IL SOFM DELLE musE ~ ~llml!>~ GIOVA.i,wE ll .\ FORTUNA di Grazia Dclcdda la:ru d'una scrittrice che parve. scoprire nel folclore della sua regione un'ispirazione che parve potersi riferire ;i~volmcnte all'altra che aveva retto e reggeva il grande romanzo russo. Oggi, a rileggere i romanzi sardi e continentali della Dcledda 1 si troverà al mas:,imo un gusto verso le cose e la \·ita di paese, vcr~o il colore locale, ma ogni riferimento ai russi resta incerto, approssimativo, Non i clas.sici come Puskin e-Gogol, non Dostoicwski o Tolstoi, e nemmeno Cccof, potevano servire a gimto paragone, ma soltanto Corki, per quella sua predilezione del racconto popolare volto pili che ad Cli~cre arte, documento di costume e di "-OCietà.Alla Dcledda non mancarono i più bizz.1.rri incoraggiamenti a scrivere cose di folclore, fin dai primi anni, e ora ne troviamo i segni in Versi • e prou giova,1ili, a cura di Antonio Scano (Treves 1 Mil:1001 1938). Si incora~i<tVa nella Deledda il pittoresco, provenientcle dalla materia dei suoi racconti, così regionale e, fra quella che potevano offrire le regioni itali::inc, certamente la più nuova e la più avventurosa. Il folclore italiano non si prestava, sul finire del secolo scorso, ad alcuna sorpresa. Dalla Sicilia alla Lombardia le regioni erano entrate ad un:.\ ad una nella letteratura: ultima ~iungcva l'Abruzzo delle Novelle della Pescara; ma ci si sentiva pur sempre l'aria di casa. La Sardegna di Grazia Deledda parve un quadro meno usuale. Una moda, vorremmo dire, costrinse l.t '°"ittricc a forzare le sue doti di osscr,·atricc del vero, a danno forse di altre , irtù. La Sardegna era come un pae,;e <la scoprire agli italiani 1 e quindi i romanzi sardi, i versi sardi con spose candide e tremende, con giovani dagli e occhi éuprei, anneriti dall'ombra delle ciglia nere». Un folclore nUnuto e facile, adatto più che a romanzi ad articoli di giomale, come la giovane Dclcdda ne scrisse, in Vita Sarda, nel 1891 («Oh! avere la tavolozza di Dc Amicis per rendere i colori 1 le sfu• mature, i meandri arabescati, le ombre, le luci 1 le fantasmagorie delle montagne lontane, i loro profili di torri 1 di castelli neri, di templi grigi, di piramidi azzurre ... > e co~ì via con richiami alla natura, all'Oriente, fra fa Sand e Flaubert); e in Natura e Arte del 1899, descrivendo Cagliari. La Sardegna fornì argomenti oome oggi potrebbe ap• pena !'Afganistan. L'impegno di Grazia Dcledda in que- ~• ,.1 volgarizzazione dell'iwla era preciso e quasi prendeva modi addirittuta commerciali. Ad Antonio Sca.no, editore ora di questi versi e pro~ giovanili, e allora invece suo direttore per Vita Sarda~ rassegna d'arte e di cultura, la giovanetta : e Intanto si stanno traducendo in francese i miei romanzi Anime orieste e la Via del male: e ~iamo in trattative per la traduzione tedesca e inglese. Ho combinato con Cogliati di Milano per un volume di novelle che dedicherò a T olstoi : avran• no una prefazione s-critta in francese jil)f . ·•. Jt;:J;f.@ . .. .-· .•. .:1.:::-"hh'.I.··· S-.,. EGGO NEL Corriere della Stra, in ~ una corrispondenza politica: • Que- • ,ta prtcisaziorit germanica - di rnn10 ma1,u~1oreimportanza, it, q11anto com1,arsa in un orgam>uffici.oso - giunge opportuna a ricordare che a suo tempo, in numerose mamfestazioni e discorsi, il Fiihru ha preci.salo che la Germania, tsatt<u11e11U come l'Italia, non avrebbe potuto tollerare un iristdiamento del bolsuvùmo in Spagna,. La corrispondenza s'intitola: 11 Profonde ripercussioni della messa a pu11to ualiana "· Ho stampato in corsivo nel periodo, anzi mezzo periodo, trascritto e nel titolo le parole che m'importavano. Fnltrtr è preso pari pari dal tedesco, dove non dirò IO questo significato (antico, eppure certamente traduzione, imitazione del launo d11x), ma quale designazione o titolo d, una persona unica sarà calco del nostro Dr,ct, latinismo. In bolscroi.rmo il nocciolo è russo, la desinenza è un suffisso greco, "'reco ma che nel più antico peru,CWdi nostra lingua era usato, 1n due forme diverse, soltanto