(" in città o accampati fuori della città. Se mai là, verso oriente ... Il giorno che andammo poi dalla partr d'ori nte, non trovammo gli Zlngari, ma trovammo un pae~ rhe si chiamava Vainory. Era un paese slo• vacco dove tutti ponJ."ano gli stivali: i vecchi ,dentati col berretto di pelo d'agnello e la lun~ ju.pa bianca dai nastri pendenti dietro le spalle, le rastazzc bianche e rO'c;cdalle li~e tec;te brune : i bambini che ancora non \apcvano camminare e le bambine vestite come pupattole. Un paese dove tutti poruvano ancora nei giomi di fl·,ta il ca<.tume di gala; dove le strade erano cO"iilarghe fra lr ca~ ba.,~ dai tetti troppo \pioventi, e co,;;J ,ldatte agli allagamenti, che vi navigavano in mezzo pacificamente lunghe e candide flotti~lir di oche. e c'era un i«>lotto per ogni gruppo di ca,e, e un isolotto per la chiesa con un pagliaio accanto e il C"imitero. Siccome era l'rpoca del di<gc-lo,io potri bt-ne apprt7.za.- re l'utilità drstli stivali nel coitume sloVll-<'C'o e un~hrrese, come di tutti i pae,i dove gli c;C"olidelle acque ~no difficili da regolare. E df'bbo all'o~pitalità di una ca,a contadina, che drroravano in ogni canto a vivi colori ,imD'lli ,acri e grorgici, c;ea Vainory imparai la diffcrenn che p.1'-Safra i r~rhi e .'(li ,lovacrhi, fra l'Ouidente r l'Orit·ntc : qur,to che canta \t"mpre in minore e ,i abbandona an<ioso d'infinito, quello eh<' i'erge fiducioso nella baldanza del tono maggiore; quelli che ancora non hanno bt-n ,ubilito v- fra Dio e Jan Hu$ la precedenza spetti a Dio oppure a Jan Jluc;, questi che bcnrdicono \('-ma ric;erve chi mandò al ro~o Jan Jfu,. CORRADO TESTA JiÌl PPRENOENDO che Giacomo era J1A morto, Martino temette subito che lo chiude\.sero nella bara con gli stivali nuovi e, con la scusa di aiutare a vestirlo, chiese mezza giornata di permesso e laKiò la fabbrica in fretta. Giacomo abitava nel sottosuolo di una gran casa ove sua moglie era portinaia. Per ~iungere l'abitazione, occorreva atuavcri:are un cortile coltivato a giardino. Passandovi, ~fartino vide un gran gatto bianco, bclli!Simo, intento a leccare del latte da un piatto. Si fermò un istante a guardare. Nel piatto c'erano anche dei pezzi di pa.ne che il gatto mangiava lentamente. Era molto ben pa..c;ciutoe :\-fortino' pensò che, cucinato col sugo, doveva essere più saporito di un coniglio. Se riu~civa a mettere le mani sugli stivali, tornando fuori, poteva im- )>O'SC((anianche dell'animale: con un po' di destruza, lo avrebbe infilato in una calzatura. Entrando nella casa del morto, trovò in cucina alcune donne in lacrime che bevevano il caffè. Chiese di Giacomo. Una delle donne 'li alzò e andò di Il ad avvertire la vedova. Poco dopo ~1artino cntra\·a nella stanza. Subito i suoi ,guardi coNro ai piedi del morto: non indossava gli Mivali, bcrul un paio di calze ro\~ e nere. :\fa for"-Cnon era ancora ,·c,tito dt'I tutto, perché un giovinotto pallido e magro gli stava radendo la barba. ~fortino 'itrime la mano alla moglie e, battendole dei colpetti $Ulla spalla, le di,\C parole incora~gianti. Poi, abbac:<1.."\ndo l c:guardo per caso, ~i ac• eone con viva emozione che gli \tiva• li di Giacomo erano ai piedi del 1(-iovine barbiere. L'invidia gli strin'(' lo c:tomaco e per qualchr i\tante non ebbe fiato d1 parlare. ~la qua:ido fu rimc-s\Oebbe un'idea: si chinò all'orecchio della vedova, e chie"-C: e Il giovinotto porta gli ,tivali di \"OStromarito per allargarli, >. e Non vi capi\Co >, ri,posc la donna. e 1ntcndo dire>, ripctè ~-fartino pazirnte, e che il b~\rbicre allarga gli stiv.11i per calzarli poi a vostro marito?