IO parole ereditate dal latino, almeno dal launo dei padri della Chiesa, come cris1ia,usimo, giudaismo, ma che non servi a formare: astratti nuo\.1, finché i francesi, crederei nel secolo XVtlf, non c'insegnarono a giovarcene liberamente a tal fine. Tutti e due quc<,11 termini sono nomi propri, o almeno termini di nomenclatura polmca, ,. <1umdidicono poco sulle condizioni !inda un illustre scrittore russo che farà uno studio di comparazione fra i costumi sardi e i costunù· russi, così stranamente somiglianti ,-. E non si poteva trovare migliore riprova sugli esili contatti fra la Russia dei novellieri sociali e la Sardegna èlclla Delcdda. Parv~nze di costume destavano una futile curiosità letteraria. Ma gli scritti che ora Antonio Scano ha raccolti servono tuttavia a metterci sotto gli occhi quelle che furono le predilezioni letterarie di Gr:izia Dcledda giovane; predilezioni che poi dovcvancf schiarirsi e dare luogo se non a un nuovo cd esemplare scrittore a un romanziere abile e spesso, per istinto, felice. La giovane Dcledda non ama i classici. Scoperta la sua vena 1 vuole educarsi e leggere molto : e ... ho af • ferrato il Manzoni, il Boccaccio e il Tasso, e tanti altri classici che mi fanno sbadigliare e dormire. Dio mio! è inutile! Io non riuscirò mai ad avere il dono della buona lingua ... ,. E dichiarazioni altrettanto franche suJla noia che le dava il latino non mancano altrove, in scritti autobiografici. La letteratura <:.heeducò la giovane Grazia è infatti quella tipicamente ottocentesca, fra Flaubert e la Sand : ma a Flaubert il richiamo è forse del tutto casuale, dovuto a certo bovarysmo, a certo smodato desiderio di cose alte e belle ·che è nelle prime prose e nei primi versi della scrittrice. I versi della giovane Dcledda appartengono certo a una letteratura sentimentale che le ra~azze di cinquant'anni fa coltivarono per il proprio diletto. Risentono dei contemporanei Carducci, Pascoli, D'Annunzio soltanto raramente: la tra.- dizione cui i ve~i della Dcledda ci richiamano è un'altra: del Prati e di tutto il nostro romanticismo minore; e si pcn~a a Panzacchi, quello che commentava un tempo le cartoline illustraguistiche di uno scritto e di uno scrittore: in bolscn:ismo significa per questo rispetto qualche cosa soltanto il suffisso. Pruisar~, prtcisn.::ion~ sono vocaboli recenti, certamente adau.i.mcnti di corrispondenti francesi. Orga110 per giornale• o meglio per • giornale che rappresenta una certa tendenza o certi interessi• non si è detto in francese prima della fine del XVIII. Ancor più recente è 11fficioso:officieux significava in francese, come ufficioso ha significato in italiano fino a pochi decenni or sono, cortese d1 quella cortesia che si conviene verso un superiore, servizievole•· Il sigmficato in cui sta qui, gli è stato dato, suppongo, consapevolmente e artificiosamente da uno che sentiva il bisogno di una parola che esprimesse quel che è suggerito o ispirato dal governo senza che questo voglia assumerne la responsabilità; i tentativi di certi lessicografi per derivare questa ac~ cezione, per evoluzione spontanea e inconscia, da quella d1 servizievole, cortese, non persuadono punto. Oj]icitux è stato inventato per avere un termine da contrapporre da un lato a officitl, dall'altro a prit--i; ma oflicitl ,n Jo11rnal officiel e simili è esso stesso coniato nel tempo della R1voluz1one. .\1ise au point è immagine derivata dall'adattamento di un istrumento ottico, che si fa prima di adoprarlo, dunque dall'agrimensura o dall'art1glteria, o dall'astronomrn; messa al p1mto manca in ISOLA DI BALI1 XODELLA te di paesaggi campestri e idilliaci. Ep· pure, anche nei versi era per l'insi• stenza su certi toni più che su certi ar• gomenti che la Dcledda finiva sempn· con l'accennare a quelle che erano le naturali disposizioni della sua immaginazione. « Amo le lugubri notti d'inverno, tutte fantasmi, tutte procelle,., dichiarava nelle sue odi. Le prose, poi, non mostrano maggior chiarezza di talento. Dicono un gusto verso situazioni forti e drammatiche, ma l'immaginazione fra l' '88 e ìl '98 correva dietro i ricordi di letture se non \!Olgari decisamente amene. Michela uccide per amore. E Lara è quasi una Emma Bovary che non ha trovato un romanziere capace di un castigato giudizio. Lara « ha il sorriso scettico di ragazza malata >, quando guarda il mare e: azzurro, confuso in lontananza con cielo d'oro in uu bacio soave >1 si distrae -e vede « ca:.telli neri, forti manieri dagli spalti tappezzati di ellera, i merli corrosi dal tempo, le sale piene di arazzi e di trovadori, dai mantelli di velluto, e il castellano biondo alto, gentile ... >. Un bovarys.mo fuori dell'arte. Ed erano i primi assagt?;i, secondo le prime ambizioni. Poi venne il folclore, la Sardegna che attendeva ancora, sebbene non gli fossero mancati scrittori, di essere divulgata piacevolmente pur sotto il nero delle apparenze. Antonio Scano che ha raccolto questi scritti di Grazia Dcledda ha steso anche una prefazione dove si espone il corso del gusto e del lavoro della scrittrice. e un'introduzione, diremmo, affettuosa; che µroprio con questo suo volere essere più che di critica di omaggio serve ancora meglio a giustificare la raccolta dei versi e delle prose giovanili di GraUa Deledda. ARRIGO BENEDETTI lessici italiani, come il Tommaseo-Bellini, che registrano già messa ÙI se~. ltutdiamtnto è formazione italianisS1ma da ituediare, ma, se non mi sbaglio, non è stata usata metaforicamente prima del XIX: chi cominciò ad adoprarla cosi, volle probabilmente sostituire con un ter• mine nostro il francese i,istallatio11. Sarò accusato di sentir crescere l'erba, se asserisco che un buono scrittore di cinquant'anni fa avrebbe in questo pl·riodo scritto piuttosto perché comparsa che in q11m1to comparsa; e questo benché in quanto in senso rigorosamente limitativo si trovi già in Dante, nonché nel Boccaccio? E parimenti cinquant'anni fa si sarebbe scritto proprio come, app1111tog, iustappunto come (e così direbbe tuttora un fiorentino non guasto), anziché esaltac!rott come; quantunque tsallo sia parola italianissima. Lascio da parte manifestazioni, che qui è forse adoprato in senso proprio, ma osservo che da qualche tempo m qua qualunque atto pubblico si chiama mamfestazione. Una sene di conferenze è una manifestazione; l'anno di un Ismuto di culrura si compone di manifestazioni. Lasc!&mostar~ fer ora i_) problema degli mflu.ss1strameri, francesi, ma, come vedremo più innanzi, anche inglea11 e contentiamoci non già di constatare (che è francesismo inutile), ma dt notare o di concludere che questo periodo, per quel che riguarda 11vocabolario, non poteva 'iii: ATfUALlTA' ogni discorso sulla linJJ gua italiana, e d'una attualità che dura da anni. La questione sembra esi• gere, ogni momento, il suo termine, come M! si traua.ue d'un processo; ma fone nemmeno un giudizio accademico potrebbe por. re termine al contrasto che dura da. anni, che è il con1r21tomedesimodella storia italiana. Sempre ha difettalo in Italia una. lingua media, se perfino quella dei novellieri e dei romanzieri fu dal Boccaccioin poi prevalentemente aulica. Lingua dotta e lingua popolare, ecco i termini fra cui si è svolta per secoli la nos1ra letteratura. Oggi poi, col pttvalerc in Italia come in ogni società moderna dei ceti medi, la quistione della. lingua.si fa. più vivace. Paolo Monelli, come già prima. nella. Cauetta del Popolo, ora. nel Corriere ddla Sera, di1cute e iniz.ia polemiche. Qualche suo lettore ha protestato per l'uso di e ammoina Jo in un suo articolo, ed ecco subito la spiegazione. e: Ammoina >, è vocabolo napoletano per confu. sione, disordine; poi Monelli segue a. raffon.are ancora le sue opinioni e le sue predilezioni d'un italiano moderno alleato a.I popolaresco. Difende l'uso della romanesca tardona; traduce Jex appeal con e: quanto è bona. >. Ma cttdiamo che qui sti3, l'equivoco. t dialcui e i vernacoli possono,sl1, giovare alla lingua, e parole loca.lisempre entreranno nella. lingua nazionale; ma non solo secondo il gusto d'uno scri1tore. Monelli, che predilige il colore dialett:ile, può scrivere benis.simoarticoli coloriti da modi napoletani o veneti ; ma sarà sempre secondo un gusto letterario per il pittoresco. Nell'uso, e: quanto è bona ,. non potrà mai sostituire il < sex appeal Jo. Sarà un equivalente ironico, come il romano e: arrazzante Jo e il toscano < arrapante Jo. Ma, in conclusione, l'ingresso di parole dialettali nella lingua avverrà sempre 1pontaneamente e lentamente. 