>. La vedova ebbe un ~O\piro, tirò Martino per la manica e lo conduc;\C ac• canto a un fin"\trino. e ~{io marito gli dove\·a dei 'Oldi e lui s'è pn--.o ~li qivali >, di"r. Martino gettò un'occhiata di sprezzo al giovine che grattava le guance ,rcchc del morto. «~'on si può seppellirlo in calze>, di~,e a voce alta e con energia. 11 barbiere lo intese, ebbe un suc;sulto r •i voltò. ~fortino lo misurò con c;evcrità, da capo a piedi. Poi, con un gesto drlla mano lo invitò ad avvicinarsi. Il harbirr<' vennr, reggendo il rasoio inc:aponato. e Per colpa vO\tra >, di.ssc ~lartino, e Giacomo verrà sepolto scalzo>. e Egli mi doveva molti ~Idi>, prote~tò il barbiere con modestia. e I .soldi ve li re~tituiremo facilmente>, rÌ5pose :Manino con swsiego. e In• tanto sfilate gli stivali>. e Ma allora. rimango scalzo io >, di55C il giovane preoccupato. e Non vorrete mica dire che si.::te venuto qui .scalzo>, obiettò Martino. e No >, ammise il barbiere, e ma mia mc>gliese n'è andata poco fa, ha pre• so con ~ le mie scar,>e vocchie >. e Finite di radere Giacomo e poi decideremo >1 lo interruppe Martino in tono severo. li giovine tornò accanto al morto. Martino rimase pensier06o. La vedova riprese a .singhiozzare e pe, .t:,é smet• t~ ~fartino tornò a batterle .: .. i colpetti sulla .schiena. Quando il barbiere fu pronto Martino si tolse i propri stivali logori e .sciupati e offrendoli al giovine dic;ce: e Ora togljetevcli, cab.ate questi, andate a riprendere le vostre scarpe e tornate qua>. Il giovine e,cguì gli ordini di Martino c;enza proteste.re. Dopo che fu uscito Manino di,~ : e Ho fatto co,l ~'\pendo che il giovinotto ha moglie: se fo\c;c arrivato a casa con gli stivali nuovi e55a difficilmente gli avrebbe p("rme,'-0 di riportarceli >. La vedova lo guardò con ammirazi...,. ne e ~iccome era scalzo gli disse: e Calz:uc nel frattempo gli stivali di mio marito, così non vi raffreddate>. e Lo farei volentieri >, rispose Mar• tino, e ma non vorrei che ritornando e vedendomeli ai piedi il barbiere pensi che li voglia tenere per mc>. « Ma cml prendete un malanno, calz.ucli, vi dico>, insi5tè la donna. ~fortino c~dette e infilò ~li stivali che gli calzavano alla perfezione. e Abbiamo lo c;tesso piede io e Giacomo>, dis..~ ~fa.rtino. La donna c:inghiozzò. Martino tornò a batterle dei colpetti sulle spalle. e Povero Giacomo>, '°1pirò la vedova. e Povero amico mio>, diot.seMartino, e eravamo tanto amici >, e aggiunse : e Era cosi contento dei ,uoi stivali nuovi; ora devono andare nel buio invece di passeggiare al sole >. L..l vedo\'a lo guardò e gli prese una mano « Perché non ve li tenete? > dis.sc. e Non po~siamo seppellirlo ~alzo>, ri.spo~cMartino in tono di rimprovero. e No certo, ma gli calziamo i vo,tri quando il barbiere li ripona, tanto avete il piede uguale >. e Bi~nercbbc che il barbiere non se ne accorgc,\C, però>, di.c;scMartino. e La,ciate fare a me, lo vado ad aspett~ue di là>, rispose la vedova ed U'-CÌ dalla st.."\nz.."\ ~fortino rima,c ~lo a guardare Giacomo, che guJrdava il soffitto con gli occhi c;cmichiuc:i. Quando la , edova rientrò reg-(teva gli "tivali; ma non entrò sola; dietro di lei venne, con la coda ritta, il grande gattone bianco del cortile. ~l.utino infilò facilmente gli stivali vecchi a Giacomo, poi accarezzò il gatto. e Dovrc~te farmi ancora un piacere>, di,,;c la vedova sospirando. Martino la guardò con curiosità. e Dovrec:tc prendervi que,to gatto. lo non po~,o tenerlo>. Si fcnnò un i.stante, poi; ahba~ndo la voce, ripre- 'iC ; e Sapete, temo che Giacomo lo abbia rubato in una villa accanto alla fabbrica: lui voleva mangiarselo ma io non mi 5ento di ucciderlo. E s~ m'c lo trovano in ca,."\ po,so avere dei dispiaC'eri>. ENRICO MOROVlCH
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