1 dialetti sono carichi di colore, e spesso di scnao; mentre la nostra lingua, anche quella moderna e borghese, ha del gelido e tiene del dignitoso e, se non dell'aulico, del signorile. Ceni modi vi sto. nano, e vi restano come segno di piacevole paJtiche, o capriccìo letterario. CALIOA.i.~0 essere scritto cosi prima del XX secolo, anzi di questi ultimi anni. Potevano gli stessi pensieri essere espressi altrimenti, con vocaboli di oonio più antico, senza che andasse all'aria tutto o quasi tutto? Direi proprio di no. Si potrebbe, certo, sostituire senz'altro app11nto a esattamente, perché a i11 q11anto; ma proprio queste due espressioni sono quelle che meno offendono Un nemico della lingua moderna; si potrebbe, per giunta, sostituire gior• nalt a organo. Per il resto bisognerebbe rifare tutto, e non ve n'è ragione, perché chiunque legge, se non ha ubbie, sente subito che questa è espressione perfettamente comprensibile e adeguata di pensieri moderni. Avrei potuto prendere a esempio ogni periodo di ogni articolo del Corn·er~, e avrei potuto fare lo stesso lavoro con qualunque memoria di tecnica o di scienza naturale o morale. Non ci sarei riuscito, e sarei anzi giunto a conclusioni opposte, con la poesia, anche con la poesia modernis11,imadi un Montale o di un Ungaretti, che a gusti classicistici suppongo dispiac• eia: la poesia per sua natura è chiusa a vocaboli moderni, tecnici, si attiene alla tradizione, anche quando la considera una pngione o una catena. E ho limitato l'indagine quasi esclusivamente al lessico: non a caso il bel libretto di Bruno Migliorini sulla • Lingua contemporanea" (Firenze, Sansoni, 1928, pp. v1-203, in-8 piccolo, L. 10), che ha occupato di sé quotidiani e riviste, e, ciò che è molto più, si è esaurito in pochissimi mesi (una nuova edizione è giò. in corso di stampa). il bel libretto di Bruno Migliormi tratta forse per quattro quinti que• stion1 lessicali e concede poco spaz.io a morfologia e a sintassi. Non è caso che ci sia da noi un Dizionario moderno, Che '\°W~ I SAREBBE da scrivere un sag- 'V(/J· gio molto interessante sullo spi- !/ rito borghese e reazionario di molti intellettuali ebrei francesi di si• nistra ; l'intelligenza ebraica, che è per atavismo internazionale « rivoluziona- . ria>, subisce al contatto degli autentici francesi quella metamorfosi che i puri ebrei definiscono tradimento, tradimento alla secolare causa del « po· polo eletto>. r-.1:oltiebrei francesi, continuando a militare nei partiti di si• nistra, portano con le loro opere acqua al mulino delle duecento famiglie. Il vostro è un paradosso, mi ri• spondcrà Giuliano Benda, e a lui che è ferrato .sofista non mancheranno gli argomenti per ridurre a nulla la mia accusa, che poi son gli stessi argomen• ti che impiega André Gidc per affermare, sia pure attraverso tutte le sue contraddizioni, che rimane perfetto comunista. La verità è che gli apostoli sono fatti d1altra stoffa, e Giuliano Benda, al pari di un Bcmanos e d.i un Alain, può dirsi tutt'al più un b,;nante polemista, che ama darsi torto e ragione con una incredibile disinvoltura nello spazio di una sola pagina. Gli ebrei francesi, infatti, paiono fatalmente condannati a una carriera mediocre, ch'è quella delle continue concessioni alle qualità e :ii difetti di un'altra razza, ed è perciò che non sono pericolosi. Vivono ai margini della vita e dei grandi movi~ menti sociali, e il loro spirito di adattamento, la loro sete di gloria e di ricchezza finiscono sempre col sopraffare ogni po,;sibile idealismo. Questo avviene quando si suol dire che un intellettuale ebreo ha assimilato le qualità e i difetti della razza francese. Che poi gli ebrei dettino le leggi in Francia è molto discutibile; vorrebbero comandare, questo è vero; e, di tanto in tanto, ci riescono, ma per brevissimo tempo. Pigliamo l'esempio di Giuliano Benda, il famoso autore della Trahison des clercs. Un critico imparzialissimo, André Billy, ha scritto testualmente di lui: « ]. 8. ne parie pa.<toujourr sérieusement. ]'irai mime jusqu'à dire que cela ne lui arrù:e jamais >. Non mi risulta che André Billy abbia espresso un simile giudizio verso filosofi che siano Bergson o Leroy, e mi vien di pensare a certi nostri giovanotti che citano gravemente Benda senza nemmeno averlo letto, nient'altro che per darsi deJle arie. Ma che Benda sia uno scrittore divertente, nessuno lo mette in dubbio. Il suo recente libro Régulier dans le Siècle (N. R. F.), che vorrebbe riassumere lo spirito della società francese di quest'ultimo quarantcnnio 1 attraverso personali esperienze e considerazioni, è un pamphlet modellato, sia pure poco felicemcnte 1 sulla Gaya Scie,ttia del Niet'l.SChee ne ha tutte le pretese senza il sostanziale valore; non diremo mai però che ci si annoia a leggerlo perché questo scrittore apocalittico, è realmente un umorista, di trovate sbarazzine ne ha piene le pagine, come quando confessa di voler la morte di tutti i suoi avversari o quando si augura che Bcrgso1~ crepi o quando si lascia dire in un momento di sincerità e di lucidità: « ]e suis un clerc impur ! >. Ossessionato dal timore che la gente non lo picresce di mole a ogni nuova edizione a· dispetto di tutti gli accorgimenti dell'autore, e non vi sia una Grammatica modtnia. L'italiano corrente, in gran parte nuovo nel lessico, è rimasto quanto alla sintassi· arcaicissimo: i congiuntivi, che si vanno riducendo in francese, che scompaiono m.an mano nelle lingue germani~ che, sono da noi vivissimi; e certe sostituzioni di indicativo, se forse a Milano non urtano, qui a Firenze e a Roma sono sentite quali spropositi. Qui, anzi, le persone del popolo usano forse più congiun• tivi che non facciano i letterati di professione; contrariamente a quel che succede in ogni altro paese. Gerundi anche col soggetto di.ffcrentc da quello della prìncipale, ablativi assoluti, par1icipi presenti suonano forse un po' pesanti e vecchiotti, ma non sono ancora sbanditi neppure dalla lingua del popolo. L'italiano è quanto a vocaboli quasi altrettanto moderno che il francese, quanto alla sintassi più antico di secoli. Certo, innovazioni sono state introdotte anche in questa materia, ma le più non di grande importanza; poco importa che certe congiunzioni troppo grevi siano scomparse dall'uso, e che siano venute in voga preposizioni attinte al francese come malgrado, o anche dedotte dall'uso curiale, come dato o co,1sidtrato, o da quello degli uffici come l'orribile nei rigllardi di o nri confro,iti di, benché sia strano che, mentre si eliminavano congiunzioni pesanti come pertanto, ci<mo11pertanto, lao11dt, anche tllttavin, ai introducessero preposizioni che paiono a me anche più pese e opache. In questi ultimi anni mi è parso di osservare, specialmente negli ijcritti dei giovani, un dilagare di infatti, anche dove a mc questa congiunzione sarebbe parsa di troppo. gli sul serio o che si finisca col ridere troppo delle. sue facezie, il Benda cita e ricita Sorci che nella libreria di Péguy gli rimproverava di parlar sempre seriamente. Certo che se Sorel fosse ancora vivo n0n sarebbe più dello stesso parere. C'è altro: il Benda vuole a tutti i costi sembrar originale, la sua gelosia per Nietzsche è smisurata. e L'uomo è un accidente che mi disturba nel mio poema cosmico. lo lo trascuro volentieri >. Come se scrivesse perché soltanto i pc..c,ci e gli uccelli lo legl{esscro1 e di questo passo non solo non riesce a essere originale, anzi dà prova di mal riposto orgoglio e di pessimo gusto. Ma ci ha il suo lato meno cattivo, ed è nelle pagine anticbraiche; antiebraichc, s.i badi bene, perché aspirerebbe a essere un perfetto campione della sua razza. e vorrebbe che i suoi correligionari ne pigliassero esempio. Quel che lo esaspera è la lotta che si muove contro gli ebrei, ma siccome non può fare a meno della simpatia 1 scritta o parlata, e dell'appoggio concreto degli occidentali finge di dare add~so agli ebrei e ne esce fuori il partigiano furbo, rusé, il cui gioco è però puerile e visibilissimo. Quando accusa gli ebrei di e: passione sociale ,. lo fa per domandarsi alla fine : « Ma tutto l'Occidente non è sul punto di diventare totalmente ebraico?>. In fondo lui che esalta il pensiero olimpico di un Paul Valéry « greco ,-1 cela un disprezzo profondo e per Valéry e per tutti quegli intellettuali che hanno, all'apparenza, un pensiero « disinteressato ,. ; basta leggerlo per convincersi che Benda non considera la vita che unicamente sotto l'aspetto della partigianeria. Più che disprezzarli, egli odia gli olimpici, gli ermetici, gli estetizzanti, i solitari del· la torre d'avorio; li invidia e nello stesso tempo ne è molto geloso ; ma la sua natura di ebreo, che lo -porta a desiderare la simpatia e l'appoggio di tutti, lo trascina altrcsì fino al campo di battaglia., dove Benda non rimane che per ben poche pagine, per rimettersi subito il fucile in ispalla e ritornare nei tranquilli parlatoi del Quartiere Latino, con la fierezza di chi crede di aver combattuto ed estenninato molti nemici. Se poi Benda fosse costretto a uccidere qualcuno, lui che ad alta voce e per puro effetto letterario au• gura la morte dei suoi avversari, preferirebbc uccidere se stesso1 travagliato com'è da quel complesso di inferiorità che è particolare degli intellettuali ebrei di tutti i tempi. Quando lo avrete letto attentamente ne dedurrete che il suo non è sadismo ma intliustificata mania di persecuzione e ingratitudine nei riguardi di un mondo che per un certo tempo lo ha portato troppo in alto. li suo livore va tutto a discapito del suo talento, e diciamo pure che Régulier dans le Siècle sarebbe una utile testimonianza se fosse privo di una abbondante meschineria, di un eccessivo egoi~10, di un'insopportabile arroganza che son poi i difetti di tutti gli intellettuali ebrei francesi ; ~ una maniera come un'altra di _nascondere le proprie de• bolezze e il fallito tentativo a una sincera collaborazione per un nuovo ordine 50eiale. ANTONIO ANIANTE Credo che vi abbiano la colpa i maestri delle scuole medie, che, cof'nc insegnavano una volta a tradurre ogni r11im o nam con un imperocché, accortisi che questa congiunzione non usava più da secoli, l'hanno sostituita con infatti dove infath· calza e dove non calza, illudendosi di dare cosi agli imparaticc; dei loro scolari un gusto moderno e dimenticando che in italiano esiste anche un chi causale e insieme coordinante, e non accorgendosi che non c'è ogni volta bisogno di tra• durre dal greco o dal latino anche le particelle. Si può notare anche quello che io volcn• tieri chiamerei • dativo culinario•, vale a dire il tipo maccheroni al pomodoro, pa.p. pardrllt alla lepre, il quale sulle ali della cucina francese è volAto in trionfo per tutta Italia; quantunque qui in Toscana gli facciano tenace resistenza, se non sulle liste delle locande, almeno nelle cucir,e delle famiglie i tipi ·più antichi macchrroni col pomodoro, pappardtllt sulla lepre. Queste sono quisquilie. Più impona che sia ormai vittorioso 11giro di frase t a mt cht l'ha dato, derivato dal francese, ma favorito dalla ripugnanza, sempre più forte nella lingua letteraria e nell'uso al• meno dell'Italia Centrale e forse della,; Settentrionale, a mettere in rilievo una parola collocandola al primo posto della proposizione, dal consolidarsi sempre maggiore di un ordine di parole normale, che non soffre ormai più eccezione. Di un Siciliano che dica • di Sicilia vengo, di Catania sono•, qui in Toscana facil• mente si ride. E allora non resta altro Se non ricorrere a quel costrutto, o, in altri casi, all'altro parimenti recente e francese fu lui a darmelo. (cq11trnua) GIORGIO PASQUALI
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